Capitolo XXXIII

 

Avevo convocato tutta la mia squadra per mezzogiorno nel salone della casa di Oskaloosa, con  l’intento di fare un ripasso generale. Ma prima, come avevo detto a Worth, mi avvicinai a casa dello sceriffo Stevens per parlare un po’ con lui. Contrariamente a quanto immaginavo, mi accolse molto cordialmente.

- Usciamo nella veranda sul retro, lì potremo parlare senza che ci disturbino.

Capii che non voleva che la sua famiglia fosse testimone diretta di quanto ci saremmo detti, e accettai il suo invito senza obiettare.

- Come sta? – domandai, per educazione.

- Se lo può immaginare. Mi sento un prigioniero. Ogni giorno è peggio, ma me lo sono meritato. Per sentirmi meglio, penso che questa sia una specie di espiazione, e che quando tutto sarà finito i miei peccati saranno stati perdonati.

Clark prendeva boccate d’aria quasi tra una frase e l’altra, e ciò mi indicava che quel suo tic così particolare si era rafforzato duranti il suo lungo ritiro forzato.

- Se permette, da psicologo posso dirle che è una buona tattica.

- Come va l’indagine? – domandò lo sceriffo, cambiando bruscamente argomento, facendomi capire che potevo risparmiarmi la mia finta compassione.

- A lei posso confessarlo più che a chiunque altro. È tutto molto strano… Francamente, sono a pezzi.

- Muoversi nelle fogne della contea la sta confondendo, non è così?

- Qualcosa del genere.

- Abbiamo tutti della polvere nascosta sotto i tappeti, e se lei consente a quella stessa polvere di accecarla, non potrà scoprire la mostruosità che spesso si nasconde nell’apparente virtù.

- Lei parla come un filosofo.

- Ho abbastanza tempo per analizzare le cose. Sono un uomo d’azione, sa, quindi per non impazzire medito senza sosta.

- Forse è per questo che volevo parlare con lei.

- Mi ha già cancellato dalla sua lista di sospettati?

- Non lo so. Voglio pensare che sia così. Stiamo finalmente raccogliendo degli indizi interessanti, e questo ci aiuterà a scartare definitivamente alcune ipotesi.

- Confido molto nel suo lavoro, Ethan. Ho avuto il tempo di indagare su di lei, e per essere un novellino, non è stato niente male finora.

- Se si riferisce al caso di Detroit, non lo consideri. In quel caso ho capito che tutto ciò che avevo imparato a Quantico mi rendeva inattaccabile e superlativo. Avevo un’infinità di dati per creare un profilo, e posso quasi ammettere che è stato un gioco da ragazzi trovare quel bastardo. Ma questo caso è molto diverso; son riuscito appena a farmi un’idea di come diavolo sia la persona che stiamo cercando, e qualsiasi cosa faccia, mi sembra che chiunque possa essere la persona ideale a cui addossare gli omicidi.

- Dimentichi Quantico, e si concentri sulla sua formazione come psicologo. Non ha imparato niente a Stanford?

- Che vuol dire?

- All’FBI vi basate sempre su statistiche, percentuali, profili prestabiliti che dicono che un tizio vive con la madre, balbetta e da piccolo maltrattava gli animali e bagnava il letto fino ai 12 anni.

- Beh, è così che stanno le cose la maggior parte delle volte.

Stevens si era rilassato, e mi parlava come avrebbe fatto un compagno delle superiori, o perfino mio padre. Ma io non dimenticavo in nessun momento che avevo davanti qualcuno che mi aveva già ingannato, che non avevo scartato del tutto come possibile responsabile degli omicidi e che magari, grazie alla sua lunga esperienza, stava cercando di manipolarmi.

- Sì, lo so. Ma cosa succede quando si esce dallo schema?

- Non la seguo, la prego di spiegarsi meglio.

- Maledizione, Ethan. A Detroit ha elaborato un profilo con il 92% di esattezza. Ha quasi fornito al dipartimento di polizia il numero di lentiggini che aveva sul naso il tizio che dovevano trovare. Geniale! Ma cosa sarebbe successe se si fosse imbattuto in qualcuno che rientrava in quell’insignificante 8% che non corrispondeva al suo studiatissimo profilo?

