3
Half-a-hero in a hard-hearted game.
Blue Öyster Cult, The Marshall Plan4
Il grido di Robin echeggiò sulle finestre. Lei arretrò dalla scrivania, fissando l’oggetto ributtante che c’era sopra. La gamba era liscia, magra e chiara, e lei l’aveva sfiorata con le dita nell’aprire l’imballaggio, sentendo la fredda consistenza gommosa della pelle.
Era appena riuscita a soffocare il grido portandosi le mani alla bocca quando la porta a vetri si spalancò accanto a lei. Più di un metro e novanta di altezza e scuro in volto, Strike aveva ancora la camicia aperta, che rivelava un petto scimmiesco irto di peli neri.
«Cosa diavolo...?»
Seguì lo sguardo sgomento della ragazza e vide la gamba. Robin sentì la mano di Strike che le serrava con forza il braccio e la tirava verso il pianerottolo.
«Com’è arrivata?»
«Un fattorino» rispose lei, lasciando che lui la portasse su per le scale. «In moto».
«Aspetta qui. Chiamo la polizia».
Quando ebbe chiuso la porta del suo appartamento alle spalle della ragazza, lei rimase immobile, il cuore in tumulto, ad ascoltare i passi di Strike che tornava di sotto. Un rigurgito acido le riempì la gola. Una gamba. Le avevano appena spedito una gamba. Lei aveva appena portato su per le scale una gamba, come se niente fosse, una gamba di donna in una scatola. Di chi era quella gamba? Dov’era il resto della donna?
Raggiunse la sedia più vicina, un oggetto da due soldi con sedile di plastica imbottito e gambe di metallo, e si sedette, le dita ancora premute sulle labbra intorpidite. Il pacco, ricordò, era indirizzato a lei.
Strike, nel frattempo, era alla finestra dell’ufficio che si affacciava sulla strada e scrutava Denmark Street in cerca del fattorino, il cellulare incollato all’orecchio. Il tempo di tornare nell’anticamera per esaminare il pacco aperto sulla scrivania, e aveva un poliziotto in linea.
«Una gamba?» ripeteva l’ispettore investigativo Eric Wardle all’altro capo del filo. «Una cazzo di gamba?»
«E non è nemmeno della mia misura» disse Strike, battutaccia che si sarebbe risparmiato se fosse stata presente Robin. La gamba dei suoi calzoni era sollevata e lasciava intravedere l’asta metallica che gli sostituiva lo stinco destro. Si stava vestendo quando aveva sentito il grido di Robin.
Mentre lo diceva, si rese conto che quella era una gamba destra, come il suo arto perduto, e che era stata tagliata sotto il ginocchio, esattamente nel punto in cui era stata amputata la sua. Col cellulare ancora appiccicato all’orecchio, Strike osservò più da vicino l’arto, mentre le sue narici si colmavano di un odore sgradevole, come di pollo appena scongelato. Pelle caucasica: liscia, chiara e intatta, a parte un vecchio livido verdastro sul polpaccio non rasato alla perfezione. I peluzzi ispidi erano biondo chiaro e le unghie dei piedi prive di smalto e un po’ sporche. La tibia tagliata si stagliava biancogelida sulla carne circostante. Un taglio netto: Strike pensò che probabilmente era stato fatto con una scure o una mannaia.
«Di una donna, hai detto?»
«Così pare...»
Strike aveva notato qualcos’altro. C’era una cicatrice sul polpaccio dove la gamba era stata mozzata: una vecchia cicatrice, estranea al taglio che aveva staccato la gamba dal corpo.
Quante volte durante la sua infanzia in Cornovaglia era stato preso alla sprovvista mentre dava le spalle all’infido mare? Coloro che non conoscono bene l’oceano ne dimenticano la concretezza, la brutalità. Quando li investe con una forza di freddo metallo, restano sconvolti. Strike aveva affrontato, convissuto e dominato la paura durante tutta la sua vita professionale, ma la vista di quella vecchia cicatrice lo lasciò temporaneamente senza fiato, in preda a un terrore tanto più insopportabile quanto più inaspettato.
«Ci sei ancora?» disse Wardle all’altro capo della linea.
«Cosa?»
Il naso due volte rotto di Strike era a pochi centimetri dal punto in cui la gamba della donna era stata mozzata. Ripensava alla gamba piena di cicatrici di una bambina che non aveva mai dimenticato... da quanto tempo non la vedeva? Quanti anni doveva avere adesso?
«Sono il primo che chiami...?» incalzò Wardle.
