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There’s a time for discussion and a time for a fight.
Blue Öyster Cult, Madness to the Method35
Strike detestava ammetterlo, ma il piano di Robin era ben congegnato e il pericolo che Holly mettesse in guardia Noel la vinceva sul rischio che poteva correre Robin. Di conseguenza, quando Holly lasciò il lavoro con una collega alle cinque, venne seguita a breve distanza, senza rendersene conto, da Strike. Robin, nel frattempo, andò in macchina fino a un tratto deserto di strada, accanto a un vasto terreno acquitrinoso. Recuperò la borsa dal retro dell’auto, sgusciò fuori dai jeans e infilò un paio di calzoni più eleganti, anche se spiegazzati.
Stava riattraversando il ponte verso il centro di Barrow, quando Strike la chiamò per dirle che Holly non era tornata a casa ma era entrata direttamente nel pub in fondo alla strada.
«Ottimo, penso che sarà ancora più facile» urlò Robin in direzione del cellulare che era posato sul sedile del passeggero, in vivavoce, tra le vibrazioni e lo sferragliamento della Land Rover.
«Come?»
«Ho detto che penso... non importa, sto arrivando!»
Strike stava aspettando nel parcheggio del Crow’s Nest. Aveva appena aperto la portiera del passeggero, quando Robin sibilò: «Giù, sta’ giù».
Holly era apparsa sulla soglia del pub, boccale in mano. Era più alta di Robin e larga il doppio, in maglietta nera e jeans. Accese una sigaretta, scrutò intorno a sé quello che doveva essere un panorama che conosceva a memoria e posò brevemente gli occhi stretti sull’inconsueta Land Rover.
Strike aveva arrancato alla meno peggio fino al sedile anteriore, tenendo la testa bassa. Robin spinse il piede sull’acceleratore e si allontanò subito.
«Non mi ha degnato di un’occhiata, mentre la seguivo» fece notare Strike, tirandosi su in posizione seduta.
«Devi comunque evitare che ti veda, se ti è possibile» disse Robin sentenziosamente, «nel caso ti abbia notato e se lo ricordi».
«Scusa, dimenticavo che hai avuto un encomio solenne in controsorveglianza» disse Strike.
«Oh, non rompere le palle!» esclamò Robin in uno scatto d’ira. Strike si sorprese.
«Stavo scherzando, no?»
Robin svoltò in un’area di parcheggio poco più avanti, fuori vista dall’ingresso del Crow’s Nest, poi afferrò la sacca per prendere un pacchettino che aveva comprato nel primo pomeriggio.
«Tu aspetta qui».
«Col cavolo. Starò nel parcheggio a tenere gli occhi aperti, casomai comparisse Brockbank. Dammi le chiavi».
Lei gliele porse con malagrazia e si avviò. Strike la guardò andare verso il pub, domandandosi il perché di quell’improvvisa rabbia. Forse, pensò, Matthew aveva l’abitudine di denigrare quello che riteneva un addestramento privo d’interesse.
Il Crow’s Nest si trovava dove Ferry e Stanley Road formavano, incontrandosi, una curva stretta: un grande edificio a forma di tamburo in mattoni rossi. Holly era ancora in piedi sulla soglia, a fumare e bere birra. Il nervosismo prese Robin allo stomaco. Era stata lei a volerlo: adesso la responsabilità di scoprire dov’era Brockbank era soltanto sua. La sua stupidità nel tirarsi addosso la polizia, poco prima, l’aveva irritata e l’inopportuno umorismo di Strike le aveva ricordato i commenti di Matthew sul suo addestramento. Dopo congratulazioni formali per i suoi ottimi punteggi, Matthew aveva lasciato intendere che quel che lei aveva imparato era, in fondo, semplice buon senso.
Il cellulare di Robin trillò nella tasca del cappotto. Consapevole dello sguardo di Holly puntato su di lei, Robin tirò fuori il telefono per vedere chi la chiamava. Era sua madre. Pensando che sarebbe parso più sospetto non rispondere che rispondere, si portò il cellulare all’orecchio.
