12.
Decimo giorno prima delle Calende di Ottobre.
Dopo una notte quasi insonne, Aurelio aveva vagato a lungo per la città, in preda allo sconforto.
Troppe cose, in quella storia, non quadravano.
Era ormai riuscito a ricostruire i movimenti di Dinah con una certa precisione: la ragazza aveva cercato di evitare la gravidanza, valendosi dello stupido amuleto di Shula.
Poi, rimasta incinta, era stata dirottata da Erofila dove, se l’indovina diceva la verità, non aveva risolto nulla.
Subito dopo, forse per consiglio di qualcuno del lupanare, era arrivata a Demofonte, ma non aveva avuto nemmeno il coraggio di entrare.
La tappa successiva era stata l’ambulatorio di Mnesarete e qui finalmente aveva trovato aiuto.
Gli accordi erano già presi, il prezzo sarebbe stato abbordabile. a quel punto, però, qualcosa l’aveva fatta desistere, probabilmente la promessa di sposarla del suo innamorato.
Ma poi Rubellio aveva incontrato la feroce opposizione del padre e forse Dinah era tornata sui suoi passi, rendendosi conto che mai e poi mai sarebbe stata accettata dalla famiglia di Decimo.
E forse, disperata, aveva deciso di abortire subito, senza aspettare l’appuntamento con la dottoressa greca, e di sposare Eleazar in tutta fretta.
Infine la tragedia, la scomparsa di Rubellio, la sete di vendetta del fidanzato ebreo.
Eleazar era già da un pezzo sulle tracce dell’uomo che gli aveva rovinato la vita.
Come mai Aurelio sentiva tanta comprensione verso quel ragazzino viziato che aveva illuso la sua Dinah? Perchè provava quel disperato bisogno di trovarlo, di sottrarlo alla spada di Eleazar? Poco tempo prima avrebbe visto nel giovane romano un cinico profittatore, che lasciava nei guai la sprovveduta che aveva sedotto.
Adesso invece lo immaginava nella lunga attesa, a tormentarsi per la donna che amava e che a sua insaputa si accingeva a lasciarlo.
Ma Shula diceva che la sua pupilla aveva deciso di tenere il bambino.
E doveva essere vero, perché altrimenti sarebbe mancata all’appuntamento con Mnesarete? E se invece ci fosse andata. se, contro ogni previsione, la greca avesse fallito, perché non ammetterlo, allora? Era anche lei un essere umano, che poteva sbagliare, come tutti.
Sì. Mnesarete avrebbe potuto fallire un’operazione, ma coprire il suo errore rifiutandosi di prestare soccorso alla vittima, questo assolutamente non riusciva a crederlo.
E se invece fosse stata Erofila a mentire? La storia del voto alla dea della fecondità… l’indovina non sembrava il tipo da farsi tanti scrupoli.
Eppure il patrizio non riusciva a immaginare neanche lei nell’atto di buttare sulla strada una ragazza morente.
Volgare, sboccata, facilona, ma assassina no! Assassinio. – E stata ammazzata. – Già una volta Shula si era finta scema, dimostrando poi di essere molto più“ lucida di quanto volesse apparire.
Che ne sapesse ancora di più“, su quella faccenda? La vecchia aveva l’aria di non ricordare nemmeno la frase incauta pronunciata nell’ebbrezza.
E poi c’erano altre possibilità“: Demofonte, ad esempio, e la stessa Oppia, che da giovane aveva fatto l’ostetrica.
Dinah andava spesso al lupanare, per incontrare Rubellio: niente di più“ facile che Oppia si fosse offerta di rimediare al guaio.
Aurelio si guardò intorno: vagando soprappensiero aveva già percorso parecchia strada e in quel momento stava scendendo le pendici del Campidoglio, verso il Foro.
Decise di attraversare in fretta la piazza affollata, per non essere riconosciuto da qualche postulante dalla supplica facile.
Il capo chino e l’aria indaffarata gli consentirono di giungere indenne fino al tempio dei Dioscuri, ma davanti alla grande libreria dei Sosii un impiegato zelante pensò bene di riverire con voce squillante uno dei suoi migliori clienti: Ave, senatore Stazio! Aurelio lo zittì subito e, per un istante, credette di averla fatta franca.
Ma ahimè, il nome famoso, pronunciato in tono stentoreo, aveva già attirato l’attenzione della gente.
- Aurelio! E“ da tanto che ti cerco! – lo bloccò un cavaliere indebitato fino all’osso. – Ho un affare veramente vantaggioso da proporti! – Nobile padrone. – mugolò un vecchio liberto, sempre in ristrettezze, tirandolo per la manica.
- Publio, tesoro! – schiamazzava intanto da lontano una cortigiana alla moda, delle cui prestazioni il raffinato patrizio era stato ben poco soddisfatto.
D’un tratto, fra la folla di postulanti, Aurelio scorse con orrore la figura spettrale di Lentulo che cercava di agguantarlo con la mano scheletrica emersa come un arpione dalle pieghe della toga.