«Sì» rispose Strike, costringendosi a ritrovare la concentrazione. «Vorrei proprio che te ne occupassi tu, più di ogni altro, se però non puoi...»
«Sto arrivando» disse Wardle. «Non ci metterò molto. Sta’ tranquillo».
Strike chiuse la chiamata e si sedette, continuando a fissare la gamba. Si accorse che c’era un biglietto, sotto: un foglio dattiloscritto. Addestrato dall’Esercito Inglese in procedure investigative, Strike resisté alla tentazione fortissima di sfilarlo e leggerlo: non doveva contaminare una prova scientifica. Invece, si accucciò in modo precario così da poter leggere l’indirizzo capovolto sul coperchio aperto.
La scatola era stata inviata a Robin, e la cosa non gli piaceva per niente. Il nome della ragazza era scritto correttamente, dattilografato su un’etichetta bianca che recava l’indirizzo del loro ufficio. Quell’etichetta era sovrapposta a un’altra. Guardando di sbieco, deciso a non muovere la scatola nemmeno per leggere meglio l’indirizzo, vide che il mittente aveva pensato di inviare la scatola dapprima a ‘Cameron Strike’, poi aveva coperto il nome con una seconda etichetta con la scritta ‘Robin Ellacott’. Come mai avevano cambiato idea?
«Cazzo» disse Strike a bassa voce.
Si alzò con qualche difficoltà, prese la borsetta di Robin dall’attaccapanni, chiuse la porta a vetri e andò di sopra.
«La polizia sta arrivando» le disse, posandole davanti la borsetta. «Vuoi una tazza di tè?»
Lei annuì.
«Ci vuoi del brandy, dentro?»
«Non hai brandy» disse lei. La sua voce era un po’ rauca.
«Hai rovistato?»
«Ovvio che no!» disse lei, e Strike sorrise per l’aria indignata che esibiva Robin nel sentirsi sospettata di aver frugato nei suoi armadietti. «Tu sei... non sei il tipo di persona che si tiene in casa del brandy per uso... medicinale».
«Vuoi una birra?»
Lei scosse la testa, incapace di sorridere.
Appena il tè fu pronto, Strike si sedette davanti a Robin con la tazza in mano. Appariva esattamente qual era: un grosso ex pugile che fumava troppo e mangiava troppo fast food. Aveva folte sopracciglia, un naso schiacciato e asimmetrico e, quando non sorrideva, un’espressione di profondo corruccio. I capelli scuri, fitti e ricciuti, ancora umidi di doccia, ricordarono a Robin Jacques Burger e Sarah Shadlock. Pareva che dal momento della lite fosse passata una vita. Lei aveva pensato soltanto per un attimo a Matthew quando aveva salito le scale. Aveva il terrore di dirgli quel che era successo. Si sarebbe arrabbiato. Non gli piaceva che lei lavorasse per Strike.
«Hai guardato quella... quella cosa?» domandò lei in un sussurro, mentre alzava e poi abbassava il tè bollente senza berlo.
«Sì» disse Strike.
Lei non sapeva cos’altro chiedere. Era una gamba tagliata. La situazione era così orribile, così grottesca, che ogni domanda che le veniva in mente le sembrava ridicola, volgare. La riconosci? Perché pensi che l’abbiano mandata? E, più pressante di tutte: Perché a me?
«La polizia vorrà sapere del fattorino» disse Strike.
«Lo so» annuì Robin. «Sto cercando di ricordare tutto di lui».
Si sentì il trillo del campanello al piano di sotto.
«Sarà Wardle».
«Wardle?» ripeté lei, sorpresa.
«È lo sbirro più gentile che conosciamo» le ricordò Strike. «Non muoverti, te lo porto qui».
Strike era riuscito a rendersi impopolare fra i poliziotti del Met – la polizia metropolitana – nel corso dell’anno precedente, e non per colpa del tutto sua. L’eccessiva copertura mediatica dei suoi due maggiori trionfi investigativi aveva comprensibilmente irritato quei poliziotti di cui lui aveva vanificato gli sforzi. Con Wardle, però, che gli aveva dato una mano col primo di quei casi, aveva condiviso parte della gloria, e i rapporti fra i due erano rimasti piuttosto amichevoli. Robin aveva visto Wardle soltanto sugli articoli di giornale riguardanti il caso. Le loro strade non si erano incrociate in tribunale.
