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Ballard andò a piedi al Police Administration Building, o PAB, per cercare al computer alcuni nomi sulla sua lista. Per molti detective delle stazioni di polizia più esterne si trattava di una tappa di routine, e c’erano persino scrivanie e computer riservati ai poliziotti “in visita”. Ma lei doveva muoversi con cautela. In passato lavorava lì, alla Divisione Rapine e Omicidi, e il suo trasferimento a Hollywood per fare il turno di notte era stato accompagnato da una nuvola di scandali e sospetti. Aveva inoltrato un reclamo contro un superiore per molestie sessuali e c’era stata un’indagine che aveva rivoltato come un calzino l’Unità Speciale Omicidi. Poi il reclamo era stato giudicato infondato e Ballard era finita a Hollywood. Al PAB c’era chi non credeva alla sua versione e anche chi, pur credendoci, non riteneva la faccenda così importante da voler rovinare la carriera di un uomo. A distanza di quattro anni, aveva ancora dei nemici in quel palazzo, perciò tentava di fare il suo lavoro senza mai varcare quelle porte a vetri. Ma ora si trovava in centro, e farsi tutto il viaggio fino a Hollywood solo per usare un computer del dipartimento sarebbe stata una notevole perdita di tempo. Aveva più senso andare al PAB e trovare un computer da usare per una mezz’ora.
Attraversò l’atrio ed entrò in ascensore senza fare brutti incontri. Al quinto piano evitò la grande sala detective della Omicidi ed entrò nella Sezione Speciale Aggressioni, che era molto più piccola. Lì conosceva una detective che l’aveva sostenuta durante tutta la sua controversia. Amy Dodd era alla sua scrivania, e sorrise quando la vide entrare.
«Balls! Come mai da queste parti?»
Balls, una contrazione del suo cognome che rimandava anche al fatto che era una “con le palle”. Un nomignolo che Ballard si era guadagnata per come aveva tenuto il punto durante i suoi guai alla Rapine e Omicidi.
«Ciao, Doddy. Come butta? Mi serve un computer per controllare dei nomi.»
«Ci sono un sacco di scrivanie vuote alla Omicidi, da quando hanno tagliato l’organico.»
«Andarmi a sedere lì è l’ultima cosa che voglio. Potrei beccarmi un’altra pugnalata alla schiena.»
Amy indicò la postazione di lavoro accanto alla sua. «Quella è libera.»
Ballard esitò e Amy ne comprese il motivo. «Tranquilla, non ti riempirò la testa di chiacchiere. Ti lascio lavorare. Ho un bel po’ di chiamate da fare.»
Ballard si sedette e si mise all’opera. Inserì la sua password per il database del dipartimento e aprì il taccuino per guardare la lista di nomi del caso Hilton. Trovò subito l’indirizzo riportato sulla patente di Maxwell Talis, a Coeur d’Alene, in Idaho. Il che non le piacque molto. Talis era ancora vivo, ma poiché Ballard lavorava a quel caso in privato, un viaggio fuori città non era neanche da prendere in considerazione. Significava che avrebbe dovuto parlarci al telefono, mentre avrebbe preferito di gran lunga un colloquio personale. Faccia a faccia si comunicava meglio e si capivano molte più cose.
La situazione non migliorò quando passò agli altri nomi della lista. Sandra e Donald Hilton erano morti, lui nel 2007, lei nel 2016, senza aver mai saputo chi aveva ucciso il loro figlio e perché, senza aver ricevuto giustizia. A Ballard non importava che John Hilton fosse un drogato e un criminale. Aveva del talento e di sicuro coltivava dei sogni. Il sogno di uscire dal tipo di vita in cui era intrappolato, per esempio. Ballard sentiva che se non fosse stata lei a ottenere giustizia in suo nome, non l’avrebbe mai fatto nessun altro.
Il nome seguente era quello di Margaret Thompson, ma se ne sarebbe occupato Bosch. Quello ancora dopo, Vincent Pilkey, era un altro vicolo cieco. Pilkey era uno degli spacciatori che Hunter e Talis non erano mai riusciti a contattare, e ora non ci sarebbe riuscita nemmeno lei, perché era deceduto nel 2008, a quarantun anni. Ballard supponeva che la morte prematura fosse dovuta a un omicidio o a un’overdose, ma sui documenti che stava consultando non c’era scritto.
Ebbe un colpo di fortuna con il nominativo successivo, Dennard Dorsey, lo spacciatore con cui Hunter e Talis non avevano parlato perché era anche un informatore della Narcotici. Inserendolo nel database, Ballard provò un brivido d’eccitazione: non solo Dorsey era ancora vivo, trent’anni dopo i fatti, ma si trovava letteralmente a pochi isolati di distanza, nel carcere maschile della contea, per violazione della libertà vigilata. La sua fedina penale riportava una serie di arresti per droga e aggressione, che si erano accumulati fino a portarlo a scontare cinque anni di galera. Sembrava evidente che la sua utilità come informatore si fosse esaurita da tempo. Quindi non era più sotto la protezione dei suoi supervisori della Narcotici.