«Robin» disse la voce di Linda mentre la ragazza passava accanto a Holly, ferma sulla soglia, senza guardarla. «Sei a Barrow-in-Furness?»
«Sì» rispose Robin. Trovandosi di fronte a due porte interne, lei scelse quella sulla sinistra, che la introdusse in una vasta e squallida sala bar dall’alto soffitto. Due uomini in quella tuta blu che ormai le era diventata familiare stavano giocando a biliardo accanto alla porta. Più che vedere, Robin percepì numerose teste che si voltavano a guardare l’estranea. Evitando ogni contatto visivo, si diresse verso il bar.
«Cosa ci fai, lì?» domandò Linda e, senza attendere risposta: «Ci ha chiamato la polizia, per sapere se papà ti aveva prestato la macchina!»
«Era un malinteso» disse Robin. «Ma’, non posso parlare adesso, davvero».
La porta si aprì dietro di lei e Holly le passò accanto, le grosse braccia tatuate incrociate sul petto, e le gettò un’occhiata nella quale a Robin parve di sentire dell’avversione. A parte la barista con i capelli corti, erano le sole donne del locale.
«Abbiamo telefonato a casa tua» continuò la madre, senza darle retta, «e Matthew ha detto che sei via con Cormoran».
«Sì» disse Robin.
«E quando gli ho domandato se pensavate di venire a pranzo questo fine settimana...»
«Perché mai dovrei venire a Masham questo fine settimana?» domandò Robin, confusa. Con la coda dell’occhio vide Holly che si sedeva su uno sgabello del bar e si metteva a chiacchierare con alcuni uomini in tuta della BAE.
«È il compleanno del padre di Matthew» le rammentò sua madre.
«Ah, certo» disse Robin. Se n’era completamente dimenticata. Ci sarebbe stata una festa. La data era segnata sul calendario da così tanto tempo che lei si era abituata a vederla e non considerava più quel viaggio a Masham come reale.
«Robin, è tutto a posto?»
«Come ti ho detto, ma’, non posso parlare, adesso» ribadì Robin.
«Tu stai bene?»
«Sì!» rispose lei, spazientita. «Sto benissimo. Ti chiamo più tardi».
Chiuse e andò al bar. La barista, che stava aspettando la sua ordinazione, aveva la stessa espressione di scafata diffidenza della vicina curiosa di Stanley Road. C’era una circospezione speciale nella gente di quel posto, ma Robin capiva ora che non si trattava dello sciovinistico antagonismo dell’indigeno nei confronti dello straniero. Era l’atteggiamento protettivo di gente la cui attività era riservata. Col cuore che batteva leggermente più in fretta del solito, Robin disse con un’aria di sicurezza artificiosa: «Salve, non so se può aiutarmi. Sto cercando Holly Brockbank. Mi hanno detto che potrebbe essere qui».
La barista meditò sulla domanda di Robin, poi rispose, senza un sorriso: «È quella lì al bar. Posso darle qualcosa?»
«Un bicchiere di vino bianco, per favore» disse Robin.
Il personaggio che stava interpretando avrebbe bevuto vino, disse a se stessa Robin. Si sarebbe anche mostrata impassibile di fronte alla punta di diffidenza che scorgeva negli occhi della barista, alla pensosa ostilità di Holly, all’andirivieni degli sguardi dei giocatori di biliardo. La donna che lei fingeva di essere era fredda, lucida e ambiziosa.
Robin pagò la consumazione e poi andò direttamente verso Holly e i tre uomini che chiacchieravano con lei al bar. Curiosi ma circospetti, piombarono nel silenzio non appena apparve chiaro che Robin si stava dirigendo proprio verso di loro.
«Salve» disse Robin sorridendo. «Lei è Holly Brockbank?»
«Seh» rispose Holly, con espressione arcigna. «Lei?»
«Prego?»
Consapevole di avere addosso molte paia di occhi divertiti, Robin mantenne il sorriso con la sola forza di volontà.
