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Quarto giorno prima delle Idi di Ottobre.
Il greco era in piedi, nello studio di Aurelio, davanti alla scrivania.
Il padrone lo fissava con aria poco rassicurante.
- Domine, ragiona! Come potevo presentarmi a Palazzo e chiedere a Messalina un drappello di guardie senza una prova? – Hai contravvenuto ai miei ordini, tuona il patrizio. – E io verrò arrestato da un momento all’altro! – Non credo, padrone.
La nostra amata imperatrice sa di poter contare sulla tua discrezione. e poi non è tanto stupida da fare una cosa simile, quando il tuo testamento è stato depositato presso le Vergini Vestali! Se dovessi scomparire misteriosamente, sarebbe recapitato a Claudio.
Aurelio squadrò il suo segretario, con un misto d’incredulità e di ammirazione.
Sapeva come fosse difficile, anche per un nobile di antico lignaggio, avvicinare le sacerdotesse di Roma, e ora…
Castore gli rivolse uno sguardo interrogativo.
- Bè, ricordi il pasticcio che combinasti con Numidia? Era una Vestale, più“ o meno vergine, no? Abbiamo dovuto scucirne di sesterzi, per insabbiare quel piccolo scandalo! Che, per te forse, è stato solo un’avventura, ma per lei….
Certe cose, vedi, si ricordano volentieri nella solitudine, soprattutto quando il sacerdozio costringe alla più“ assoluta castità”.
Di giovanotti disposti a rischiare il collo per una bella donna oggi se ne trovano pochi.
- Numidia! E si ricordava di me?
- E del tuo umile servo! – precisò Castore soddisfatto.
- Chi l’avrebbe mai detto?
- Io, padrone- afferma il greco, con scarsa modestia.
Aurelio stava per chiedere lumi sulla storia del testamento, ma il liberto lo precedette, garrulo.
- Inoltre, la tua nave è arrivata a Muziri, sulla costa indiana.
- La nave delle spezie! Ma sono passate solo sette settimane!
- esclamò il patrizio incredulo.
- Allora era vera, quella storia dei venti!
- E“ andata come un lampo, e ora sta imbarcando ogni genere di meraviglie! All’inizio di dicembre, quando il vento comincerà a spirare da terra, salperà per Oceli, in Arabia, e in poche settimane sarà” di ritorno ad Alessandria.
I tuoi concorrenti saranno verdi di bile: con quel carico diventerai ricchissimo.
Aurelio annuì“.
La notizia che il suo patrimonio, già immenso, si sarebbe ancora accresciuto, non poteva che fargli piacere, ma non era sufficiente a togliergli di bocca il sapore amaro che lo tormentava da quando aveva intuito la verità sui delitti.
Tuttavia, ricordando la parte avuta dal greco nel consigliargli l’investimento, aggiunse benevolo: – Meriti un buon premio, Castore! Il servo tossicchiò: – Non un semplice premio, domine: la quinta parte degli utili.
- Cooosa?
- E“ quanto spetta all’equipaggio, secondo il contratto che hai firmato!
- E che c’entri tu?
- Vedi, domine, io sono stato il primo a credere nell’impresa.
Era ovvio che ci rischiassi sopra qualcosa.
Sono un uomo libero, no? Ho diritto a possedere degli schiavi!
- Tu hai degli schiavi, Castore? – domandò il patrizio facendo tanto d’occhi.
- Sì, padrone.
Avevo da parte qualche piccolo risparmio, spiegò umile, il greco, mentre Aurelio calcolava che con quanto gli aveva rubato negli anni doveva ormai essere invidiabilmente ricco.
- Ho cercato quindi di far fruttare il mio piccolo peculio: conosco parecchia gente ad Alessandria e, sapendo quali pericoli avrebbe corso il tuo carico in mano a degli sprovveduti, ho ritenuto opportuno acquistare per procura alcuni uomini di cui conoscevo le eccezionali abilità.
Perciò la nave è tua, ma l’equipaggio è mio!
- Hai comprato tutto l’equipaggio?
- Per meglio dire l’ho riscattato.
Sono una ventina di giovanotti, dei quali ho avuto modo di apprezzare le doti in passato: si tratta per lo più“ di vecchi colleghi.
Accusati di furto da falsi testimoni, avevano subito un’ingiusta condanna al remo e sulle galee imperiali non sarebbero campati a lungo.
Così ho pagato il riscatto e rifuso i derubati, promettendo a quei galantuomini la libertà se avessero portato la merce a destinazione.
- Per cui, io ti devo la quinta parte degli utili! – concluse Aurelio sconcertato.
- Già. – confermò il greco, quasi scusandosi.
Poi guardò di sottecchi il padrone, aspettando il momento buono per affrontare un discorso più“ spinoso.
- Ah, domine. La passeggera che hai cortesemente invitato è arrivata anche lei a Pozzuoli su una tua trireme.
Senza parlare, Castore porse un rotolo all’attonito patrizio.
Al mio Publio Aurelio, salute!
Sulla via del ritorno a Roma ho accettato volentieri il passaggio che mi hai gentilmente offerto.
Non credevo ai miei occhi quando ho visto il tuo sigillo! E non avrei mai pensato che tu fossi capace di dire cose tanto carine.
Confido che verrai a prendermi.
Vale! Lollia Antonina
Lollia! Ma se non la vedeva da più“ di un anno! Aurelio si voltò, frastornato.
Castore se ne stava in un angolo, a testa bassa, con un’aria di finta sottomissione che non avrebbe ingannato un bambino.
Evitando lo sguardo rabbuiato del padrone, il liberto gli porse, con ostentata umiltà, l’anello col rubino dov’era inciso il sigillo degli Aurelii.
- L’hai dimenticato sul tavolino da notte, tempo fa.
O forse era nel tuo scrigno, non ricordo bene.
Aurelio fece un passo verso di lui, coi pugni minacciosamente contratti.
- Hai rubato il MIO sigillo! – ringhiò- Hai contravvenuto ai miei ordini! Hai firmato il MIO testamento e hai sottoscritto una dichiarazione a MIO nome! E come se non bastasse hai scritto una lettera personale. molto personale a quanto pare. alla MIA amante! – strepitò indignato.
Il greco assentì, con aria contrita.
- Questo è troppo! – gridò Aurelio afferrando uno scudiscio e alzandolo sul servo che sbiancò di colpo.
- Il sigillo di un senatore di Roma! Come hai osato? – incalzò calando la sferza sul greco che cercava di farsi scudo col braccio alzato. – Che gli dèi ti…. La frusta cadde a terra e sulla spalla di Castore si abbattè una vigorosa manata.
- Che gli dèi ti proteggano, amico mio! – terminò Aurelio ridendo a gola spiegata.
- Paride, presto, fai preparare il carro, si parte per Pozzuoli!
- Il carro? Pozzuoli? – ripetè l’intendente sbalordito.
- I bagagli, schiavi! I vestiti, presto! – gridava Aurelio dal peristilio.
- Hai sentito, Paride? Corri a preparare i bagagli!
- Sempre all’ultimo momento mi avvertono! – mugugnò l’intendente, nero.
Poi, degnando appena di uno sguardo il greco, s’informò: – Il signore viaggia solo? Devo far preparare il carro singolo?
- Quello doppio, Paride. – rettificò Castore, accomodandosi sul seggio di Aurelio. – - Stavolta i signori – proseguì calcando bene sul plurale- i signori viaggiano in due!
Poi, contemplando dall’alto in basso il vecchio nemico, precisò: – E falle stirare bene, le mie clamidi, altrimenti….