UN PAZZO
Era morto da presidente di un alto tribunale, magistrato integro la cui vita irreprensibile era citata in tutte le corti di Francia. Gli avvocati, i giovani consiglieri, i giudici salutavano con profondi inchini, in segno di profondo rispetto, il suo gran volto bianco e magro illuminato da due occhi lucenti e profondi.
Aveva trascorso la vita a combattere il crimine e a proteggere i deboli. I profittatori e gli assassini non avevano avuto un nemico più temibile, pareva che lui sapesse leggere nel fondo del loro animo i più segreti pensieri, e intuire con un’occhiata tutti i misteri delle loro intenzioni.
Era dunque morto, all’età di novantadue anni, circondato dall’ammirazione e seguito dal rimpianto di tutto un popolo. Soldati in pantaloni rossi lo avevano scortato sino alla tomba, e uomini in frac avevano cosparso il feretro di parole desolate e lacrime che parevano sincere.
Ed ecco lo strano fascicolo che il notaio, sbalordito, scoprì nel secrétaire dove lui aveva l’abitudine di chiudere gli incartamenti dedicati ai grandi criminali; portava come titolo:
PERCHÉ?
20 giugno 1851. Esco dalla seduta. Ho fatto condannare Blondel a morte! Perché quell’uomo aveva ucciso i suoi cinque figli? Perché? Spesso s’incontrano uomini per cui distruggere la vita costituisce una voluttà. Sì, sì, dev’essere una voluttà, e forse la più grande di tutte: ammazzare non è forse quanto assomiglia di più al creare? Fare e distruggere! Queste due parole racchiudono la storia dei mondi, tutto quello che è, tutto! Perché è così inebriante uccidere?
25 giugno. Pensare che una creatura è lì che vive, cammina, corre... Una creatura? Cos’è una creatura? Quella cosa animata che porta in sé il principio del movimento e una volontà che regola quel movimento! Non è legata a nulla, questa cosa. I suoi piedi non comunicano col suolo. È un granello di vita che si muove sulla terra, e quel granello, venuto da non si sa dove, lo si può distruggere a volontà. Allora, niente, più niente. La decomposizione, la fine.
26 giugno. Perché dunque è un delitto uccidere? Sì, perché? È invece, la legge della natura. Ogni essere ha la missione di uccidere, uccide per vivere e uccide per uccidere. – Uccidere è nel nostro temperamento, bisogna uccidere! L’animale uccide sempre, tutto il giorno, in ogni istante della sua esistenza. – L’uomo uccide continuamente per nutrirsi, ma poiché ha bisogno anche di uccidere per voluttà, ha inventato la caccia. Il bambino uccide gli insetti che cattura, gli uccellini, tutti i piccoli animali che gli capitano sottomano. Ma questo non basterebbe all’irresistibile bisogno di massacro che è in noi. Non è sufficiente ammazzare la bestia, abbiamo bisogno di ammazzare anche l’uomo. Una volta, questa necessità veniva soddisfatta per mezzo dei sacrifici umani. Oggi, la necessità di vivere in società ha fatto dell’assassinio un crimine. L’assassino vien condannato e punito! Ma poiché non possiamo vivere senza abbandonarci a quest’istinto naturale e imperioso di morte, cerchiamo sfogo ogni tanto nelle guerre, in cui un popolo intero sgozza un altro popolo. Allora è un’orgia di sangue, un’orgia in cui gli eserciti si scatenano e di cui s’inebriano ancora i borghesi, le donne e i bambini che leggono, la sera, sotto la lampada, il racconto esaltato dei massacri.
E si potrebbe credere che coloro che son destinati a compiere questi macelli vengano poi disprezzati! No. Li coprono di onori. Li vestono d’oro e di panni sgargianti, li caricano di pennacchi in testa, di decorazioni sul petto, li riempiono di medaglie, ricompense, titoli d’ogni genere. Sono fieri, rispettati, amati dalle donne, acclamati dalla folla, unicamente perché hanno la missione di sparger sangue umano! Trascinano per le strade i loro strumenti di morte che il passante vestito di nero guarda con invidia. Uccidere è infatti la grande legge posta dalla natura nel cuore di ogni essere vivente! Non esiste nulla di più bello e onorevole che ammazzare!
30 giugno. Uccidere è la legge, perché la natura ama l’eterna giovinezza. E pare gridare attraverso tutti i suoi atti inconsci: «Presto! presto! presto!» Più essa distrugge, più si rinnova.
2 luglio. L’uomo: cos’è l’uomo? Tutto e nulla. Attraverso il pensiero, è il riflesso di tutto. Per la sua memoria e la sua scienza, è un compendio del mondo, di cui porta in sé la storia. Specchio delle cose e specchio dei fatti, ogni essere umano diventa un piccolo universo nell’universo!