«Chi... è... lei?» domandò Holly, imitando l’accento londinese.
«Mi chiamo Venetia Hall».
«Ooh, poverina» disse Holly con un largo sorriso all’operaio più vicino, che ridacchiò sotto i baffi.
Robin tirò fuori dalla borsetta un biglietto da visita stampato quello stesso pomeriggio in un centro commerciale, mentre Strike era rimasto a tenere d’occhio Holly in panetteria.
Era stato un suggerimento di Strike che lei usasse il suo secondo nome. («Ti dà l’aria di una snob del Sud».)
Robin porse il biglietto da visita, guardò con baldanza gli occhi pesantemente bistrati e ripeté: «Venetia Hall. Sono avvocato».
Il sorriso di Holly svanì. Corrucciata, lesse il biglietto, uno dei duecento che Robin aveva stampato per 4,50 sterline.
Hardacre e Hall AVVOCATI SPECIALIZZATI IN INFORTUNISTICA
Venetia Hall Socio senior
Tel: 0888 789654 Fax: 0888 465877 E-mail: venetia@h&hlegal.co.uk |
«Sto cercando suo fratello Noel» disse Robin. «Noi...»
«Come ha fatto a sapere che ero qui?»
Nella sua diffidenza, sembrava che si stesse gonfiando come un gatto.
«Una vicina mi ha detto che l’avrei potuta trovare qui».
Gli amici in tuta blu di Holly sogghignarono.
«Potremmo avere delle buone notizie per suo fratello» continuò valorosamente Robin. «Stiamo cercando di raggiungerlo».
«Non so dov’è e non me ne frega di saperlo».
Due degli operai si allontanarono dal bar e andarono verso un tavolo, lasciandosi dietro un solo compagno, che accennò un sorriso alla delusione di Robin. Holly finì il proprio boccale, allungò di lato una banconota da cinque sterline all’uomo superstite e gli disse di prendergliene un altro, poi scivolò giù dallo sgabello e andò dritto verso la toilette, le braccia rigide come poteva tenerle un uomo.
«Lei e suo fratello non si parlano» disse la barista, che era tornata al bancone per origliare. Sembrava quasi dispiaciuta per Robin.
«Immagino che lei non sappia dov’è Noel...» disse Robin, non sapendo più a che santo votarsi.
«Non lo vediamo da almeno un anno» disse la barista. «Tu sai dov’è, Kev?»
L’amico di Holly rispose soltanto con un’alzata di spalle e ordinò la birra per Holly. Aveva un accento di Glasgow.
«Be’, è un peccato» disse Robin, senza che la sua voce chiara e pacata tradisse il battito furioso del suo cuore. Temeva di dover tornare da Strike scornata. «C’era un buon risarcimento per la famiglia, se solo sapessi dove abita...»
Si voltò per uscire.
«Per la famiglia o per lui?» domandò precipitosamente quello di Glasgow.
«Dipende» rispose Robin con freddezza, voltandosi. Immaginava che Venetia Hall non si sarebbe mostrata particolarmente condiscendente con persone non coinvolte nel caso che stava montando. «Se risulta che un membro della famiglia ha funzione tutoriale... ma dovrei approfondire la questione per poterlo dire. È accaduto che alcuni parenti» mentì Robin, «abbiano ottenuto notevoli compensi».
Holly stava tornando. La sua espressione si fece minacciosa quando vide che Robin si stava intrattenendo con Kevin. Robin andò a sua volta alla toilette, il cuore che le martellava in petto, chiedendosi se la balla che aveva appena raccontato avrebbe dato frutto. Dall’espressione sul volto di Holly quando s’incrociarono, Robin pensò che ci fosse una remota possibilità di essere messa spalle al muro e pestata dai giocatori di biliardo.
Quando uscì dal bagno, però, vide Holly e Kevin che bisbigliavano al bar. Robin sapeva di non poter insistere: o Holly abboccava o no. Serrò forte la cintura del soprabito e si avviò, senza fretta ma con decisione, verso l’uscita.
«Ohi!»
