Capitolo 14

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Uscendo dal Palazzo Ducale sul mezzogiorno, Marco considerava che non avrebbe potuto avere meno indizi di quelli di cui disponeva. Era vero che doveva ancora interrogare gli altri due del gruppo, Biagio il gondoliere e Paolo Labia, e forse dalle loro testimonianze poteva emergere qualche nuova traccia. E se voleva prestare fede alla visione di Chiara, c’era di mezzo una ragazza, una giovane bionda assassinata che poteva essere Lucietta Segati, la cameriera dei Corner. Il giorno dopo sarebbe andato a Dolo, il paese di provenienza della ragazza, e almeno quel mistero sarebbe stato risolto.

Daniele Zen lo aspettava nei pressi delle Procuratie; sotto il mantello si intravedevano un abito di broccato cremisi e un panciotto di seta ricamato. Una parrucca bianca gli incorniciava il volto.

«Mi farai fare una figuraccia» lo salutò Marco. «Io ho i miei soliti abiti, mi sono agghindato appena un po’ meglio del consueto perché ho dovuto conferire con gli Inquisitori e col doge. Per fortuna sei tu il fidanzato, sei tu che devi presentarti tirato a lucido» concluse ridacchiando.

«Scherza pure, ma quello che sta per fidanzarsi credo proprio sia tu. Come è andata la cena?»

Marco preferì lasciar cadere la domanda. Più si inoltrava nella relazione con Chiara più esitava a confidarsi. La serata appena trascorsa lo aveva lasciato confuso; non era troppo sicuro che la donna condividesse l’attrazione che provava per lei. Era rimasto scosso dalla scoperta delle sue doti di veggente, e, per il momento, non voleva farne parola con nessuno.

Finse di essere attirato da un capannello di persone che in mezzo alla piazza circondavano un seggiolone su cui stava assisa una vecchia sdentata. Una servetta le porgeva il palmo della mano in ansiosa attesa di un responso. Donne del popolo e qualche giovane facevano la fila dietro di lei. «È tornata la vecchia Rina, l’indovina» osservò, e il suo pensiero corse di nuovo a Chiara. «Era un pezzo che la nostra chiromante non si faceva vedere. Chissà… forse dovrei chiedere a lei chi ha ucciso Corner e Barbaro.»

 

I Santelli erano ricchi mercanti di granaglie e abitavano in un bel palazzo in campo Santa Maria Formosa, dove al pianterreno si aprivano depositi e magazzini e l’ammezzato era occupato dagli uffici.

Marco e Daniele furono accolti festosamente dalla famiglia riunita nella sala grande. Giovanni Santelli trasudava giovialità dal volto roseo e rotondo e dal ventre prominente, sua moglie Agostina, grassoccia pure lei, brillava di ori e gemme, Maddalena era piccola e aggraziata ma si intuiva che col tempo si sarebbe arrotondata come la madre. Al vedere Daniele si fece tutta rossa e abbassò gli occhi a terra.

«Che piacere, eccellenza» esclamò Santelli andando incontro ai nuovi venuti e inchinandosi davanti a Pisani. «Non mi aspettavo che anche lei onorasse la mia umile dimora.»

Marco si sottopose con garbo alle presentazioni. Conobbe il famoso assistente del bailo, tale Giorgio Priuli, un tipo minuto dai tratti femminei e lo sguardo sagace. C’erano anche i coniugi Zardo, proprietari terrieri, e l’avvocato Berengo, tutti amici di famiglia.

Mentre le conversazioni si intrecciavano si guardò intorno. La prosperità dei Santelli era esibita negli arredi all’ultima moda: divani laccati, tavolini di legni esotici circondati da sedie tappezzate di seta, ritratti recenti dei padroni di casa.