Ancora una volta il buonsenso dell’America profonda, così naturale in persone come Liz e Worth. E lo sceriffo aveva ragione: la mia mente analitica tendeva a sminuire e scartare con rapidità quei dati irrilevanti, evitando distrazioni, per concentrarsi rapidamente su ciò che combaciava con il modus operandi abituale.

- Ho studiato centinaia di casi, e le posso assicurare che ciò che sta insinuando si verifica in rarissime occasioni.

- E le credo, cazzo, certo che le credo! Ma cosa succederebbe se qui, in questa contea abbandonata da Dio, gli omicidi trovassero una spiegazione all’interno dei minuscoli margini di eccezionalità, eh?

- Succederebbe che tutto il mio metodo, così meticolosamente assimilato e praticato fino alla nausea, fino a diventare parte del mio modo di essere, come il modo in cui mi spazzolo i denti ogni mattina, non  varrebbe niente.

- No, Ethan, no! Lei è la persona ideale. È molto più intelligente di chiunque abbia conosciuto in tutta la mia vita, molto di più. Però è bloccato. Non sta sfruttando la materia grigia che Dio le ha donato alla nascita, perché si sente incastrato in un meccanismo che le servirà quasi sempre per uscire vincitore da qualsiasi indagine. Ma non si trasformi in un maledetto computer. Sia più creativo, lasci la sua mente privilegiata libera di ragionare… Le garantisco che se lo farà ci tirerà tutti, e mi ci metto anche io davanti agli altri, fuori da questo dannato casino.

- Magari ha ragione. Non ne son sicuro. Considererò prospettive meno… comuni.

- Dimenticavo... ha già letto la stampa nazionale? – domandò, porgendomi alcuni giornali che giacevano su un grazioso tavolino di ferro battuto laccato di bianco.

- No, cosa stanno dicendo?

- Parlano di Davies. Ipotizzano che sia un depravato, con il suo passato, la cantina degli orrori, etc…

- Merda, Clark, questi rompipalle possono complicare ulteriormente le cose. Chi può avergli passato l’informazione?

- Non si azzardi nemmeno a pensare ai miei ragazzi.

- Ma chi, se non loro?! – esclamai, esasperato.

- Non lo so. È da ieri che non smetto di pensarci.

- Chiunque sia stato, se non altro ci sono delle cose che la stampa non sa. Questo ci da un certo margine. Non voglio che un branco di pazzi si presenti nel suo ufficio dichiarandosi colpevole per dei crimini che non ha commesso.

- Questa contea è un posto tranquillo. Vedrà che se ne andranno presto. Finiranno per stancarsi in un paio di giorni.

Mi avvicinai allo sceriffo e gli strinsi con forza un braccio, in un gesto impulsivo che cercai di far sembrare il più naturale possibile.

- Ora devo andare, abbiamo un sacco di lavoro da fare. Grazie per il suo tempo.

- Grazie a lei per aver avuto la cortesia di venire a trovarmi e, a modo suo, di aggiornarmi.

- Non c’è di che.

Stavo per dirigermi dentro la casa per uscire dalla porta principale, quando sentii la mano di Stevens che mi afferrava una spalla.

- Si muova con attenzione. Qui perfino gli alberi hanno occhi e orecchie.

- Non capisco…

- Vera Taylor - bisbigliò, in tono neutro, quasi asettico.

Sentii le guance scaldarsi all’istante. Era impossibile che qualcuno ci avesse visti. Ma era evidente che mi sbagliavo, e che Clark era ben informato. Quante altre persone lo sapevano?

- Seguirò il suo consiglio, ancora una volta.

Uscii di corsa dalla casa degli Stevens, quasi senza salutare il resto della famiglia, turbato per essere stato colto con le mani nel sacco. E la cosa peggiore era che lo sceriffo si era mostrato cauto, senza un briciolo di rancore. Se fossi stato nei suoi panni mi sarei comportato allo stesso modo?

