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Per i primi chilometri si sentì quasi come un fuggitivo felice.

Solo vagamente in colpa. Più o meno come durante il periodo del liceo, gli tornò in mente, in una di quelle giornate d'inizio estate in cui se n'era infischiato del francese o della fisica e invece era sceso in bicicletta al ca-nale insieme con qualche altro della sua stessa idea, per guardare gli alle-namenti di nuoto delle ragazze. O fuori a Oudenzee, per stare semplicemente sdraiato sulla spiaggia a fumare di nascosto.

Una bigiata. Nessun dubbio sul fatto che aveva piantato in asso Kluuge e tutti gli altri. E di conseguenza anche nessun dubbio che la libreria antiquaria Krantze fosse un'alternativa abbastanza praticabile, tutto considera-to.

Un po' strano, che riuscisse a mantenere un certo distacco. Almeno questa era la sensazione mentre sedeva dietro il volante nel traffico scarso del mattino. Servinus l'aveva informato per telefono del nuovo ritrovamento già alle otto. Il cadavere di un'altra ragazzina. Dopo aver lottato contro la prima ondata di disgusto, aveva parlato alternativamente con Kluuge, Lauremaa e Suijderbeck diverse volte nel corso della mattinata, ma non aveva modificato i suoi programmi.

Non era andato a Waldingen per farsi un'idea propria e non si sentiva in colpa... o comunque solo moderatamente, come già detto. Aveva però sentito la stanchezza che cominciava a crescere, e bisognava tenerla a bada...

quel banco di nuvole che si stendeva sopra il paesaggio dell'anima e lo metteva in ombra, un'ombra oscura di morte, pensò in un altro dei suoi attacchi di follia creativa... il cielo tenebroso della stanchezza e del tedio.

L'aveva saputo, naturalmente. Per tutti quei giorni aveva atteso proprio quella scoperta, e adesso la conferma era arrivata.

Perciò quella faccenda del distacco forse non era molto più che un muro contro l'impotenza, a ben vedere. Preparato e giustificabile, in un certo senso. Nonostante tutto, non era più un giovanotto. Erano cose che aveva già visto.

Forse anche un po' troppo spesso.

«Ho un paio di piste» aveva spiegato. «Probabilmente nulla d'importante, ma credo che sia meglio seguirle. Voi ve la cavate anche da soli. È pur sempre quello che ci aspettavamo, o no?»

Kluuge non aveva osato protestare. Aveva accennato che erano in arrivo nuovi rinforzi e che sperava che il commissario sarebbe stato presto di ritorno.

«Si vedrà» aveva replicato Van Veeteren. «Se le mie piste si riveleranno infruttuose, mi farò vivo forse già questa sera.»

Una bugia bell'e buona, certamente. Aveva intenzione di fermarsi a Stamberg almeno due notti, ed era soltanto per la vergogna che non aveva lasciato il Grimm in maniera definitiva.

Ma meglio un paio di doppi pernottamenti - che pure avrebbero senz'altro causato qualche commento da parte dell'economato - piuttosto che dover stare faccia a faccia con il cadavere martoriato di un'altra ragazzina.

O dover spiegare perché non poteva sopportare l'idea. Era così. Nulla che si potesse negoziare, semplicemente.

E quando cominciò poco per volta a esaminare queste considerazioni e decisioni un po' più da vicino, mentre i chilometri scivolavano via e Boc-cherini lo carezzava dagli altoparlanti, rimase un po' sorpreso, ma era una sorpresa che portava il marchio della saturazione rassegnata. Anche qui.

Niente che lo turbasse e niente per cui potesse fare qualcosa.

Ne ho avuto abbastanza, pensò. Non voglio essere costretto a guardare un'altra tredicenne morta ammazzata. Si è arrivati a un punto, finalmente.

Tutto chiarito.

La decisione ormai è presa.

Si fermò più o meno a metà strada, dopo circa ottanta chilometri, in u-n'area di sosta all'altezza di Aarlach. Il manto nuvoloso aveva continuato a ispessirsi durante tutta la mattinata, un vento da nord-ovest piuttosto teso spazzava la pianura e lui pensò che probabilmente prima di sera sarebbe arrivata la pioggia. Ciò nonostante, si sedette a un tavolino all'aperto con caffè, acqua minerale e la prima edizione dei quotidiani della sera, Il «Po-ost» e la «Neuwe Gazett».