Intorno alla tavola, appena servito il riso con la castradina, iniziò il rito tutto veneziano delle ciàcole. Giorgio Priuli incominciò decantando le bellezze di Costantinopoli, la moschea blu, i tramonti sul Bosforo, le ricchezze del bazar. «E il palazzo del sultano!» si esaltava. «È una favola! Le stanze sono decorate con merletti di pietra, i pavimenti sono quadri a mosaico, e i giardini, ah! i giardini, tutti fioriti, con fontane che zampillano.» Si capiva che era abituato a farsi ascoltare e che gli piaceva. «Ma la cosa più incredibile» continuò, «è l’harem. Il sultano ha decine di mogli, una più bella dell’altra, e non le lascia vedere a nessuno.»

«Se è per quello» lo interruppe il cugino, «anche a Venezia c’è chi ha più di una moglie. E molte mogli hanno più di un marito!»

«Ma Giovanni» lo rimproverò la sua legittima consorte, «cosa dici? C’è Maddalena…»

«Hai ragione, cara, scusami. Ma io non parlavo delle nostre famiglie. Noi borghesi sappiamo custodire le nostre donne. Mentre ci sono certe famiglie aristocratiche…»

Daniele Zen lo interruppe tossicchiando e guardando di sottecchi Marco, che si divertiva moltissimo. I Santelli arrossirono entrambi senza sapere più come rimediare. Fu la signora Zardo a intervenire in loro aiuto: «Ho saputo che Maddalena ha fatto grandi progressi nel canto. Dopo pranzo ci farà sentire qualcosa?».

«Volentieri» balbettò la ragazza. «Ma non vorrei annoiare l’avogadore.»

«Ne sarò deliziato» dichiarò Marco meritando un’occhiataccia di Daniele.

I camerieri stavano servendo un superbo bollito misto e per un po’ si fece silenzio. «Avete sentito» riprese a un certo punto l’avvocato Berengo, «della morte di quei due giovani, il Barbaro e il Corner?»

«Oh, sì» intervenne Maria Zardo che si era illuminata a sentir nominare le vittime. «C’era da aspettarselo che prima o poi sarebbe successo qualcosa…» aggiunse con aria misteriosa.

«Già» convenne Agostina Santelli, «quel Barbaro era un tipo losco. Non lo conoscevo, naturalmente, ma la mia cameriera mi ha detto che seminava debiti dappertutto e spesso era ubriaco. Un tipo così non faceva onore alla nostra aristocrazia» concluse con un sorriso d’intesa diretto a Pisani.

«Oh, ma io non mi riferivo a lui» continuò la Zardo che fremeva dalla voglia di calamitare l’interesse dei presenti. «È nella famiglia Corner della Ca’ Granda, che è poi il ramo principale dei Corner, che c’è qualcosa che non va.»

Marco si fece attento. Non aveva nessuna intenzione di rivelare di essere lui il responsabile delle indagini, ma ogni informazione poteva risultare preziosa. «Lo dice anche il mio gondoliere» intervenne inventando una bugia per non compromettersi. «Eppure sono molto ricchi.»

«Ricchi certo, eccellenza, ma non andavano d’accordo.»

Daniele capì al volo e assecondò l’amico. «Chi non andava d’accordo?»

«Ma i due fratelli, naturalmente. In giro non si sa, ma io sono al corrente di una lite terribile avvenuta qualche tempo fa. È successo questo» continuò la Zardo felice di essere finalmente al centro dell’attenzione. «Io mi servo dallo stesso sarto della signora Francesca, la madre. Mi costa un patrimonio, ma a Venezia non c’è di meglio. Dunque un giorno, sarà stato poco più di un anno fa, il povero Piero non era ancora sposato, vado dal sarto e lo trovo sconvolto. All’inizio non voleva dirmi niente, poi mi ha raccontato che qualche ora prima si trovava dalla signora Corner per mostrarle alcune stoffe quando ha sentito urlare fuori dalla porta e hanno fatto irruzione nel salotto i due fratelli, Piero e Dario, che litigavano di brutto e quasi venivano alle mani.» Maria Zardo bevve un sorso di vino lasciando in sospeso l’uditorio.

«E perché?» la incalzò Agostina, presa dal racconto.