Quando arrivai nel nostro centro operativo, ovvero il salone della casa che ci aveva fornito la contea, trovai l’intera squadra perfettamente schierata, con in aggiunta un’enorme lavagna bianca stratificata, pennarelli e un grande pannello di sughero con numerose fotografie.

- Che c’è, capo? Abbiamo trasformato questa baracca in un ufficio di Quantico! – disse Tom, mentre indicava la lavagna e il pannello.

- Dove avete trovato questa roba?

- Abbiamo fatto un salto al Walmart di Lawrence e abbiamo comprato l’occorrente per poter lavorare. A quanto pare ne avremo per molto, e se vogliamo avere una certa intimità e non dover usare sempre i locali della polizia della contea, questo è l’ideale.

- Ottimo lavoro. Iniziamo.

Liz si avvicinò alla lavagna e prese un pennarello blu. Iniziò a scrivere dei nomi.

- Dunque… abbiamo  diversi sospetti: Tim Nolan, Lian Moore, Matt Davies, Jack Evans, lo sceriffo Stevens, Vera Taylor e Duane Malick. Giusto?

- Sì, questi sono i principali. Cos’avete scoperto tu e Mark sul resto delle piste scoperte da Worth?

- La verità è che le nostre conclusioni coincidono con quelle di Jim. Alibi solidi o poco in cui scavare. Salvo grosse sorprese, i delinquenti schedati che vivono nella zona non sembrano avere nessun legame con i crimini.

- Inoltre, Ethan, nel profilo che abbiamo tracciato avevamo già ipotizzato che si trattasse di qualcuno di cui le ragazze si fidavano – disse Tom.

- Sì, ma se uno è un pedofilo, per fare un esempio, non ce l’ha mica scritto in fronte. Sarebbe opportuno, se possibile, lasciare chiuse alcune linee di indagine per concentrarci sulle nostre risorse limitate, una o due al massimo.

- D’accordo. Tom, hai scoperto qualcosa di importante sulle ragazze?

- Non ne ho quasi avuto il tempo, capo. Non attiravano molto l’attenzione. Clara era una specie di santa, e Donna era una ragazza normale. Al momento non ho trovato nessuno che volesse far loro del male o che potesse augurargliene. Deve lasciarmi un altro po’ di tempo per scavare. Qui le mie care amiche vecchiette non mi stanno servendo a molto, perché la differenza d’età è grande e anche perché le ragazze non davano adito a pettegolezzi, sa cosa intendo.

- Certo. Bene, devi continuare a indagare. Sono sicuro che troverai qualcosa che ci sarà di grande aiuto. Non deludermi.

Restai a osservare la lavagna. Quei sette nomi maledetti mi stavano torturando. Immaginai che Liz fosse nella mia stessa barca e desiderasse ridurre il numero di quelli che erano la causa della sua insonnia. Scartare alcuni sospetti era una saggia decisione, ma non potevamo comunque essere precipitosi. Ad ogni modo, questo tipo di dinamica era comune nei casi di studio su cui avevamo lavorato all’FBI. Era arrivato il momento di smettere di giocare e di buttarci a capofitto nella cruda realtà.

- Io depennerei immediatamente sia il pescatore che l’ex ragazzo di Clara – affermò Mark, con decisione.

- Anche io – confermò Liz, che tracciò una riga sui due nomi.

- Ehi, aspettate! Io e Ethan non abbiamo forse diritto di voto?

- Quindi Tom, tu hai ancora dei sospetti su di loro?

- No, sono d’accordo con voi. Ma non mi piace che ignoriate la mia opinione.

Liz sbuffò con un’alzata di spalle. Sopportare quell’uomo, con le sue trovate assurde, a volte era troppo per lei.

- Per me è difficile considerare chiuso l’argomento Moore. Non l’abbiamo analizzato a fondo. Per Nolan è diverso: credo che lui abbia avuto solo la sfortuna di trovare i due cadaveri. Niente di più – dissi, in tono serio, per cercare di arginare l’irritante sarcasmo di Tom.

- Andiamo avanti. Il prossimo nella mia lista di depennabili è lo sceriffo Stevens, cosa ne pensate?

