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«Il caldo rende la gente meno incline al crimine» disse deBries.

«Stronzate» ribatté Reinhart. «È esattamente il contrario.»

«Che volete dire?» domandò Rooth, sbadigliando.

«Che non ce la fanno» rispose deBries.

«Certo che ce la fanno» obiettò Reinhart. «Con l'aumentare della temperatura le barriere si allentano, e poi l'essere umano è fondamentalmente una creatura criminale. Leggete Lo straniero. Leggete Schopenhauer.»

«Non ce la faccio a leggere» disse Rooth. «Non con questo caldo infernale.»

«Acuisce anche gli istinti» continuò Reinhart, e accese la pipa. «Niente di cui meravigliarsi. Guardate tutte quelle donne che se ne vanno in giro mezze nude per la città, non è poi così strano se ai poveri maschi frustrati viene l'acquolina in bocca.»

«Maschi frustrati?» gli fece eco Rooth. «Che cazzo...?»

«Sì, sì» borbottò deBries. «Quelli cui piace ammazzare le donne dovrebbero ovviamente risvegliarsi con questo tempo, ma noi, finora, non abbiamo avuto nessun caso del genere.»

«Aspetta e vedrai» disse Reinhart. «L'alta pressione non dura che da quattro giorni. Dove cavolo è il commissario, fra parentesi? Credevo che ci saremmo riuniti dopo pranzo. È già quasi l'una e mezzo.»

DeBries alzò le spalle.

«Starà giocando a badminton con Münster.»

«No» disse Rooth, addentando una mela. «Münster è entrato da me un momento fa.»

«Non parlare con la bocca piena» lo rimproverò Reinhart.

«Allora non direbbe quasi più niente» intervenne deBries.

«Chiudi il becco» sibilò Rooth.

«Per l'appunto» disse Reinhart.

La porta si spalancò e Van Veeteren fece il suo ingresso con Münster al seguito.

«Buongiorno, commissario» salutò Reinhart. «Dormito bene?»

«Ho tardato un po' per via del caldo» spiegò Van Veeteren, sprofondan-do dietro la scrivania. «Allora?»

Seguì un attimo di silenzio.

«Che cosa intende con 'allora', commissario?» domandò Rooth dando un altro morso alla mela.

Van Veeteren sospirò.

«Rapporto!» disse. «Di che cavolo vi state occupando? Reinhart per primo. Il piromane di Vallaste, suppongo?»

Reinhart mise su una ruga dritta come un filo a piombo e succhiò la pi-pa. Annuì un po' vagamente. Gli incendi dolosi di Vallaste a quel punto avevano già due anni e mezzo sulle spalle e l'inchiesta era stata sospesa un sacco di volte, ma in mancanza di altri crimini gravi lui aveva l'abitudine di ripescare quel caso; lui aveva tenuto i fili ed era il suo onore a perdere qualche punto fin quando il colpevole fosse rimasto a piede libero.

Non erano più in molti nella squadra a pensare in questi termini, il commissario se ne rendeva conto, ma Reinhart sì.

«Ho un paio di piste aperte» riconobbe. «Pensavo che poteva valere la pena darci un'occhiata più da vicino. Se non c'è nient'altro che richieda l'intervento di un cervello un po' più grosso...»

«Mmm» fece Münster.

«Talune parti del corpo si dilatano, col caldo» disse deBries.

«Ma per favore» borbottò Van Veeteren. «Continua pure a ficcare il na-so, tu.»

Si abbandonò contro lo schienale e osservò i suoi sottoposti con temprata indulgenza. Non era certo una squadra omogenea, in ogni caso non este-riormente. DeBries era separato da un mese e aveva impiegato quel primo periodo di libertà per ringiovanire il proprio guardaroba: il risultato era qualcosa che più che altro faceva pensare a uno yuppie anni Ottanta iber-nato e depravato. Oppure a un artista rock degli anni Sessanta tolto dalla naftalina e ricompensato con quattro soldi, come aveva suggerito Reinhart.

La mummia di Woodstock. Per parte sua, Rooth, forse in virtù dell'attuale ondata di calore, si era finalmente deciso a tagliarsi la barba disordinata, e la parte inferiore del suo viso, rosea come il culetto di un bebè, formava un netto contrasto con l'abbronzatura di guance e fronte.

Sembra l'anello mancante, pensò il commissario.

