42
I’m living for giving the devil his due.
Blue Öyster Cult, Burnin’ for You56
Che casino, disse Strike a se stesso. La sua carriera militare non era stata del tutto priva di contrattempi. Potevi esercitarti quanto volevi, controllare ogni pezzo dell’equipaggiamento, prepararti per ogni evenienza, e poi poteva sempre capitare il malaugurato imprevisto a fotterti. Una volta, in Bosnia, un cellulare difettoso si era scaricato inaspettatamente, innescando una serie di contrattempi culminati con un amico di Strike che per poco non ci lasciava la pelle dopo aver imboccato la strada sbagliata a Mostar.
Tutto ciò non cambiava il fatto che, se un subalterno del SIB fosse stato di sorveglianza e si fosse appoggiato al retro di un furgone mal parcheggiato senza prima appurare che fosse vuoto, Strike avrebbe avuto molto da ridire, e a voce molto alta. Non era stata sua intenzione affrontare Whittaker, o così diceva a se stesso, ma un momento di sobria riflessione lo costrinse ad ammettere che le sue azioni raccontavano una storia diversa. Frustrato dalle ore trascorse a sorvegliare l’appartamento di Whittaker, non aveva fatto granché per nascondersi dalla finestra del pub. Era vero che non poteva prevedere che Whittaker fosse dentro il furgone, ma provava un incontenibile piacere retroattivo al pensiero che finalmente aveva dato un pugno a quello stronzo.
Dio, quanto aveva desiderato fargli male! La risata spavalda, i capelli a coda di topo, la T-shirt degli Slayer, l’odore acre, le dita ad artiglio attorno al sottile collo bianco, l’accenno provocatorio alla madre: i sentimenti che erano esplosi in Strike quando si era trovato inaspettatamente davanti Whittaker erano stati quelli del suo Io diciottenne, pronto alla lotta, incurante delle conseguenze.
A parte il piacere di colpire Whittaker, l’incontro non aveva fornito informazioni di grande utilità. Per quanto si sforzasse di fare un confronto a posteriori, non riusciva né a stabilire né a escludere che l’omone col berretto di lana fosse Whittaker. La sagoma scura che Strike aveva inseguito attraverso Soho non aveva i dreadlock di Whittaker, ma i capelli lunghi si possono sempre legare dietro la nuca o infilare in un berretto; gli era sembrato un tipo più massiccio di Whittaker, ma un giubbotto imbottito aumenta la mole. E la reazione di Whittaker nel trovarsi Strike accanto al furgone non forniva veri e propri indizi all’investigatore. Più Strike ci pensava, meno riusciva a capire se quello che aveva letto nell’espressione compiaciuta di Whittaker era trionfo o se l’ultimo gesto, le dita sporche che tagliano l’aria, era stato soltanto la sua solita pantomima, una minaccia spuntata, la ritorsione puerile di un uomo deciso a essere a ogni costo il peggiore, il più terrificante.
In breve, il loro incontro aveva rivelato che Whittaker continuava a essere un narcisista e un violento, e aveva fornito a Strike due piccoli frammenti informativi. Il primo era che Stephanie aveva irritato Whittaker con la propria curiosità su Strike; quest’ultimo riteneva che fosse perché era stato il figliastro di Whittaker, ma non poteva escludere del tutto che quell’interesse fosse suscitato dal fatto che Whittaker avesse accennato a un desiderio, o addirittura a una ricerca, di vendetta. In secondo luogo, Whittaker era riuscito a farsi degli amici maschi. Aveva sempre esercitato un grande, per quanto incomprensibile a Strike, fascino su certe donne, ma era stato quasi universalmente detestato dagli uomini nel periodo in cui Strike l’aveva frequentato. Gli uomini tendevano a condannare la sua teatralità, le stronzate sataniche, la brama di primeggiare in ogni gruppo e, naturalmente, non vedevano di buon occhio la strana attrazione che esercitava sulle donne. Ora, invece, pareva che Whittaker avesse trovato una cricca di sciroccati, uomini che si drogavano con lui e che si lasciavano comandare a bacchetta.
Strike concluse che l’unica cosa utile che poteva fare a breve termine era dire a Wardle cos’era successo e dargli il numero di targa del furgone. Lo fece nella speranza che la polizia ritenesse interessante ispezionare il veicolo o, meglio ancora, l’appartamento sopra la friggitoria, in cerca di droga o altre prove.
