MARIE

Per trasformare la mia vita, bastava cambiare il mio modo di pensare a essa? È quello che ho tentato di fare con questa analisi che tu trovavi assurda.

Ti dicevo: «Capiscimi, io non mi capisco».

Tu ti stringevi nelle spalle. La psicoanalisi non ti piaceva.

Volevo tuttavia decifrare l’enigma, esaminare a uno a uno quei sette anni, guardarli in faccia finché non mi si presentasse una spiegazione, un segno, una chiave. La figura nel tappeto.

Volevo capire quello che mi era successo. Volevo…

Tutti i giovedì sera vedevo il dottor P., in rue Le Goff, vicino al Panthéon. Gli parlavo di te in maniera ambivalente. Era necessario voltare pagina e al tempo stesso conservarti. Rimuoverti come le cellule di pelle morta e sotterrarti come un tesoro. Non rovinare niente.

Gli dicevo: «Mi racconti la mia vita. Me la spieghi».

Lui restava calato nel suo ruolo, imperturbabile, silenzioso, enigmatico.

Dopo qualche tempo ho capito che P. non mi avrebbe spiegato niente della mia vita, ma che forse poteva aiutarmi a farne un racconto. Un racconto che si regga in piedi e mi aiuti a fare altrettanto. La vita è tutta fatta di storie.