Capitolo XLII

 

Non volli intervenire direttamente nella faccenda. Lo sceriffo Stevens guarì miracolosamente dai problemi di salute che l’avevano tenuto lontano dal caso e gestì la richiesta dei mandati, lo svolgimento delle perquisizioni e l’arresto del sospettato. Davies fu prosciolto da ogni accusa e risarcito per i danni morali e materiali subiti. Mi limitai a svolgere un lavoro consultivo che era poi ciò che eravamo venuti a fare noi agenti speciali dell’UAC dell’FBI. Quello sarebbe stato il mio ruolo in tutti i verbali e relazioni, sebbene ufficiosamente nessuno, a partire dalla mia stessa squadra fino ai vertici dell’FBI, incluso ovviamente Peter Wharton, avesse avuto il minimo dubbio che fossi stato ancora una volta io, Ethan Bush, la promessa con il miglior futuro della fabbrica di Quantico, ad aver risolto gli omicidi di Clara Rose e Donna Malick.

La stampa locale metteva in evidenza il ruolo di Stevens, Bowen e Worth, nonostante la precarietà di risorse su cui contavano, per essere stati in grado di riportare la tranquillità nella pacifica contea di Jefferson. Tuttavia, alla CBS, un’attraente giornalista di nome Clarice Brown, che aveva ottenuto l’esclusiva nazionale sul caso, attribuiva pomposamente tutto il merito della risoluzione de Il mistero di Perry Lake a uno straordinario e giovane agente dell’FBI che aveva già dimostrato la sua competenza in passato, rivelandosi determinante per la cattura di un assassino seriale che operava nella città di Detroit.

I pezzi si incastrarono gli uni con gli altri, come succede in un domino: le tracce di pneumatici nel campo di granturco coincidevano con quelle della Lexus, così come le misure della zona schiacciata; l’ordine di cianuro di potassio era stato realizzato dal computer da 11 pollici; la macchina era stata vista da alcuni vicini di Perry il giorno della scomparsa di Donna, e dalla stessa Linda Jones, che aveva lasciato Clara vicino a casa sua, anche se in quel momento nessuno aveva dato la minima importanza alla cosa, in fin dei conti si trattava dell’innocuo e indifeso padre di Sharon; la cornice con il vetro rotto era la stessa che era stata rubata dalla casa di Vera Taylor; i vestiti trovati nella dispensa della casa di Albion corrispondevano a quelli indossati dalle vittime l’ultima volta che erano state viste in vita; nel salone di quella stessa casa furono trovati anche dei capelli di entrambe le ragazze; e, ultimo, ma non meno importante, il DNA della gomma da masticare trovato nel campo era compatibile, con un margine di errore di uno su cento milioni, con quello del sospettato.

È difficile notare il lampione davanti alla porta di casa tua; fino a quando un giorno qualcuno te lo indica, o senza volere, ci vai a sbattere. È in quel momento che ti accorgi della sua esistenza, e che probabilmente ti accompagna da anni, ma tu non eri riuscito a vederlo perché si confondeva con il paesaggio quotidiano, passando del tutto inosservato. È così che succede in molte occasioni: l’assassino è una persona così vicina, così innocente, così normale e inoffensiva, che solo una volta scoperto, la comunità inizia a collegare i fili e a ricordare momenti fugaci che forse, e dico forse, rappresentavano già un indizio che si sarebbe svelato in seguito. Sono molte le persone che necessitano di un sostegno psicologico per mesi o anni, e credevo fosse quello che sarebbe successo alla povera Linda Jones: queste persone si sentono colpevoli di non essere state in grado di fornire una testimonianza repentina, o di aver trascurato un dettaglio inizialmente insignificante, ma rivelatosi poi cruciale. Nessuno dovrebbe tormentarsi per questo, perché nessuno è preparato per collidere con l’orrore nascosto tra le persone più simili e vicine.

Ma tutta questa alluvione di prove dure come l’acciaio temprato, avrebbe sicuramente perso importanza: Patrick Nichols confessò immediatamente, non appena fu arrestato dallo sceriffo e dal suo vice. Non richiese l’assistenza di un avvocato durante il processo e si dichiarò colpevole di tutti i capi di imputazione che vennero presentati a suo carico. Probabilmente per questo la giudice che si occupò della sua causa fu magnanima nella sentenza: vent’anni di detenzione in un carcere di media sicurezza. La mancanza di precedenti e la profonda depressione in cui tutti sapevano fosse sprofondato, giocarono a suo favore. Nessuno protestò: tutti rimasero soddisfatti dalla sentenza, incluse le famiglie delle due giovani, che continuavano a non capire niente, per quanto una squadra di psicologi tentasse di spiegare loro la situazione. In numerose occasioni, per non dire in tutte, la barbarie non trova posto nella ragione dei comuni mortali. Solo quando spinto al limite l’essere umano è in grado di riconoscere quanto orrendo sia il seme del male che vive dentro di noi, e che fortunatamente, quasi mai arriva a germogliare.