Strike raccontò di aver riconosciuto con certezza l’odore del crack, ma Wardle accolse la notizia senza alcun entusiasmo. Quando la telefonata finì, Strike fu costretto ad ammettere che, nei panni del poliziotto, nemmeno lui l’avrebbe considerata una testimonianza sufficiente per un mandato di perquisizione. Wardle chiaramente pensava che Strike ce l’avesse con l’ex patrigno, e insistere sull’indizio dei Blue Öyster Cult non servì a fargli cambiare idea.
Quando quella sera Robin telefonò per il solito resoconto, Strike provò sollievo e conforto nel dirle che cos’era successo. Sebbene anche lei avesse delle novità da comunicare, si lasciò subito coinvolgere dal racconto del faccia a faccia con Whittaker e lo ascoltò in avido silenzio.
«Be’, hai fatto bene a dargli un pugno» disse quando Strike ebbe finito di darsi la colpa di aver fatto scoppiare la zuffa.
«Dici sul serio?» chiese Strike, colto alla sprovvista.
«Certo. Stava strozzando la ragazza!»
Nel momento stesso in cui quelle parole le uscirono di bocca, Robin si pentì di averle pronunciate. Non voleva dare a Strike ulteriori occasioni di ricordare la cosa che desiderava non avergli mai raccontato.
«Come un cavaliere errante, mi sono messo dalla parte sbagliata. Lei è caduta con Whittaker e ha sbattuto la testa sul marciapiede. Quella che non capisco» aggiunse, dopo una breve pausa, «è proprio lei. Ha avuto la sua occasione. Poteva scappare. L’avrei portata in un posto sicuro. Perché è tornata da lui? Perché le donne fanno così?»
Nella frazione di secondo che precedette la risposta di Robin, Strike si rese conto che quelle sue parole si prestavano a una certa interpretazione personale.
«Immagino» cominciò Robin, e contemporaneamente Strike disse: «Non volevo...»
Tacquero entrambi.
«Scusa, continua» disse Strike.
«Volevo soltanto dire che le vittime di abusi restano attaccate ai loro aguzzini... Subiscono un lavaggio del cervello che le costringe a credere che non ci sia alternativa».
Cazzo, ero io l’alternativa, lì, proprio davanti a lei!
«Nessuna traccia di Laing, oggi?»
«No» disse Robin. «Sai una cosa? Credo proprio che non stia lì».
«Io penso che valga ancora la pena...»
«Ascolta, so chi abita in ogni appartamento, tranne in uno» disse Robin. «C’è gente che entra ed esce da tutti gli altri. Nell’ultimo non c’è nessuno, o forse c’è un morto, perché la porta non si apre mai. E non ho mai visto entrarci né badanti né infermiere».
«Aspettiamo un’altra settimana» disse Strike. «È la sola pista che abbiamo per Laing. E poi» aggiunse con una certa irritazione, quando lei cercò di protestare, «sono nella stessa situazione anch’io, inchiodato davanti a quello strip club».
«Sì, solo che sappiamo che Brockbank è lì» disse Robin con durezza.
«Ci crederò quando lo vedrò» replicò Strike.
Si salutarono pochi minuti dopo, entrambi piuttosto scontenti.
Tutte le indagini hanno i loro momenti di calma piatta, quando informazioni e ispirazione si esauriscono, ma Strike trovava difficile prenderla con filosofia. Grazie allo sconosciuto mittente della gamba, in agenzia non entrava più un soldo. Il suo ultimo cliente pagante, la moglie di Babbomatto, non aveva più bisogno di lui. Nella speranza di convincere il giudice che non era necessaria un’ingiunzione restrittiva, Babbomatto la stava praticamente osservando sua sponte.
L’agenzia non sarebbe sopravvissuta a lungo, se il suo ufficio avesse continuato a esalare i fetori congiunti del fiasco e della malasorte. Come Strike aveva previsto, il suo nome si stava diffondendo in rete collegato all’omicidio e allo smembramento di Kelsey Platt, e i macabri dettagli non solo oscuravano i suoi precedenti successi, ma stavano anche facendo scomparire persino la pubblicità dei suoi servizi investigativi. Nessuno voleva assumere un uomo così tristemente noto; a nessuno piaceva l’idea di affidarsi a un detective intimamente connesso con un omicidio insoluto.
