A modo mio
Mi sono da poco appisolato quando suona ancora una volta il campanello. La mia tranquillità è finita, e me la sono cercata: ormai non posso più nemmeno poggiare le natiche consunte sul divano che qualcuno viene a cercarmi. Stavolta è davvero Eleonora. Aggrappata al suo bastone, mi guarda dal basso verso l’alto ed esordisce: «C’è l’agente immobiliare che sta salendo. Mi avevi detto che ti potevo chiamare...»
Mi passo la mano sul viso e vado a infilarmi una giacca. Quando torno sul pianerottolo, l’uomo che vende appartamenti è già nell’ingresso di casa Vitagliano, con al seguito una coppia giovane che si guarda intorno con espressione stranita. Vado loro dietro tentando di respirare il più possibile con la bocca finché l’agente si accorge della mia presenza e si volta di scatto.
«Lui è un mio amico» dice la gattara.
L’uomo mi porge la mano, io ricambio mentre squadro lui e i suoi clienti, che mi regalano un sorriso di circostanza. Vorrei chiarire che Eleonora è davvero solo un’amica e che non c’entro nulla col fetore che invade la scena, ma ho cose più importanti da fare; pertanto, mentre la coppia si aggira per le stanze in compagnia di Eleonora, afferro il mio uomo per il braccio e dichiaro: «Le dovrei parlare».
Lui mi scruta e replica: «Mi dica».
«Come vanno le visite? Insomma, c’è qualcuno davvero interessato alla casa?»
«Per il momento ancora no, ma la zona è buona, il palazzo signorile, qualcuno che compra alla fine sbucherà fuori, bisogna solo attendere. Certo, se la signora ci facesse trovare la casa in condizioni migliori sarebbe tutto più facile» conclude divertito.
Io, invece, non mi diverto per nulla. «Ecco, proprio questo volevo chiarire. Sono un uomo paziente e comprensivo, so che tutti dobbiamo lavorare, ma la prossima volta che si prende la briga di dire alla signora come deve gestire il suo appartamento, io la sbatto fuori, lei e i suoi simpatici clienti.»
Il sorriso marpione gli scompare in un sol colpo dal viso. «Lo dicevo per il suo interesse. Per facilitare la vendita. Faccio solo il mio mestiere.»
«Ecco, bravo, faccia il suo lavoro e non dia suggerimenti non richiesti.»
Lui abbassa il capo.
«Che poi, la vuole sapere la verità? La signora non ha alcuna intenzione di vendere.»
«Non capisco...»
«Capisce, capisce, lei non è stupido. Sa benissimo che l’ordine di vendere non arriva da qui. E sa bene che per una donna anziana vedersi ogni giorno in casa degli estranei non è proprio rasserenante.»
«Senta, io non so chi sia lei, sto solo rispettando il mio mandato...»
«Appunto, il suo mandato. Proprio di questo volevo parlarle. Lei deve rinunciare al suo mandato e non portare più nessuno qui.»
L’agente stavolta si spazientisce e gonfia il petto. «Il mio cliente non è lei, ma la nipote della signora Vitagliano. Deve essere quest’ultima, nel caso, a chiedermi di rinunciare alla vendita.»
Sospiro. Speravo di non dover arrivare alla trasformazione, ma il ragazzino mostra una certa caparbietà. Lo squadro e gli sorrido, anche perché emana un buon odore, e in tali circostanze il dettaglio non è di poco conto. Lui resta immobile ad attendere la mia reazione, con il suo bel gessato grigio e la cravatta verde, la cartellina colma di fogli inutili e i capelli pieni di gel. Quindi, un attimo prima che la giovane coppia ci interrompa, ribatto: «Non ci siamo capiti. Sono un generale della Guardia di finanza in pensione. Se lei non smette di vomitare gente ogni giorno in casa della signora, mi vedrò costretto a chiedere ai miei ex colleghi di farvi una visita quanto prima. Non credo che il suo titolare ne sarebbe troppo contento».
Lui si fa rosso in viso e non replica, anche perché i suoi clienti, nonostante il tanfo e lo slalom fra i felini, sembrano, incredibile a dirsi, entusiasti. «Ci piace» esordisce la giovane donna, e dedica a ognuno di noi un sorriso. Eleonora sgrana gli occhi, preoccupata, così sono costretto a farle un gesto con la mano per rassicurarla, mentre l’attimo dopo torno a fissare il mio interlocutore.
«Va bene, noi togliamo il disturbo» dice allora questi e accompagna fuori i clienti.
La ragazza, però, non sembra voler rinunciare. «Non dobbiamo parlare con la signora? La casa ci interessa» dice una volta sul pianerottolo, ma l’agente subito la stoppa: «No, signora, andiamo nel mio ufficio che le spiego».
«Sembravano incuriositi davvero stavolta» esordisce Eleonora, una volta soli.
«Ma no, guarda che ho parlato con l’agente e ha capito.»
«Che gli hai detto?»
«Di non disturbarti più, che tanto la casa non la vendi.»
«Cosa?»
«Di non venire più» ribadisco, «che tanto non vendi!»
Lei mi guarda stupita. «Così gli hai detto?»
«Be’, non sei contenta? Non è questo che volevi?»
Eleonora si avvicina, i capelli arruffati e la bocca contorta in una strana smorfia. «Non ti ho mica chiesto di dire la verità. Volevo solo che l’agente non se ne uscisse con altri commenti sulla casa. Dovevi solo restare al mio fianco. E adesso chi la sente mia nipote?»
Socchiudo gli occhi e tento di placare l’ira che inizia a ribollirmi nelle vene. Cretino io che ancora oggi se una donna mi confida un problema mi faccio in quattro per risolverglielo. Il fatto è che io i problemi li risolvo a modo mio e, non so perché, il modo mio alle donne non piace.
«Eleonora, insomma» ribatto, «mi dici di aiutarti, di venire in tuo soccorso, e poi cambi idea. Io non ho tempo da perdere!»
«Volevo solo che gli dicessi che non poteva disturbarmi a tutte le ore.»
«Allora ti sei spiegata male» ribatto, e mi avvio verso casa, mentre uno dei suoi gatti, approfittando del momento di confusione, si intrufola fra le mie gambe e si lancia per le scale.
«Cesare, non fare il solito vecchio testardo. Vieni qua. Dobbiamo chiamare l’agenzia e spiegare meglio la situazione.»
Mi volto e resto a fissarla incredulo. Per tutta risposta lei piega la testa e aggiunge: «Su, dannazione, aiutami a risolvere il problema».
«Ti ho già aiutato» ribatto con infinita pazienza.
«Che dico a mia nipote?» fa lei, sul punto di piangere.
È la prima volta in quarant’anni che la vedo in simili condizioni. È sempre stata una signora energica, abituata a dire la sua e a comandare prima il marito, poi i gatti. Questa Eleonora che mi si presenta davanti, invece, è una vecchietta che gioca ancora a fare la forte, anche se forte non lo è più.
«La verità» ribadisco, «sii sincera. Alla nostra età le bugie hanno vita breve.»
Poi la lascio sulla soglia e mi chiudo la porta alle spalle.
Non mi sono bastati neanche ottant’anni per capire le donne.