Münster invece sembrava semplicemente Münster, ancorché con ampie chiazze di sudore sotto le ascelle, e Reinhart aveva sempre fatto venire in mente al commissario proprio quello che probabilmente nel suo intimo era: uno scaricatore di porto intellettuale.

Quanto a lui, non era di certo una bellezza. Meno male che abbiamo anche un lato interiore, constatò sbadigliando.

«Quand'è che andate in ferie, tanto per cambiare argomento?» domandò.

«Magari è un'alternativa più praticabile del fare rapporto.»

«Il cinque» rispose Reinhart.

«La settimana prossima» disse deBries. «Sarei grato se non venissi coinvolto in nessuna storia.»

«Lo stesso vale per me» disse Münster. «Ma Jung e Heinemann saranno certamente in grado di mandare avanti la baracca in agosto, se dovesse esserci qualcosa. E Rooth e Moreno, ovviamente.»

«Sure» confermò Rooth.

«Sai il francese?» domandò deBries. «L'hai imparato per corrispondenza?»

Rooth si grattò la barba fantasma.

« Fuck off» ribatté. «Proverbio tedesco. Andiamo avanti con questo pasticcio alberghiero oppure il commissario ha qualcos'altro per noi?»

«Sparite» intimò Van Veeteren. «Ma vedete di beccare Pompers e Lu-therson. Lo sanno tutti che sono loro.»

«Grazie per il suggerimento» disse deBries.

Lui e Rooth lasciarono la stanza.

«La gente diventa suscettibile col caldo» notò Münster quando la porta si fu richiusa. «Niente di cui stupirsi, del resto.»

«Proprio quello che cercavo di spiegare» disse Reinhart. «C'è qualcos'altro, o mi posso ritirare? Potete sempre chiamare, se c'è bisogno.»

«Sparisci» ripeté il commissario, e Reinhart si allontanò flemmatico.

Münster andò alla finestra e lasciò scorrere lo sguardo fuori. A spaziare sopra la città e la calura che tremolava sui tetti.

«Purché non ci capiti addosso un omicidio o qualcosa proprio adesso»

disse, poggiando la fronte contro il vetro. «Subito prima delle vacanze e tutto il resto, ricordo ancora com'è stato due anni fa...»

«Zitto» lo interruppe il commissario. «Non svegliare le potenze invidio-se. A proposito, io sarò via la prima metà di agosto... irrevocabilmente.

Quindi passerò ogni cadavere di queste settimane a te e a Reinhart.»

Forse anche per tutto il futuro, pensò. Si tolse faticosamente le scarpe e cominciò a scartabellare di malavoglia tra i fogli che giacevano a mucchi sulla sua scrivania.

«Grazie tante» disse Münster. «Io comunque sono irreperibile a partire da lunedì.»

Il commissario cambiò stuzzicadenti e intrecciò le mani dietro la nuca.

«Tutto sommato, potrei figurarmi un bel caso da due settimane» mormorò. «Preferibilmente un po' fuori città e da solo.»

«Lo credo» disse Münster.

«Come?»

«Me lo posso immaginare» chiarì l'intendente.

«Cosa vorresti dire?»

«Niente di particolare» disse Münster. «Fuori sul mare, magari?»

Van Veeteren rifletté.

«Non esattamente» rispose. «Che ne so, piuttosto qualche laghetto, credo. Ho già il Mediterraneo in prospettiva... ce l'hai la racchetta sotto mano, intendente?»

Münster sospirò.

«Naturalmente. Ma non fa un po' troppo caldo?»

«Caldo?» sbuffò Van Veeteren. «A Creta hanno una media di quaranta gradi, in questo periodo. Come minimo. Allora, vogliamo andare?»

«Dal momento che il commissario me lo chiede con tanta grazia» sospirò Münster, staccandosi dalla finestra.

«Ti offrirò un birra, dopo» chiarì Van Veeteren magnanimo. Si alzò e fece un paio di tiri per finta nell'aria. «Se vinci, si capisce» aggiunse.

«Credo di potermi arrischiare a ringraziare in anticipo» commentò Münster.

Umore insolitamente allegro, pensò poi, mentre scendevano in garage con l'ascensore. Veramente umano, deve essergli successo qualcosa di assolutamente straordinario, oggi.

Spili, pensava il commissario a sua volta. La fonte della giovinezza...

una mezz'ora di macchina da Rétimo, su fra le montagne... Il vento nei suoi capelli e via dicendo.

Perché no?

E poi la libreria antiquaria Krantze.