Scoprì dunque che era un uomo davvero bello, con fitti capelli castani e occhi color cioccolato, che indossava jeans e giacca di pelle. Strike non sapeva se doveva essere più divertito o più irritato per l’intensità con cui Wardle guardò Robin entrando nella stanza: una rapida occhiata zigzagante ai capelli, al corpo e alla mano sinistra, dove i suoi occhi si erano attardati un istante sull’anello di fidanzamento con zaffiro e diamante.
«Eric Wardle» disse l’uomo con voce bassa e con quello che Strike giudicò un sorriso seducente fuori luogo. «E questo è il sergente investigativo Ekwensi».
Una snella poliziotta nera con i capelli raccolti in uno chignon era arrivata con lui. Rivolse a Robin un breve sorriso e la ragazza trasse un conforto sproporzionato dalla presenza di un’altra donna. Poi, il sergente investigativo Ekwensi lasciò vagare lo sguardo sullo sfarzoso monolocale di Strike.
«Dov’è il pacco?» domandò.
«Di sotto» disse Strike, tirando fuori dalla tasca le chiavi dell’ufficio. «Ve lo mostro. Con tua moglie tutto bene, Wardle?» aggiunse, mentre si accingeva a lasciare la stanza con il sergente investigativo Ekwensi.
«Che ti frega?» replicò piccato il poliziotto, ma con sollievo di Robin l’uomo mise da parte lo stile da psicologo quando prese posto nella sedia davanti a lei e aprì il taccuino.
«Lui era in piedi accanto al portone quando sono spuntata dalla strada» spiegò Robin, quando Wardle le domandò com’era arrivata la gamba. «Ho pensato che fosse un fattorino. Indossava una giacca di pelle... tutta nera a parte delle strisce azzurre sulle spalle. Il casco era completamente nero con la visiera a specchio abbassata. Doveva essere alto almeno un metro e ottanta. Dieci o quindici centimetri più alto di me, col casco e tutto».
«Corporatura?» domandò Wardle, che stava scribacchiando sul taccuino.
«Piuttosto robusto, direi, anche se probabilmente il giubbotto imbottito lo ingrossava un po’».
Gli occhi di Robin andarono involontariamente a Strike che rientrava nella stanza. «Voglio dire, non...»
«Non un grasso stronzo come il tuo capo?» suggerì Strike, che aveva sentito le ultime parole di Robin; e Wardle, che non mancava mai di godersi una frecciatina a Strike anche se veniva da lui stesso, rise in sordina.
«E portava i guanti» disse Robin, che non aveva riso. «Guanti da motociclista in pelle nera».
«Naturale che calzasse dei guanti» disse Wardle, prendendo un appunto. «Immagino che lei non ricordi molto della moto...»
«Era una Honda, rossa e nera» disse Robin. «Ho notato il logo, il simbolo alato. Direi una 750. Era grossa».
Wardle era tanto sorpreso quanto impressionato.
«Robin ha la passione dei motori» disse Strike. «Guida come Fernando Alonso».
Robin avrebbe voluto che Strike smettesse di fare lo spiritoso e il disinvolto. Di sotto, c’era la gamba di una donna. Dov’era il resto di lei? Non doveva scoppiare a piangere. Desiderò aver dormito di più. Quel divano del cavolo... aveva passato troppe notti su quel coso, ultimamente...
«E le ha chiesto di firmare per il pacco?» domandò Wardle.
«‘Chiesto’ non direi» rispose Robin. «Mi ha teso il portablocco e ho firmato in modo meccanico».
«Cosa c’era sul portablocco?»
«Sembrava una fattura o...»
Chiuse gli occhi nello sforzo di ricordare. Ora che ci pensava, il modulo sembrava un po’ rozzo, come se fosse stato fatto al computer, e lo disse.
«Lei aspettava un pacco?» domandò Wardle.
Robin gli disse delle macchinette fotografiche usa e getta per il matrimonio.
«Cos’ha fatto l’uomo, dopo che lei ha preso il pacco?»
«È risalito sulla moto e se n’è andato. Verso Charing Cross Road».
Si sentì bussare alla porta dell’appartamento e il sergente investigativo Ekwensi ricomparve portando il biglietto che Strike aveva visto sporgere da sotto la gamba, ora inserito in una busta di plastica per le prove.
«C’è la Scientifica» disse a Wardle. «Questo foglio era nel pacco. Sarebbe bene sapere se significa qualcosa per la signorina Ellacott».
Wardle prese il biglietto protetto dal politene e lo esaminò, accigliato.
«Baggianate» disse, poi lesse ad alta voce: «‘A harvest of limbs, of arms and of legs, of necks...’»5
«‘... that turn like swans’»6 lo interruppe Strike, che era appoggiato al fornello e dunque troppo lontano per leggere il foglio, «‘as if inclined to gasp or pray’».7
Gli altri tre lo fissarono.
