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Quando gli avvocati scomparvero nello studio del giudice, Bosch uscì in corridoio. Christine Schmidt era seduta su una panca in attesa di essere chiamata a testimoniare. Non era permesso che un teste ascoltasse le altre testimonianze, quindi non sapeva della scossa sismica appena provocata dalle parole di Morales. Bosch andò a parlarle e le spiegò che gli avvocati si erano ritirati a conferire con il giudice, e che poteva aspettarsi di essere chiamata poco dopo.
Poi si diresse a un’altra panca, dove lo attendeva Ballard. Appena si sedette, lei mise lo zainetto tra loro due.
«Cosa è successo lì dentro?» chiese.
«Credo che Haller abbia appena ottenuto un verdetto diretto di assoluzione» rispose Bosch. «Almeno, credo che stiano parlando di questo, ora.»
«Quella testimonianza ha distrutto la prova del dna?»
«Più precisamente, ha spiegato come mai il dna dell’imputato è finito sotto l’unghia di Montgomery. Si è trattato di un trasferimento.» Indicò con un cenno la panca dall’altro lato del corridoio dove sedeva la dottoressa Schmidt. «Lei è l’esperta di dna» disse. «Sarà sentita tra poco per parlare di dna da contatto e da trasferimento. Il dna di Herstadt è stato trovato sotto una sola unghia di Montgomery, quella dell’indice. E può avercelo trasferito l’ossimetro. È un caso evidente di ragionevole dubbio, che detterà il verdetto della giuria, a meno che non porti addirittura a un’assoluzione diretta.»
«Ma la confessione, allora?» chiese Ballard. «L’imputato aveva confessato il delitto.»
«Haller ha distrutto la confessione ieri. Herstadt è schizofrenico. È venuto a testimoniare il suo medico, dicendo che la sua psicosi può indurlo ad ammettere qualsiasi cosa, sotto stress, compreso un omicidio. Penso che Haller abbia vinto il processo, e probabilmente lo pensa anche il giudice. È di questo che stanno parlando ora, secondo me.»
«E sei stato tu a dargli tutto questo?»
Lo disse in un tono sospettoso, come se si trattasse di un trucco architettato dalla difesa. Bosch si sentì offeso.
«Gli ho dato dei fatti» ribatté. «Nient’altro. Sono convinto che ciò che Haller ha presentato oggi sia ciò che è accaduto. Non è stato Herstadt.»
«Scusa» disse subito Ballard. «Non intendevo dire… È che il giudice Montgomery mi piaceva, te l’ho detto.»
«Piaceva anche a me. E voglio che in galera per averlo ucciso ci vada la persona giusta.»
«Certo. Certo. È quello che vogliamo tutti.»
Bosch non disse altro. Si sentiva ancora accusato ingiustamente. Si voltò a guardare le persone che entravano e uscivano dalle varie aule del tribunale, o aspettavano di essere chiamate, o vagabondavano qua e là. Vide alcuni giurati del processo Montgomery tornare dai bagni.
«Allora, a che punto siamo?» chiese alla fine. «Hai saputo qualcosa di utile al laboratorio di balistica, stamattina?»
«In realtà no.» Il tono di Ballard era più leggero. Probabilmente era contenta di cambiare argomento, dopo aver pestato una merda. «Nella banca dati non c’erano corrispondenze relative al proiettile o al bossolo. Ma almeno ora li ho registrati, se dovesse emergere qualcosa.»
«È un peccato» disse Bosch. «Ma sapevamo che era improbabile. Qual è la prossima mossa? Rialto?»
«Più cose scopro su Elvin Kidd, più mi convinco che la risposta sia lì.»
«Cos’hai saputo?»
Ballard avvicinò lo zaino e prese il computer. Lo accese e aprì le foto segnaletiche di un nero, scatti frontali e di profilo. «Ecco Kidd a Corcoran, nel 1989, l’anno in cui lui e John Hilton erano entrambi in quella struttura. Ora guarda questo.»
Tirò fuori il quaderno di schizzi di Hilton, lo aprì a una pagina specifica e glielo passò. Bosch comparò il disegno del nero con le foto segnaletiche.
«È la stessa persona» disse.
«Si conoscevano» disse Ballard. «Secondo me erano amanti. E quando sono usciti tutti e due in libertà vigilata e sono tornati a Los Angeles, Kidd aveva un problema. Era un membro anziano dei Crips. Anche solo il sospetto di essere gay poteva essergli fatale.
«È un bel salto, però. Hai prove certe che fosse gay?»
«Non al momento. È una supposizione. C’è qualcosa in quei disegni… e poi la tossicodipendenza, e la freddezza dei genitori nella loro dichiarazione. Ci sto ancora lavorando. Perché? Tu sai qualcosa?»
«Nulla di preciso. Ma John Jack e io abbiamo lavorato ad alcuni omicidi di gay, e John Jack non era mai molto motivato ad andare fino in fondo. Era il suo unico difetto. Se la vittima era gay, il suo fuoco non si accendeva. Ricordo un caso, un’avventura di una notte finita male. Un uomo anziano fa salire in macchina un ragazzo a West Hollywood, lo porta a casa sua sulle colline di Outpost. Il ragazzo lo deruba e lo picchia a morte con la cintura dei pantaloni. La fibbia era una di quelle grosse, da rodeo, e la scena era davvero brutta. John Jack disse una cosa che mi turbò. “A volte la gente si merita ciò che gli capita.” Non voglio dire che sia un concetto sempre sbagliato, ci sono stati casi in cui ho pensato la stessa cosa. Ma non certo in quella situazione.»
«Contano tutti o non conta nessuno.»
«Esatto.»
«Quindi torniamo al motivo per cui John Jack ha preso quel quaderno dell’omicidio? Forse perché la vittima era gay e non voleva che il caso venisse risolto?»
«Mi sembra un po’ esagerato. Non ci sono basi per dirlo.»
«In effetti, no.»
Restarono alcuni momenti in silenzio. Bosch vide tornare altri giurati e voleva rientrare in aula, più che altro per curiosità, a quel punto.
«In realtà non importa cos’abbiano fatto o meno Thompson o Hunter e Talis.»
«Noi risolveremo questo caso comunque» disse Ballard.
Bosch annuì. «Proprio così.» Si alzò e la guardò. «Devo tornare dentro. Tu vai a Rialto?»
«No, a West Hollywood, a parlare con il vecchio coinquilino di Hilton. Voglio vedere se riesco a trovare conferma delle cose che abbiamo detto.»
«Fammi sapere come va.»