15

Prima colavano la cera fusa nei canali dello stampo in gomma, aspettavano che s’indurisse e, una volta solida, estraevano il calco. Poi mescolavano la polvere di gesso e la versavano nel guscio di rivestimento che racchiudeva il modello in cera e lo cuocevano al forno: la cera si scioglieva, lasciando un’impronta cava all’interno del gesso. Infine fondevano l’acciaio nel crogiolo della fucina, finché non diventava incandescente e liquido e lo versavano negli stampi in gesso. Quando il metallo si solidificava, rompevano il gesso ed estraevano dei pezzi d’acciaio perfetti.

Gli AK-47 prendevano forma. Ciascuna delle novanta parti del fucile veniva temprata nell’acqua fresca, emettendo sbuffi di vapore. Alcune, come il castello, erano grandi e pesanti, altre piccole e leggere, come il percussore e alcune fragili molle. Kyle le controllava tutte con occhio esperto e, una volta fredde, levigava anche la più piccola irregolarità, usando il vasto assortimento di lime di William. Le canne finivano direttamente sul tornio a pedale del fabbro, che realizzava la rigatura. Kyle bocciò i primi tentativi e apportò alcune modifiche, finché non furono realizzati i solchi elicoidali necessari per garantire stabilità e precisione.

Ognuno dei trentadue fucili veniva poi assemblato sopra delle assi che erano state portate all’esterno della fucina, dove l’aria era più respirabile. Trevor e John si unirono a Kyle e ai soldati del SAS che si erano dichiarati particolarmente abili nello smontare e rimontare le armi da fuoco. Uno dei membri della truppa C era un esperto falegname, così lui e un gruppo di volontari furono incaricati di produrre i calci dei fucili, i paramani e le impugnature con la legna stagionata accatastata fuori della fucina.

La fusione dei pezzi aveva richiesto un’intera giornata. Kyle non aveva dormito più di un’ora, tuttavia, quando fu soddisfatto della preparazione di tutte le parti dei fucili, rivolse l’attenzione ai proiettili.

«Sembri uno zombie», commentò John. «Sei sicuro di non volerti riposare un paio d’ore?»

«Niente munizioni, niente spari», replicò l’altro, infilandosi di nuovo nella fucina bollente.

Marsh volle esaminare alcuni pezzi di fucile. «Ma davvero riusciremo a sparare con questa roba?» domandò, in tono arrogante.

«Se il nostro chimico realizzerà gli inneschi, sputeranno piombo a volontà. Mio fratello sa quello che sta facendo.» John indicò le parti del grilletto. «Guarda la qualità di questo lavoro fatto in condizioni primitive. È sbalorditivo.»

«Be’, vedremo», concluse Marsh. «Ma non mi stupirei se ci ritrovassimo a dover usare fucili a pietra focaia e balestre. Costruire kalashnikov in una fucina medievale... Che idiozia!»

Intanto Kyle aveva iniziato a lavorare alla produzione delle munizioni assieme a William e ai suoi operai. Usavano gli stampi per realizzare bossoli e capsule d’innesco in ottone al piombo. Ma fecero ricorso anche alle presse per proiettili, per preparare più in fretta migliaia di pezzi. In poco tempo, la fucina sputava fiamme mentre scorrevano fiumi di piombo, ottone e acciaio fuso.

In un angolo, abbastanza lontano dal forno perché il caldo fosse tollerabile, ma abbastanza vicino da poter usare i lingotti d’acciaio rovente come fonte di calore, Nightingale e il suo volenteroso assistente lavorarono fino a notte fonda.

Accompagnato da Emily e da un paio di soldati, il chimico aveva raggiunto a piedi il villaggio per acquistare dei recipienti di vetro. Mrs Smith gli aveva fatto da intermediario, così, in cambio di qualche moneta di rame che William aveva prelevato dalle casse della fornace, gli abitanti del villaggio cedettero alcune tazze e dei bicchieri.

