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Ballard ci mise quasi tutto il turno, quella notte, per scrivere il rapporto finale sul caso Hilton. Doveva essere completo, ma era importante scegliere bene le parole, c’erano tre aspetti piuttosto delicati da trattare con la massima attenzione. Per prima cosa bisognava tenere al riparo Harry Bosch da ogni problema, e poi era necessario includere Olivas in un modo che risultasse accettabile, secondo le procedure. Il terzo aspetto era il più difficile. Aveva lasciato all’oscuro di tutta quell’indagine il suo diretto superiore, il tenente McAdams. Il fatto che nel rapporto avesse scritto di essersi mossa sotto la direzione del capitano Olivas copriva parecchi buchi, ma il suo rapporto con McAdams ne usciva danneggiato. Avrebbe dovuto chiedere un incontro con lui al più presto, per tentare di sistemare le cose. E non sarebbe stata una conversazione piacevole.
A un certo punto decise che ci voleva una pausa, per riposare la mente e gli occhi. Si alzò dal computer, salì in macchina e andò al camion dei tacos a prendere qualcosa da portar via.
Digoberto lavorava ancora da solo. Ma al momento c’era la fila: cinque giovani, tre donne e due uomini, usciti da una discoteca che aveva appena chiuso, alle quattro del mattino. Ballard aspettò il suo turno ascoltando le loro chiacchiere vuote e sperando che le loro ordinazioni non finissero la scorta di gamberetti freschi.
Uno degli uomini notò il distintivo alla cintura, che sporgeva da sotto la giacca. Ci fu uno scambio di battute sottovoce, dopodiché le offrirono di saltare la fila, visto che lei stava lavorando e loro non avevano ancora deciso cosa ordinare. Ballard accettò la gentilezza e ordinò i suoi tacos ai gamberetti. Mentre Digoberto li preparava, rispose alle domande del gruppo.
«Sta lavorando a un caso?» chiese una delle donne.
«Sempre. Faccio il turno di notte. Noi lo chiamiamo l’ultimo spettacolo, perché a Hollywood succede sempre qualcosa.»
«Wow. E a cosa sta lavorando ora?»
«Ah, si tratta di un ragazzo più o meno della vostra età. Si trovava al posto sbagliato nel momento sbagliato e gli hanno sparato in un vicolo dello spaccio.»
«È morto?»
«Sì, è morto.»
«Pazzesco!»
«Qua intorno succedono molte cose pazzesche. State attenti, perché le brutte cose capitano anche alle brave persone. Restate insieme e fate attenzione mentre tornate a casa.»
«Sì, agente.»
«Detective, in realtà.»
Prese i tacos nella scatola da asporto e se li portò in ufficio, passando accanto a un uomo a torso nudo e coperto di tatuaggi, seduto su una panca in corridoio. Si risedette alla scrivania presa in prestito e ricominciò a scrivere mentre mangiava, attenta a non far cadere briciole sulla tastiera, per evitare proteste da parte del detective che occupava quella postazione di giorno. L’incarto di alluminio aveva mantenuto i tacos al ceviche di gamberetti caldi e saporiti.
All’alba stampò tre copie del rapporto: una per il tenente McAdams, che lasciò nella sua casella con una nota in cui gli chiedeva un incontro privato; una per sé, che infilò nello zainetto; la terza, per il capitano Olivas, la mise in una cartellina, poi uscì per prendere di nuovo la macchina.
Appena uscita dal parcheggio per andare in centro, il telefono si mise a vibrare. Era Bosch.
«Allora, devo leggerlo sui giornali com’è andata con Kidd?»
«Scusami, mi dispiace. È stata una giornata infernale e poi non volevo svegliarti nel cuore della notte. Sono appena uscita e stavo per chiamarti.»
«Certo.»
«Dico sul serio.»
«Hanno ucciso sua moglie.»
«Orribile. Ma si trattava di lei o noi. È la verità.»
«E rischiano, per questo? E tu?»
«Non lo so. Hanno fatto un casino, nessuno controllava la porta. Poi lei è uscita ed è scoppiato il dramma. Io penso di essere a posto, perché ero lì per accompagnarli, ma tutti loro mi sa che riceveranno la lettera.»