«Era Dario il più infuriato» non si fece pregare la Zardo. «Urlava che suo fratello non voleva prestargli una somma da investire in affari commerciali: ne aveva bisogno per pagare l’assicurazione di un trasporto di seta in Oriente. Piero a sua volta chiamava a testimone la madre che Dario non era capace di combinarne una buona e si era già scialacquato il suo patrimonio. “Senti chi parla” inveiva Dario. “Tu che spendi i soldi in puttane e al gioco! E li hai pure regalati a quel furfante del tuo Biagio, che si è comperato un’osteria nuova per quella strega di sua madre. E a tuo fratello non vuoi dare nulla!”»

«E la signora Corner?»

La Zardo esitò per bere un altro sorso. «Mi ha detto il sarto» continuò poi, «che era rimasta paralizzata, pallida come una statua di marmo.»

«Piero come si difendeva?» chiese Marco, anche lui preso dal racconto.

«A quanto pare Piero urlava che era lui il capofamiglia e stava a lui decidere del suo patrimonio, che era giovane e si divertiva un poco ma non faceva nulla che portasse la famiglia alla rovina e che se aveva dato soldi a Biagio era perché glieli doveva in cambio di un favore. “Guarda che me la pagherai” aveva replicato Dario afferrando il fratello per la camicia e scrollandolo fino a strappargli il pizzo, pizzo costosissimo a detta del sarto. “Presto o tardi me la dovrai pagare!” continuava a urlare Dario e a un certo punto gli aveva stretto le mani intorno al collo.»

«Dario Corner sembra molle ma è fortissimo» osservò l’avvocato Berengo. «Una volta l’ho visto in una locanda: aveva attaccato lite con un tizio perché era seduto al tavolo dove di solito si metteva lui. Ebbene, al culmine del diverbio, Dario è un tipo collerico, l’ho visto con i miei occhi sollevare il tavolo di legno massiccio, pesantissimo, e rovesciarlo come un fuscello.»

«E non è tutto» riprese la Zardo ben decisa a non rinunciare all’attenzione dei presenti. «A un certo punto nel salotto è entrato Biagio, il gondoliere di Piero, forse per difendere il padrone. Dario ha lasciato andare il fratello e si è scagliato addosso a lui. Prima l’ha minacciato. “Farabutto, profittatore, te ne devi andare da questa casa! Non ti basta quello che hai avuto? Tu e quell’altra sanguisuga del Barbaro. Non fate altro che dilapidare i beni della mia famiglia. E mio fratello vi tiene mano. Verrà il giorno che vi farò smettere!” E siccome Biagio aveva afferrato il pugno che Dario gli agitava sotto il naso, questi l’ha colpito con un sinistro micidiale e l’ha buttato a terra.»

«E la madre non interveniva?» chiese Zen.

«Pare che dopo la prima sorpresa fosse riuscita a riscuotersi e si disperava, piangeva; con fatica si è messa in mezzo per dividerli e solo allora si è resa conto della presenza del sarto e l’ha mandato via intimandogli di tenere la bocca chiusa.»

«Il bello è che aveva ragione Dario a pretendere i soldi dell’assicurazione» intervenne Giovanni Santelli che era stato in silenzio fino a quel momento. «Ho saputo che la nave che trasportava le sue merci è affondata a causa di una tempesta, e lui, che non era assicurato, ha perso tutto.»

Esattamente quello che mi ha detto il mio amico Cappello, pensava Marco mentre veniva servito il dolce, una magnifica torta alla crema.

«Adesso Dario Corner eredita tutto… è stato fortunato» continuò Santelli. «Se a Piero fosse nato un maschio ora Dario sarebbe senza un soldo. La giovane vedova però ha avuto una bambina e il patrimonio rimane in famiglia, cioè al fratello minore. Il povero Piero è morto e non avrà più figli maschi.»

«E pensare che Piero aveva messo la testa a posto dopo il matrimonio» concluse Berengo. «So che aveva cominciato a occuparsi con passione delle sue terre, subentrando alla madre, che per parte sua durante la vedovanza ha condotto assai bene gli interessi di casa. Era diventato un esperto di agronomia e di bestiame e conosceva i mercati migliori per i suoi prodotti. Chissà se Dario si darà anche lui una regolata e saprà essere all’altezza del nome della famiglia…»