«Non sono l’ideale, ma ci accontenteremo», aveva detto Nightingale a Emily. «Vorrei essere capace di soffiare il vetro. Non ho molti rimpianti nella vita, e questo è uno.»

Emily aveva frequentato solo un corso di chimica all’università, ma fu sufficiente a farla nominare assistente di Nightingale. Montarono un banco di fortuna e si prepararono alla fase uno, la produzione di acido nitrico.

Mentre era piegato su quel rozzo bancone, seduto su uno sgabello di legno, Nightingale non sentiva più il peso né degli anni né della malattia, e spiegava a Emily il processo da seguire: «Dobbiamo preparare quello che, nell’antichità, era conosciuto come spiritus nitri. Non avendo una bilancia, ci affideremo all’istinto, ma ce la caveremo: ecco qui una cinquantina di grammi di salnitro, macinato fine con mortaio e pestello. Ora lo versiamo in quel crogiolo e ci aggiungiamo centocinquanta grammi di questa bella argilla bianca, nota anche come caolino. È importante mescolare tutto accuratamente, per evitare che si formino grumi. Bene, molto bene. E adesso andiamo al forno». Le disse che occorreva una temperatura di circa mille gradi centigradi. «Neanche gli antichi avevano i termometri, eppure riuscivano a stimare la temperatura giusta.» Aiutandosi con delle lunghe pinze, infilò il crogiolo nella fornace e lo tirò fuori poco dopo per osservare il cambiamento di colore. «Ottimo! Guardi che bella sfumatura blu-verde. Direi che abbiamo preparato un acido nitrico della giusta purezza.»

«Magnifico!» esclamò Emily. «Finirò per diventare un chimico.»

«Non così in fretta, signorina. È solo il primo stadio del processo. Andiamo avanti. Allora, scalderemo l’acqua con i lingotti roventi, quindi è meglio proteggersi il viso dai fumi. È pronta?»

«Stifnato di piombo in arrivo», annunciò lei in tono allegro.

Nightingale chiamò William. «Siamo pronti per il piombo, buon uomo.»

 

 

La mattina successiva arrivò come ogni mattina dell’Oltre: una sfumatura di luce avanzò lentamente nel buio, finché il cielo non divenne una distesa perlacea uniforme. I SAS, che erano avvezzi a dormire in ogni condizione, accesero dei fuochi e riscaldarono i resti del cervo che avevano cacciato il giorno precedente. John ed Emily avevano scovato un luogo appartato dietro la fucina, un morbido praticello su cui avevano steso la coperta prestata da uno degli operai di William. Si svegliarono assieme. John la baciò; fremevano di desiderio l’uno per l’altra, ma l’amore non rientrava nei programmi della giornata. Nightingale stava dormendo vicino all’ingresso della fucina, avvolto nelle coperte che Mrs Smith aveva tolto dal proprio letto. Era troppo stanco per alzarsi. Mentre il campo si risvegliava, la gente gli girava attorno, facendo attenzione a non disturbarlo. I quattro ufficiali trovarono John ed Emily vicino all’abbeveratoio.

«Com’è andata stanotte?» s’informò Yates.

John si spruzzò l’acqua sul viso. «Io ho smesso qualche ora fa. Stavano ancora lavorando.»

Marsh si diresse verso la fucina. «Stiamo sprecando tempo. Dobbiamo entrare in azione oggi, con o senza gli AK-47. Personalmente ritengo che sarà senza.»

«Uomo di poca fede», commentò John.

All’interno della fornace, Trevor era accovacciato su un banco da lavoro con la testa sepolta tra le braccia. Lì accanto, Kyle azionava la leva della pressa che sparava fuori i proiettili finiti, per poi gettarli in un secchio. Una decina di soldati del SAS stava dormendo sul pavimento.

Kyle li vide entrare e diede una gomitata a Trevor per svegliarlo. «È ora di andare in scena, Mr Jones.»

«Kyle, sei una macchina», esclamò John. «Due giorni senza chiudere occhio.»

