5
Heath era troppo stanco e ubriaco per continuare. Scivolò a terra, si appoggiò allo scaffale dei prodotti da forno del supermercato Sainsbury’s nello Swan Shopping Centre di Leatherhead e chiuse gli occhi.
«Ehi, qual è il problema?» gli chiese il suo amico Monk, mentre apriva una torta confezionata facendo a pezzi la scatola. Era un bruto tarchiato, cui erano rimaste solo due dita della mano destra. Le usò come un artiglio per estrarre un pezzo di soffice dolce al cioccolato, quindi si assicurò che l’altro fosse abbastanza sveglio da ascoltare i suoi commenti estasiati.
«Cosa c’è?» chiese Heath, sbattendo le palpebre.
«Questa torta. Accidenti, è formidabile!»
«Ho la pancia che mi scoppia», ribatté Heath, chiudendo gli occhi.
La rozza camicia dell’errante era macchiata di cibo e di sangue, a causa di due delle tre principali attività alle quali si era dedicato, mangiare e uccidere. Lo stupro, invece, non aveva lasciato tracce sui vestiti. Era stata una giornata lunga e strana, la più strana che gli fosse capitata da quella del 1899 in cui era finito all’Inferno, subito dopo essere stato colpito alla testa con un bastone durante una rissa vicino al Tower Bridge.
Heath non era grosso, però era veloce, aveva riflessi fulminei e una totale mancanza di scrupoli, caratteristiche che durante gli scontri lo avvantaggiavano. Quando metteva a terra un uomo, lo finiva con spietata efficienza. Fin da giovane era stato un pericoloso attaccabrighe e di solito aveva la meglio sugli altri, finché in una fredda notte nebbiosa la fortuna non gli aveva voltato le spalle. Tuttavia all’Inferno la sorte gli era stata favorevole e, sebbene fosse coperto di cicatrici dalla testa ai piedi e avesse perso metà dei denti in centinaia di risse, se l’era sempre cavata.
Arrivato laggiù, si era presto unito a una banda di erranti. L’esistenza convenzionale e timorosa degli abitanti dei villaggi o delle città non faceva per lui. Se da vivo era stato un predatore, da morto sarebbe stato un superpredatore. Dopo aver vagato per le umide strade di Londra per un anno, aveva fatto fuori il capo della banda, tagliandogli la gola, e ne aveva preso il posto. Negli ultimi tempi aveva adottato la strategia di sottomettere e aggregare altre bande dei dintorni per creare una forza di combattimento in grado di attaccare le città fortificate e persino piccole guarnigioni di soldati del re. Quando una formazione di una decina di erranti piombava in un insediamento, seminava il terrore. Un centinaio di erranti, invece, era assimilabile a un’orda di locuste che lasciava dietro di sé solo morte e devastazione.
La banda di Heath aveva trascorso la notte precedente saccheggiando il villaggio di Leatherhead. Stavano dormendo per smaltire i postumi di quell’orgia di distruzione, quando si erano ritrovati all’improvviso nel centro di una Leatherhead ben diversa. Strizzando gli occhi verso il sole abbagliante, avevano barcollato qua e là, increduli, mentre uomini, donne e bambini fuggivano alla rinfusa davanti a loro.
Heath non aveva idea di cosa stesse succedendo, ma uno dei suoi uomini, un eroinomane morto per overdose nel 1994, aveva riconosciuto subito la modernità del luogo. «Sai dove siamo, Heath?»
«Certo che no!»
«Be’, scommetto che siamo tornati sulla Terra, tra i vivi.»
«Come? Perché?» aveva chiesto Heath, girando su se stesso per catturare le immagini e i suoni del XXI secolo.
«E che ne so? Ma ci sono delle ragazze. Un sacco di belle ragazze.»
Nel corso della giornata, Heath aveva cercato di soddisfare il proprio bisogno di cibo e di sesso, stando comunque attento a tenere uniti i suoi uomini. Gli era stato spiegato che quella terra aveva poliziotti e soldati, ma non erano apparsi uomini armati. Ben presto, però, rumorose macchine volanti avevano iniziato a ronzare sulle loro teste, mentre delle voci dal cielo ordinavano ai cittadini di restare a casa sbarrando porte e finestre, in attesa di ulteriori istruzioni. Più tardi, le voci avevano ordinato di evacuare il centro della città, se era possibile farlo in sicurezza.
Nelle prime ore del mattino, gli erranti avevano assecondato i loro istinti, uccidendo e mangiando chiunque riuscissero a scovare, ma, con il passare del tempo, avevano trovato un’enorme quantità di cibo nelle case e nei negozi.
«Non serve carne umana», aveva detto Heath a Monk, mentre strappava a morsi brandelli di prosciutto nell’appartamento di un vecchio. «Questo è più buono.»
