4.

Calende di Settembre.

 

- Hai mandato Castore in mezzo agli ebrei? – si stupì Servilio. – Lo sai che non corre buon sangue tra giudei e greci!

- Da quanto ho potuto vedere, se la cava egregiamente.

- Sarà perlomeno furibondo – rise l’altro che conosceva il caratterino pepato del servitore.

- Perchè non mi hai detto che il nostro Aurelio era arrivato?

Pomponia era sopraggiunta di corsa, sfoggiando uno dei nuovi modelli cui sarti e cucitrici avevano lavorato indefessamente la settimana prima.

Durante tutto il periodo del rinnovo del guardaroba, il povero marito, sepolto da valanghe di stoffe, pellicce e parrucche, aveva chiesto asilo nella domus di Aurelio, rifiutando fermamente di mettere piede in casa propria, invasa da quel temibile esercito armato di fibbie e spilloni.

Finalmente il risultato di tanta alacrità stava davanti agli occhi dei due uomini, sopraffatti dalla visione della matrona avvolta in chilometri di porpora a ricami d’oro.

Le forme debordanti, frutto di banchetti e di libagioni continue, straripavano dalla veste attillata come i frutti della terra dalla cornucopia della dea dell’abbondanza, e al minimo cenno del capo l’elaboratissima costruzione di riccioli oscillava pericolosamente sotto il peso dei fermagli ingioiellati.

- E“ la pettinatura – alla Messalina- spiegò orgogliosamente Pomponia. – Ormai nessuna vera signora oserebbe presentarsi in pubblico senza una parrucca come questa.

Io comunque ne ho disegnato personalmente le varianti, che contribuiscono ad arricchirla: queste fenici d’oro, per esempio. Che ne dite?

- Toglie il fiato, Pomponia, davvero! Sono senza parole! mormorò Aurelio più“ che sincero, almeno alla lettera.

- Sapevo che un uomo del tuo gusto avrebbe approvato! esclamò la matrona soddisfatta. – Melissa mi ha detto che hai chiesto espressamente di me, carissimo.

In che cosa posso esserti utile? I due coniugi si disputavano spesso la compagnia e la conversazione del mondanissimo senatore e raramente Servilio riusciva ad averla vinta sull’invadenza della consorte.

- Ho chiesto di te, amica mia, perché sono convinto che tu sola possa aiutarmi, visto che, a detta di tuo marito, hai una competenza unica in certi campi. – e Aurelio rivolse alla grassa patrizia uno sguardo malizioso che la mandò in visibilio.

- Non chiedo di meglio! – cinguettò subito lei.

- L’argomento, forse, è un po’“delicato.

- Gli argomenti delicati sono la mia specialità! – lo rassicurò Pomponia, che come esperta in imbrogli galanti non aveva rivali in tutta Roma.

- Ecco, avrei bisogno di sapere cosa può fare una ragazza per sbarazzarsi di una gravidanza incomoda.

- Aurelio! – si scandalizzò Pomponia. – Non avrai messo nei guai una fanciulla di nobili natali! Con tutte le matrone, le schiave, le liberte di Roma.

- No, no, rassicurati, io non c’entro! – si affrettò a chiarire il giovane senatore e, in poche parole, le raccontò la tragedia di Dinah.

- Santi numi, povera figliola! – si commosse la matrona che amava le storie d’amore ma pretendeva sempre il lieto fine. – E pensare che al giorno d’oggi….

- Sì? – la sollecitò Aurelio, interessato.

- Non siamo più“ al tempo della Repubblica! Evitare una gravidanza ormai è abbastanza facile.

- Erudiscimi, per favore: non mi sono mai occupato del problema.

- Eh, voi uomini! Se non ci pensassimo noi, a queste cose, l’impero ne avrebbe di bocche da sfamare! Anche Servilio, qui, credi che abbia mai badato…

- Pomponia, ti prego! – la interruppe frettoloso il marito che non gradiva affatto essere chiamato in causa su argomenti così personali.

Lei lo zittì con uno sguardo rovente: – Tutti uguali, siete! Pensate solo al vostro piacere e poi noi dobbiamo riparare al danno.

E rivolta ad Aurelio: – Ci mancherebbe altro che per qualche piccola distrazione una donna dovesse pagarla con nove mesi di gravidanza! Queste sono cose di una volta: oggi c’è un’infinità di rimedi.

