5.
Quarto giorno prima delle None di Settembre.
- Ah, Castore, già di ritorno? Il greco, comodamente sdraiato su un triclinio riservato agli ospiti più“ importanti, si era spogliato dei panni ebraici e indossava una finissima clamide ricamata.
- Presto, dimmi cos’hai scoperto!
- La ragazza non era troppo apprezzata dalla comunità: il fatto stesso che non fosse ancora sposata, a sedici anni suonati, destava chiacchiere.
Le altre donne non vedevano di buon occhio i suoi andirivieni.
In breve: era sospettata dei più“ turpi commerci coi gentili e si comincia già a mormorare che nella sua morte ci sia qualcosa di poco chiaro.
- Povero Mordechai!
- Anche il vecchio non sfugge alle critiche: la sua ben nota amicizia con un magistrato romano di alto rango….
- Dove hai raccolto queste maldicenze?
- In casa del rabbino capo.
Sua nipote, Deborah, aveva messo gli occhi sul bel Lazarus Eleazar, come lo chiamano loro ma ha dovuto accontentarsi di Uriele, un ragazzone allampanato con la faccia piena di foruncoli che sarà“ anche un grande studioso della Thorà, ma quanto a fascino virile….
Questo Uriele ha il dente avvelenato contro Mordechai e la sua famiglia: sostiene di aver visto Dinah con dei gentili, e più“ di una volta!
- Con chi, di preciso? Li conosce?
- Giovinastri, come ce ne sono tanti a Roma, di quelle bande che assaltano i passanti di notte, che danno fastidio alle donne per la strada e, quando non trovano di meglio da fare, scalzano le pietre miliari dai marciapiedi.
- Ho capito: frequentatori abituali di taverne e bordelli: si divertono a fare irruzione nelle case delle prostitute e a stuprarle.
Oppure derubano la gente per bene così incauta da percorrere il loro “territorio”! Ottima compagnia per una giovane beneducata!
- I tresviri notturni, poveracci, si fanno in quattro per mantenere l’ordine pubblico nelle ore di buio, ma non ce la fanno più“ a controllare queste bande di delinquenti.
Per giunta, quei cari figlioli aizzano i tifosi delle varie squadre, al Circo, e che formano la claque dei gladiatori: tutti i pretesti sono buoni per menar le mani.
Sai bene cos’è successo dopo l’ultima vittoria di Chelidone, nell’Arena: sembrava che Roma fosse stata messa a sacco dai barbari!
- E Dinah li frequentava!
- Non esagerare: l’hanno soltanto vista parlare con loro un paio di volte, al mercato vinario e in pieno giorno.
Aurelio era deluso: che la figlia di Mordechai fosse diversa da come l’aveva giudicata? Aveva pensato a lei come a una ragazza innamorata, non come alla fiancheggiatrice di una manica di teppisti!
- Si sono fatti dei nomi?
- Si tratta della banda di Flavio.
Nel quartiere ebraico li conoscono bene perché durante una scorreria notturna hanno lasciato parecchi nasi rotti come ricordo e han distrutto le transenne di molte botteghe.
- Flavio? L’ho conosciuto.
Viene da una famiglia piuttosto ricca, ma è indebitato fino al collo: praticamente ha sperperato il patrimonio di suo padre, prima ancora di ereditarlo.
Anche se adesso i prestiti “a babbo morto“ sono diventati illegali, nessuna legge impedisce di far credito a chi abbia già compiuto i venticinque anni e Flavio, sebbene si atteggi ad adolescente ribelle, ne ha qualcuno in più”
- Me l’hanno detto, infatti, che il capo non è più“ un ragazzino di primo pelo.
Gli altri, invece, sono tutti giovanissimi: alcuni devono ancora indossare la toga virile.
- Tipico, per un somaro arrogante come quello, circondarsi di mocciosi imberbi per esercitare su di loro un’autorità che nessuno, appena un po’“più” esperto, si sognerebbe di accordargli! – sbuffò Aurelio indignato.
- Già! Fuori non conta niente, ma nella sua cricca è il re! – Vedrò d’incontrarlo al più“ presto, quel teppistello da due soldi! – annunciò Aurelio deciso, attingendo dalla borsa un lauto compenso per l’abile servitore.
Allungò un grosso pugno di monete al greco, che si preparava ad accoglierle con gli occhi brillanti, quando, incuriosito, si fermò con la mano a mezz’aria.
- Castore, – domandò osservandolo meglio. – Ma non è mia, quella clamide?
- Certo, lo era, ma me ne hai generosamente fatto dono.
- E quando, di grazia?
- Bè, non me l’hai data direttamente, ma io mi faccio un dovere di controllare sempre i guardarobieri, perché non ti mandino in giro come uno straccione.
Così, giorni fa, mi sono accorto che stavano riponendo questo abito vecchissimo, indegno di essere indossato da un uomo della tua classe e ho chiesto di ispezionarlo minutamente.
E ho scoperto parecchie magagne: una macchia refrattaria a ogni lavaggio e l’orlo un po’“liso.
Ho ripreso severamente lo schiavo addetto alle tue vesti e gli ho intimato di eliminare questo straccio consunto dai tuoi armaria.
Naturalmente, per quanto rovinato, può ancora andar bene per un povero servo come me e….
- Ti ringrazio della tua sollecitudine – dichiarò Aurelio, sforzandosi di restare serio.
- E dirò all’amministratore di trattenere il prezzo di questo vecchio straccio, poca cosa, ovviamente, dal tuo salario.
- A Paride? Ma sei matto, padrone? – protestò il greco, faccia di bronzo. – Non sai che quello ce l’ha con me ed è capace di dichiarare che vale cento sesterzi, per farmi un dispetto?
Tra il prodigo Castore e il tirchio amministratore di Aurelio, non correva buon sangue: il bravo economo, oggetto elettivo delle beffe del greco, lo detestava cordialmente, anche se in segreto provava per lui una travolgente invidia; il fatto che il furbo levantino fosse indiscutibilmente il favorito del padrone, lo esasperava.
- Fidati, Castore! – lo esortò il patrizio- Paride ha un occhio infallibile per queste cose!
- Purtroppo! – sospirò il servo, rimanendo ostentatamente in piedi, in attesa delle monete intraviste poco prima.
Quando, dopo parecchi tossicchiamenti discreti, fu chiaro che il compenso non sarebbe arrivato a destinazione, Castore si rassegnò a ritirarsi, brontolando sofferti commenti sull’avarizia e l’ingratitudine di certi ricconi maleducati.