«Sì?» disse Robin, ancora un po’ freddamente, dato che Holly era stata rude e Venetia Hall doveva essere avvezza a essere trattata con un certo rispetto.
«Va bene. Cos’è ’sta roba?»
Kevin sembrava desideroso di partecipare alla conversazione, ma il suo rapporto con Holly non doveva essere così stretto da consentirgli di ficcare il naso in questioni private, e di soldi. Si diresse verso una slot machine, con aria un po’ seccata.
«Possiamo parlare laggiù» disse Holly a Robin, prendendo la nuova birra e indicando alla giovane un tavolino d’angolo accanto a un pianoforte.
Sui davanzali delle finestre del pub c’erano navi in bottiglia: graziose, fragili cose in confronto agli enormi, lucenti mostri che venivano costruiti al di là delle finestre, dietro quell’alto muro perimetrale. La fantasia della moquette era così fitta che avrebbe potuto nascondere migliaia di macchie; le piante dietro le tende avevano un aspetto triste e macilento, ma le decorazioni mal assortite e i trofei sportivi davano un’aria di casa alla vasta sala, le tute vividamente azzurre degli operai un’impressione di fratellanza.
«Hardacre e Hall rappresenta un vasto numero di soldati che hanno subito gravi ed evitabili ferite al di fuori delle zone di combattimento» cominciò Robin, recitando il discorsetto che si era preparata. «Controllando i dati, ci siamo imbattuti nel caso di suo fratello. Non possiamo esserne certi finché non parliamo con lui, ovviamente, ma ci farebbe piacere aggiungere il suo nome al nostro gruppo di querelanti. Il suo è il genere di caso che pensiamo di poter vincere. Se si unisce a noi, potremo aumentare la pressione sull’esercito perché paghi. Più denunce raccogliamo, meglio è. Il signor Brockbank non dovrà sborsare un soldo, naturalmente. Si paga» disse, imitando il tono degli annunci televisivi, «soltanto se si vince».
Holly non disse niente. La sua faccia pallida era dura, ferma. Aveva anellini d’oro giallo poco preziosi a ogni dito, meno che all’anulare.
«Kevin diceva di soldi che possono toccare alla famiglia».
«Oh, sì» disse Robin sorridendo. «Se i traumi di Noel hanno avuto conseguenze su di voi, come famiglia...»
«Altro che, se ne hanno avute» sbottò Holly.
«In che modo?» domandò Robin, tirando fuori un taccuino dalla borsa e aspettando, la penna pronta.
Era sicura che l’alcol e il senso di rivalsa sarebbero stati i suoi migliori alleati per cavare il massimo di informazioni da Holly, che adesso si stava scaldando al pensiero di raccontare la storia a quella che pensava fosse un avvocato.
Prima di tutto, doveva addolcire la prima impressione di animosità nei confronti del fratello ferito. Con prudenza, cominciò dal momento in cui Noel, sedicenne, si era arruolato nell’esercito. Aveva dato tutto all’esercito: era stato la sua vita. Ah, sì, la gente non si rende conto dei sacrifici che fanno i soldati... Robin sapeva che Noel era suo fratello gemello? Sì, nati il giorno di Natale... Noel e Holly... Natale e Agrifoglio...
Raccontare quella storia edulcorata di suo fratello significava elevare se stessa. L’uomo con cui aveva diviso un grembo si era lanciato nel mondo, aveva viaggiato e aveva fatto carriera nell’esercito inglese. Il suo ardimento e il suo senso d’avventura riverberavano su di lei, che era rimasta a Barrow.
«... poi ha sposato una donna di nome Irene. Vedova. Si è preso lei e i suoi due figli. Gesù. Le buone azioni si pagano sempre, non dicono così?»
«Cosa vuol dire?» domandò Venetia Hall cortesemente, stringendo il bicchiere con un centimetro di vino, caldo e acido.
