MARIE

Ma cos’era che, ai miei occhi, ti aveva reso «accattivante», «attraente», nel senso che mi avresti incantata, rapita, conquistata, catturata?

L’episodio iniziale è Il misantropo. In classe, ci facevi studiare questa commedia triste. L’avevi scelta deliberatamente? «Atto ii, scena i. Avete preso nota? Studierete questo brano per la prossima volta…»

La lezione successiva mi hai chiamata alla lavagna. Mi rivedo seduta alla tua scrivania di legno chiaro. Non è altro che un mobile ordinario, una specie di cubo di faggio della pubblica istruzione, ma sedermi al tuo posto è impressionante. «Signorina N., è pronta? Ora reciteremo questa scena. Lei è Celimene, io sono Alceste…»

Battiti di cuore. Tre colpi. Ti sei messo in fondo all’aula, libro in mano, e mi guardi. «È pronta?» Il dispositivo scenico è particolare. Tu e io, alle estremità di una diagonale con, in mezzo, trenta facce interrogative. Trenta «altri» che ci separano e ci uniscono, che sono il nostro pubblico. Un pubblico impaziente e curioso di vedere alzarsi il sipario su questo strano confronto.

Qui devo aprire una parentesi. Alcuni di questi allievi – non li chiamerei compagni né amici, perché ho pochi amici veri in questa classe, a parte Stefa – mi hanno detto, a cose fatte, che era un pezzo che in classe mi guardavi, furtivo, che arrossivi persino, il che mi stupisce alla luce della tua naturale autorità. Insomma, sembra che, dall’inizio dell’anno, tutti abbiano notato che non ti interessavi soltanto ai miei risultati scolastici. E io? Confesso che mi riesce difficilissimo dirlo. E se io non avessi «visto» niente? Sono talmente miope… E il mio inconscio, altrettanto miope? In ogni caso, la scena resterà per sempre impressa dentro di me. Questo momento farà ormai da spartiacque fra un prima e un dopo.

Ma per ora ci apprestiamo a recitare. Perché di una recita si tratta, di un gioco. Uno strano gioco cifrato, ma pur sempre un gioco. Possiamo permetterci tutto perché ci limitiamo a leggere…

E tu incominci.

ALCESTE

Volete che vi parli, Signora, chiaramente?

Non sono soddisfatto della vostra condotta…

Ecco una frase che ti calza alla perfezione. Hai fama di essere autoritario, un po’ burbero. Sei esattamente nel tuo ruolo. Quello di Alceste, il vecchio bilioso innamorato di un’incantevole donna ventenne.

Penso che sia bene giungere a una rottura…

Promettervi vorrei mille volte il contrario,

quando non mi trovassi in potere di farlo.

Ci lasceremo…? Mi fai una scenata? Quindi fra noi c’è qualcosa?

Siccome non ho visto niente, siccome sono miope, mi stupisco o fingo di stupirmi.

CELIMENE

È dunque, a quanto pare, per farmi un predicozzo

che vi siete proposto di [chiamarmi alla lavagna]?

ALCESTE

Io non prèdico affatto. Signora, il vostro cuore

lascia al primo venuto troppi varchi socchiusi:

son troppi i pretendenti che vi ronzano intorno

e di questo il mio cuore non si può compiacere.

Ci siamo. Sei geloso. Ora, se sei geloso…

CELIMENE

Dei miei corteggiatori sono forse colpevole?

Posso loro impedire di stimarmi graziosa?

E quando per vedermi fanno tanti bei passi,

devo cacciarli via con un bastone in mano?

Anche a me piace sedurre. Sono circondata, al liceo e altrove, da un codazzo di cavalieri serventi che fanno a gara con le loro premure. È pazzesco quanto mi diano sicurezza. Mi sento così poco sicura di me. Essere apprezzata, ricercata, lusingata è vitale per me.

Ma su un punto m’identifico con Celimene: preso individualmente, ciascuno di loro mi è indifferente.

CELIMENE

Ciò dovrebbe dar pace al vostro cuore irato,

poiché la compiacenza io divido fra tutti.

Avreste più ragione di sentirvi ferito

se io la riservassi a una sola persona.

ALCESTE

Signora, m’accusate d’esser troppo geloso,

ma voi cosa mi date, di grazia, più che agli altri?

CELIMENE

La gioia di sapere che da me siete amato.

Gli dico ciò che vuole sentire.

Lo adulo un po’, da quella birba che sono.

CELIMENE

È vero, il vostro ardore non ha, credo, confronti.

ALCESTE

Sì, in tal senso potrei sfidare il mondo intero.

Non si può concepire amore come il mio;

Signora, mai nessuno ha amato tanto.*

Ecco fatto. Hai pronunciato quel «Signora» con la tua voce calda e ruvida di fumatore di pipa. Hai strascicato leggermente le vocali. Hai giocato sui silenzi, dosato gli effetti.

Sipario…

La classe, piuttosto sconcertata, ha vissuto in diretta la tua dichiarazione!