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Shala-la-la...
In cuffia suona Wire
con Mannequin
Venerdì 8 dicembre 2015
Villa Pamphilj, il posto dove normalmente vado a correre dopo il lavoro, è un gigantesco parco naturale romano, un’area verde di 184 ettari di superficie che abbraccia un’ampia zona della città, toccando molti quartieri – ha infatti diverse entrate, la mia preferita è quella di San Pancrazio. La villa è meravigliosamente conservata, alcune sue parti risalgono addirittura al Settecento.
La cosa che amo fare è variare il percorso, per godermi un panorama sempre diverso: ruscelli, laghetti e roseti, ponti e distese, sterrati, siepi, alberi e piante d’ogni tipo. Un paradiso. In genere, appena entro, cammino per circa cinquanta metri e mi fermo ad allungare i muscoli sulla prima panchina che incontro, di norma quella sotto un salice meraviglioso, accanto a una delle tantissime fontanelle dislocate per tutto il parco. Ormai sono tre mesi che vengo piuttosto assiduamente, più o meno sempre alla stessa ora, e quasi tutte le sere, mentre faccio stretching, incrocio lo sguardo della solita signora.
È abbastanza anziana e sempre alle prese con la lettura di un libro; tutte le volte, appena arrivo, alza lo sguardo con quei suoi occhi terribilmente espressivi, lo fissa su di me per alcuni secondi, facendomi un cenno impercettibile di saluto, o di consenso – non l’ho mai capito – e poi lo riabbassa sulle pagine del suo libro, per non rialzarlo più.
Mi incuriosisce. Da come è conciata potrebbe sembrare una clochard stravagante, un po’ folle, mi fa pensare al “sentimento del contrario” pirandelliano, a quel concetto un po’ amaro e malinconico di “umorismo”, qualcosa che ti spinge a ridere, all’inizio, ma poi, osservando meglio, mettendoci un po’ di impegno e un po’ di cuore, ti fa rendere conto che da ridere non c’è proprio nulla... Indossa vestiti logori e consumati, con mille colori diversi, dal marrone al giallo, passando per il grigio e il rosso, e porta sempre un foulard al collo che pare una kefiah. Tantissimo trucco: negli occhi, intorno agli occhi, sulle labbra, sulle guance... Mi piace osservarla mentre mi scaldo, e fantasticare sulla sua vita, sulla sua storia. Sono stato tentato più volte di rivolgerle la parola, ma poi ho sempre desistito...
«Devi scegliere da che parte stare.»
Sono completamente piegato, mentre tiro polpacci e adduttori e cerco di toccare con il palmo delle mani il terreno in mezzo alle mie gambe. Mi giro. Non c’è nessuno intorno a me, ma qualcuno ha parlato, l’ho sentito in modo nitido: “Devi scegliere da che parte stare”. Era una voce di donna.
Mi volto verso la signora sconosciuta, deve esser stata per forza lei, ma ha la testa bassa come sempre, sul suo libro... Poi, mentre continuo a fissarla, ogni dubbio viene dissipato.
«Devi scegliere da che parte stare.» Lo ripete, è lei. Parla senza muoversi di un millimetro, mantenendo la stessa identica posizione.
«Salve...» Accenno un sorriso piuttosto imbarazzato, e anche abbastanza inutile, visto che non può vederlo. «Ce l’ha con me? Parlava con me? Piacere, Luca» dico, e mi avvicino un po’...
«Certo che ce l’ho con te, ti sembro una sciroccata che parla da sola?»
«No, no, assolutamente!»
«Certo che ti sembro una sciroccata, lo so che è così, non dire di no!» Ride in modo beffardo.
«No, ma io, guardi...»
Mi interrompe, placando quel mio debole tentativo di dissimulare l’idea che mi sono fatto di lei: «Mia, puoi chiamarmi Mia. Ora va’, ora va’!».
La fisso ancora per qualche secondo, incredulo e curioso di capire meglio, poi, senza dire una parola, vado. Mentre corro ripeto di continuo quelle parole: “Devi scegliere da che parte stare”... Cosa avrà voluto dirmi? Forse è davvero solo pazza e parla a vanvera... Eppure mi sento quasi colto in fallo, un po’ frastornato, come quando qualcuno, in modo semplice ed elementare, con una domanda o un’affermazione apparentemente molto banale ti fa scacco matto, ti obbliga a guardare la tua vita, a guardarla per quello che è, e proprio in quel momento metti a fuoco l’immagine che hai davanti, quella reale, nella giusta prospettiva e dimensione, in un modo che non ti era mai riuscito prima, anche se eri convinto di averle tentate e pensate tutte. È una sensazione destabilizzante, la provai la prima volta durante la prima seduta di analisi. «Non ha pensato di lasciarla?» mi chiese lo “strizzacervelli” dopo pochi minuti, e la sensazione fu di totale confusione, inquietudine e fragilità. Ho provato qualcosa di simile anche pochi giorni fa, parlando con Valentina, quando mi ha spiegato in modo tanto candido la sua esigenza di schierarsi dalla parte di qualcuno o qualcosa, di prendere una posizione netta, a differenza del padre. Ecco, “devi scegliere da che parte stare” è un’affermazione che mi fa un effetto simile, perché mi pare abbia molto a che fare con azioni e non-azioni, con i sì e i no, con le scelte e le posizioni. Tutta roba che risulta assolutamente esplosiva per il mio equilibrio.
Oggi, per la mia corsa ho optato per un terreno asfaltato, con un po’ di brecciolino. È il tratto più esteso, costeggia la via Olimpica e tutte le automobili, moto e motorini che ci sfrecciano in entrambi i sensi, fra il suono dei clacson e quello delle marmitte... Ma è pur sempre immerso nel verde. Osservo e corro. Alzo il volume: Shala-la-la-lalaaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-laoh... Shala-la-la-lalaaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-laoh...