«L’ha sposata e ci ha fatto un figlio. Un tesoro di bambino... Ryan... Un tesoro. Non lo abbiamo visto per... sei anni o... sette? Troia. Sì, Irene ha tagliato la corda un giorno che lui era dal dottore. Si è presa i bambini... e suo figlio era tutto per Noel, sa? Tutto... nella buona e nella cattiva sorte, eh? Moglie del cazzo. Proprio quando lui aveva più bisogno. Troia!»
Dunque Noel e Brittany non si vedevano più da un pezzo. A meno che lui si fosse dato da fare per scovare la figliastra che sicuramente riteneva responsabile tanto quanto Strike dei traumi che gli avevano cambiato la vita. Robin si sforzava di restare impassibile, anche se il suo cuore correva all’impazzata. Moriva dalla voglia di mandare subito un messaggio a Strike.
Dopo che la moglie l’aveva lasciato, Noel era tornato, non invitato, nella vecchia casa di famiglia, la minuscola quattro-vani di Stanley Road in cui Holly aveva vissuto per una vita e che aveva occupato da sola da quando il patrigno era morto.
«L’ho preso con me» disse Holly, raddrizzando la schiena. «La famiglia è la famiglia».
Nessun accenno alle accuse di Brittany. Holly stava recitando la parte del congiunto preoccupato, della sorella devota, e anche se la recita non era un granché, Robin era ormai esperta quanto bastava per sapere che si trovano pepite di verità anche tra le scorie più evidenti.
Si chiese se Holly sapeva dell’accusa di molestie sulla bambina: era successo in Germania, dopotutto, e non c’erano state condanne. Ma se Brockbank aveva davvero subito lesioni al cervello, poteva essere stato così accorto da tacere sulla ragione della sua ignominiosa cacciata dall’esercito? Se fosse stato innocente e mentalmente malato non avrebbe parlato, forse all’infinito, dell’ingiustizia che l’aveva trascinato così in basso?
Robin pagò a Holly una terza pinta e la portò abilmente a parlare di com’era Noel dopo essere stato congedato per malattia.
«Non era più lui. Convulsioni. Crisi epilettiche. Prendeva un sacco di medicine. Avevo appena smesso di fare la badante al mio patrigno – un ictus – e mi piomba in casa lui, con le sue convulsioni e...»
Holly annegò il finale della sua frase nel boccale.
«È dura» disse Robin, che stava scrivendo in un piccolo taccuino. «Problemi comportamentali? Molte famiglie dicono che la parte peggiore è proprio quella».
«Sì» disse Holly. «Be’. Il suo carattere non è migliorato da quando gli hanno fatto uscire il cervello fuori dalla testa. Ci ha distrutto la casa due volte. Ce l’aveva sempre con noi.
«Adesso è famoso, sa?» continuò Holly oscuramente.
«Prego?» disse Robin, confusa.
«Il gaggio che l’ha pestato!»
«Il ga...»
«Quello stronzo di Cameron Strike!»
«Ah, sì» disse Robin. «Mi sembra di averne sentito parlare».
«Cazzo! Fa l’investigatore privato, ora, sempre sui giornali. Era uno stronzo di poliziotto militare quando ha scassato la testa a Noel... lo ha rovinato per la vita, cazzo...»
La sfuriata andò avanti per un po’. Robin prendeva appunti, aspettando che Holly le dicesse perché la polizia militare era venuta a prendere suo fratello, ma lei o non lo sapeva o era decisa a non dirlo. La sola cosa certa era che Noel Brockbank aveva attribuito la propria epilessia alla sola azione di Strike.
Dopo un anno di purgatorio, durante il quale Noel aveva considerato sia la sorella gemella sia la sua casa come sbocchi su cui scaricare l’infelicità e il malumore, era andato a fare il buttafuori a Manchester, un lavoro ottenuto grazie a un vecchio amico di Barrow.
«Stava abbastanza bene per lavorare, allora?» disse Robin, dato che il ritratto dipinto da Holly era quello di un uomo totalmente fuori controllo, in balia dei propri scatti di rabbia.