Fu dunque con animo determinato e con una punta di disperazione che Strike si diresse allo strip club in cui sperava di trovare Noel Brockbank. Scoprì che si trattava di un altro vecchio pub riconvertito, situato in una via laterale di Commercial Road, a Shoreditch. In alcuni punti la facciata di mattoni andava sgretolandosi; le finestre erano state oscurate e sopra erano state dipinte delle rozze sagome bianche di donne nude. Sulle doppie porte si distingueva ancora il nome originario (The Saracen), in grandi lettere dorate sulla vernice nera e scrostata.
La zona era abitata in gran parte da musulmani. Nei loro hijab e taqiyah, curiosavano nei tanti negozi di vestiti a buon mercato che si fregiavano di nomi come International Fashion e Made in Milan e mettevano in mostra tristi manichini con parrucche sintetiche e capi di nylon e poliestere. Commercial Road era piena di banche bengalesi, di agenzie immobiliari malandate, di scuole di lingua e di negozietti cadenti che vendevano frutta non proprio freschissima dietro sudicie vetrine. Era tuttavia priva di panchine su cui sedersi, non c’era nemmeno un basso, freddo muretto. Anche se cambiava spesso punto di osservazione, Strike cominciava a sentire il ginocchio che si lamentava per le tante ore passate in piedi ad aspettare per niente, perché di Brockbank non si vedeva l’ombra.
L’uomo sulla porta era tarchiato e senza collo, e Strike non vedeva nessuno entrare o uscire, tranne clienti e spogliarelliste. Le ragazze andavano e venivano e, in sintonia con il luogo in cui lavoravano, erano più scialbe e meno raffinate di quelle che era possibile incontrare allo Spearmint Rhino. Alcune avevano tatuaggi o piercing, altre erano sovrappeso, e una, che aveva l’aria di essere ubriaca alle undici di mattina, sembrava decisamente sporca a guardarla dalla vetrina del venditore di kebab di fronte al club. Dopo aver tenuto d’occhio il Saracen per tre giorni, Strike, che, nonostante quel che aveva detto a Robin, aveva nutrito grandi speranze, concluse a malincuore che o Brockbank non aveva mai lavorato lì o che era già stato licenziato.
Il venerdì mattina arrivò prima che la deprimente mancanza di piste desse segni di cambiamento. Strike era appostato sulla soglia di un negozio di abbigliamento particolarmente squallido chiamato World Flair, quando il suo cellulare suonò e Robin gli disse nell’orecchio: «Jason arriva a Londra domani. Il ragazzo della gamba. Dal sito degli aspiranti mutilati».
«Ottimo!» disse Strike, rinfrancato al solo pensiero di poter interrogare qualcuno. «Dove lo incontreremo?»
«Li incontreremo» disse Robin, con voce incerta. «Incontreremo Jason e Tempest. Lei è...»
«Scusa?» la interruppe Strike. «Tempest?»
«Dubito che sia il suo nome di battesimo» disse Robin, asciutta. «È la ragazza con cui Kelsey chattava. Capelli neri e occhiali».
«Ah, sì, ricordo» disse Strike, tenendo il cellulare fra il mento e la spalla, mentre accendeva una sigaretta.
«Le ho appena parlato per telefono. È una grande attivista nella comunità dei transabili ed è un po’ esuberante, ma Jason pensa che sia meravigliosa e a quanto pare si sente al sicuro soltanto con lei».
«Va bene» disse Strike. «Dunque, dove incontreremo Jason e Tempest?»
«Vogliono andare al Gallery Mess. È il bar nella Saatchi Gallery».
«Davvero?» A Strike pareva di ricordare che Jason lavorasse in un supermercato, ed era sorpreso che il suo primo desiderio arrivando a Londra fosse immergersi nell’arte contemporanea.
«Tempest è in sedia a rotelle» spiegò Robin, «e a quanto pare quel posto ha un accesso per disabili molto comodo».
«Okay» disse Strike. «A che ora?»
«All’una» rispose Robin. «Lei... ehm... ha chiesto se potevamo pagare noi».
«Mi sa che ci tocca».
«E senti, Cormoran, ci sono problemi se mi prendo la mattina libera?»
«Assolutamente. Tutto bene?»
«Tutto a posto, devo soltanto... devo vedere delle cose per il matrimonio».
«Non c’è problema. Ehi» aggiunse, prima che lei chiudesse la conversazione, «ci vediamo da qualche parte, noi due, prima di interrogarli? Per concordare una strategia?»
«Ottima idea!» disse Robin, e Strike, colpito dal suo entusiasmo, suggerì di incontrarsi in un sandwich bar di King’s Road.