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Talha, il fabbro

 

Fu nel sesto anno della sua missione che Muhammad andò al vero scontro. Ora il Consiglio della Mecca vedeva in lui un pericolo incombente. I guardiani dell'ordine picchiavano i suoi seguaci ovunque li incontrassero.

Furono soprattutto gli schiavi le vittime di questa nuova ondata di violenza. Se i guardiani dell'ordine scoprivano che uno schiavo era fuggito dalla fattoria del suo padrone per unirsi a Muhammad, andavano a cercarlo e lo punivano duramente.

Le strade della Mecca erano diventate l’arena degli scontri tra i guardiani dell'ordine e i seguaci di Muhammad. Gli agenti li colpivano con lunghi bastoni. Ma i seguaci di Muhammad non avevano ancora ricevuto il permesso di fare altrettanto. Potevano difendersi solo a mani nude.

Per descrivere con precisione quel periodo turbolento, andai alla ricerca di Talha. Talha era un giovane arabo molto dotato, astuto e intelligente. Era colui che studiava i piani per proteggere i seguaci dalla violenza. Fu dopo l’azione sul monte Safa che poté dimostrare le sue vere qualità. Più tardi, a Medina, sarebbe diventato uno dei più formidabili condottieri dell'esercito islamico.

Ricordo ancora esattamente il giorno in cui si presentò da Muhammad. Era un quarto di secolo fa.

Bussarono alla porta. Sbirciai attraverso la persiana. Vidi un bel giovanotto con gli occhi neri, i capelli pettinati, un’elegante giacca di cotone e un pugnale infilato nella cintura.

“Mi chiamo Talha. Sono qui per vedere Muhammad, il messaggero.” Sul e prime non lo riconobbi, ma poi capi che era il fabbro Talha.

“Se vuole aspettare un momento”, dissi.

Corsi da Muhammad: “C’è Talha sul a porta.” “Quale Talha?” “Talha, il più famoso maniscalco della Mecca.” “Che cosa vuole?” “Parlare con il messaggero, ha detto.” Muhammad sorrise: “Fallo entrare.” Condussi Talha nella sua stanza. Muhammad gli porse allegramente la mano e disse: “Il fabbro Talha! Colui che metterà migliaia di ferri ai nostri futuri cavalli!” Lui chinò il capo in silenzio e gli strinse la mano con entrambe le sue.

“Del tè!” ordinò Muhammad.

Andai di corsa in cucina. “Due tè nei bicchieri con il bordo dorato”, dissi al capo dei domestici. “E un piattino di datteri freschi servito su un vassoio d’argento.” Portai personalmente il tè in camera. E come sempre lo offrii per primo all'ospite. Posai il bicchiere di Muhammad sul suo tavolo, poi rimasi in piedi a debita distanza dietro di lui.

Talha aveva sentito spesso Muhammad parlare al mercato. E a casa aveva tutti i suoi testi.

“Non riesco più a dormire”, disse, “c’è una voce dentro di me che ripete incessantemente le vostre parole.” E recitò una breve sura: “Quando si oscurerà il sole Quando si spegneranno le stelle Quando si metteranno in moto le montagne E le amate cammelle, gravide di dieci mesi, verranno abbandonate E quando verranno chiamate a raccolta le belve E prosciugati i mari E quando alla sepolta viva si chiederà perché è stata uccisa E il cielo verrà fatto a brandelli Giuro sulle stelle che una ad una scompaiono nell’oscurità E per la notte quando finisce E per il mattino quando spunta Che questa è la parola di un messaggero prezioso E che egli non è un folle.” Poi, inginocchiandosi davanti a Muhammad, aggiunse: “Testimonierò che Muhammad è un messaggero prezioso.” Fu così che Talha si unì a Muhammad e diventò uno dei suoi principali seguaci. Era l’uomo che rendeva tutto possibile. Né più, né meno. Andai alla sua ricerca per lasciare a lui la parola.