«Mi piace, qui», aveva replicato Monk, calpestando il cadavere del padrone di casa e prendendo alcune bottiglie di birra dal frigorifero. «Cazzo, è incredibile!»
Al calar della notte, Heath era riuscito a ritrovare molti dei suoi erranti e li aveva radunati nel centro commerciale. Come ricompensa, avevano razziato il reparto alcolici di un Sainsbury’s ormai deserto. Il tizio con il passato da eroinomane aveva spiegato agli altri erranti come aprire il tappo delle bottiglie o strappare la linguetta delle lattine di birra e, in poco tempo, decine di uomini insanguinati e puzzolenti si ritrovarono in preda ai fumi dell’alcol. Heath si era sforzato di restare lucido, ma la stanchezza e il brandy avevano avuto il sopravvento. Stava contemplando l’immagine sfocata delle dita di Monk spalmate di cioccolato, quando un tonfo possente e il suono di un’esplosione proveniente dall’alto lo fecero sobbalzare.
«Che diavolo era?» chiese, alzandosi.
«Sembra un cannone», ribatté Monk.
«Raduna degli uomini, subito!» ordinò Heath.
Nel passaggio tra le dimensioni, gli erranti avevano perso le loro armi preferite, i lunghi pugnali ricurvi, ma quasi tutti avevano trovato altri coltelli nelle case e nei negozi della città. Quelli ancora disarmati erano riusciti a recuperarne alcuni nel ristorante indiano del centro commerciale e nel reparto degli utensili da cucina da Sainsbury’s. Quando una parte di quella marmaglia ubriaca si fu raggruppata, uno di loro spiegò a Heath di aver scoperto come raggiungere il tetto, quindi condusse i compagni su per le scale, finché non furono in cima al parcheggio multipiano.
I rottami del Merlin erano avvolti dalle fiamme. Gli erranti dovettero ripararsi gli occhi e tenersi distanti.
«Che cos’è?» chiese uno di loro a Heath.
«Non lo so», rispose lui. «È uno strano mondo, di cui comprendo poco.»
«Si chiama elicottero», spiegò il drogato. Era così ubriaco che faticava a mettere assieme le parole. «È un fottuto elicottero in fiamme.»
«Mi piace, qui», biascicò uno degli uomini, barcollando sulle gambe malferme. «Roba buona da bere, ottimo cibo, un sacco di donne. Non me ne frega niente se cadono dal cielo delle macchine in fiamme, purché non mi finiscano sulla testa.»
Heath perse interesse per i rottami che stavano ancora bruciando e sfruttò quel punto d’osservazione privilegiato per scrutare la città sotto di loro. Tutt’attorno, agli incroci principali, si vedevano lampeggiare le luci rosse e blu dei mezzi di soccorso. «Non capisco perché non abbiano cercato di farci fuori», confessò a Monk. «Niente sbirri. Niente soldati. Non ha senso.»
«Probabilmente hanno paura di noi.»
«Forse, ma prima o poi arriveranno.» Scrutò i membri della banda e chiese: «Chi è il meno ubriaco di voi altri?»
Ci furono delle risatine, ma nessuno rispose. Heath scelse tre di quelli con lo sguardo meno appannato e ordinò loro di restare sul tetto e avvertirlo se avessero visto arrivare qualcuno. Lui sarebbe tornato al piano di sotto a farsi un sonnellino.
Stava dormendo in una corsia del supermercato da meno di un’ora, quando uno degli erranti di guardia sul tetto si precipitò da lui.
«Stanno arrivando.»
Heath si mise a sedere e si massaggiò il viso. «A piedi? A cavallo?»
«No. Dentro delle macchine.»
«Automobili», spiegò il capo agli altri banditi del XVI secolo. «Si chiamano automobili. Quante sono?»
«È uno di quei cosi grossi che erano sul ponte. Viene dritto verso di noi.»
Heath era già in piedi e iniziò a prendere a calci i suoi uomini per svegliarli. Erano una cinquantina. Ne mancavano ancora almeno trenta, finiti chissà dove. «Venite con me. È ora di combattere.»
Mentre uscivano in strada, Heath estrasse due coltelli nuovi dalla cintura che aveva rubato alla sua prima vittima, un ragazzino pallido e brufoloso che aveva svoltato l’angolo poco dopo l’arrivo degli erranti, trovandosi così nel posto sbagliato al momento sbagliato. Aveva guardato con diffidenza Heath, che aveva perso la fibbia della cintura e si stava reggendo i pantaloni con le mani, mentre girava la testa di qua e di là sbigottito. Il ragazzo non aveva detto una parola, ma lo sguardo di disprezzo per la sporcizia e il fetore di Heath aveva spinto l’errante a chinarsi, raccogliere una pietra ornamentale dal giardino di una casa e fracassargli la testa. Prima di rubargli la cintura, Heath era rimasto in piedi a guardarlo, meravigliandosi della sua immobilità. Gli aveva pure dato un paio di calci prima di convincersi che, a differenza delle vittime dell’Inferno che non potevano essere uccise, quel ragazzo era proprio morto. Era stato allora che aveva capito di essere davvero tornato sulla Terra.