- Accetto la proposta.

- Anche io.

Da parte mia, mi limitai ad annuire debolmente con la testa. Il suo alibi non mi sembrava del tutto solido, ma le sue spiegazioni sì. Non avevo ben chiaro se la recente conversazione con lui, ancora ben impressa nella mia mente, avesse avuto come obiettivo darmi una mano o sviare la mia attenzione con grande abilità. Non pensavo fosse facile raggirarmi, ma Clark aveva molti anni di esperienza di vantaggio, perciò non dovevo comportarmi da ingenuo.

- Qui invece ho dei dubbi… Jack Evans.

- Puoi cancellarlo. Ho parlato con lui e quel tipo è uno svampito, o un cretino, ma non ha ucciso le ragazze. Credo che i segni nel campo di granturco abbiano confermato definitivamente che la sua versione di quanto accaduto è veritiera – osservò rapido Tom, prima che noi potessimo batter ciglio.

- Fantastico: il democratico ora si è trasformato in un dittatore dalla sera alla mattina – commentò Mark ironico, cosa abbastanza insolita per lui.

- Ottimo. Ce ne restano solo tre! – esclamò Liz, soddisfatta.

Sembrava che la sua unica ambizione fosse continuare a cancellare nomi da quella lavagna.

- Un attimo. Prima di continuare, non dovremmo chiarire se stiamo cercando una, due o perfino tre persone? – domandò Mark, alzando la mano, come se fosse in una classe delle superiori.

Adoravo Mark. La sua umiltà e le sue poche manie di protagonismo si contrapponevano alla sua capacità intellettuale. Era una di quelle mosche bianche che pullulano nell’FBI, e che quasi nessuno sa come siano arrivate fino a lì. Con un quoziente intellettivo di 170, aveva lasciato gli studi per dedicarsi alla programmazione. Prima di essere assunto, aveva lavorato tre anni come hacker, collaborando con decine di multinazionali e occasionalmente con la polizia. La sua abilità come informatico forense attirò l’attenzione di qualche direttore dell’FBI e finì per accettare un impiego stabile, dignitoso e sicuro. Averlo in squadra era un lusso, ed erano pochi i colleghi dell’Unità di Analisi Comportamentale che conoscevano l’enorme potenziale che Mark apportava a qualsiasi indagine. Ma Peter Wharton, come me, si era accorto da tempo delle capacità del giovane talento.

- Merda, Mark! Voglio solo semplificare le cose. Ora non venire a ingarbugliare la matassa, quando andava tutto così bene.

- Possiamo fare entrambe le cose allo stesso tempo, non sono incompatibili – dissi. – Lasciamo i nomi cancellati così come sono, non facciamo marcia indietro. Ma esprimete un’opinione su quanto ha appena chiesto Mark, d’accordo?

- Va bene, capo. Per me la questione è chiara fin dall’inizio: ci sono due assassini. Uno ha ucciso Sharon Nichols 17 anni fa, e un altro, diverso, ora ha fatto fuori le due ragazze.

- Grazie, Tom – dissi, piuttosto irritato dal modo con cui si era espresso. Un minimo di delicatezza sarebbe stata gradita, per quanto sapessi che non c’era cattiveria nelle sue parole.

- Veramente, io non ne sono così sicuro. È qualcosa che mi ossessiona dall’inizio. Per questo ho sollevato il problema. La cosa certa è che se l’assassino delle tre è lo stesso, risolvere questo caso dovrebbe essere, a questo punto, relativamente facile. Ma se invece gli assassini sono due, per non dire tre, le variabili da tenere in considerazione si moltiplicano, e cancellare delle persone da questa lista non è qualcosa che possiamo prendere alla leggera.

- E tu, Liz, cosa ne pensi? – domandai, guardandola dritto negli occhi.

Lei si voltò a guardare la lavagna. Indicò con un dito ciascuno dei nomi che erano rimasti immacolati: Vera Taylor, Matt Davies e Duane Malick. Sembrava stesse disegnando nella sua mente i profili di ciascuno, tracciando le sue motivazioni e analizzando le possibilità che fossero davvero i colpevoli.

