7.
None di Settembre.
- Domine, domine! – Paride lo scuoteva, cercando di svegliarlo.
- Lo so che hai fatto tardi, ma l’atrio è pieno di clienti e io non ce la faccio più“ a tenerli a bada! Aurelio emerse dal breve sonno con la testa che gli ronzava.
I clientes! Era tornato all’alba e Paride veniva a parlargli dei clientes!
- Devi riceverli, padrone, sarà“ la quarta volta ormai che ti fingi malato!
- Dagli dei soldi e mandali a quel paese! – gemette il senatore.
- Non posso, domine, proprio non posso! Ci sono cavalieri e nobili tra loro.
Ieri mattina mi hai fatto dire che li avresti ricevuti Oggi e adesso sono là da due ore, tutti in toga e con le loro brave suppliche!
- E devo anche pagare la toga a quegli scansafatiche perché vengano a riverirmi! – brontolò il patrizio tuffando il viso in un bacile d’acqua fredda.
- Se la prendono con me, padrone! Dicono che io non ti avverto, che tiro in lungo apposta per prendere la mancia! Stamattina. poi, sono più“ turbolenti del solito specie da quando si è presentata una giovane strana, con i capelli corti come un maschio, sostenendo che l’hai comprata.
Aurelio si battè la fronte: Polissena! Si era dimenticato di avvertire l’intendente! – Fabello non voleva lasciarla entrare e lei ha fatto un pandemonio.
Io ho dato ragione al portiere: sai, aveva l’aria di una bagascia! – E“ una bagascia – confermò Aurelio placido.
Il pio amministratore lo guardò costernato.
- E viene a stare qui? – gemette, invocando in silenzio i Numi perché gli facessero la grazia di una risposta negativa.
- Certo, l’ho comprata ieri notte- spiegò Aurelio, mentre l’intendente, sconsolato, l’aiutava a sistemare le pieghe della toga.
- Ma di là c’è la vedova di Marullino con la figlia adolescente! Vengono con una richiesta per il Senato. e la bionda parla forte come una lavandaia! E quello che dice, poi! – Dì alla vedova di Marullino che dovrà arricchire il suo vocabolario, se ha bisogno di un favore da me! – tagliò corto il patrizio e si avviò rassegnato al suo dovere.
Alcune ore dopo, mentre Aurelio, sfinito, congedava l’ultimo postulante, Castore entrò, fresco come una rosa, visibilmente reduce da un sonno ristoratore.
- Disgraziato! E“ tutta mattina che lavoro!
- Sei tu il padrone! Io sono un povero servo, non ho nessuna responsabilità- si giustificò il greco, tutto allegro.
- Mi meraviglio che un discendente dei Tolomei non debba attendere ad affari importanti!
- Ah, il bordello. – il liberto assunse un’aria nostalgica. – Bel posticino: c’è una certa Bacchide che….
- Altro che Bacchide! Dimmi piuttosto cos’hai saputo da Oppia!
- Per Ercole, quella vecchiaccia d’assalto! Tu la vedi, così in là negli anni, e pensi che certe idee non le passino più“ per la testa, invece…
Ne sono uscito indenne per puro miracolo.
- Davvero? E come mai non ha ospitato gratis un potente alessandrino? Guarda qua il conto di ieri sera e spiegami come può il tuo stomaco, per quanto capace, contenere tanto vino!
- Ma ho dovuto ubriacarla, padrone, perché si addolcisse un po’.
E dopo, quando è diventata troppo confidenziale, sono stato costretto a stenderla, per impedire che mi violentasse! – protestò il servo – Te lo tratterrò dal salario! Castore non sembrò spaventarsi davanti alla solita minaccia.
Stavolta aveva in serbo parecchie sorprese per placare l’ispido padrone.
- In tal caso sarò“ troppo affranto per rammentare i discorsi di quella spilungona famelica – sospirò.
- Quel che dovresti ricordare li vale, quattro congi di vino?
- Credo proprio di sì: la pertica, da giovane, faceva la levatrice!
- Ottimo, Castore! – esclamò Aurelio, pentendosi subito di essersi sbilanciato.
- E non è tutto… Non t’interessa sapere dove si incontravano una bella giudea e il suo innamorato?
- L’hai scoperto? – fece Aurelio, euforico.
- Presto, dimmi!
- Per quel vino….
- Scordati il vino. Su, racconta!
- Ecco, Oppia, da ruffiana che sa il fatto suo, possiede sul retro del bordello alcune stanzette riservate, a disposizione dei clienti che desiderano conservare l’anonimato.
E“ là che ha tentato di sedurmi! Ci sono ragionevoli possibilità” che ne abbia affittata una ai due piccioncini.
- Delle camere lo sapevo già: il resto è una tua illazione.
- Illazione? E se ti dicessi che, una volta ubriacata la vecchia, ho ispezionato i cubicoli aperti? E che in uno ho trovato un graffito?
Forse vale i soldi che mi ruba, pensava il patrizio, mentre il servo gli riferiva di un piccolo cuore sulla parete di un camerino, in cui erano iscritte una R e una D.
- Potrebbe essere una coincidenza- insinuò cauto.
- Ce n’erano altre di scritte e ormai quelle iniziali mi avevano incuriosito.
Così le ho lette tutte.
Molto interessanti: una certa Cinzia tradisce il suo Afro, Cervino spasima per Filemone, un anonimo sostiene che Arriano manca di un attributo virile indispensabile.
Rustico pensa solo a Paola, Vestricio apprezza le parti intime di una certa Sempronia, Ruben ama Dinah e così via!
- Ruben ama Dinah! Allora è proprio vero! E cosa dico, io, a Mordechai?
- Non vorrai gettare quel ragazzino sprovveduto in mano ai giudei, vero? – esclamò Castore con disapprovazione.
Aurelio era combattuto. – Già.
Non posso farlo, senza prima avergli parlato.
- Sembra che non lo si veda più“ in giro.
- Bisogna trovarlo, appunto.
- Perchè non vai a casa di suo padre con qualche scusa? – suggerì il segretario.
- Ci ho pensato.
Ma prima voglio appurare un’altra cosa.
Una ragazza del lupanare mi ha detto che le prostitute si servono spesso di un medico, un certo Demofonte.
Potrebbe essere stato lui a praticare l’aborto a Dinah, o addirittura la stessa Oppia!
- Andrai a lamentarti di aver saltato le tue regole? – ghigna Castore.
- Sciocco! Mi porterò dietro una sua cliente abituale.
Dopotutto adesso ho tutti i diritti su di lei! Castore non ebbe alcun bisogno di domandargli di chi si trattava: la voce squillante di Polissena risuonava in tutta la domus, riempiendola di espressioni alquanto fiorite.
- Padrone, che dono squisito! Come hai saputo che mi piaceva proprio quella! – gridò il greco correndo giubilante verso la ragazza. – Sei davvero generoso! – E sotto gli occhi disperati di Paride, abbracciò la meretrice con trasporto invitandola a visitare il suo cubicolo.