Non c'era niente sul nuovo omicidio di Waldingen, non ancora, ma non sarebbero passate molte ore prima che cominciasse il tormento delle lo-candine. Non era molto difficile indovinare il tono dei titoloni. E nemmeno immaginarsi l'atmosfera tesa alla direzione delle indagini.

O la fame delle orde di giornalisti che in quel preciso istante erano in viaggio verso i boschi di Sorbinowo per poter affondare i denti in un nuovo, fresco cadavere di ragazzina.

No, fresco non proprio, si corresse. Piuttosto, vecchio di un paio di settimane, a questo punto.

Il che non migliorava certo le cose.

Rabbrividì di disagio e bevve l'acqua minerale sino in fondo.

Quindi accese una sigaretta e cercò di concentrarsi invece su ciò che forse lo attendeva a Stamberg. Basta con i pensieri di fuga.

Il colloquio con il sovrintendente Puttemans durò circa un'ora, e per tutto il tempo lui rimase a osservare la lenta discesa delle gocce di pioggia lungo i vetri delle finestre leggermente ondulati. Non sapeva spiegarsi perché, ma c'era qualcosa in quei rivoli sottili e irregolari che lo affascinava, e con cui non voleva interrompere il contatto. Per non perdere l'attimo impreve-dibile in cui una di quelle infinite gocce d'improvviso ne avrebbe avuto abbastanza e avrebbe deciso di scorrere all'insù; sì, probabilmente era qualcosa del genere che gli girava per la mente. Qualcosa che aveva a che vedere con rivolta e affinità elettive.

Oppure con i primi sintomi dell'Alzheimer, pensò terrorizzato.

Quando ebbero finito di parlare, si strinsero la mano. Puttemans ritornò a casa dalla famiglia e dall'anatra arrosto del pranzo domenicale che lo aspettava (pranzo a cui Van Veeteren declinò cortesemente ma fermamente l'invito), mentre il commissario si fermò ancora un momento alla centrale di polizia a telefonare ad alcune delle persone che il collega aveva selezio-nato per lui.

Prese accordi per incontrarle il giorno seguente e, quando ebbe messo giù il ricevitore, dopo l'ultima telefonata, constatò che stava ancora pio-vendo.

E che le gocce mantenevano la loro direzione all'ingiù.

Rimase lì altri venti minuti, mentre esaminava gli appunti presi durante la conversazione con Puttemans. Quindi fumò una sigaretta e poi la pioggia cessò. Lasciò gli uffici della polizia. Girovagò incerto per un po' nei quartieri centrali della città. Fece dietrofront due volte sulla porta di bar che avevano l'aria squallida come le sue motivazioni per entrarci, e poi, subito dopo le cinque, trovò un albergo più o meno del calibro che aveva in mente.

Si chiamava Glossmann. Appartato. Piccolo. Di sicuro con almeno cinquant'anni sul gobbo.

Sala da pranzo discreta con tovaglie bianche, e televisore in camera.

Quest'ultimo una concessione per sopportare il resto, senza dubbio. Si registrò e spiegò che aveva intenzione di fermarsi un paio di notti. Eventualmente, una o due in più. Prese con sé due birre dalla reception, e poi si concedette un lungo bagno tonificante in compagnia delle stesse e di un groviglio di pensieri di natura più o meno bellicosa.

In forza della sua età e della sua importanza, la città di Stamberg contava un certo numero di chiese di epoche e stili diversi (fra l'altro, la cosiddetta basilica Moresca nel cuore della città vecchia, con altare del Despré, o di qualcuno dei suoi allievi), ma quando Van Veeteren finalmente ebbe scovato il santuario della Vita Pura, capì che si trattava di un genere differente di spiritualità.

Molto differente. Architettura dei tardi anni Sessanta, senz'altro, nella misura in cui c'erano architetti in quegli anni. Cemento a vista con inserti di mattone da quattro soldi. Finestre sproporzionate in segmenti dritti, tagliati a casaccio. Una palestra oppure una scuola superiore chiusa per le vacanze estive, furono le prime associazioni che gli vennero in mente.