«Due giorni senza alcol, vorrai dire. Questo sì che è impressionante.»

«Siamo qui per vedere fucili e munizioni, non un alcolizzato zoppo», incalzò Marsh.

John, infuriato, si scagliò contro il capitano. «Mi sa che è ora di prenderti a calci in culo, sai?»

I soldati che stavano dormendo erano ormai in piedi e stavano a guardare.

«Fatti sotto allora», lo sfidò Marsh.

Gli altri ufficiali si misero in mezzo per separare i due prima che la situazione volgesse al peggio.

«Per l’amor di Dio, Alex, tappati la bocca!» sbottò Yates, spingendo indietro Marsh. «Siamo tutti nella stessa squadra.»

«La stessa squadra?» ripeté con stizza Marsh. «Neanche per sogno.»

Trevor aveva in mano un oggetto avvolto in un panno. Fece l’occhiolino a John, poi si rivolse a Marsh. «Vuoi vedere armi e munizioni, amico? Sei nel posto giusto.» Scostò il panno e sollevò un fucile assemblato: il legno chiaro del calcio e delle impugnature spiccava contro l’acciaio nero opaco del castello, della canna e del mirino.

Kyle consegnò a Trevor un caricatore e annunciò: «Questo alcolizzato con una gamba fuori uso è orgoglioso di presentarvi ufficialmente l’AK-47 modello ’fuoco infernale’, con modalità semiautomatica o automatica, completo di caricatore curvo da trenta colpi e cartucce da 7,62× 39 mm».

«Fa’ vedere», intervenne John.

Trevor inserì il caricatore e gli consegnò il fucile.

John lo soppesò e prese la mira. «Mirino e bilanciamento perfetti», sentenziò, porgendo il fucile a Yates per l’ispezione.

L’arma passò di mano in mano finché non arrivò anche a Marsh, che le diede solo una rapida occhiata. «Per me basta che spari quando premo il grilletto.»

«Allora usciamo», replicò Kyle, riprendendosi il fucile.

William e tutti gli operai seguirono i soldati fuori della fucina. John individuò un albero a una cinquantina di metri di distanza e, utilizzando uno dei coltelli del fabbro, fissò al tronco un pezzo di cuoio di scarto.

Tutti i soldati si raggrupparono per assistere allo spettacolo.

Kyle si preparò a sparare. «I primi colpi spettano all’armaiolo, in caso il fucile gli esploda in faccia.»

«Gesù, John, è sicuro?» domandò Emily, preoccupata.

«Abbi fede. Se gli inneschi funzioneranno a dovere, andrà tutto bene», rispose lui.

«Il professore era molto fiducioso.»

«Allora faresti meglio a tapparti le orecchie.»

Kyle tirò indietro l’otturatore e lo lasciò scattare in avanti. Appoggiò il calcio contro la guancia e guardò nel mirino. Il dito era agganciato al grilletto.

Quando lo scoppio incrinò l’aria, dal bosco circostante tutti gli uccelli si alzarono in volo. Il pezzo di cuoio si mosse leggermente. Kyle sorrise e premette il grilletto cinque volte in rapida successione, mentre il bersaglio ondeggiava ogni volta che veniva colpito.

Nightingale si svegliò al primo sparo. Si alzò e si avvicinò alla sua nuova assistente, esclamando con entusiasmo: «Gli inneschi funzionano, Emily! Funzionano!»

«Non ho dubitato di lei nemmeno per un istante», replicò Emily, deliziandolo con un bacio sulla guancia.

«E adesso in automatico», annunciò Kyle gridando, per superare il ronzio nelle orecchie. «Sarebbe meglio evitare questa modalità, perché non abbiamo molte munizioni, comunque proviamo.»

Girò il selettore e tenne premuto il grilletto. Il fucile sparò tutti i proiettili rimasti nel caricatore in una gragnola di colpi assordante. Quando ebbe finito, Kyle rimosse il caricatore, assicurandosi che fosse vuoto. «Questa cosa del rumore è sopravvalutata! Comunque di sicuro il fucile fa un bel fracasso!»