«Sì, be’, abbastanza finché non beveva e continuava a prendere le medicine. Io sono stata contenta quando se n’è andato. Qui se la prendeva sempre con me» disse Holly ricordandosi improvvisamente del risarcimento promesso a coloro che erano stati colpiti dalle conseguenze dei traumi dei famigliari. «Avevo degli attacchi di panico. Sono dovuta andare dal dottore. È tutto scritto».
Le ripercussioni della cattiva condotta di Brockbank sulla vita di Holly occuparono i dieci minuti successivi. Robin annuiva seriamente ed empaticamente e interloquiva con parole d’incoraggiamento come «Sì, me l’hanno detto anche altri congiunti» e «Ah, sì, questo sarà molto prezioso in un compromesso arbitrale». Robin offrì una quarta pinta a Holly, che ormai era diventata arrendevolissima.
«Gliene offro uno io» disse la donna, mimando l’atto di alzarsi in piedi.
«No, no, va tutto nelle spese» disse Robin. Mentre aspettava che riempissero il quarto boccale, controllò il cellulare. C’era un altro messaggio di Matthew, che non aprì, e uno di Strike, che lesse:
Tutto OK?
Sì, digitò in risposta.
«Dunque suo fratello è a Manchester?» domandò a Holly tornando al tavolo.
«No» rispose Holly, dopo aver mandato giù una bella sorsata di McEwan’s. «L’hanno licenziato».
«Ah, sì?» disse Robin, la matita a mezz’aria. «Se è stato per via delle sue condizioni di salute, possiamo chiedere il licenziamento illegittimo...»
«Non è stato per quello» disse Holly.
Una strana espressione passò sul viso teso, corrucciato: un lampo d’argento fra nubi tempestose, come di qualcosa di possente che cercava di erompere.
«È tornato qui» disse Holly, «ed è ricominciato tutto...»
Altri racconti di violenze, furori insensati, mobili spaccati, ma alla fine Brockbank era riuscito a trovare un altro lavoro, vagamente descritto come ‘sicurezza’ ed era partito per Market Harborough.
«E poi è tornato di nuovo» disse Holly, e il polso di Robin accelerò.
«Allora è qui a Barrow?» domandò.
«No» rispose Holly. Era ubriaca, adesso, e doveva trovare sempre più difficile seguire il filo che avrebbe dovuto dipanare. «Era tornato da un paio di settimane e gli ho detto che stavolta se non se ne andava chiamavo la polizia e a quel punto se ne è andato per davvero. Devo fare un po’ d’acqua» disse Holly, «e fumare. Fuma, lei?»
Robin scosse la testa. Holly si alzò in piedi un po’ traballante e si diresse verso la toilette, permettendo a Robin di tirare fuori il cellulare e mandare un messaggio a Strike.
Dice che non è a Barrow, non è con la famiglia. Lei è ubriaca. Me la lavoro ancora un po’. È uscita a fumare, stai nascosto.
Si pentì dell’ultima frase non appena ebbe premuto ‘invio’ temendo di provocare qualche altro riferimento sarcastico al suo corso di controsorveglianza, ma il cellulare ronzò quasi istantaneamente e lei vide due parole:
Lo farò.
Quando Holly tornò finalmente al tavolo, accompagnata da un forte odore di Rothmans, aveva in mano un bicchiere di vino bianco, che fece scivolare verso Robin, e una quinta pinta.
«Grazie mille» disse Robin.
«Capisce» riprese a lamentarsi Holly, come se il discorso non si fosse mai interrotto, «averlo in casa stava avendo delle brutte conseguenze sulla mia salute».
«Non ne dubito» disse Robin. «E adesso il signor Brockbank vive a...?»
«Era violento. Le ho detto di quando mi ha sbattuto la testa contro lo sportello del frigorifero?»
«Sì, me lo ha detto» rispose Robin pazientemente.
«Mi ha fatto un occhio nero perché ho cercato di impedirgli di spaccare tutti i piatti di mamma...»
