Capitolo 15

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Comincio a pensare» considerava Pisani, «che commetto un errore a stare sempre rintanato in casa e a frequentare poco i ricevimenti. Qui a Venezia si sa tutto di tutti. Solo io sono all’oscuro di ciò che accade dietro le quinte. Le ciàcole sono una preziosa fonte di informazioni.»

«E sono anche un’arte» ribatté Daniele. «Esigono non comuni doti di osservazione, una notevole memoria e un archivio mentale che consente di scegliere in ogni momento quelle più appropriate.»

I due amici scoppiarono a ridere. Stavano percorrendo a piedi la salizàda San Moisè in direzione di palazzo Corner e si fermarono a osservare la vetrina di un calzolaio che esponeva deliziose scarpette femminili di velluto.

«A proposito» riprese Daniele, «a Chiara è piaciuto il ventaglio?»

«Credo di sì» rispose Marco un po’ evasivo. Non era ancora in vena di confidenze. «Ora però dobbiamo affrontare la leonessa.»

L’avogadore si era fatto annunciare fin dalla mattina e il maestro di casa condusse gli ospiti per la solita infilata di stanze austere decorate di arredi cinquecenteschi, fino alla sala Cornaro, l’unica che ostentasse mobili dorati, come dettava la moda recente. Pesanti tende oscuravano ancora i finestroni escludendo la luce di quell’inverno insolitamente soleggiato.

Vestita di nero, asciutta, il capo orgogliosamente eretto, Francesca Corner li attendeva seduta a un tavolo vicino al grande camino di marmo bianco. Un magnifico servizio da caffè d’argento brillava alle fiamme ondeggianti di un candelabro.

La dama porse la mano a Pisani che si inchinò leggermente per baciarla. «Sono addolorato, signora» mormorò serio.

«Sia fatta la volontà di Dio» sospirò la Corner senza riuscire a trattenere due grosse lacrime. «Ma ora accomodatevi» si riscosse. «La sua presenza, avogadore Pisani, è motivata di certo dalle esigenze delle indagini. Ma prima di parlare mi permetta di offrirle il caffè.»

Francesca versò personalmente la bevanda fumante mentre Marco si scusava per la sua visita a così poco tempo dalla disgrazia. «Purtroppo, signora, il mio dovere è scoprire chi aveva interesse a uccidere suo figlio, e lei mi può aiutare.»

Francesca era stata una bella donna: conservava ancora gli zigomi alti, gli occhi profondi e la figura slanciata che ai suoi tempi ne avevano fatto una delle signore più ammirate di Venezia. Guardò Marco con fierezza. «Cosa vuole sapere da me? Non penserà che mio figlio abbia meritato questa fine orrenda? Ha visto come me l’hanno riportato, povero figlio mio?»

Le cose si erano messe subito male. Tanto valeva entrare al più presto in argomento. «A chi andrà il patrimonio?» chiese Pisani, anche se tutta la città lo sapeva benissimo.

«Cosa vuole insinuare? La casata continua sotto la direzione di mio figlio minore, Dario, che ha già dimostrato di essere un abile uomo d’affari.» Marco represse a stento un sorriso. «I Corner aspettano da lei la vendetta, avogadore Pisani.»

«La giustizia, signora, non la vendetta. Mi dica: i suoi figli andavano d’accordo?»

Francesca si irrigidì visibilmente, la bocca si contrasse in una smorfia. «Si amavano molto, non capisco dove lei voglia arrivare. Siamo una famiglia unita. Qualche volta discutevano, certo, come tutti, ma si volevano molto bene. Dario poi è ammattito di gioia quando è nata la bambina. Povera piccola, ora è senza padre.»

Marco non si lasciò spaventare dall’atteggiamento scostante della dama; gli dispiaceva provocarla in un momento così delicato, ma sapeva che talvolta le verità potevano emergere quando l’interlocutore abbassava la guardia. «Mi risulta che l’anno scorso c’è stata una lite violenta tra i suoi figli per ragioni di soldi» insistette.