- Sono sempre più convinta della tesi che lo sceriffo Stevens ha difeso fin dall’inizio: questa è opera di un singolo individuo. E in questo momento il signor Malick è in testa alla classifica.

- Che cazzo stai dicendo, per favore! – esclamò Mark, che raramente usciva dal suo stato di calma imperturbabile. – Credi davvero che quell’uomo abbia ucciso la sua stessa figlia?

- Non lo so. Non vedo l’ora di interrogarlo.

- E tu, Ethan? Cosa ne pensi? In fin dei conti noi non siamo psicologi, né siamo stati formati per conoscere a fondo la mente di un assassino – disse Mark, inarcando un sopracciglio.

Esatto, cosa diavolo ne pensavo io? Gli ultimi consigli dello sceriffo Stevens si confondevano con quelli del mio superiore, Peter Wharton, oltre che con la valanga di congetture che ogni giorno si ammassavano nel mio cervello.

- Ho bisogno di maggiori informazioni. Al momento confronteremo i dati delle misure dell’area schiacciata nel campo di granturco con i veicoli di Davies, Malick e Taylor. Ho anche bisogno di campioni di terra della strada che conduce fino al fossato, della vegetazione tipica della zona e di qualsiasi cosa che possiamo trovare in una bicicletta, in una macchina o in una paio di scarpe, e che permetta di collegare quei resti al luogo in cui sono stati rinvenuti i corpi.

- Ad esempio?

- Non lo so, cazzo! Qualche tipo di minerale, o quelle minuscole alghe che si trovano solo in determinate zone… le diatomee. Mi piacerebbe anche avere quanto prima il risultato delle fotografie che abbiamo scattato ai segni nel campo, per vedere se coincidono con qualche tipo di pneumatico. E il cianuro, voglio sapere chi maneggia il cianuro in questa contea. Sembra che qui tutti abbiano una boccetta di quei sali in un pensile vicino ai biscotti.

La mia voce suonò stanca e irritata, riuscii a percepirlo io stesso. Fortunatamente ci pensò il campanello della porta a spezzare quel silenzio imbarazzante che si era impossessato dell’ambiente.

- Vado io, sto aspettando dei risultati di alcuni test – disse Liz, correndo verso l’ingresso.

Mi lasciai cadere sul divano, vicino a Tom, che mi diede qualche pacca sulla gamba.

- Coraggio, capo, l’abbiamo quasi preso. Si è fregato con la storia del campo di granturco, si è fregato con le sue chiamate a Donna quel giorno. Non so quanti saranno gli assassini coinvolti in questi crimini, ma almeno uno di loro lo stiamo per catturare.

Annuii. Le parole giudiziose di Tom mi confortavano. Era difficile che quell’agente crollasse, e a volte bisognava ringraziare il suo eterno ottimismo.

- Brutte notizie – disse Liz, tornando con dei fogli che aveva estratto da una busta che aveva aperto tornando in salone.

- Che succede?

- Il sangue e tutti gli altri resti biologici trovati nella cantina di Davies sono veramente della madre. Lo depenniamo dalla lista?

Sentii una fitta alle tempie. Dovetti massaggiarle per bene per cercare di alleviare il dolore. Era la tortura dello sconforto, dell’impotenza più assoluta. Mi vennero in mente le informazioni della stampa che lo sceriffo Stevens mi aveva mostrato qualche ora prima, e il viso di Worth, che senza parlare mi trasmetteva un messaggio tagliente: l’avevo avvertita. Mi sentivo in trappola come un animale, e quanto più cercavo di scappare, più profonda era la ferita e più mi ingarbugliavo. Lo sceriffo aveva sicuramente ragione: dovevo mettere in moto la mia creatività, allontanarmi dai pregiudizi e affrontare l’indagine da una nuova prospettiva. Dovevo dimenticarmi dei meccanismi che sembravano così efficaci quando il comportamento criminale si atteneva ai soliti standard. Ero giunto alla conclusione che questo caso sarebbe stato più che singolare… sarebbe stato assolutamente straordinario.