«Orribile. Vedrà che le faremo avere una qualche forma di risarcimento» mentì Robin e, ignorando un piccolo senso di colpa, tornò decisamente alla domanda centrale. «Eravamo convinti che il signor Brockbank abitasse qui a Barrow perché è qui che gli viene pagata la pensione».
Le capacità reattive di Holly erano rallentate da quattro pinte e mezzo di birra. La promessa di un risarcimento per la sua sofferenza le aveva acceso il viso, perfino la profonda linea che la vita le aveva scavato tra le sopracciglia e che le dava un’espressione di rabbia permanente sembrava meno marcata. Ma l’accenno alla pensione di Brockbank la mise su una torpida difensiva.
«No, non è vero» disse Holly.
«A noi risulta di sì» insisté Robin.
La slot machine emetteva una musichetta sintetica e lampeggiava in un angolo, le palle del biliardo schioccavano e rimbombavano sul tappeto verde; l’accento di Barrow si mescolava a quello scozzese. Un lampo di intuizione arrivò a Robin come un’assoluta certezza. Era Holly a riscuotere la pensione militare.
«Naturalmente» disse Robin con convincente disinvoltura, «sappiamo che è possibile che il signor Brockbank non la incassi di persona. A volte i congiunti sono autorizzati a riscuotere, se il pensionato è disabile».
«Sì» disse subito Holly. Un rossore a chiazze le si diffuse sul volto pallido dandole l’aria di una ragazzina, nonostante i tatuaggi e i tanti piercing. «La ritiravo io quando è uscito la prima volta. Quando aveva le convulsioni».
Perché, pensò Robin, se stava così male, ha spostato la pensione a Manchester, poi a Market Harborough, e poi di nuovo a Barrow?
«E adesso gliela spedisce?» domandò Robin col cuore che di nuovo martellava. «O adesso la prende lui di persona?»
«Senta» disse Holly.
Aveva un tatuaggio degli Hells Angels sul suo braccio, un teschio con elmo alato che tremolò mentre lei si tendeva verso Robin. Birra, sigarette e zuccheri le avevano irrancidito l’alito. Robin non si ritrasse.
«Senta» ripeté la donna. «Voi procurate risarcimenti, no?... a chi è stato... chi ha avuto degli incidenti, tipo, o... insomma».
«Giusto» disse Robin.
«E se uno è stato... se i servizi sociali dovevano... dovevano fare qualcosa e non l’hanno fatto?»
«Dipende dalle circostanze» rispose Robin.
«Nostra madre ci ha abbandonati quando avevamo nove anni» disse Holly. «Siamo rimasti col nostro patrigno».
«Mi spiace» disse Robin. «Dev’essere stata dura».
«Anni Settanta» disse Holly. «A nessuno gliene fregava un cazzo. Abuso minorile».
Una palla di piombo si piazzò sullo stomaco di Robin. Aveva l’alito cattivo di Holly sul volto, la sua faccia maculata a pochi centimetri. Holly non poteva nemmeno immaginare che il comprensivo avvocato che le aveva promesso palate di soldi senza sforzo era soltanto un miraggio.
«Su tutt’e due» disse Holly. «Il mio patrigno. Anche Noel se l’è preso tutto. Da quando eravamo piccoli. Ci nascondevamo insieme sotto il letto. E poi Noel lo ha fatto a me. Oh» disse, di colpo lucida, «poteva anche andare, con Noel. Eravamo molto vicini e poi eravamo piccoli. Comunque» il suo tono rivelava un senso di doppio tradimento, «quando avevamo sedici anni, ci ha lasciato per andare nell’esercito».
Robin, che non avrebbe voluto più bere, prese il vino e ne tracannò un lungo sorso. Il secondo stupratore di Holly era stato anche il suo alleato contro il primo: il minore di due mali.
«Bastardo, era» disse, e Robin capì che si riferiva al patrigno, non al gemello che aveva abusato di lei e poi era sparito all’estero. «Ha avuto un incidente sul lavoro quando avevo sedici anni, però, e poi sono riuscita a tenerlo a bada. Industria chimica. Stronzo. Non gli è venuto più duro, dopo. Con tutte le pillole che doveva prendere. E poi gli è venuto il coccolone».