Ma provate a viaggiare, guardate formicolare le razze, e l’uomo non è più nulla! più nulla, assolutamente! Salite su una barca, allontanatevi dalla riva gremita di folla, e presto scorgerete solo la linea della costa. L’essere impercettibile scompare, tanto è piccolo, insignificante. Attraversate l’Europa con un rapido, e guardate fuori dal finestrino. Uomini, uomini, sempre uomini, innumerevoli, sconosciuti, che brulicano nei campi, nelle strade, contadini stupidi che sanno soltanto rivoltare la terra, donne bruttissime che sanno solo fare la minestra per il maschio e partorire figli. Andate nelle Indie, andate in Cina, e vedrete ancora agitarsi miliardi di esseri che nascono, vivono, muoiono senza lasciar più traccia di una formica schiacciata sulla strada. Andate nei paesi dei negri, rintanati in capanne di fango; nei paesi degli arabi bianchi, rifugiati sotto una tela scura che si agita al vento, e capirete che l’uomo isolato, determinato, non è nulla, nulla. La razza è tutto. Cos’è l’individuo, l’individuo qualunque di una tribù errante del deserto? E quegli uomini, che sono dei saggi, non si preoccupano della morte. L’uomo non conta nulla per loro. Si ammazza il nemico: è la guerra. Si faceva così un tempo, di castello in castello, di provincia in provincia.
Sì, percorrete il mondo e guardate formicolare gli esseri umani innumerevoli e sconosciuti. Sconosciuti? Ah! ecco la parola del problema! Uccidere è un delitto perché abbiamo numerato gli esseri umani! Quando nascono, vengono iscritti, vien dato loro un nome, vengono battezzati. E la legge li prende. Ecco! L’essere che non viene registrato non conta: uccidetelo nella prateria o nel deserto, uccidetelo sulla montagna o nella pianura, che importa! La natura ama la morte, e non punisce, lei!
Quel che è sacro, ad esempio, è lo stato civile. Ecco! È lo stato civile che difende l’uomo. L’essere è sacro perché è iscritto allo stato civile. Onore allo stato civile, il dio legale. In ginocchio!
Lo Stato può sopprimere, perché ha il diritto di modificare lo stato civile. Quando ha fatto sgozzare duecentomila uomini in una guerra, li cancella dallo stato civile, li annulla per mano del suoi impiegati. È finita. Ma noi, che non possiamo cambiare le scritture del municipio, noi dobbiamo rispettare la vita. Stato civile, gloriosa divinità che regna nei templi della municipalità, ti saluto! Sei più forte della natura. Ah! ah! ah!
3 luglio. Dev’essere uno strano e gustoso piacere quello di ammazzare, avere lì davanti la creatura vivente, pensante, praticarvi un piccolo foro, solo un forellino, e veder scorrere quella cosa rossa che è il sangue, e che costituisce la vita, e non avere più davanti che un mucchio di carne molle, fredda, inerte, vuota di pensiero!
5 agosto. Io che ho passato la mia vita a giudicare, a condannare, a uccidere con parole pronunciate, a uccidere con la ghigliottina quelli che avevano ucciso con il coltello, io! io! se io facessi come tutti gli assassini che ho colpito, io! io! chi lo verrebbe a sapere?
10 agosto. Chi lo saprebbe mai? Come potrebbero sospettarmi, soprattutto se scegliessi per vittima qualcuno che non ho il minimo interesse a sopprimere?
15 agosto. La tentazione è entrata in me come un verme strisciante. Striscia, avanza, procede e cammina per l’intero mio corpo, nella mia mente, che non pensa più ad altro: uccidere; nei miei occhi, che han bisogno di guardare il sangue, di veder morire; nelle mie orecchie, in cui odo incessantemente un suono strano, orribile, straziante e folle, come l’ultimo grido di un morente; nelle mie gambe, in cui serpeggia il desiderio di andare, andare verso il luogo ove il fatto avverrà; nelle mie mani che fremono per il bisogno di uccidere. Come dev’essere bello uccidere, bello, raro, degno di un uomo libero, al disopra degli altri, padrone del proprio cuore, in caccia di sensazioni raffinate.
22 agosto. Non potevo più resistere. Ho ammazzato una bestiola per provare, per cominciare.
Jean, il mio domestico, aveva un cardellino in una gabbia appesa alla finestra della cucina. Ho mandato Jean a fare una commissione, e ho preso l’uccellino in mano; nella mano sentivo battere il cuoricino. Aveva caldo. Sono salito nella mia camera. Ogni tanto lo stringevo più forte, e il suo cuore batteva più in fretta: era atroce e delizioso. Per poco non lo soffocavo. Ma così non avrei visto il sangue.
Allora, ho preso delle forbici, piccole forbici da unghie, e gli ho tagliato la gola con tre colpi, piano piano. Apriva il becco, si sforzava di scappare, ma lo tenevo, oh, lo tenevo stretto: avrei potuto trattenere anche un mastino arrabbiato! E ho visto il sangue scorrere. Com’è bello, rosso, lucente, chiaro, il sangue! Avevo voglia di berlo. Vi ho immerso la punta della lingua! Che buono! Ma ne aveva così poco, quel povero uccellino. Non ho avuto il tempo di godere di quella vista come avrei voluto. Dev’essere splendido veder sanguinare un toro.