«Quella malalingua del sarto! Mai che a Venezia la gente pensi ai casi propri. Sì, hanno avuto una discussione, poi tutto si è appianato.» Ora la Corner era divenuta paonazza per la collera, tormentava le trine del fazzoletto, una vena le pulsava sulla tempia.

«Ma suo figlio Dario si è rovinato per quel commercio di seta» continuò Marco.

«I Corner non vanno in rovina per così poco. È stata una speculazione sbagliata, niente di più. Nella mia famiglia non si rompono i rapporti per quattro soldi.» Francesca si alzò indispettita e fece cenno a una cameriera di sbarazzare il tavolo.

«Mi risulta anche…» Marco era implacabile. «…che suo figlio Piero avesse motivi di riconoscenza nei confronti del suo gondoliere, un certo Biagio. Gli ha comperato un locale e questo ha irritato il fratello.»

«Non penserà che un Corner avesse dei doveri nei confronti di un servo!» si scandalizzò la dama alzando orgogliosamente la testa. «Mio figlio era generoso, questo sì, era felice di fare regali, e quel Biagio lo serviva bene. Ha pensato di sistemarlo.»

«Si parla anche di una giovane cameriera, una certa Lucietta Segati» infierì Marco urtato dall’atteggiamento della donna. «Si dice che abbia destato l’attenzione di suo figlio. C’è chi sostiene che lui l’abbia sedotta, circa tre anni fa. Poi la ragazza è scomparsa.»

Francesca Corner tornò a sedersi e sporgendosi verso Pisani sibilò: «Mi meraviglio, eccellenza, che lei presti fede alle chiacchiere della servitù». Marco si trattenne a fatica. «Dovrebbe sapere come sono le ragazze: con un padrone giovane e bello, e soprattutto ricco, ci provano, per sistemarsi per tutta la vita.» Si interruppe un attimo e le si riempirono gli occhi di lacrime al ricordo del figlio. «Quella Lucietta poi era una sgualdrinella. Si vede che ci ha provato, le è andata male e ha fatto fagotto.»

«È scomparsa…»

«Ma che scomparsa! Le ragazze se ne vanno quando non trovano ciò che cercano. Oggi poi si buttano alla ventura, come gli uomini. E nessuno ne sa più niente. Si figuri che tempo fa veniva da me una giovane, una cucitrice molto graziosa ed educata, che mi portava la biancheria confezionata. Era diventata una di famiglia, conosceva i miei figli, le offrivo sempre pasticcini, cioccolata. Poi un bel giorno non si è più vista… Ho saputo che era scomparsa da casa. Chissà. Avrà seguito un innamorato, cercava l’avventura. Del resto era figlia di un marinaio. E la moglie del vetraio Tiraboschi?» la dama proruppe in un’aspra risata. «Ne parla tutta Venezia. Si era stancata di stare a Murano, e sì che non le mancava niente, e se ne è andata con una compagnia di comici dell’Arte. Gira le campagne interpretando la parte di Colombina! Oppure la lavandaia di casa Mocenigo: un giorno ha piantato tutto e si è sistemata a spese di un vecchio notaio in un bel quartierino, dove riceve il suo amante anziano e quello giovane! E lei mi viene a parlare della Lucietta?» La Corner scrollò la testa. «Sarà finita male, come le altre.»

 

«E così siamo al punto di partenza» commentò Daniele che aveva assistito in silenzio al colloquio. I due amici sedevano al caffè Florian in piazza San Marco, davanti a due bicchieri di ratafià. Sotto il portico, alla luce dei lampioni, si snodava il listòn, il rituale passeggio serale: gentiluomini in parrucca avvolti nel mantello, qualche religioso, dame incipriate seguite dai cavalieri serventi carichi di pacchetti, impiegati in abiti scuri che tornavano a casa dopo il lavoro, i soliti mendicanti ciechi o storpi oppure finti tali. Ogni tanto passava una cortigiana, riconoscibile per il trucco accentuato e gli abiti e i gioielli vistosi, e gli uomini si fermavano a squadrarla apertamente come non avrebbero fatto con una signora.