“Devi scegliere da che parte stare”... Fossi stato più veloce l’avrei capito prima, ah, eccome se l’avrei capito prima... E invece mi ritrovo qui, sull’asfalto, a chiedermi cosa significhi quella frase, a chiedermi come funzioni e quanto costi, quanto duri, e quanto tutto questo dipenda da me. E mentre corro, in cuffia, i Wire suonano Mannequin e penso che le cose cambiano, passano. Se non scegli ti scelgono loro, se non decidi deciderà qualcuno o qualcosa al posto tuo. Questo è il gioco, queste le regole, questa la vita. Un po’ come quando nel nostro cuore finisce un amore, un amore che sembrava perfetto, unico, poi ne arriva un altro, e sbadabaaam, stammi bene, vecchio amore!
Le cose iniziano e finiscono, e conta solo il qui e ora. Io l’ho capito troppo tardi, o troppo presto. O forse non l’ho ancora capito. Credevo nel passato, nelle sue parole, nei suoi dettagli, e sognavo il futuro con gli occhi aperti e una fiducia infantile, troppo infantile. Mi illudevo di essere diverso, speciale, ma poi diverso da chi? Speciale in cosa? E intanto corro e penso che le cose cambiano, cambiano nome, posto, ordine, voce, suono, cambia il sapore, cambiano i motivi, cambia tutto. E non è quasi mai colpa di nessuno. Anche noi cambiamo, anche noi. Oh, l’asfalto, cazzo! L’asfalto è meno duro di quello che sembra, se hai le scarpe giuste... Come certi cuori, come certi assoli, come certe storie che sono meno dure di quello che sembrano, se le sai ascoltare, se le sai comprendere. Come certi finali e certi addii che sono meno duri di quello che sembrano se ti sai voltare...
Shala-la-la-lalaaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-laoh... Shala-la-la-lalaaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-laoh...
E in fondo tutto ha un senso, non solo l’amore, non solo il bene e la pace! Il sangue ha un senso, il male ha un senso, l’odio ha un senso, la guerra ha un senso, il distacco ha un senso, e pure il sottofondo metropolitano che si insinua nelle mie cuffiette mentre sono a corto di ossigeno e il mio respiro è affannato, anche quello ha un senso, tutto questo ha senso perché esiste, c’è, ti penetra, fa parte di te, ti cambia, si trasforma, ti trasforma, e lo vedi cambiare sotto i tuoi occhi, e ti vede cambiare sotto i suoi, è la vita, la vita che suona, la vita che salta, la vita che esplode, la vita che succede, e, mentre succede, milioni di mani si chiudono e si aprono, gesticolano, si intrecciano, si colpiscono, si staccano, si toccano, si sfiorano, si accarezzano, si infilano, si sfilano...
Shala-la-la-lalaaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-laoh... Shala-la-la-lalaaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-laoh...
E io corro da solo, mentre “devo scegliere da che parte stare”... Corro e l’universo non può davvero accorgersi di me, come potrebbe? E nemmeno tu, nemmeno tu, Mary, puoi accorgerti di me, e mentre non ti accorgi di me sai cosa succede? Lo vuoi sapere? Succede che le mie suole Adidas schiacciano, come carri armati, il brecciolino, quei piccolissimi insignificanti fondamentali dettagli della vita, i sassolini sull’asfalto, per terra, lo senti il suono dei miei dettagli fondamentali che vanno in frantumi, Mary? Oh, no, non credo! E intanto i miei sogni si incastrano fra le nuvole e la pioggia che non cade, fra il grigio e il blu, su, nel cielo, li senti i tuoni? Oh, no, non credo! Mentre l’universo canta Mannequin, insieme ai Wire, io sono completamente perso, dissolto, polverizzato, non sento più niente, non sento più niente, nemmeno le parole di Colin. Nemmeno le mie. E nemmeno tu le senti, vero Mary? So che è così, eppure le mie parole, che forse non erano poi così belle, erano solo per te, Mary, erano solo tue, e avevano così tanto senso... Tell me, why don’t you tell me? Tell me, why don’t you tell me?
Shala-la-la-lalaaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-laoh... Shala-la-la-lalaaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-laoh...
E pare non ci sia ancora molta energia nelle mie gambe, nella mia testa, nel mio cuore, nelle mie mani, nei miei pensieri, nei miei sogni, nelle mie scarpe, nelle mie suole Adidas, nelle batterie del mio Sony... Ma sai che c’è? Te lo dico io che c’è, c’è che adesso, in cuffia, sento pure la mia, di voce, insieme al sound dei Wire, che è punk, maledettamente punk, e mi rendo conto di avere ancora fiato, ancora voglia, ancora vita. Sì! Ci sparo pure la mia, di voce, accanto a quella di Colin.
“Devi scegliere da che parte stare”... Devo scegliere da che parte stare? Devo scegliere da che parte stare! Mentre corro penso a Mia e alle sue parole, e mi rendo conto che ho ancora fiato, tanto da poter correre e cantare, correre e cantare, sull’asfalto, sotto la pioggia, la pioggia dentro, fra il grigio e il blu, fra i suoni metropolitani e Colin, fra i sogni e i ricordi, lì, nella zona più bella, fra le sfumature di ruggine, proprio come sto facendo ora, che corro e canto fra le sfumature di ruggine della mia vita...
Shala-la-la-lalaaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-laoh... Shala-la-la-lalaaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-la-laaa-la-laoh...