21.
None di ottobre.
- Flavio è morto e tu puoi facilmente scolparti- spiegava Aurelio. – A questo punto, possiamo anche attribuirgli il tuo colpo di sica.
- No. – Eleazar in piedi davanti alla scrivania lo fissava con gli occhi brucianti.
- Mordechai posso capirlo.
E“ giunto quasi al termine della vita e vuol riposare nella terra dei suoi avi- insistè il patrizio. – Ma tu? Sei giovane, hai un avvenire davanti.
L’esercito ha bisogno di uomini coraggiosi e non importa di che fede siano, da quale contrada dell’impero vengano.
Tutto il mondo, ormai, è una sola città: Roma! Perchè partire per un paese che non hai mai visto? Per generazioni e generazioni i tuoi antenati hanno vissuto qui, e prima ancora in oriente.
Che ne sai tu della Giudea? Per te è un paese straniero.
La tua patria è qui, all’ombra del Campidoglio! – Sto sprecando il fiato, pensò Aurelio, mentre continuava: – L’impero ti lascia libero di praticare il tuo culto, di venerare il dio che preferisci.
Nonostante tutto troverai più“ giustizia e più” tolleranza nell’Urbe che nella tua Israele! Eleazar scosse il capo.
Quando parlò, nella sua voce non c’era rancore: – I giudei non diventeranno mai romani, senatore.
Gli Iberici, i Mauritani, i Galli, forse.
E anche i Britanni e i Germani e tutti i popoli ancora liberi cui le vostre aquile porteranno la loro – pace-.
Loro, tutti loro, faranno a gara per essere perfetti romani.
Noi no, noi vogliamo restare giudei.
Vi lasciamo l’Impero, le Terme, la vostra civiltà: non ci interessano.
L’ebreo s’interruppe e fece per andarsene.
Poi sulla soglia esitò un attimo e si voltò, aggiungendo in fretta: – Lo sai qual’è la vera ragione per cui devo partire? Il mio popolo non accetterà mai il vostro dominio e Roma non potrà sopportare l’affronto.
Tra qualche anno, cinque, dieci, chissà?, le nostre genti si scontreranno in una guerra sanguinosa.
I romani lotteranno per il potere, gli ebrei per la sopravvivenza.
Eleazar studiò Aurelio: era della razza degli oppressori.
Un pagano non circonciso.
Ma forse avrebbe capito.
- Quel giorno, romano, io voglio essere dalla parte dei vinti, non da quella dei vincitori! Aurelio abbassò la mano che stava levandosi nel solito gesto di commiato.
Si alzò di scatto e si battè la spalla sinistra col pugno chiuso: era il saluto che si riservava ai soldati.