E poi ho fatto come gli assassini, come i veri assassini. Ho lavato le forbici, mi sono lavato le mani, ho buttato via l’acqua sporca e ho portato il corpo, il cadaverino in giardino per sotterrarlo. L’ho ficcato sotto una pianta di fragola. Non lo troveranno mai. E io mangerò ogni giorno una fragola di quella pianta. Davvero, come si può godere la vita, quando si sa!
Il mio domestico ha pianto: crede che il suo uccellino sia fuggito. Come potrebbe sospettare di me? Ah! ah!
25 agosto. Bisogna che ammazzi un uomo! È necessario.
30 agosto. È fatta. Com’è semplice, una cosa da nulla! Ero andato a passeggio nel bosco di Vernes. Non pensavo a nulla. Ed ecco un bambino sul sentiero, un ragazzino che mangiava un panino col burro. Si ferma a guardarmi passare e dice: «Buongiorno, signor presidente».
Ed ecco il pensiero mi attraversa il cervello: “Se lo uccidessi?”.
Replico: «Sei solo, ragazzo?»
«Sì, signore.»
«Solo nel bosco?»
«Sì, signore.»
La voglia di ucciderlo mi ubriacava come alcool. Mi avvicinai pian piano, certo che sarebbe scappato. Poi l’afferrai alla gola... Lo stringo, lo stringo con tutta la mia forza! Mi ha guardato con occhi agghiaccianti! Che occhi! Rotondi, profondi, limpidi, terribili! Non ho mai provato un’emozione così violenta... ma così breve! Mi teneva i polsi con le sue manine, e il suo corpo si torceva come una piuma sul fuoco. Poi non s’è più mosso.
Avevo il batticuore: ah, il cuore dell’uccellino! Ho buttato il cadavere in un fosso, e l’ho coperto con dell’erba.
Sono tornato a casa, ho cenato bene. Una cosa da nulla! Ero molto allegro, leggero, ringiovanito; ho trascorso la serata dal prefetto. Mi hanno trovato spiritoso.
Ma non ho visto il sangue! Sono tranquillo.
30 agosto. Hanno scoperto il cadavere. Stanno cercando l’assassino. Ah! ah! ah!
1° settembre. Hanno arrestato due vagabondi. Mancano le prove.
2 settembre. Sono venuti a trovarmi i genitori. Piangevano. Ah! ah! ah!
6 ottobre. Non hanno scoperto nulla. Qualche vagabondo sarà il colpevole. Ah! ah! ah! Se avessi visto scorrere il sangue, mi pare che ora sarei pago.
18 ottobre. Il desiderio di ammazzare mi scorre nel midollo. È paragonabile alle furie amorose che torturano a vent’anni.
20 ottobre. Un altro. Stavo camminando lungo il fiume, dopo pranzo. E ho visto, sotto un salice, un pescatore addormentato. Era mezzogiorno. Una zappa pareva piantata apposta in mezzo a un campo di patate vicino.
L’ho presa, son tornato sul posto, l’ho alzata come una mazza, e, di un sol colpo, con il taglio, ho spaccato la testa del pescatore. Oh! ha sanguinato, quello! Sangue roseo, mescolato a materia cerebrale! Colava nell’acqua, dolcemente. Me ne sono andato con passo lento. Se mi avessero visto! Ah! ah! ah! Sarei stato un magnifico assassino.
25 ottobre. L’affare del pescatore solleva molto scalpore. Si accusa dell’omicidio un suo nipote, che era stato a pescare con lui.
26 ottobre. Il giudice istruttore afferma che il nipote è colpevole. E tutti in città lo credono. Ah! ah! ah!
27 ottobre. Il nipote si difende molto male. Era andato al paese a comperare del pane e del formaggio, dice. Giura che lo zio è stato ucciso durante la sua assenza. Chi lo crederà?
28 ottobre. Il nipote stava per confessare, tanto gli hanno fatto perdere la testa! Ah! ah! ah! La giustizia!
15 novembre. Hanno prove schiaccianti a carico del nipote, che doveva ereditare dallo zio. Io sarò presidente in assise.
25 gennaio. A morte! a morte! a morte! L’ho fatto condannare a morte. Ah! ah! ah! Il procuratore generale ha parlato come un angelo! Ah! ah! Ancora un altro. Andrò ad assistere all’esecuzione!
18 marzo. È finita. Lo hanno ghigliottinato stamane. È morto molto bene! Molto bene! Mi ha fatto piacere. Com’è bello veder tagliare la testa di un uomo! Il sangue è sgorgato come un flutto! Oh! se avessi potuto, mi sarebbe piaciuto farmene inondare. Che ebbrezza coricarmi lì sotto, e sentirlo sui capelli e sulla faccia, e rialzarmi tutto rosso, tutto rosso! Ah! se sapessero!
Adesso aspetterò, posso aspettare. Basterebbe un nulla a farmi scoprire.
 
Il manoscritto conteneva ancora molte pagine, ma non riferiva altri delitti. I medici alienisti ai quali venne affidato affermano che esistono al mondo molti pazzi ignorati, abili e temibili quanto quel mostruoso demente.
Racconti
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