IL CASO DELLA SIGNORA LUNEAU
A Georges Duval
Il giudice conciliatore, grasso, con un occhio
chiuso e l’altro semiaperto, ascolta i contendenti con aria
scontenta. Ogni tanto emette una specie di grugnito che fa
prevedere la sua opinione, e interrompe i discorsi con esile voce
da bambino, per porre qualche domanda.
Ha appena composto la vertenza del signor
Joly contro il signor Petitpas, a proposito del confine di un campo
che sarebbe stato spostato per errore dal carrettiere del signor
Petitpas mentre lavorava.
Ora c’è la vertenza d’Hippolyte Lacour,
sagrestano e chincagliere, con la signora Céleste-Césarine Luneau,
vedova di Anthime Isidore.
Hippolyte Lacour ha quarantacinque anni;
alto, magro, con i capelli lunghi e rasato come un uomo di chiesa;
parla con voce lenta, strascicata e cantante.
La signora Luneau dimostra quarant’anni.
Costruita come un lottatore, scoppia dappertutto nel suo vestito
stretto e aderente. I fianchi enormi sostengono un petto
traboccante, davanti, e dietro degli omoplati grassi come seni. Il
collo largo regge una testa dai lineamenti marcati, e la voce
piena, senza essere grave, emette toni che fanno vibrare i vetri e
i timpani. Incinta, ella sporge in avanti un ventre enorme come una
montagna.
I testimoni per la difesa aspettano il loro
turno. Il giudice conciliatore inizia l’interrogatorio.
«Hippolyte Lacour, esponete le vostre
ragioni».
Il querelante prende la parola.
«Ecco, signor giudice. A San Michele saranno
nove mesi che la signora Luneau è venuta a trovarmi una sera,
appena io avevo finito di suonare l’Angelus,
e mi ha esposto la sua situazione in rapporto alla sua
sterilità...
IL GIUDICE CONCILIATORE Siate più esplicito,
vi prego.
HIPPOLYTE Mi spiego, signor giudice. Insomma,
voleva un bimbo, e chiedeva la mia partecipazione. Io non feci
difficoltà, e lei mi promise cento franchi. La cosa fu conclusa e
regolata; ma lei, oggi, non vuol mantenere la promessa. Io reclamo
la somma davanti a voi, signor giudice.
IL GIUDICE CONCILIATORE Non vi capisco
affatto. Dite che la signora voleva un bimbo? Come? Che genere di
bambino? Un bimbo da adottare?
HIPPOLYTE No, signor giudice, uno
nuovo.
IL GIUDICE CONCILIATORE Cosa intendete con
queste parole: uno nuovo?
HIPPOLYTE Intendo un bimbo che deve nascere,
che avremmo fatto insieme, come se fossimo marito e moglie.
IL GIUDICE CONCILIATORE Mi sorprendete molto.
A quale scopo poteva farvi questa proposta anormale?
HIPPOLYTE Signor giudice, lo scopo non mi
apparve, al primo momento, e fui anch’io non poco perplesso.
Siccome non faccio nulla senza rendermi conto di tutto, volli
sondare le sue ragioni, e lei le enumerò. Suo marito, Anthime
Isidore, che voi avete conosciuto come me, era morto la settimana
prima, lasciando ogni suo avere alla propria famiglia. A lei, la
cosa non andava a genio, quanto al denaro, e aveva consultato un
avvocato, che le aveva parlato dei vantaggi di una nascita entro
dieci mesi. Voglio dire che, se avesse partorito entro dieci mesi
dalla morte del fu Anthime Isidore, il frutto sarebbe stato
considerato come legittimo e le avrebbe dato diritto all’eredità.
Lei si decise immediatamente a rischiare, e venne a trovarmi
all’uscita dalla chiesa, come ho avuto l’onore di dirvi, dato che
sono padre legittimo di otto figli, tutti vitali, il primo dei
quali fa il droghiere a Caen, dipartimento di Calvados, ed è unito
in legittime nozze con Victoire-Elizabeth Rabou...
IL GIUDICE CONCILIATORE Questi dettagli sono
inutili. Venite al fatto.
HIPPOLYTE Vi sto entrando, signor giudice.
Dunque, lei mi dice: “Se ci riesci, ti darò cento franchi appena
avrò fatto constatare la gravidanza da un medico”. Allora, signor
giudice, io mi feci scrupolo di essere in grado di soddisfarla.
Dopo sei settimane, o due mesi, infatti, seppi con soddisfazione di
essere riuscito. Ma, avendo chiesto i cento franchi, lei me li
rifiutò. Li reclamai di nuovo in varie riprese, senza ottenere un
fico secco. Mi trattò persino da filibustiere, da impotente, mentre
basta guardarla per provare il contrario.
IL GIUDICE CONCILIATORE Cosa avete da dire,
signora Luneau?
SIGNORA LUNEAU Dico, signor giudice, che
quest’uomo è un filibustiere!
IL GIUDICE CONCILIATORE Quale prova adducete
per sostenere questa asserzione?
SIGNORA LUNEAU (rossa, mezza soffocata e
balbettante) Quale prova? Quale prova? Non ne ho avuta neppure una
di prova, di vera prova che il bambino sia suo. No, non è suo,
signor giudice, lo giuro sulla testa del mio defunto marito, non è
suo.
IL GIUDICE CONCILIATORE E di chi è dunque, in
questo caso?