- Ad esempio? – Oh, si può scegliere! C’è chi si rivolge a medici famosi, chi chiede consiglio alle praticone e anche chi fa da sé, usando sistemi che si tramandano di madre in figlia.

Molto dipende dalla borsa e dal livello di istruzione.

- E se una ragazza fosse nell’impossibilità di consultare un medico e non avesse conoscenze tra le ostetriche?

- Esistono molte ricette: ogni popolo ha la sua.

Guarda le mie puellae: Melissa, che è greca, adopera un pessario imbevuto di olio di cedro misto a cerussa.

Baste mi dice che in Egitto si è sempre usata una mistura di miele e cime d’acacia.

La piccola Jessica, invece, ha imparato dalla sua nutrice un rimedio a base di gomma alessandrina, allume e crochi di giardino.

Io personalmente….

- Aspetta, cos’hai detto? Che anche la tua schiava ebrea usa certi sistemi? – Ma sicuro! – confermò la donna. – Lo so che la loro religione lo proibisce, ma non è sempre possibile obbedire ai comandamenti, soprattutto se si vive a Roma.

La mia Jessica è innamorata del nostro capo fornaio, un ottimo dolciario, tra l’altro, anzi voglio farti assaggiare dei biscotti al miele che….

- Pomponia, vieni al sodo! – la richiamò Servilio, ben sapendo che se la moglie avesse cominciato a dissertare di specialità culinarie, avrebbe perso rapidamente di vista l’argomento principale.

- Insomma, i due giovani, anche lui è israelita, hanno una relazione e io ho promesso loro la libertà se continueranno a servirmi con zelo.

Ovviamente desiderano che i loro figli nascano liberi, così aspettano a metterne in cantiere uno finché non saranno affrancati e si potranno sposare secondo i loro riti.

Io permetto che dividano lo stesso cubicolo e….

- Ma se qualcosa andasse storto?

- Sarebbe un bel guaio: dovrei liberarli subito, e dove lo trovo un altro dolciario come quello?

- Escludi che Jessica possa ricorrere a pratiche abortive, magari rivolgendosi a qualcuno della sua gente?

- Ah, non credo proprio che troverebbe aiuto! Tutt’al più“ potrebbe andare da una saga romana.

Ma non lo farebbe certo: non vede l’ora di mettere al mondo una nidiata di marmocchi! Sapete come sono gli ebrei: loro i figli li desiderano! – disse Pomponia vagamente sbalordita.

Aurelio finse di non aver sentito: l’unico figlio di Servilio e Pomponia era morto, anni prima, in uno scontro coi Parti e l’affettuosa matrona, che da giovane non aveva mai avuto un grande istinto materno, ora rimpiangeva di non avere nipotini di cui occuparsi.

Rivolgeva quindi tutte le sue attenzioni alle amate puellae, giovani serve, che trattava come figlie più“ che come domestiche e inevitabilmente finiva per concedere loro la libertà, compensata da un gran numero di piccoli Pomponii tra la servitù.

Nella sua casa c’era quindi una corte di giovani schiave e non, coccolatissime, che godevano di privilegi da fare invidia alle ragazze di buona famiglia.

Aurelio stesso aveva contribuito l’anno prima ad accrescerne il numero, affidando all’amica una schiavetta infelice, perché sotto l’ala dell’abbondante matrona ritrovasse quella serenità che la vita le aveva sempre negato.

- Ma un’altra, che non fosse ebrea, a chi potrebbe rivolgersi, per abortire?

- A un medico, soldi permettendo, oppure a un’ostetrica.

E se proprio non può permettersi altro, a una delle tante praticone che pullulano nella capitale.

- I nomi?

- Tutti i medici, ti ho detto, le levatrici e le sagae.

Poi le indovine o le ruffiane.

Aggiungi tutte le nutrici prodighe di buoni consigli, le ragazze di piccola virtù.

- Insomma, metà dell’Urbe è in grado di fare abortire l’altra metà! – concluse Aurelio sconsolato.

- Se adeguatamente pagata- precisò Servilio.

- L’intervento è costoso?

- Dipende da chi lo pratica.

Alcune tabernae medicae ti garantiscono eccellenti condizioni igieniche e, a richiesta, anche l’anestesia: ma quelle costano care.

Se ti accontenti di meno….

- Ma la legge Cornelia non proibiva queste pratiche?