«Bel colpo!» disse ad alta voce.
Amy Dodd si allungò indietro sulla sedia per guardare oltre il divisorio tra le due postazioni. «Qualcosa di buono, mi sembra di capire?»
«Qualcosa di ottimo» rispose Ballard. «Ho trovato un tizio, e non ho nemmeno bisogno della macchina per andare a parlargli.
«Dove?»
«Al Men’s Central. Non c’è neanche fretta, tanto non va da nessuna parte.»
«Bel colpo davvero.»
Ballard si rimise all’opera, sperando che la fortuna continuasse. Aprì il file relativo alla violazione della libertà vigilata di Dorsey e provò una seconda scarica di adrenalina leggendo il nome dell’agente di vigilanza che l’aveva inoltrato e firmato. Prese il telefono dalla tasca posteriore dei pantaloni e chiamò subito Rob Compton dalla rubrica delle chiamate rapide. «Tu» rispose Compton. «Cosa vuoi?»
Dal tono era evidente che non si era ancora ripreso dopo il loro ultimo incontro. Avevano avuto una specie di relazione che si era interrotta bruscamente per un disaccordo su un caso a cui lavoravano entrambi. Compton aveva abbandonato l’auto su cui stavano discutendo e poco dopo aveva abbandonato anche lei.
«Vediamoci al Men’s Central» rispose Ballard. «Ho bisogno di parlare con Dennard Dorsey, e potrei aver bisogno di te per fargli pressioni.»
«Mai sentito nominare.»
«Dai, Rob, c’è il tuo nome sull’ordine di arresto per violazione della libertà vigilata.»
«Devo controllare chi è.»
«Fa’ pure, attendo in linea.»
Ballard udì un ticchettio di tasti e capì che Compton era alla sua scrivania.
«Non so perché lo faccio» disse lui. «Se non ricordo male, l’ultima volta che ti ho fatto un favore sono rimasto fregato per bene.»
«Piantala, eh? Se non ricordo male, sei tu quello che si è cagato sotto e io quella rimasta fregata. Sei sceso dalla macchina e te ne sei andato. Ma ora puoi farti perdonare con Dorsey.»
«Io devo farmi perdonare? Hai davvero un bel paio di palle, Ballard, è tutto quello che posso dire.»
Dall’altro lato del divisorio scoppiò una risata: Amy aveva sentito il commento di Compton. Ballard premette il telefono sul petto e abbassò il volume della voce prima di parlare di nuovo.
«Allora, ce l’hai Dorsey o no?» chiese.
«Sì» rispose Compton. «Non me lo ricordavo perché non l’ho mai incontrato. Non è nemmeno venuto a presentarsi. È uscito dal carcere di Wasco nove mesi fa, è tornato qui e non si è mai fatto vedere. Così ho notificato la violazione e l’hanno arrestato di nuovo.»
«Be’, è arrivato il momento di conoscerlo di persona.»
«Non posso, Renée. Oggi ho del lavoro d’ufficio da finire.»
«Scartoffie? Dai, Robby, io sto lavorando a un omicidio e Dorsey potrebbe essere un testimone chiave.»
«Non mi sembra il tipo disposto a parlare. È affiliato a una gang, i Rolling ’60, fin dagli anni Ottanta. È un duro, o almeno lo era.»
«Non proprio. All’epoca era un informatore. Ed era protetto dalla polizia. Ascolta, io sto andando da lui ora. Se vuoi aiutarmi, vieni anche tu. Potresti dargli qualche incentivo a collaborare.»
«Che tipo di incentivo?»
«Non so, una seconda possibilità.»
«No, no, no, non lo faccio uscire solo perché mi smerdi un’altra volta. Non posso farlo, Ballard.»
Il fatto che la chiamasse per cognome le fece capire che non c’era spazio di manovra. «Va bene, ci ho provato. Cercherò un altro modo. Ci vediamo, Robby. O meglio, non ci vediamo.»
Riattaccò e lasciò cadere il telefono sulla scrivania. Dall’altro lato del divisorio Amy disse, in tono canzonatorio: «Sei stata dura».
«Se lo meritava. Qui si tratta di un omicidio.»
«Hai ragione.»
«Certo che ce l’ho, cazzo.»
Prima di andare al Men’s Central finì di controllare i nomi sulla lista. Dopo Brendan Sloan, che sapeva già dove trovare, venivano Elvin Kidd, il capozona dei Rolling ’60 ai tempi dell’omicidio, e Nathan Brazil, il coinquilino di John Hilton. Erano entrambi vivi e Ballard trovò i loro indirizzi nel database della Motorizzazione. Kidd viveva a Rialto, nella contea di San Bernardino, e Brazil a West Hollywood.