L’aria di cattiveria sulla faccia di Holly diceva a Robin con precisione che tipo di assistenza il patrigno doveva aver ricevuto da lei.
«Stronzo» ripeté piano.
«Non le hanno dato sostegno psicologico?» Robin sentì se stessa dire.
Devo proprio sembrare una snob.
Holly sbuffò.
«Col cazzo. Lei è la prima persona a cui lo racconto. Avrà sentito un sacco di storie simili, vero?»
«Oh, sì» disse Robin. Glielo doveva, a Holly.
«Ho detto a Noel, l’ultima volta che è tornato» riprese Holly, cinque pinte di sbronza cattiva e biascicando malamente le parole, «di togliersi dai coglioni e starsene affanculo. O te ne vai via di qui, subito, o vado alla polizia e gli racconto cosa mi hai fatto. Poi vediamo cosa ne pensano, con tutte quelle bambine che dicono che hai fatto il cretino con loro».
La frase fece irrancidire il vino caldo in bocca a Robin.
«È così che ha perso il lavoro a Manchester. Ha scopato una tredicenne. Probabilmente lo stesso a Market Harborough. Non me l’ha detto, quando è tornato, ma io so che deve aver fatto ancora una roba di quel tipo. Ha avuto un buon maestro» sentenziò Holly. «Allora, si può fare causa?»
«Penso» disse Robin, timorosa di dare un consiglio che poteva causare ulteriori sofferenze alla donna ferita che aveva accanto, «che la polizia possa essere la sua carta migliore. Dov’è suo fratello?» domandò, desiderando disperatamente carpire l’informazione di cui aveva bisogno e andarsene.
«Non lo so» rispose Holly. «Quando gli ho detto che andavo dalla polizia, ha dato fuori di matto, ma poi...»
Borbottò qualcosa d’indistinto, in cui la parola ‘pensione’ era appena udibile.
Le ha detto che poteva tenersi la pensione se non andava alla polizia.
Ed eccola lì a bersi l’anima con i soldi che le dava il fratello purché non rivelasse il suo stupro. Holly sapeva che lui continuava quasi certamente a ‘fare il cretino’ con altre ragazzine... aveva mai saputo dell’accusa di Brittany? Gliene importava? O il tessuto cicatriziale sulle sue vecchie ferite era così spesso da renderla insensibile allo strazio di altre bambine? Abitava ancora nella casa dov’era successo tutto, con la finestra sul muro di mattoni e sul filo spinato... Perché non era scappata, come Noel? Perché continuava a stare nella casa di fronte a quel muro alto e nudo?
«Non ha un suo numero di telefono o qualcosa del genere?» provò ancora Robin.
«No» disse Holly.
«Potrebbero esserci un bel po’ di soldi per lei, se riuscisse a mettermi in contatto in qualche modo con suo fratello» continuò Robin con la forza della disperazione, rinunciando a ogni sottigliezza.
«Il vecchio lavoro» bofonchiò Holly dopo pochi minuti di pensieri confusi e di infruttuose ricerche sul proprio telefonino, «a Market Harborough...»
Ci volle un bel po’ per scovare il numero di telefono dell’ultimo posto di lavoro di Noel, ma alla fine lo trovarono. Robin lo appuntò, poi prese dalla borsa dieci sterline e le ficcò nella mano non restia di Holly.
«È stata molto utile. Davvero molto utile».
«Sono tutti fatti uguale, no?»
«Sì» disse Robin, senza avere idea di cosa stesse approvando. «Le farò sapere. Ho il suo indirizzo».
Si alzò.
«Sì. Ci vediamo. Tutti uguale».
«Vuol dire gli uomini» spiegò la barista che si era avvicinata per prendere qualcuno dei tanti bicchieri vuoti di Holly e stava sorridendo di fronte alla palese perplessità di Robin.
«Ah, certo» disse Robin, senza rendersene conto. «Verissimo. Grazie tante. Arrivederci, Holly... stia bene...»