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Le macchine erano tre.
Sulla prima viaggiavano Van Veeteren, Reinhart e Kluuge. Poi seguiva-no Tolltse e Lauremaa. Ultimi, Jung e Servinus. Su sua espressa richiesta, Suijderbeck era rimasto alla stazione di polizia; naturalmente non era affatto un'idea sbagliata avere qualcuno anche alle spalle.
Nell'eventualità che qualcosa fosse andato storto, dal momento che era già successo.
Partirono alle quattro meno un quarto in punto, quando i primi accenni dell'alba erano solo un vago presentimento sopra il sistema lacustre e i boschi addormentati. Svegliare tutti, organizzare la riunione e fare il punto della situazione aveva preso il suo tempo; il commissario aveva raccontato e illustrato e spiegato senza particolare fretta, ma quando la verità gradualmente era penetrata in ognuno dei presenti, si era giudicato all'unani-mità che non c'era nessun motivo ragionevole di aspettare un nuovo giorno.
Meglio colpire senza indugio, sia Reinhart sia Van Veeteren sapevano che cosa potevano causare un paio d'ore di inutile campo libero. Nei casi peggiori.
E c'era parecchio che portava a far credere che questo fosse proprio un caso peggiore.
Arrivarono alle quattro e venti. Una nebbia grigia stava per alzarsi sul lago, e il bosco era pieno di cinguettii. Parcheggiarono in fila sulla stretta strada sterrata, scesero alla casa in gruppo compatto; il commissario bussò due volte alla porta, ma non si notavano segni di vita.
Abbassò la maniglia. Era aperto e, facendo meno rumore possibile, tutto il gruppo si portò nel soggiorno immerso nella penombra. Jung trovò un interruttore e accese la luce; poi il commissario fece un cenno a Kluuge e insieme cominciarono a salire le scale verso il piano di sopra.
A metà strada si fermarono. Una porta si aprì da qualche parte su in alto e la signora Fingher andò loro incontro.
In pantofole e vestaglia blu, ma senza segni visibili di essere stata svegliata di soprassalto.
Van Veeteren fece un nuovo cenno a Kluuge.
«Signora Fingher» disse Kluuge. «Mi conceda di poterla arrestare come sospettata per l'omicidio di Oscar Jellinek e...»
Poi andò in confusione. Mi conceda di poterla arrestare? pensò Reinhart.
«... e per complicità nell'omicidio di Clarissa Heerenmacht e Katarina Schwartz. È suo diritto tacere, ma tutto ciò che dirà potrà essere usato contro di lei.»
La signora Fingher rimase ferma, sostenendosi alla ringhiera. Il suo viso dai lineamenti grossolani fu percorso da un tremito, poi lei si accasciò sul gradino e piegò la testa fra le mani. Passarono cinque secondi.
«È finita adesso» disse Van Veeteren, tendendole una mano.
Lei la prese e lui la accompagnò giù in soggiorno. La sistemò in una delle poltroncine con lo schienale dritto e aspettò ancora qualche istante. Lei tirò fuori un fazzoletto e si soffiò il naso.
«Sì» disse poi. «Adesso è finita.»
«Dov'è suo figlio?» domandò Reinhart.
Lei fece un cenno col capo verso il piano di sopra. Reinhart e Jung si in-filarono su per le scale e scomparvero nel buio.
«Perché ha ucciso Oscar Jellinek?» domandò il commissario.
Lei fece un respiro profondo.
«Sono stata costretta» rispose.
«Ah, sì?» disse il commissario.
«Era comparso.»
«Comparso?»
La donna fu scossa da un nuovo brivido, ma la cosa sembrava lasciarla indifferente. Il commissario capì che il confine fra il suo corpo e la sua anima per il momento era chiuso.
«Sì, era comparso... là fuori, sulla strada.»
«Quando lei aveva appena sistemato il cadavere di Clarissa sotto il pioppo tremulo?»
Lei annuì.
«Sì. Vidi... vidi che aveva capito. Me lo disse, anche... che cosa dovevo fare?»
«E come fece?»
«Il badile» rispose lei. «Lo colpii con il badile. Mi spiace... Io ho... È
stato...»
Ma non ci fu nessun seguito. Invece, sul pianerottolo comparve Reinhart.
«Non è nel suo letto» spiegò. «Dov'è suo figlio, signora Fingher?»
Lei alzò gli occhi sorpresa.
«Non capisco...»
«Che cosa diavolo sta succedendo?»
La figura massiccia di Mathias Fingher, in pigiama celeste pallido, stinto dagli innumerevoli lavaggi, si fece largo a gomitate superando Reinhart, seguito a ruota da Jung.
«Che cazzo significa che venite qui a...»