- Ormai è lettera morta- precisò Servilio, le cui competenze legali erano più“ ampie di quelle ginecologiche. – La legge romana permette di esporre un neonato, figurati se garantisce dei diritti a un feto! A meno che non ci siano questioni di interesse – Già: se un figlio nato o non nato sovverte l’asse ereditario, allora la giustizia interviene, e pesantemente. – fece Aurelio, pen soso.

- Ma soltanto in questo caso.

E“ ormai un secolo che non si sente di un processo per aborto.

L’ultima volta ne parlò Cicerone.

- Ricordo; e anche allora c’era sotto una questione d’interessi e solo per questo la donna fu condannata- confermò il patrizio rispolverando i suoi studi giovanili.

- Appunto: nessuno altrimenti si sognerebbe di sporgere denuncia- assicurò Servilio.

- Ma la ragazza di cui parlavi, è morta dissanguata: può aver subito un’operazione chirurgica.

Normalmente, si prova prima con qualche pozione; i medici ricorrono malvolentieri ai ferri: hanno sempre paura di essere accusati di omicidio se la donna ci lascia le penne!

- E questo limiterebbe il campo delle indagini? – domandò Aurelio speranzoso.

- No davvero! A Roma non occorrono titoli per esercitare la medicina, e non è richiesto un particolare permesso.

Tutti sono liberi di fare il dottore se pensano di esserne capaci.

- Non ti sarà“ facile, stavolta, trovare il responsabile, Aurelio! – sorrise Servilio. – A meno che non mandi Castore, travestito da gestante, a interrogare le ostetriche. – E il grasso cavaliere scoppiò a ridere al pensiero di Castore furibondo in coda tra le donne gravide.

Il giovane Senatore, però, sembrava tutt’altro che scoraggiato.

- Non c’è che da cominciare il giro degli ambulatori! – di chiarò, pieno di energia.

- E cosa dirai, che una schiava ti ha messo incinto? – ghignò Servilio.

- Pomponia, cara. – cominciò Aurelio, insinuante.

- Ah, no! Non immischiare mia moglie in questa storia! – Aurelio, come hai ragione! – saltò su, pronta, l’interessata. – E“ un pezzo che sento un dolorino qui, al basso ventre.

Dovrei farmi visitare da uno specialista.

- Mangia meno, e il dolorino passerà! – la rimbeccò il marito seccatissimo: era appena sopravvissuto all’invasione dei sarti e già si vedeva la casa zeppa di ventose, specole, sonde e altri strumenti poco affidabili.

- Aurelio, non puoi! Sai cosa vuol dire un medico per casa? – continuò con impeto. – La prima cosa che ti dicono anche se non li consulti, è che sei troppo grasso.

Poi osservano le tue pupille come se si trattasse di un oracolo nefasto e scuotono il capo.

E, alla fine, il risultato è sempre quello: volente o nolente, ti mettono a dieta!

- Non ti farebbe male di certo! – lo zittì Pomponia, desiderosa di cominciare al più“ presto le indagini. – Domani andrò” da Dioscoride.

Poi mi occorrerà un consulto con Scribonio Largo, che ha in cura persino la famiglia imperiale.

E non devo dimenticare Damasippo.

- Pomponia, non vorrai davvero farti visitare da tutti quegli im broglioni?

- E come no? Prima di tutto, come sai, sono cagionevole di salute, poi questi greci sono abilissimi nel preparare delle pomate che rendono la pelle levigata come seta.

Conta pure su di me, Aurelio.

Ah, sarà“ bene far controllare anche le ragazze: al giorno d’oggi con tutta questa promiscuità, non si sa mai che non prendano qualche male di Venere!

- Mi sembra già di sentirli! – gemette Servilio. – Ma che adipe, diranno appena gli capito a tiro, che colorito giallastro! Molta ginnastica, a letto al calar del sole! E soprattutto niente grassi! E giù salassi, tisane e tormenti vari! – Ma no, tu non sarai affatto coinvolto! – mentì subdolamente Aurelio. – Sarà tua moglie a darmi una mano.

- Se dovessero proibirmi la cacciagione…. – minacciò Servilio, incapace di affrontare la vita senza i suoi piatti preferiti.

- Ti offrirò io un pranzo luculliano, per ricompensarti.

E ti assicuro che nulla, assolutamente nulla di quanto ti farò preparare avrà“ l’approvazione del medico- gli garantì Aurelio.

Servilio lo congedò rabbuiato e, uscendo, il giovane lo sentì ordinare ai servi una cena spropositata, in previsione dei futuri digiuni.