43
La svolta
Il giorno dopo mi trovavo in cortile accanto al pozzo. Mi accorsi che Muhammad era inquieto.
Camminava avanti e indietro come un leone in gabbia e vidi che tremava, che non aveva più il controllo delle gambe. Capii che Allah gli stava affidando una nuova missione, che stava per rivelargli una nuova sura.
Muhammad scuoteva la testa, parlava tra i denti e pronunciava frasi smozzicate.
“Tabbat yada… tabbat yada Abi Lahab wa tabbat Ma aghna… anhu Ma luhu… wa ma kasaba…” In quei momenti non osavo avvicinarmi. Aguzzavo le orecchie e ascoltavo. A volte non capivo bene quello che diceva, a volte captavo qualche parola: “Tabbat yada… wa tabbat… Spezzato… Abu Lahab morire… morire A cosa gli sarà servito ciò che… guadagnato?
Fuoco ardente… corda… fibre.” Esausto e madido di sudore, Muhammad cercava sostegno contro il muro.
Mi precipitai in camera sua, afferrai un lenzuolo, tornai indietro di corsa e glielo avvolsi attorno alle spalle. Poi lo presi per un braccio e lo accompagnai nella sua stanza. Gli sistemai un cuscino sotto la testa e lo lasciai riposare un po’. alla fine chiusi il portone e rimasi di guardia davanti all'ingresso.
Con ogni probabilità l’indomani avrei saputo quale sura gli era stata rivelata.
Il giorno dopo la missione di Muhammad ricevette un nuovo impulso. La Mecca ancora non sapeva quello che sarebbe successo.
Abu Bakr, Omar e Uthman vennero a trovare Muhammad prima del solito e parlarono tra loro a porte chiuse. Io dovevo andare al mercato a ritirare le sue scarpe. Quando tornai Omar mi mandò a chiamare.
“Svelto”, mi sussurrò, “raduna tutti gli uomini nella piazza del Consiglio, davanti all'ufficio di Abu Lahab. Resta con loro e aspettate lì!” Balzai a cavallo e raggiunsi al galoppo il luogo dove il nostro araldo Bilal Habashi viveva nascosto dal suo padrone.
“Corri alla Piazza del Consiglio!” gli dissi, e prosegui per andare ad avvertire gli altri seguaci.
Il sole era alto in cielo quando ci ritrovammo in settantatré uomini davanti all'ufficio di Abu Lahab. La gente ci guardava incuriosita. Ma nemmeno noi sapevamo quello che sarebbe successo. Abu Lahab fece capolino un paio di volte dietro la tenda del suo studio.
A un certo punto Muhammad entrò in piazza a grandi passi, scortato da Abu Bakr alla sua destra, Uthman alla sua sinistra e Omar alle sue spalle.
Lo guardarono tutti stupiti. La gente in piazza si fece di lato, nessuno si aspettava di vederlo.
Lo davano tutti per spacciato. Ma Muhammad avanzava a testa alta e con passo più fermo che mai verso i suoi seguaci.
“La ilaha illa Allah”, proclamò Bilal, “Muhammad rasul Allah.” E i seguaci di Muhammad risposero in coro: “Esiste un unico Allah E Muhammad è il suo profeta.” Omar sistemò lo sgabello per terra. Muhammad vi salì sopra e puntando l’indice verso la finestra di Abu Lahab urlò: “Tabbat yada Abi Lahab wa tabbat… Siano spezzate le mani di Abu Lahab!
E muoia egli stesso!
A che gli sarò valso ciò che ha guadagnato?
Brucerà in un fuoco ardente E anche sua moglie, che porta la legna per il fuoco Con attorno al collo una corda tessuta di fibre di palma. ” Omar afferrò una pietra e la lanciò contro la finestra di Abu Lahab.
Un brivido percorse La Mecca. Muhammad aveva scagliato la freccia del suo arco contro il centro del potere.