Io tornai a Washington, dove ripresero a coprirmi di congratulazioni e a guardarmi come un puledro da corsa che discendeva dai più grandi campioni di tutti i tempi. Ero tornato a Quantico non con una vittoria in tasca, ma con due: il delitto di Council Grove e gli omicidi di Perry Lake. Tutto ciò faceva parte del mio impeccabile ed eccellente curriculum, e non faceva che riaffermare le speranze che erano state riposte in me. Sapevo che per qualche tempo mi avrebbero dato tregua; mi sarei goduto la vita tranquilla che prevede l’andare da una conferenza all’altra e, nel frattempo, ampliare la mia formazione e la mia specializzazione studiando casi già risolti, in cui importa poco se sbagli o meno. Hai già dimostrato che nella vita reale sei in gamba come nessun altro.

Ricominciai la mia relazione con Liz, senza capire bene se fosse la donna della mia vita. Non c’erano dubbi sul fatto che la ammirassi e che lei mi adorasse; sebbene non in modo cieco e senza riserve: all’occorrenza sapeva essere dura e sincera con me.

Riuscii anche a parlare più frequentemente con mia madre, cosa che la riempì di gioia e che mi servì per mitigare in parte un senso di colpa che mi affliggeva da anni. Inoltre, la mia riconciliazione con Liz le aprì anche la porta a una speranza che ormai era forse l’unica gioia che potesse riservarle il futuro: diventare nonna.

Stranamente, sentivo la mancanza dello sceriffo Stevens e delle sue lunghe boccate d’aria, della sua saggezza guadagnata a forza di convivere con la parte più sinistra della società da decadi. Avevo nostalgia di quel bonaccione di Jim Worth e del suo affascinante buonsenso, che mi aveva fatto così bene durante la mia permanenza nella contea di Jefferson, e che in realtà era stato fondamentale nella risoluzione del caso, perché mi aveva fornito delle prove che avevano messo in allerta la mia mente. In realtà senza di loro, senza le loro riflessioni, senza le analisi di Liz, senza le indagini di Bowen e Tom e senza l’audace impegno di Mark, io non ero altro che un povero diavolo a cui bisognava dare la pappa ben spezzettata per poterla digerire. E ciò che a Detroit non mi era stato del tutto chiaro, che senza l’aiuto di una squadra non sei assolutamente nessuno, a Jefferson l’avevo capito con la forza dei fatti e dell’umiltà. Ora che mi ero guadagnato la stima di tutti, era il momento in cui dovevo capire meglio questi dettagli che ti si possono ritorcere contro, che possono fare di te un leader o un miserabile.

Ma la mia vita non era esattamente una favola. Nel profondo, in quel posto che visitiamo solo quando chiudiamo gli occhi prima di addentrarci nel misterioso universo dei sogni, c’era un vuoto che poteva essere colmato solo in un modo. Sapevo bene che cammino dovevo percorrere per poter trovare la sostanza con cui riempire adeguatamente quel vuoto, ma era un sentiero pericoloso, pieno di insidie e che, nel migliore dei casi, sarebbe servito solo a placare l’ansia e il dolore di due uomini derelitti e distrutti dall’orrore.

Di tanto in tanto mi svegliavo in un bagno di sudore e incontravo lo sguardo dolce e sereno di Liz, che mi spiegava con semplicità: “Hai fatto un altro incubo. Tranquillo, presto i ricordi smetteranno di torturarti. È normale che ora ti senta così abbattuto”. Io annuivo e cercavo di tornare a dormire, ma tenevo per me il contenuto di quelle fantasie che la mia immaginazione creava con spietata crudezza, libera da qualsiasi vincolo. La verità è che sognavo Patrick, che mi tendeva una delle sue bottiglie contenenti una pozione magica per rimettermi in forze, e che mi dava saggi consigli. All’improvviso Patrick non era più il signor Nichols, si era trasformato in mio padre. Ed era il viso di mio padre che guardavo, era la sua voce che ascoltavo. Desideravo abbracciare con tutte le mie forze quell’uomo che sapevo non essere il mio genitore, ma che era diventato quanto di più simile a lui avessi conosciuto dalla sua prematura morte; e non volevo perderlo per niente al mondo, non volevo separarmi da lui, come un incidente terribile mi aveva strappato via il mio vero padre. E mi svegliavo sudato, perché capivo che non potevo rimpiangere quella persona così infame, crudele, spregevole, spietata, che era stata capace di porre fine senza misericordia alla vita di due giovani che avevano tutto il futuro davanti.