William corse verso l’albero e ritornò sventolando il pezzo di cuoio ridotto in brandelli. «Che meraviglia... Ed è uscito dalla mia fucina! Dalla mia fucina!»

I soldati lanciarono grida entusiaste. John strinse il braccio di Emily e raggiunse il fratello. «Sei un fuoriclasse!»

«Cos’hai detto?»

«Ho detto che sei un fuoriclasse! Un fuoriclasse sordo!»

«So fare bene tre cose», dichiarò Kyle, mentre tratteneva a stento le lacrime. «Costruire armi, bere e distruggere i rapporti.»

«Vieni qui», lo esortò l’altro, stringendolo in un forte abbraccio.

Gli ufficiali controllarono il fucile rovente che puzzava di polvere da sparo.

«Immagino di dovervi delle scuse», ammise Marsh. «Gran bel lavoro. Ammesso che anche gli altri funzionino così bene.»

«Scuse accettate», replicò Kyle. «Funzioneranno tutti. S’incepperanno più di quelli tradizionali? Forse sì. Ma ci troviamo in una situazione alla Turtledove.»

«E cioè?» domandò il capitano Gatti.

«Harry Turtledove è uno dei miei autori preferiti», spiegò Kyle. «Ha scritto un libro intitolato I fucili del Sud, dove dei sudisti utilizzano una macchina del tempo per portare degli AK-47 all’epoca della guerra di secessione americana. E grazie a quei fucili i confederati riescono a ribaltare le sorti del conflitto contro l’esercito dell’Unione. Lee vince e Grant perde. Storia alternativa.»

«Stavolta siamo noi a scrivere la storia», concluse John. «Che ne dite di fare i bagagli e partire?»

«Aspetta, ho un paio di cosette che ci aiuteranno ad andare nella giusta direzione.» Kyle estrasse dalla tasca cinque bussole di ottone: ne diede una al fratello e una a ogni capitano. «Stanotte, mentre stavamo preparando le capsule degli inneschi e i proiettili, ho chiesto a William di fare anche queste.»

«Come ha fatto a magnetizzare l’ago?» domandò il capitano Greene.

«Facile. L’ho strofinato sulle mappe di seta. Un vecchio trucco da boy-scout.»

Marsh gli tese la mano. «La nomineremo membro onorario dello Squadrone A. Sempre che qualcuno di noi riesca a uscire vivo da qui.»

I capitani organizzarono dei tiri di prova per ogni fucile. Funzionavano tutti alla perfezione, tranne tre, che Kyle sistemò con qualche limatura e ritocco. I caricatori furono riempiti con due file di cartucce e il resto delle munizioni venne diviso in quattro sacchi. Ogni truppa ricevette otto AK-47 e un sacco.

Kyle rientrò nella fucina e ne uscì con una sorpresa: sotto il braccio aveva altri tre fucili. Ne diede uno a John, uno a Trevor e tenne l’ultimo per sé. «Mi era avanzato un po’ di tempo.»

John gli strinse la mano, mentre Trevor esclamò: «Grazie, amico. È fantastico».

«Mi spiace non averne preparato uno anche per te, Emily», si scusò Kyle. «Magari penserai che sono uno stronzo sessista.»

«Nessun problema, non lo voglio», ribatté lei con un sorriso. «Davvero.»

 

 

Emily e John stavano arrotolando la coperta su cui avevano dormito.

«Non possiamo portarlo con noi. Non ce la farà mai.»

«Il piano prevede di riportarlo a Leatherhead e cercare di rimandarlo sulla Terra.»

«Non sopravvivrebbe. Neanche riesce a tener su la testa. Il viaggio lo ucciderà.»

John guardò il professor Nightingale per qualche istante. Era seduto contro un tronco, sembrava esausto e stordito. «Cosa proponi di fare?»