«Si sieda e stia zitto!» lo interruppe Van Veeteren. «Siamo venuti ad arrestare suo figlio per l'omicidio di due ragazzine e sua moglie per l'omicidio di Oscar Jellinek!»
«Cosa?»
«Vuole farci credere di non saperne nulla?» sparò Reinhart. «Ci sono sospetti anche su di lei, per complicità e favoreggiamento.»
Per un attimo parve che Mathias Fingher stesse per svenire. Vacillò, ma ritrovò l'equilibrio. Scese gli ultimi gradini e si guardò intorno confuso, prima che Servinus lo spingesse giù sul divano a righe.
«Che cavolo...?» balbettò. «Dev'esserci...»
«Mi spiace» ripeté la signora Fingher senza guardare il marito. «Era...
non c'era altra via d'uscita, ecco.»
«All'inferno!» la interruppe Reinhart. «Dove diavolo è vostro figlio?»
«Allora?» fece il commissario.
«Starà dormendo...» cominciò la signora Fingher. «Perché...?»
«Vuol dire che non sa dove sia?»
«No, come...»
A Van Veeteren non occorse molto tempo per capire che il suo stupore era genuino.
«Jung e Servinus!» ordinò. «Cercate al piano di sopra! Lauremaa e Tolltse portino la signora Fingher fuori alla macchina!»
«Ma...» tentò Mathias Fingher.
«Fatela vestire, prima!»
Il commissario scostò Servinus e si sedette di fronte al signor Fingher.
Gli puntò gli occhi addosso da mezzo metro di distanza.
«Signor Fingher» attaccò. «È possibile che lei sia completamente all'oscuro di tutta questa faccenda, e in tal caso dev'essere terribile, per lei... Ad ogni modo, suo figlio è un assassino. Un assassino e uno stupratore...»
Fingher aprì e richiuse la bocca un paio di volte e di nuovo ebbe l'aria di essere sul punto di perdere conoscenza. Il colorito andava e veniva sulle sue guance e le mani che teneva sulle ginocchia tremavano.
«... dobbiamo assolutamente prenderlo. Dov'è?»
«Io... io non lo so.»
«Quand'è stata l'ultima volta che l'ha visto?»
«È... ieri sera.»
«Stava guardando un film alla TV» si intromise la signora Fingher. «Noi siamo andati a dormire presto.»
«E perché adesso non è nel suo letto?»
Mathias Fingher scosse il testone.
«Sarà uscito, evidentemente» disse la signora Fingher, e si allontanò per mettersi addosso qualcosa. Tolltse e Lauremaa la seguirono a ruota. Seguì qualche secondo di silenzio.
«Vi prego» sbottò poi Mathias Fingher. «Ditemi che state solo scherzando... per la miseria, ditemi che state solo scherzando!»
«Purtroppo no» disse il commissario.
«Bicicletta!» esclamò Reinhart. «Quel bastardo si è allontanato in bicicletta!»
La carovana stava tornando indietro attraverso il bosco. Con qualche cambiamento nella composizione degli equipaggi: il commissario, Reinhart e Jung sulla prima macchina; Tolltse, Lauremaa e la signora Fingher sulla seconda; Kluuge, Servinus e il signor Fingher sulla terza.
«Che facciamo ora?» chiese Jung.
«Diramiamo un avviso di ricerca, è ovvio!» sibilò Reinhart. «Tiriamo in piedi ogni stramaledetto poliziotto di questo distretto e catturiamo quel bastardo. Bicicletta!»
Van Veeteren annuì.
«Telefona immediatamente a Suijderbeck» disse. «È vero che non sono ancora le cinque, ma non dobbiamo perdere altro tempo, adesso. Sì, chiedi che venga diramato un avviso di ricerca su ogni mezzo d'informazione possibile!»
Reinhart assecondò il desiderio del commissario e poi schiacciò l'accele-ratore fino in fondo.
«Non sto bene» disse. «Cazzo, quanto odio tutto questo! Adesso siamo di nuovo punto e a capo.»
Van Veeteren non replicò.
«Abbiamo qualche foto?» domandò Jung.
«Merda» fece Reinhart. «Ovviamente dovremmo...»
«Przebuda» disse il commissario.
«Cosa?» disse Jung.
«Il quotidiano locale» spiegò il commissario. «Devono averne una. Telefonerò e sveglierò il redattore non appena saremo arrivati.»
Reinhart si schiarì la gola.
«Credi...?» cominciò. «Voglio dire, credi che sia di nuovo in azione?»
«E tu, tu cosa credi?» ribatté Van Veeteren.
E durante il resto del viaggio ognuno di loro rimase chiuso nel proprio silenzio.