L'impressione di abbandono e di malinconia era sorprendente; le aiuole trascurate e le piante di dente di leone che spuntavano dalle crepe dei la-stricati erano un chiaro sintomo che l'attività era ridotta. Molto ridotta. Che era estate e che i campi dell'anima erano in riposo.

Dimenticato da Dio e dagli uomini! constatò il commissario, e con un calcio tirò una lattina di birra vuota nella siepe disordinata di spirea. Era anche fuori mano; perso in qualcosa che cominciava a somigliare a una zona industriale, con muti edifici a forma di scatola e strade deserte senza marciapiedi. Non esattamente una chiesa nel cuore del villaggio. Quando girò intorno alla costruzione lunga e stretta, capì anche che c'erano forze esterne che si erano assunte il compito di tenere lontani i fedeli.

SPORCHI ASSASSINI stava scritto a lettere alte mezzo metro tracciate in diagonale con lo spray sopra le porte d'ingresso del lato corto. MORTE

AL PORCO, si leggeva un po' più in basso; il che insieme a un certo numero di FUCK e altre oscenità generiche dava un'impressione generale alquanto deprimente. Il commissario ebbe anche il sentore che la maggior parte delle scritte fosse di data recente; che quei giovani artisti anonimi con ogni probabilità si fossero dati da fare proprio negli ultimissimi giorni.

O notti, piuttosto.

L'Altro Mondo, pensò, e cominciò ad allontanarsi da quello squallore.

E, lo colpì il pensiero, se effettivamente era vero che il parallelismo con i primi cristiani e le relative persecuzioni costituiva una sorta di dogma nella catechesi della Vita Pura, allora almeno sotto quel punto di vista sembravano avere avuto un po' di ragione.

Il che, date le circostanze, non doveva essere una gran consolazione.

* * *

Dopo aver tirato in lungo con la cena nella sala da pranzo semideserta, fu di ritorno nella sua stanza proprio in tempo per il notiziario delle dieci.

Accese la TV e si sedette sul letto, poggiandosi contro la testata.

La trasmissione durò venti minuti e, con amaro disgusto, poté constatare che quasi la metà del tempo era dedicata agli sviluppi di quanto successo nei boschi di Sorbinowo.

Immagini dei luoghi dei ritrovamenti, quello nuovo e quello vecchio.

Immagini degli edifici della colonia e di tutt'e due le ragazze, ma da vive, che sorridevano allegre. Informazioni su età, provenienza e interessi. Map-pe pedagogiche con croci e freccette. Riassunto completo del lavoro d'indagine aggiornato alla data odierna e poi le interviste.

Prima Kluuge, che aveva l'aria sudata e impacciata, e che non dava certo un'impressione di sicurezza, dovette purtroppo ammettere il commissario.

Poi Suijderbeck, che si lasciò scappare quattro imprecazioni nel giro di mezzo minuto e sembrava avere una chiara difficoltà a non mandare a quel paese l'impomatato reporter.

Infine un ritaglio dalla conferenza stampa, e qui finalmente emergeva il primo segnale un po' più luminoso da qualche tempo a quella parte.

Almeno secondo il modo di vedere di Van Veeteren. Nei due posti all'estremità destra della tavola rotonda di poliziotti erano infatti seduti niente meno che il sovrintendente Reinhart e l'assistente Jung, anzi, scusate, l'ispettore Jung, come lo si doveva chiamare adesso; e anche se nessuno di loro sembrava avere in serbo qualche sorriso (Reinhart aveva piuttosto l'aria di essere seduto su una bottiglia di vetro rotta), tuttavia il commissario non poté fare a meno di notare un ripetuto tic nel muscolo della guancia. Il suo, a destra.

È vero che passò subito non appena i colleghi furono scomparsi dallo schermo, ma la loro inattesa presenza sulla scena portava innegabilmente con sé un vago senso di consolazione e di cauto ottimismo. Il primo da molto tempo.

Chissà se sono scesi al Grimm, pensò Van Veeteren. Magari si potrebbe fare una telefonata?

Dopo averci riflettuto, decise di lasciar perdere. Invece, dedicò due ore a leggere tutta la documentazione sulla Vita Pura e i suoi adepti che gli aveva dato Puttemans e, quando ebbe finito, concluse che probabilmente era stata solo fatica sprecata.

Anche questa.