«Dopo aver sentito sua madre» considerò Marco, «comincio a chiedermi se non c’entri proprio Dario con la morte del fratello.»

«Mah! I due delitti sono avvenuti di notte e lui sarebbe potuto uscire dal palazzo senza che nessuno lo notasse. Pare che sia collerico e robusto.»

«Però… uccidere il proprio fratello a sangue freddo…»

«Ma potrebbe aver incaricato un altro di farlo al posto suo.»

«Vero» replicò Marco. «Però correrebbe il pericolo di essere ricattato a vita. E qualora fosse scoperto rischierebbe ugualmente la pena capitale. La Serenissima non è tenera con gli assassini, anche se sono patrizi, specie con chi uccide per denaro un famigliare.»

«E tutto sommato i Corner sono abbastanza ricchi per rimediare ai suoi errori nel campo degli affari; in questo ha ragione la madre.»

Marco rimase pensoso per un po’. «Però quella di Dario è una pista che non bisogna scartare» dichiarò infine. «Sai che ti dico, Daniele? Se non mi aiuta la fortuna non so che pesci pigliare. Oggi ho visto gli Inquisitori; sono ansiosi quanto me di risolvere il caso. Non abbiamo parlato della possibilità che ci siano di mezzo spie straniere. Ma in questo caso Corner che c’entrerebbe? Forse è stato un delitto d’onore dei Segati. Domani devo andare a Dolo per cercare la ragazza.»

«A Dolo? Ci vai tu? Non puoi mandare uno sbirro?»

«Certo, ma… in realtà ne approfitto per fare una gita sul Brenta in Burchiello.»

«Ho capito!» Daniele si mise a ridere. «Fai una gita con Chiara. Allora le cose vanno avanti.»

«Non so nemmeno io cosa pensare» confessò finalmente Marco, stanco di eludere il discorso. «Quella ragazza mi piace, anzi mi emoziona. Ma non capisco se per lei è la stessa cosa, è così misurata, e sempre con la governante fra i piedi. Tu, piuttosto, ti fidanzi o no?» fu pronto a sviare.

«Oggi guardavo Maddalena mentre cantava» meditò Zen a voce alta. «Carina, lo ammetto, anche se stonata da far paura, però mi sembrava di vedere sua madre da giovane. Diventerà anche lei grassoccia e pettegola. E mi immaginavo al posto del padre, sul seggiolone dorato, con un sorriso soddisfatto dipinto in faccia, a contare il denaro ogni sera. No, non fa per me.»

«Sei proprio di gusti sofisticati» concluse Marco ridendo.

 

La sera a cena Marco era irritato. L’indagine non faceva un passo avanti, con Chiara non sapeva dove sarebbe andato a parare e Francesca Corner era stata indisponente. Mangiò di malavoglia criticando la pernice e lo stufato.

«Ah, le donne!» sospirò Rosetta portando via il piatto. «Non ce n’è una che non procuri grattacapi!»

Marco si infuriò ancora di più: Nani aveva parlato, gliel’avrebbe fatta vedere lui, si meritava di essere rispedito in seminario e di diventare uno dei tanti preti scontenti! «Cosa c’è che non va, Rosetta?» apostrofò la donna.

«C’è che è ora che lei si sistemi, ma deve sceglierne una giusta.»

«E chi sarebbe quella giusta?»

«Mah, che ne so, una del suo rango, una… non una donna d’affari, insomma, che fa la vita di un uomo e chissà cosa combina» buttò fuori tutto d’un fiato la governante.

Marco colpì il tavolo con una mano e i bicchieri traballarono. «Rosetta, io ho molta pazienza ma non intendo ascoltare prediche sulla mia vita privata, nemmeno da te, anche se mi hai allevato. E non parlare di chi non conosci.»