Intendeva un’ammonizione scritta nei loro fascicoli personali.
«Be’, almeno tu sei a posto.»
«Harry, sono convinta che lei stesse per spararmi, quando l’hanno colpita.»
«Per fortuna avevano appostato l’uomo giusto, allora.»
«Già. Abbiamo incrociato gli sguardi. Quando è successo, lei fissava me e io fissavo lei. Poi…»
«Non devi continuare a pensarci. Ha fatto una scelta, ed era quella sbagliata. Kidd ha confessato?»
«No, e ha chiesto un avvocato. Secondo me vuole citare il municipio per la morte della moglie e ottenere abbastanza soldi per assumere uno di quelli bravi. Forse il tuo amico Haller.»
«Ne dubito. Lui non accetta più casi di omicidio, almeno volontariamente.»
«Capisco.»
«Io devo aspettarmi una telefonata, riguardo al mio coinvolgimento nel caso Hilton?»
«Non credo. Ho appena scritto il rapporto e ti ho lasciato fuori. Ho detto che la vedova ha trovato il quaderno dell’omicidio dopo la morte del marito e ha contattato un amico per restituirlo alla polizia. Il tuo nome non compare da nessuna parte, quindi non dovresti avere problemi.»
«Buono a sapersi.»
Ballard si immise da Sunset sulla 101. L’autostrada era affollata e il traffico era lento.
«Ora sto portando il rapporto a Olivas» disse. «E ho una riunione al PAB.»
«Su cosa?»
«Quell’omicidio con incendio di cui mi sono occupata alcune notti fa. Sono di nuovo in sella. Hanno bisogno di una detective notturna per andare avanti, e quella sono io.»
«Sembra stiano finalmente manifestando un po’ d’intelligenza, da quelle parti.»
«Speriamo.»
«È un caso di Olivas, giusto?»
«Lui è il capitano, ma io lavorerò con due detective e con gli investigatori del LAFD. Tu invece cosa stai facendo?»
«Il caso Montgomery. Ho qualcosa in corso, vediamo come… Ehi, quasi me ne dimenticavo. Ricordi quel pervertito di cui ti avevo parlato, quello che si introduceva nelle case delle universitarie? Lo hanno preso.»
«Fantastico! In che modo?»
«È entrato in un alloggio di studentesse, sabato notte, ma non sapeva che c’era anche il ragazzo di una di loro. L’ha colto sul fatto, gli ha dato una bella ripassata, poi ha chiamato la polizia.»
«Ottimo.»
«Ieri notte ho chiamato un poliziotto di Orange, quello a cui avevo detto che sorvegliavo la casa di Maddie. Mi ha informato che il tizio aveva una macchina fotografica a infrarossi e scattava foto alle ragazze addormentate nei loro letti.»
«Brutta cosa. Dovrebbero metterlo dentro e gettare via la chiave. Questa è solo una tappa del suo percorso, capisci cosa intendo?»
«Lì sta il problema. Per quanto perversa sia la faccenda, possono trattenerlo solo perché si è introdotto in una casa privata e occupata. Almeno finché la prova del dna non confermerà anche gli altri episodi. Ma nel frattempo lui potrebbe uscire su cauzione e scomparire.»
«Merda. Ma chi è? Uno studente?»
«Sì. Pensano che seguisse le ragazze dal campus a casa e poi tornasse di notte per scattare le sue foto.»
«Spero proprio che i risultati del dna arrivino in fretta.»
«Stanno facendo il più in fretta possibile. E il mio contatto mi farà sapere se il tizio esce su cauzione. L’udienza è stamattina e il pubblico ministero ha intenzione di chiedere al giudice una cauzione molto alta.»
«Hai detto a tua figlia che il sabato notte andavi a sorvegliare la casa?»
«No. Si sarebbe solo preoccupata di più.»
«Sì, posso capirlo.»
Si salutarono. Ballard prese l’uscita di Alvarado e poi First Street fino al centro. Era in anticipo per la riunione e buona parte del personale del PAB non era ancora arrivato, infatti il garage sotto l’edificio era semivuoto.