«Sono le parole di una canzone» disse Strike. A Robin non piaceva l’espressione sulla sua faccia. Era sicura che quelle parole significavano qualcosa per lui, qualcosa di spiacevole. Con quello che sembrava uno sforzo, lui spiegò: «Dall’ultima strofa di Mistress of the Salmon Salt.8 Dei Blue Öyster Cult».
Il sergente investigativo Ekwensi alzò le sopracciglia dal disegno sottile.
«Chi?»
«Un noto gruppo rock degli anni Settanta».
«Li conosci bene, o sbaglio?» domandò Wardle.
«Conosco quella canzone» disse Strike.
«Pensi di sapere chi l’ha mandata?»
Strike esitava. Mentre gli altri tre lo guardavano, una serie confusa di immagini e di ricordi passava veloce nella mente dell’investigatore. Una voce bassa diceva «She wanted to die. She was the quicklime girl».9 La magra gamba di una bambina dodicenne, sfregiata da linee incrociate argentee. Un paio di occhietti scuri come di furetto, stretti per l’odio. Una rosa gialla tatuata.
E poi da dietro agli altri ricordi emerse quello che per un altro uomo sarebbe forse stato il primo pensiero: un verbale in cui si accennava a un pene tagliato a un cadavere e inviato per posta a un informatore della polizia.
«Sai chi l’ha mandata?» ripeté Wardle.
«Forse» disse Strike. Sbirciò Robin e il sergente investigativo Ekwensi. «Preferirei parlarne a quattr’occhi. Hai saputo tutto quello che volevi da Robin?»
«Avremo bisogno del nome e indirizzo e via discorrendo» disse Wardle. «Vanessa, puoi pensarci tu?»
Il sergente investigativo Ekwensi si fece avanti col taccuino. I passi risonanti dei due uomini di lì a poco non furono più udibili. A dispetto del fatto che non desiderava rivedere la gamba tagliata, a Robin dispiaceva essere lasciata da parte. C’era il suo nome, sulla scatola.
Il macabro pacco era ancora posato sulla scrivania al piano di sotto. Altri due colleghi di Wardle erano stati fatti entrare dal sergente investigativo Ekwensi: uno stava scattando fotografie, l’altro parlava al cellulare, quando il loro superiore e il detective privato passarono davanti a loro. Entrambi guardarono con curiosità Strike, che aveva acquisito un bel po’ di fama nello stesso lasso di tempo in cui era riuscito ad alienarsi molti colleghi di Wardle.
Strike chiuse la porta del suo ufficio interno e lui e Wardle sedettero l’uno di fronte all’altro alla scrivania. Wardle aprì il taccuino a una pagina bianca.
«D’accordo: a chi, fra i tuoi conoscenti, piace fare a pezzi i cadaveri e spedirli per posta?»
«Terence Malley» disse Strike, dopo un attimo di esitazione. «Per cominciare».
Wardle non scrisse alcunché, ma lo fissò da sopra la penna.
«Terence ‘Digger’ Malley?»
Strike annuì.
«Della gang di Harringay?»
«Quanti Terence ‘Digger’ Malley conosci?» domandò Strike, spazientito. «E quanti hanno l’abitudine di spedire pezzi di corpo umano?»
«Ma quando mai hai avuto a che fare con ‘Digger’?»
«Operazioni congiunte con la Buoncostume, 2008. Un giro di droga».
«Il blitz che l’ha fatto beccare?»
«Esattamente».
«Porca troia» disse Wardle. «Be’, sono cazzi acidi, allora... Il tipo è un pazzo scatenato, è appena uscito e ha facile accesso a metà delle prostitute di Londra. Faremmo meglio a cominciare a dragare il Tamigi per il resto della donna».
«Sì, ma la mia deposizione era anonima. Non avrebbe mai dovuto sapere che ero stato io».
«Hanno tutti i mezzi a disposizione» disse Wardle. «Quelli della gang di Harringay... sono come la fottuta mafia. Hai saputo che ha spedito l’uccello di Hatford Ali a Ian Bevin?»
«Sì, l’ho sentito dire» disse Strike.
«Dunque, com’è ’sta storia della canzone? La vendemmia di quelle cazzo di...»
«Be’, è questa la cosa strana» disse Strike lentamente. «Sembra roba troppo fine per il palato di ‘Digger’... e questo mi fa pensare che si tratti di uno degli altri tre».