Salì nello studio e si mise a contemplare il ritratto di sua moglie sopra il camino. Talvolta in quella stanza gli pareva di udire il fruscio dell’abito di Virginia come se ancora gli si aggirasse intorno. Un lieve fantasma che bastava il ricordo di un gesto a evocare, quel suo porgergli la tazza di caffè tenuta sulla mano aperta come un dono, o quello sfiorare le sue carte per riordinarle che era una carezza. Dal ritratto la giovane donna pareva sorridergli.

Scrollò il capo per scacciare i ricordi, si sedette al tavolo e si mise a consultare il faldone degli appunti dell’indagine, ma non riusciva a concentrarsi. I nomi gli ballavano davanti agli occhi, le dichiarazioni dei testimoni gli apparivano insignificanti.

Scese a pianterreno, si buttò addosso un vecchio tabarro, afferrò una lanterna e uscì diretto a calle dei Preti, dietro la Scuola di San Rocco, dove abitava la sua amica Annetta.

La notte era limpida e fredda e la città deserta. Veniva da lontano una voce tenorile che cantava una barcarola con l’accompagnamento di un violino. Era una melodia sonora, a tratti tenera e sentimentale, che lo riportava ai tempi della gioventù a Padova, quando anche lui cantava sotto le finestre di Virginia.

Passò accanto alla chiesa di San Barnaba dove un fagotto informe, un mendicante, era raggomitolato sul sagrato accosto al muro. Gli lasciò cadere vicino alcune monete.

Contemplò un attimo la casa di Marino Barbaro, la prima vittima, e si rammentò che aveva dimenticato la corda, l’arma del delitto, a casa di Chiara. Quella giovane era un enigma: sembrava la più dolce delle donne e disquisiva di filosofia come un professore. Era ridente e serena e si dedicava a pratiche misteriose in barba ai divieti della Chiesa. Ma aveva davvero doti di veggente? Di sicuro nell’osservare la sua mano aveva capito che era vedovo e aveva intuito al volo il dramma del suo passato. O sapeva la storia da prima e la sua era tutta una recita?

E la seduta spiritica a cui aveva assistito? Aveva avvertito anche lui una forza misteriosa. Ma quella ragazza bionda, quel gondoliere, quel mantello scarlatto cosa c’entravano con la morte di Barbaro e di Corner?

Da una calle venivano un tanfo sgradevole e i richiami di voci roche: erano alcuni bottinai che vuotavano il pozzo nero di un palazzo. Marco passò davanti a un’osteria, sbirciò attraverso i vetri il locale affollato e decise di entrare. Si fece largo tra i tavoli dove gli avventori giocavano a carte; alcuni parevano già ubriachi. Si avvicinò al banco, ordinò un bicchiere di vino e lo tracannò d’un fiato. L’oste, un omone sudato e stanco, sbirciò i suoi abiti, il viso sbarbato, i capelli ben pettinati, lo riconobbe per un gentiluomo ma non fece commenti.

Si rimise in cammino. Lo assalì di nuovo il ricordo di Chiara e sorrise. La conosceva tanto poco e gli era già entrata nell’anima. Se era una veggente, la sua era una dote in più, non doveva farsene turbare. Chiara non aveva nulla da spartire con le streghe e gli imbroglioni, non ricavava denaro dal suo Dono, lo accettava con semplicità per fare il bene, così come regalava le sue pozioni per sconfiggere le malattie.

In campo San Pantalòn una vecchia puttana ridipinta lo apostrofò: «Tutto solo, bel giovane? Vuoi un po’ di compagnia? Sono la più brava di Venezia». Marco le allungò una moneta e proseguì lasciandola stupefatta.

Era giunto in calle dei Preti. Annetta, nel suo appartamento al secondo piano, vegliava ancora, una luce filtrava tra le tende del salotto. Lo stava aspettando. Sarebbe stata contenta di vederlo, povera Annetta, non aveva che lui.

Marco Pisani restò un poco a guardare la finestra pensieroso, poi con un sospiro tornò sui suoi passi.