La zona pedonale attorno al centro commerciale era deserta. Heath e i suoi uomini si erano raggruppati aspettando l’arrivo dei loro aggressori. Avevano combattuto molti soldati in passato, in schermaglie occasionali. Agli uomini del re non piaceva uscire la sera per sfidare gli erranti, ma quei soldati erano diversi.
Sentirono un ronzio provenire dall’alto. Heath vide una piccola macchina volante con quattro pale scendere in picchiata, non abbastanza, tuttavia, da poterla colpire con uno dei suoi coltelli.
Guardò a est, verso High Street, ordinando ai suoi uomini di muoversi in quella direzione, ma la macchina volante li inseguì, librandosi a non più di sei metri dal suolo.
All’interno dell’autoblindo, il sergente Ferguson mostrò a Venables le immagini che apparivano sul portatile. Il drone stava seguendo l’attività nella zona commerciale e inviava le immagini in tempo reale.
«Dia un’occhiata», esclamò il sergente.
Ciò che vide colpì Venables a tal punto che strappò il computer dalle mani del sergente. Nell’area pedonale illuminata dai riflettori un gruppo di uomini fuggiva dal drone. Indossavano indumenti rozzi e antiquati, e brandivano coltelli. «Comandante, sta guardando?»
«Abbiamo ricevuto le immagini. Restate in attesa mentre le analizziamo. A che distanza siete?» rispose l’ufficiale dal comando del ministero della Difesa di Whitehall.
«Meno di duecento metri.»
«Bene. Mantenete la posizione e attendete gli ordini.»
«Che cos’è, sergente?» chiese il soldato Saunders.
«Un’adunata di soggetti ostili, a giudicare dall’apparenza», ribatté Ferguson.
«Dobbiamo intervenire?»
«Non spetta a me decidere, chiaro?»
Ben Wellington era seduto accanto a John Camp sul sedile posteriore della sua Jaguar, quando squillò il telefono. Stavano tornando al quartier generale dell’MI5 dopo l’incontro con la regina. Re Enrico, invece, era diretto verso una casa sicura dell’MI5 nella campagna dell’Hampshire, assieme a uno stuolo di agenti di sicurezza, medici e infermieri, oltre a uno sconcertato maggiordomo reale, alcuni fidati domestici del palazzo e una zelante guardia del corpo, il professor Gough. Ben ascoltò la chiamata e recuperò il tablet dalla ventiquattrore, passandolo a John. «Sono le immagini in diretta di un drone a Leatherhead. Chi è questa gente?»
John scosse la testa. «Erranti.»
«Sicuro?»
«Al novantanove per cento. Hanno tutti almeno un coltello, molti due. Li tengono puntati verso il basso, come fanno gli erranti, la tecnica migliore per conficcarli in profondità. E guarda come corrono. Si muovono sicuri, soprattutto di notte.»
Ben lo ringraziò e proseguì la telefonata: «Riteniamo molto probabile che si tratti di dannati e non di membri della popolazione locale. E che siano il tipo più pericoloso di dannati. Questi uomini sono predatori assassini. Sì, è sicuramente la cosa giusta da fare. Naturalmente. Manterrò il contatto visivo e resterò in linea».
«Siamo stati autorizzati ad attaccare. Sergente, smonteremo a una cinquantina di metri di distanza e al mio ordine apriremo il fuoco. Tutto chiaro?» riferì il sottotenente Venables.
«Sissignore!»
«Cazzo, era ora di prendere a calci nel culo questi tizi!» sussurrò Saunders al soldato vicino a lui.
Gli erranti continuavano a fuggire dal drone e dal veicolo corazzato che era apparso da qualche istante. Heath gridò ai suoi uomini di fermarsi, quando il mezzo si arrestò e i soldati uscirono l’uno dopo l’altro. Il capobanda degli erranti era all’altezza dell’edificio di mattoni rossi in stile vittoriano del Leatherhead Institute, su High Street. «Siete pronti a combattere?»
Gli uomini brandirono i coltelli, lanciando urla agghiaccianti.
«Lasciateli avvicinare», affermò Monk. «Non sono in tanti. Gli strapperemo la carne dalle ossa.»
Il sottotenente Venables alzò la mano e diede ordine di sparare.
