1952         Santiago

La vita come avventura di coraggiosi toreri, perpetuo match con il nada (Nada nostro che sei nel Nada...), è un mitologema che può infastidire. E tuttavia, di Mister Papa Hemingway, piace quell’averci così risolutamente creduto, quell’esserselo vissuto addosso, lealmente, sino alla fine: con quella morte nel pomeriggio, quando, rovesciando le parti della lunga caccia, fu lui stesso a porsi in figura di preda suprema davanti alle canne del suo fucile. Una sconfitta–vittoria che il suo prestanome Santiago avrebbe certo desiderato per sé, il giorno in cui non si fosse sentito più buono a riportare a riva almeno la reliquia spolpata di un pescespada nemico.

Nell’oscurità il vecchio sentì giungere il mattino e mentre remava udì il suono tremolante dei pesci volanti che uscivano dall’acqua e il sibilo fatto dalle rigide ali tese mentre si allontanavano librate nel buio. I pesci volanti gli piacevano molto ed erano i suoi migliori amici, sull’oceano. Pensò con dolore agli uccelli, specialmente alle piccole, delicate sterne nere, che volavano sempre in cerca di qualcosa senza quasi mai trovar nulla e pensò: «La vita degli uccelli è più dura della nostra, tranne per gli uccelli da preda, pesanti e forti. Perché sono stati creati uccelli delicati e fini come queste rondini di mare se l’oceano può essere tanto crudele? Ha molta dolcezza e molta bellezza. Ma può diventare tanto crudele e avviene così d’improvviso e questi uccelli che volano, tuffandosi per la caccia, con quelle vocette tristi, sono troppo delicati per il mare».

Pensava sempre al mare come a la mar, come lo chiamano in spagnolo quando lo amano. A volte coloro che l’amano ne parlano male, ma sempre come se parlassero di una donna. Alcuni fra i pescatori più giovani, di quelli che usavano gavitelli come galleggianti per le lenze e avevano le barche a motore, comprate quando il fegato di pescecane rendeva molto, ne parlavano come di el mar al maschile. Ne parlavano come di un rivale o di un luogo o perfino di un nemico. Ma il vecchio lo pensava sempre al femminile e come qualcosa che conce deva o rifiutava grandi favori e se faceva cose strane o malvage era perché non poteva evitarle. La luna lo fa reagire come una donna, pensò.

[...]

 

Guardò giù nell’acqua e sorvegliò le lenze che scendevano diritte nel buio dell’acqua. Egli le teneva più diritte di tutti gli altri e così nel buio della corrente c’era un’esca in attesa ad ogni livello, nel punto esatto in cui egli desiderava che si trovasse, per qualunque pesce potesse passare in quel punto. Altri le lasciavano in balìa della corrente e a volte erano a sessanta tese di profondità quando i pescatori credevano che fossero a cento.

Ma, pensò, io le tengo al posto giusto. Soltanto non ho più fortuna. Ma chissà? Forse oggi. Ogni giorno è un nuovo giorno. È meglio quando si ha fortuna. Ma io preferisco essere a posto. Così quando viene sono pronto.

Ora il sole era alto da due ore e non gli faceva più tanto male agli occhi guardare verso oriente. C’erano soltanto tre barche in vista, ora, ed erano molto basse e lontane verso la riva.

Il primo sole mi ha sempre fatto male agli occhi da quando sono al mondo, pensò. Però ho ancora gli occhi buoni. La sera posso guardarlo fisso senza veder nero. E la sera è anche più forte. Ma la mattina fa male.

Proprio in quel momento vide davanti a sé una fregata con le lunghe ali scure che roteava nel cielo. Si calò in fretta, scendendo obliqua sulle ali spinte indietro., e poi tornò a roteare. «Ha trovato qualcosa» disse il vecchio ad alta voce. «Non sta soltanto a guardare.»

Si avviò remando adagio e con regolarità verso il punto in cui l’uccello stava roteando. Non si affrettò e tenne le lenze diritte. Ma forzò un poco la corrente, per cui pur continuando a pescare senza commettere errori, pescava più in fretta di quanto avrebbe fatto se non avesse avuto bisogno di servirsi . della fregata.

L’uccello si alzò più alto nell’aria e tornò a roteare con le ali immobili. Poi si tuffò d’improvviso e il vecchio vide un pesce volante schizzare fuori dell’acqua e procedere disperatamente sulla superficie.

«Delfini» disse il vecchio ad alta voce. «Grossi delfini.»

Disarmò i remi e prese una lenza piccola dalla prua. Aveva un bozzello di ferro e un amo di misura media e il vecchio lo innescò con una. sardina. Lo gettò a mare e poi diede volta alla lenza su una bitta a poppa. Poi innescò un’altra lenza e la lasciò addugliata all’ombra della prua. Riprese a remare guardando l’uccello scuro dalle lunghi ali che, ora, agiva basso sull’acqua.

Mentre egli lo guardava, l’uccello calò di nuovo tendendo obliquamente le ali per il tuffo e poi sbattendole all’impazzata e inutilmente mentre seguiva il pesce volante. Il vecchio vedeva il contorno snello nell’acqua sollevata dai grandi delfini mentre inseguivano il pesce in fuga. I delfini filavano sotto il volo del pesce per trovarsi in acqua, a tutta velocità, quando il pesce si fosse rituffato. È una grande frotta di delfini, pensò. Sono molto scostati gli uni dagli altri e il pesce volante ha poche speranze. L’uccello non ha nulla da sperare. I pesci volanti sono troppo grossi per lui e vanno troppo in fretta. Guardò il pesce volante saltar fuori dell’acqua più e più volte e i movimenti vani dell’uccello. Quella frotta se n’è andata, pensò. Vanno troppo in fretta e troppo lontano. Ma forse ne troverò uno disperso e forse il mio bel pesce è lì intorno. Il mio bel pesce dev’essere da qualche parte.

Ora le nuvole a terra si alzavano come montagne e la costa non era che una lunga linea verde davanti alle colline grigio–azzurre. L’acqua era di un azzurro scuro, adesso, così scuro che pareva violetto. Guardandovi dentro il vecchio vide il plankton rosso sparso nell’acqua scura e la strana luce prodotta ora dal sole. Guardò le lenze per vederle scendere diritte a perdita d’occhio nell’acqua e fu lieto di vedere tanto plankton perché questo significava pesci. La strana luce prodotta dal sole nell’acqua, ora che il sole era più alto, significava bel tempo, e così pure significava bel tempo la forma delle nuvole a terra. Ma la fregata ormai era quasi invisibile e nulla si mostrava sulla superficie dell’acqua tranne qualche chiazza gialla di Sargassi sbiaditi dal sole e la bolla violetta, stilizzata, iridescente, di una caravella che seguiva da vicino la barca. Si voltò su un fianco e poi si raddrizzò. Galleggiava lietamente come una vescica trascinandosi dietro per un metro i lunghi filamenti violetti immobili nell’acqua.

«Agua mala » disse il vecchio. «Brutta puttana.»

ERNEST HEMINGWAY, Il vecchio e il mare, Milano, Mondadori 1967.

Dizionario dei personaggi di romanzo
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