«Lei.» Emily indicò Mrs Smith che risaliva il sentiero del villaggio, portando un cestino di viveri. La donna si avvicinò al chimico, iniziò a parlare, si sedette accanto a lui e gli fece sgranocchiare una crosta di pane.

«E lui sarà d’accordo?» domandò John.

«Il suo lavoro è finito. È malato e stremato. Secondo me, sì, accetterà.»

Emily aveva ragione. Lo scienziato ammise che al risveglio l’idea di dover affrontare un duro viaggio a cavallo, o in spalla a Moose, lo aveva angosciato. Tuttavia, essendo un gentiluomo, disse a Mrs Smith di non voler abusare della sua ospitalità.

A quelle parole l’anziana donna sorrise e replicò: «Be’, io sarei felice di accogliere Mr Nightingale come mio ospite. Sono sola da tanto tempo e sarà piacevole avere un po’ di compagnia. Da me sarà al sicuro».

Emily gli diede un bacio sulla guancia. «Lei è un eroe, professore. Non ho mai incontrato un uomo più coraggioso in tutta la mia vita.»

«Davvero?» Le guance dell’uomo, l’unica parte del viso non ingiallita dall’ittero, si tinsero di rosa.

«Senza ombra di dubbio», aggiunse John. «I soldati rischiano la propria vita dopo essere stati addestrati e istruiti a dovere. Lei è stato convocato senza preavviso e non ha avuto la minima esitazione. È stato straordinario.»

«Straordinario», ripeté lui, assaporando le parole dell’americano. «Che meraviglia.»

Moose fu incaricato di trasportare Nightingale giù per la collina. Il soldato sollevò il chimico tra le braccia come fosse un neonato.

«Cerchi di resistere», lo salutò John. «Torneremo a prenderla. Non so esattamente quando, ma torneremo.» Poi guardò Mrs Smith e agitò un dito verso il professore in segno di ammonimento. «E, mi raccomando, non faccia niente che io non farei.»

 

 

Lo Squadrone A era pronto a rimettersi in marcia.

John ringraziò William per l’aiuto, ma il fabbro si schernì: «No, John che non sei di queste parti, ringrazia re Enrico. Vedrai ancora Sua Maestà?»

Camp sorrise. «Non subito. Ma stai certo che gli dirò che sei stato davvero in gamba. Se non ci dovessimo più incontrare, continua a usare quel buon ferro svedese.»

Il piano era semplice. Marciare compatti verso il fiume, dove la truppa C di Gatti si sarebbe staccata dalla formazione e avrebbe trasportato fucili e munizioni sull’altra sponda, utilizzando le barche che avevano nascosto in precedenza. Poi avrebbero percorso al contrario il sentiero per Leatherhead.

Gli altri avrebbero proseguito a piedi verso est, finché non avessero trovato altre barche da requisire per navigare verso Dartford. Lì si sarebbero divisi: la truppa di Greene sarebbe andata a nord, verso Upminster, mentre gli uomini di Marsh, assieme a Trevor, si sarebbero diretti a sud, fino a Sevenoaks. Trevor aveva il compito di cercare gli studenti scomparsi della Belmeade. Gli uomini di Yates – assieme a John, Emily e Kyle – sarebbero andati alla ricerca dei politici e degli scienziati del MAAC. Infine John ed Emily avrebbero ripreso il viaggio verso la Manica.

«È stato un buon inizio», disse John, mentre attraversavano il prato.

«Migliore di quanto ci si sarebbe aspettato», convenne Emily.

«Però dobbiamo essere sinceri con noi stessi. Questa missione è praticamente impossibile. Lo abbiamo sempre saputo. Non c’è modo di salvare tutti: quelli del MAAC, i ragazzi, i civili sparpagliati lungo le zone di confine.»

«Lo so. L’importante è non perdere di vista il nostro obiettivo.»

«Già... Paul.»

«Anche se per trovarlo fosse necessario sacrificare uno di noi due, o entrambi.»

Il fiume era ormai in vista. John prese la mano di Emily. «Stai diventando una vera guerriera, lo sai?»