Arrivò al piano della Divisione Rapine e Omicidi con venti minuti d’anticipo. Invece di andare in sala detective a scambiare convenevoli con persone che sapeva ostili, si mise a camminare su e giù nel corridoio, guardando i poster incorniciati che ripercorrevano la storia della divisione. Quando lavorava lì non si era mai presa il tempo per farlo. La DRO era stata creata cinquant’anni prima, dopo che l’indagine sull’omicidio di Robert Kennedy aveva rivelato il bisogno di una squadra di investigatori d’élite che si occupassero dei casi più complessi, seri e delicati, dal punto di vista politico o mediatico.
Passò davanti a poster con foto e didascalie di casi che andavano dagli omicidi di Charles Manson agli strangolatori di Hillside e al Grim Sleeper. Tutti omicidi di rinomanza mondiale, che avevano contribuito a cementare la reputazione del LAPD, ma anche quella di una città dove poteva accadere qualsiasi cosa. Di brutto.
C’era senza dubbio uno spirito di corpo all’interno della DRO, ma Ballard come donna non se n’era mai sentita parte, e questo l’aveva sempre irritata. Alla fine però si era rivelato un fatto positivo, perché non sentiva la mancanza di qualcosa che non aveva mai avuto.
Udì una conversazione nella nicchia dell’ascensore e in fondo al corridoio vide apparire Nuccio e Spellman, gli investigatori del reparto Incendi Dolosi dei vigili del fuoco. Anche loro erano in anticipo, a meno che Olivas avesse detto loro di arrivare a un’ora diversa.
Ballard aprì una porta che immetteva nel lato opposto della sala detective e percorse la corsia principale, adorna di altri poster storici, fino agli uffici della Speciale Omicidi e della sala operativa. Entrò, sperando che Nuccio e Spellman fossero i primi e di poter parlare con loro prima dell’arrivo di Olivas e dei suoi uomini.
Ma non andò così. Quando bussò ed entrò nella sala operativa vide gli stessi cinque uomini dell’altra volta, seduti agli stessi posti, compreso Olivas. Stavano discutendo ma tacquero all’improvviso vedendola sulla soglia. Poiché erano tutti in anticipo di almeno un quarto d’ora, si confermava l’idea che Olivas avesse comunicato agli altri un orario diverso, forse per discutere come comportarsi con lei prima del suo arrivo. In pratica, pensò Ballard, voleva avvisarli di tenerla a distanza di sicurezza. Era un punto che avrebbe dovuto affrontare.
«Ballard» disse Olivas. «Accomodati.»
Indicò una sedia in fondo al tavolo rettangolare, dove si sarebbe trovata di fronte a lui, con i due del LAFD a destra e i due della DRO, Drucker e Ferlita, a sinistra. Sul tavolo c’era un quaderno dell’omicidio con dentro poche pagine e altri fascicoli, uno dei quali più spesso del quaderno dell’omicidio.
«Stavamo giusto parlando di te e di come lavorare insieme.»
«Prima del mio arrivo?» disse Ballard. «Che carini. Qualche conclusione?»
«Prima di tutto, visto che fai l’ultimo spettacolo a Hollywood, pensavamo che la ricerca di testimoni sia ancora importante. So che hai già fatto un paio di passaggi in zona, ma quello è un mondo in cui le persone vanno e vengono. Sarebbe utile tornare a dare un’occhiata.»
«C’è altro?»
«Avevamo appena iniziato.»
«Bene, allora possiamo partire con un aggiornamento sull’indagine? Cosa ne è stato della bottiglia che vi ho dato?»
«Buona idea. Rottame, puoi fare un sommario della situazione attuale?»
Drucker sembrò sorpreso che il capitano lo chiedesse a lui. Aprì un fascicolo che aveva davanti e rilesse alcune cose, probabilmente per riordinare i pensieri prima di parlare.
«Allora, la bottiglia» disse. «L’abbiamo mandata in laboratorio per le impronte latenti, come suggerito, e abbiamo trovato dodici punti di corrispondenza con l’impronta del pollice della vittima, Edison Banks. Ieri notte siamo andati a cercare il raccoglitore di bottiglie da cui l’avevi avuta, per parlare di nuovo con lui e vedere se sapeva altro, ora che abbiamo la conferma sulla bottiglia. Purtroppo non siamo riusciti a trovarlo e…»
«A che ora ci siete andati?» lo interruppe Ballard.