SIGNORA LUNEAU (balbettando per la collera)
Cosa ne so io, cosa ne so? Di tutti, perdio, volete i miei
testimoni, signor giudice? Eccoli tutti. Sono sei. Sentite la loro
deposizione, sentiteli. Risponderanno...
IL GIUDICE CONCILIATORE Calmatevi signora
Luneau, calmatevi, e rispondete con chiarezza. Quali ragioni avete
per dubitare che quest’uomo sia il padre del bimbo che portate in
seno?
SIGNORA LUNEAU Quali ragioni? Ne ho cento,
duecento, cinquecento, diecimila, un milione e più, di ragioni.
Tanto per cominciare, dopo avergli fatto la proposta che sapete,
con la promessa di cento franchi, seppi che era cornuto, con
rispetto parlando, signor giudice, e che i suoi figli non eran
suoi; non erano suoi, neppure uno.
HIPPOLYTE (con calma) Sono menzogne.
SIGNORA LUNEAU (esasperata) Menzogne!
Menzogne! È proprio il caso di dirlo! La prova è che sua moglie è
stata con tutti, vi dico, con tutti. Ecco, ecco i miei testimoni,
signor giudice: interrogateli.
HIPPOLYTE (freddamente) Sono menzogne.
SIGNORA LUNEAU È proprio il caso di dirlo! E
i rossi, sei stato tu a farli, quelli rossi?
IL GIUDICE CONCILIATORE Non divaghiamo, per
favore, o sarò costretto ad agire con severità.
SIGNORA LUNEAU Dunque, essendomi sorto il
dubbio sulle sue capacità, mi dissi, come si suol dire, che due
precauzioni sono meglio che una, e raccontai il mio caso a Césaire
Lépic, qui presente, mio testimone; e lui mi disse: “A vostra
disposizione, signora Luneau”, e poi mi ha prestato il suo
concorso, nel caso in cui Hippolyte avesse fallito lo scopo. Ma poi
gli altri testimoni vennero a sapere che io volevo premunirmi. Se
avessi voluto, signor giudice, ne avrei potuto trovar più di cento.
Quello alto che vedete qui, quello che si chiama Lucas Chandelier,
mi ha giurato che avevo torto a dare i cento franchi a Hippolyte
Lacour, visto che non aveva fatto più degli altri, i quali non
reclamavano nulla.
HIPPOLYTE Non dovevate promettermeli, allora.
Io ci avevo contato, signor giudice. Con me, non c’è errore: cosa
promessa, cosa mantenuta.
SIGNORA LUNEAU (fuori di sé) Cento franchi!
cento franchi! Cento franchi per questo, filibustiere; cento
franchi! Non mi hanno chiesto nulla, loro, niente di niente. Eccoli
qui, sono sei. Interrogateli, signor giudice, risponderanno
sicuramente, risponderanno. (A Hippolyte) Guardali dunque,
filibustiere, se non valgono te! Sono sei; avrei potuto averne
cento, duecento, cinquecento, quanti ne volevo, e per nulla,
filibustiere!
HIPPOLYTE Se anche ce ne fossero
centomila...
SIGNORA LUNEAU Sì, centomila, se avessi
voluto...
HIPPOLYTE Io ho fatto comunque il mio
dovere... Questo non cambia i nostri accordi.
SIGNORA LUNEAU (battendosi con le due mani il
ventre) Ebbene, dimostra che sei stato tu, dimostralo,
filibustiere, ti sfido!
HIPPOLYTE (con calma) Forse non è merito mio
più che di un altro. Questo non impedisce il fatto che voi mi avete
promesso cento franchi per la mia parte. Non dovevate rivolgervi a
tutti, in seguito. Non cambia nulla. Lo avrei potuto fare da
solo.
SIGNORA LUNEAU Non è vero, filibustiere!
Interpellate i miei testimoni, signor giudice. Risponderanno
sicuramente.
Il giudice conciliatore chiama i testimoni in
difesa. Sono sei, rossi in viso, con le mani tremanti,
intimiditi.
IL GIUDICE CONCILIATORE Lucas Chandelier, avete
motivo di presumere di essere voi il padre del bambino che la
signora Luneau porta in seno?
LUCAS CHANDELIER Sissignore.
IL GIUDICE CONCILIATORE Célestin-Pierre
Sidoine, avete motivo di presumere di essere voi il padre del
bambino che la signora Luneau porta in seno?
CÉLESTIN-PIERRE SIDOINE Sissignore.
Gli altri quattro testimoni depongono alla stessa
maniera.
Il giudice conciliatore, dopo un momento di
raccoglimento, pronuncia:
«Visto che, se Hippolyte Lacour ha motivo di
ritenersi padre del bimbo che la signora Luneau ha in gestazione, i
nominati Lucas Chandelier, eccetera, eccetera hanno ragioni
analoghe, se non preponderanti, per reclamare la stessa
paternità;
ma visto altresì che la signora Luneau aveva
precedentemente invocato l’assistenza di Hippolyte Lacour, mediante
un’indennità convenuta e consentita di cento franchi;
visto pertanto che, se si può considerare
totale la buona fede del signor Lacour, è tuttavia permesso
contestare il suo diritto rigoroso a impegnarsi in tale patto, dato
che il querelante è coniugato, e obbligato dalla legge a rimanere
fedele alla sua sposa legittima;
visto inoltre eccetera, eccetera,
eccetera,
condanna la signora Luneau a venticinque
franchi di risarcimento danni da versare al signor Hippolyte
Lacour, per perdita di tempo e inconsueto traviamento.