Capitolo quarantasei

 

 

Daniele era trattenuto nel carcere maschile della Giudecca. Come molti altri edifici pubblici di Venezia, il penitenziario era un convento sconsacrato. La sua facciata, bella ma ormai cadente, era in netto contrasto con la sua nuova funzione. Cate aveva sentito che era affiancato da un vecchio orto murato un tempo coltivato dalle monache per consumo interno, e in cui ora le prigioniere coltivavano prodotti da vendere al mercato settimanale vicino alle Fondamenta delle Convertite.

Quando la fecero entrare nella sala degli interrogatori, non poté fare a meno di rimanere sconvolta dall’aspetto di Daniele. Perfino in quel breve lasso di tempo, i suoi occhi sembravano essersi infossati e avere assunto uno sguardo spettrale. Daniele continuava a dondolarsi avanti e indietro sulla sedia. Quando si sedette, Cate si accorse che sotto la maglietta aveva le braccia ricoperte di scarabocchi.

«Tutto bene?», gli chiese.

«Devi tirarmi fuori di qui».

Spalancò le braccia, impotente. «Non dipende da me. E non dipende neanche dai carabinieri».

«Devo fare delle cose. Cose che potrebbero aiutare Mia».

«Dovrai lasciare che me ne occupi io».

«Tu?»

«Perché no? Sono iscritta a Carnivia. So abbastanza bene come funziona».

Sembrava sul punto di prendere una decisione. «Dammi il cellulare».

Esitò – quello che le stava chiedendo era quasi certamente contro le regole del carcere – ma solo un istante. Lui si collegò a internet ed entrò subito in Carnivia, passando velocemente in rassegna comandi e funzioni rapide a lei ignoti.

«Come…», iniziò a dire Cate, ma Danile la bloccò.

«Parleremo tra un attimo. Adesso devo concentrarmi».

Per diversi minuti rimase a osservarlo mentre scorreva velocemente i messaggi, rispondendo ad alcuni e cancellandone altri. Infine le restituì il telefono. «L’ho lasciato collegato, entrando con una password da amministratore. Così riuscirai a comunicare direttamente con i “maghi”».

«I “maghi”?»

«Non gestisco Carnivia da solo», rispose spazientito. «I maghi sono gli amministratori. Eric, Anneka, Zara e Max. Puoi fidarti di loro».

«Fidarmi per cosa?».

Fece un respiro, cercando di calmarsi. «Per quella segnalazione di crowdsourcing: un utente di Carnivia afferma di avere ricevuto una proposta di acquisto per i filmati di Mia. La cosa sbalorditiva è che questi filmati risalgono a prima del sequestro; addirittura uno mostra Mia nella sua cameretta».

Cate si accigliò. «Com’è possibile?»

«Un RAT».

«Daniele, vuoi essere più esplicito?»

«Un Remote Administation Tool, uno strumento di accesso remoto. È un programma relativamente semplice che ti permette di prendere il controllo del computer di un’altra persona. Puoi aprire le sue email, curiosare tra i suoi file, recuperare le sue password mentre le digita… e puoi perfino accendere la sua webcam e filmarla senza che se ne accorga. Questo spiega anche come facevano i rapitori a sapere che Mia sarebbe andata al club. La stavano spiando virtualmente, oltre che nel mondo reale».

«Allora è così che sono entrati nel suo account di Carnivia? Rubandole la password?»

«Può essere. Ma non spiega tutto quello che hanno fatto».

«C’è un modo per stabilire chi sia l’hacker?»

«Difficile. Ma questo non significa che tu non possa metterlo in trappola».

«Come?»

«Quantomeno ha un punto debole: il suo ego. L’ha dimostrato con i messaggi che mi ha inviato e con il tentativo di vendere i filmati di Mia. Non lo fa per soldi, ma per vantarsi con i suoi amici hacker. Se lo attiriamo con un’esca abbastanza allettante, magari correrà il rischio».

«Quale esca?».

Daniela puntò il dito verso di lei. «Tu».

«Io?»

«Sì. Cercalo, adulalo e digli che ti servono i suoi servizi e che sei disposta a pagare. Quasi sicuramente installerà un RAT sul tuo computer per controllare chi sei. Quello che non potrà sapere è che i maghi sfrutteranno la sua stessa arma per entrare nel suo processore. Ma dovrai fare attenzione. Ti consiglio di fare un backup completo del PC, ripulirlo e creare una nuova te. Elimina tutti i dati che possano permettergli di scoprire la tua vera identità o dove abiti, ma lascia abbastanza indizi da dargli l’impressione che tu sia una persona vera».

«Come farò a sapere che l’ho trovato?»

«Non temere, non perderà occasione per vantarsi». Le prese il cellulare e aprì il menu dei messaggi per mostrarglielo. «Questa è una delle risposte al mio appello».

E così hai chiesto ai tuoi amici di trovarmi? Ci sarà da divertirsi!

Profanato
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