«Circa alle otto. Siamo rimasti in giro per un’ora, ma niente.»
«Credo che lui arrivi dopo quell’ora. Vado a cercarlo stanotte.»
«Buona idea» disse Drucker.
Ci fu una pausa imbarazzata mentre gli uomini riconoscevano che avrebbero dovuto includere fin dall’inizio nell’indagine un’esperta della notte di Hollywood.
«C’erano altre impronte sulla bottiglia?» chiese Ballard.
Drucker voltò una pagina del fascicolo. «Sì. Abbiamo l’impronta di un palmo, che corrisponde a quella di Marko Linkov, il gestore del Mako’s, il negozio dove crediamo sia stata venduta quella bottiglia. Siamo andati a parlargli e abbiamo visto il video che ci avevi suggerito di guardare.»
«Quindi è stata la donna nel video ad acquistare il liquore?»
«Abbiamo rintracciato la sua targa, “one for you, two for me”, e abbiamo scoperto che era stata rubata quello stesso giorno a una Mercedes dello stesso modello. L’ipotesi di lavoro è che la donna abbia acquistato la bottiglia e l’abbia data alla vittima. Non sappiamo se questo facesse parte del piano per ucciderlo, e finora non siamo riusciti a identificarla.»
«Il bancomat non vi ha aiutati? Aveva prelevato dei contanti.»
«Con una carta contraffatta. Il numero e il pin appartengono a un uomo di settantadue anni che vive a Las Vegas, in Nevada.»
«Il bancomat aveva una telecamera? Avete un’immagine chiara del viso di quella donna?»
«Hai visto anche tu il video del negozio» intervenne Ferlita. «Lei ha messo una mano sulla telecamera. Sapeva esattamente dov’era.»
«Niente immagine» aggiunse Drucker.
Ballard non disse nulla. Rifletteva sulle nuove informazioni. La complessità delle azioni di quella donna misteriosa era sospetta e sollevava altre domande.
«Non ci arrivo» disse alla fine.
«A cosa?» chiese Olivas.
«Presumo che la donna sia la nostra indiziata. Targa rubata, bancomat rubato. Ma per quale motivo? Perché non ha comprato la bottiglia in un altro negozio, rendendoci più difficile arrivare a lei?»
«Chi lo sa?» disse Nuccio.
«È come se volesse essere vista ma non identificata» disse Ballard. «C’è un motivo psicologico, qui.»
«Fanculo la psicologia» scattò Drucker. «Dobbiamo solo trovarla.»
«Sto dicendo che se capiamo il motivo, può essere più facile trovarla…»
«Come ti pare.»
Ballard gli lasciò un momento prima di andare avanti, poi chiese: «Va bene. C’è altro?».
«Non è abbastanza?» disse Ferlita. «Abbiamo il caso da due giorni, e buona parte li abbiamo passati a verificare le tue informazioni.»
«E se non fosse per me, non avreste quello che avete ora. Cosa sappiamo sulla vittima e sull’omologazione del testamento? Quella è una copia del fascicolo?»
Indicò lo spesso fascicolo sul tavolo accanto a Drucker.
«Sì» rispose lui. «Lo abbiamo riletto già due volte e non abbiamo trovato nulla che lo colleghi a questo omicidio. È uno di quei casi dove l’istinto ti dice che una connessione c’è ma non ci sono prove.»
«Posso prenderlo io, allora?» chiese Ballard. «Gli do un’occhiata stanotte in macchina, mentre aspetto l’uomo delle bottiglie. Così sarò aggiornata anche su questo aspetto.»
Drucker guardò Olivas in cerca di approvazione.
«Ma certo» disse il capitano. «Ti faremo una copia. Ora puoi andare.»
«Qualcuno ha parlato con la famiglia Banks?» chiese Ballard.
«Andiamo a San Diego proprio oggi per sentire il fratello» disse Drucker.
«Vuoi venire?» chiese Ferlita, sperando che abboccasse.
«No, grazie» rispose Ballard. «Sono certa che potete pensarci voi.»