Kidd la incuriosiva. Ormai sessantenne, si era spostato dal territorio dei Rolling ’60, e le sue interazioni con il sistema di giustizia sembravano essersi interrotte da una ventina d’anni. All’inizio c’erano stati arresti e periodi in carcere, poi più nulla: o Kidd continuava la sua vita criminale tenendosi al di sotto del radar, oppure aveva trovato la retta via. La seconda ipotesi non era tanto insolita. In giro per strada non si vedevano molti vecchi gangster. Tanti finivano ammazzati prima dei trent’anni, altri erano in carcere a scontare l’ergastolo e alcuni semplicemente cambiavano vita quando si rendevano conto che li aspettava una delle due alternative precedenti.
Controllando la fedina penale di Kidd, Ballard trovò un possibile collegamento con Hilton. Tutti e due avevano scontato una condanna nella prigione statale di Corcoran, alla fine degli anni Ottanta. Durante un periodo di sedici mesi si erano trovati entrambi lì. Hilton stava finendo di scontare la sua pena, mentre Kidd iniziava con la sua, che sarebbe finita tredici mesi dopo il rilascio di Hilton.
La sovrapposizione significava che potevano essersi conosciuti, anche se uno era bianco e l’altro nero e in carcere i gruppi etnici tendevano a isolarsi.
Ballard si spostò sul database del California Department of Corrections e scaricò delle foto di Kidd scattate ogni anno nelle varie prigioni in cui si trovava. Non appena trovò quelle di Corcoran provò una scarica di adrenalina. Kidd in quel periodo si era rasato la testa e lo riconobbe.
Aprì lo zainetto e prese il taccuino di Hilton, sfogliandolo fino a trovare il disegno del nero con la testa rasata. Lo comparò con le foto di Elvin Kidd a Corcoran e fu evidente che si trattava della stessa persona. John Hilton era stato ucciso in un vicolo dello spaccio controllato da un uomo che aveva conosciuto e a cui aveva addirittura fatto un ritratto, mentre si trovava nella prigione statale di Corcoran.
A quel punto riconfigurò la sua lista in base a ciò che era venuta a sapere sui vari nomi. Li divise in due gruppi a seconda del modo in cui intendeva avvicinarli.
Dennard Dorsey
Nathan Brazil
Elvin Kidd
Maxwell Talis
Brendan Sloan
Si sentiva eccitata. Quello era sicuramente un progresso. E sapeva che i primi tre colloqui, se fosse riuscita a convincere quegli uomini a parlare con lei, avrebbero fornito un contesto per la conversazione che sperava di avere con Talis, l’investigatore che si era occupato del caso. Sloan era l’ultimo della lista perché a seconda di ciò che avrebbe detto Dorsey, un colloquio con lui poteva anche rivelarsi non necessario.
Ballard uscì dal database e rimise nello zainetto le cose che aveva tirato fuori. Si alzò in piedi e osservò Amy Dodd da sopra il divisorio. Si era sempre preoccupata per Amy, che aveva passato tutta la carriera da detective lavorando a casi di aggressione sessuale. Era una cosa che poteva consumarti dentro, lasciando un profondo vuoto.
«Vado via» disse.
«Buona fortuna.»
«Anche a te. Tutto bene?»
«Sì, a posto.»
«Meglio così. Come vanno le cose, qui?»
«Niente controversie, ultimamente. Olivas sembra tenere un profilo basso, da quando è stato promosso capitano. Ho sentito dire che tra un anno vuole ritirare la buonuscita e andare in pensione. Probabilmente spera solo che vada tutto liscio fino a quel momento. Magari lo congedano con il grado di vicecapo.»
Olivas era il tenente (ora capitano) che comandava la vecchia unità di Ballard, la Speciale Omicidi. Era stato lui a spingerla contro un muro, ubriaco, durante un party al dipartimento, e a cercare di infilarle la lingua in bocca. Quel momento aveva cambiato la traiettoria della carriera di Ballard, mentre aveva lasciato solo un piccolo livido su quella di Olivas. Adesso era capitano e comandava le squadre della Divisione Rapine e Omicidi. Ma Ballard aveva fatto pace con quella storia. All’ultimo spettacolo aveva trovato una nuova vita. I pezzi grossi del dipartimento credevano di averla esiliata, confinandola alle ore buie della notte, invece l’avevano redenta: Ballard aveva trovato il suo posto.
Ciò nonostante, sapere che Olivas pensava di andarsene tra un anno era una buona notizia. «Prima è, meglio è» commentò. «Stammi bene, Doddy.»
«Anche tu, Balls.»