MARIE

«Gli occhi tuoi sono colombe… come nastro di porpora le tue labbra… come la torre di Davide il tuo collo, costruita a guisa di fortezza.»

Sento la tua voce mentre leggi per me Il Cantico dei Cantici nella grande casa vuota. Siamo nella mia camera, la stanza azzurra, un pomeriggio di giugno. Il sole entra dalla finestra insieme ai rumori del fiume. Sale un odore di melma tiepida. E tutto si mescola nel ricordo, calore sul mio corpo seminudo, timbro della tua voce grave, poesia del testo, eccitazione del proibito.

Ricordi come si sono svolte le cose? Tutto è partito da me. Qualche tempo prima sono venuta all’uscita del tuo corso. Si avvicinano gli esami di maturità, voglio chiederti consiglio sull’indirizzo da scegliere dopo il liceo. Corsi preparatori all’École Normale o no? Siccome sono stata tua allieva durante l’anno scolastico precedente, sono certa che saprai darmi indicazioni.

Mi rivedo sola con te nell’aula. Alla lavagna, una frase di Lucien Leuwen: «Cerca di non passare la vita a odiare e ad aver paura».

Sono appoggiata, maldestra, a un tavolo della prima fila. Faccio dondolare mezza gamba nel vuoto e mi sento arrossire. Nella luce è sospeso un pulviscolo di gesso.

Durante tutto l’anno in cui sei stato mio professore, ero turbata senza confessarmelo apertamente. Dopo mi hanno detto che anche tu lo eri, che saltava agli occhi. Quel giorno, in ogni caso, ho l’audacia dei timidi. Vengo a parlarti faccia a faccia. E sono presa alla sprovvista quando pronunci questa frase: «L’aspettavo…».

Non cerco di mettermi in bella luce. Non voglio presentarmi come quella che fa il primo passo. Vengo sinceramente a chiederti consiglio. Ma se venissi anche per capire cosa si cela dietro questo turbamento? Mettere alla prova il mio potere di seduzione? Correre un rischio? Giocare con il fuoco? Se tu rappresentassi un’uscita di sicurezza in quel tunnel che sta per aspirarmi?

Non bisogna mai lasciare i fiammiferi in mano alle ragazzine.

Mi ricordo del vestito con le bretelline che ho scelto di mettermi per accoglierti a casa mia qualche giorno dopo. Un décolleté che scolpisce la nuca e mette in risalto l’osso sporgente delle spalle. Un abito color cielo che, diceva mia madre, dava rilievo all’azzurro dei miei occhi. L’azzurro, diceva anche, era «il colore della Santa Vergine»!