Le immagini sul tablet di Ben erano senza sonoro.
Grazie alle riprese dall’alto inviate dal drone, John vide le munizioni da 5,56 mm trapassare il corpo degli erranti. L’uomo che sembrava il capo impartiva gli ordini agitando freneticamente le braccia, finché non fu colpito più volte al petto e si accasciò.
Monk cadde in ginocchio accanto a Heath, poi si alzò furente e caricò i marine. Riuscì a fare solo pochi passi, prima di essere abbattuto.
John restituì il tablet a Ben e disse: «Non sai quante volte avrei voluto crivellare quei bastardi con una bella mitragliata».
Venables ordinò di cessare il fuoco e guidò i suoi uomini verso i corpi immobili sparsi sul lastricato. Il primo errante al quale si avvicinarono era stato colpito alla testa. Quello successivo aveva due fori di proiettile nei polmoni. Era Heath, che fissò i soldati imprecando: «Vaffanculo».
«Quali sono gli ordini?» chiese il sergente a Venables.
Questi ripeté la domanda nel microfono della cuffia e da Whitehall arrivò subito la risposta: niente soccorsi né prigionieri.
Il sottotenente lanciò un’occhiata al sergente, quindi abbassò la canna del fucile e sparò a Heath in mezzo agli occhi. Al resto della squadra non servirono ulteriori istruzioni: diedero il colpo di grazia agli erranti, finché tutti i corpi non restarono immobili.
«Non mi sembra giusto», commentò Ben, distogliendo lo sguardo dal tablet.
«Sono erranti», replicò John. «Loro...»
«So tutto su di loro», lo interruppe Ben. «Anch’io ho avuto a che fare con quella gente.»
«In ogni caso, sono già morti.»
Un attimo prima Heath stava guardando la canna di un fucile, un attimo dopo era disteso sulla schiena nel centro di un villaggio maleodorante, la Leatherhead dell’Inferno. Gli erranti che lo avevano preceduto si erano già rimessi in piedi e si muovevano qua e là in un silenzio attonito.
Monk gli tese la mano e lo aiutò ad alzarsi. «A quanto pare siamo tornati là da dove eravamo venuti. È stato bello fintanto che è durato.»
«Cazzo», esclamò Heath, esaminandosi le ferite. «L’ultima volta che ti ho visto, avevi un bel buco in testa.»
«E adesso?»
«Ci sono tutti i ragazzi?»
Monk si guardò attorno. «Solo quelli che erano con noi quando i soldati hanno aperto il fuoco.»
«Avevano dei fucili proprio strani, vero?» chiese Heath, in tono ammirato.
«Puoi dirlo forte! E ora cosa facciamo?»
Il capobanda scrollò la testa. «Non so perché siamo stati rimandati nella terra dei vivi e ignoro il motivo per cui adesso siamo tornati in questo letamaio. Torniamo al campo e lì decideremo il da farsi.»
«Andiamo!» gridò Monk. «La festa è finita. Heath vuole tornare nel bosco.»
Cinquanta erranti si misero in cammino verso la foresta.
Heath pensò che gli occhi gli stessero giocando uno scherzo. O forse era solo l’oscurità. I suoi uomini sembravano scomparire l’uno dopo l’altro. Anche Monk se ne accorse, si staccò dal fianco del suo capo e, ridacchiando, si lanciò in avanti.
Heath si ritrovò solo. Dietro di lui c’era il villaggio; di fronte, il buio. Senza esitare, fece un passo avanti.
«Cosa dobbiamo fare di tutti questi corpi?» chiese il sergente Ferguson.
«La cosa non ci riguarda», rispose il sottotenente. «Intanto raggiungiamo il punto in cui si è schiantato l’elicottero per controllare se ci sono sopravvissuti.»
John lo notò con la coda dell’occhio sul tablet di Ben, appoggiato sul bracciolo in mezzo a loro. Il drone stava sorvolando i soldati che si muovevano tra i cadaveri. «Gesù!» esclamò.
Gli erranti erano tornati e correvano verso i soldati ignari.
«Sei in contatto con gli uomini sul campo?»
Allarmato, Ben chiamò subito Whitehall.
Il soldato Saunders udì un rumore e alzò lo sguardo appena in tempo per vedere una fiumana di erranti che gli si scagliava addosso colpendolo con pugni, calci e coltelli. Percepì il loro tanfo mentre cercava di sollevare il fucile. Li vide strappargli il pugnale dal fodero e sentì il freddo acciaio della lama penetrargli il petto.
L’ultima cosa che il sottotenente Venables udì fu il brusco avvertimento che arrivava dal comando di Whitehall, prima che Heath lo assalisse da dietro gettandolo a terra e strappandogli l’elmetto, per affondargli i denti nel collo.