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«Una bomba a mano?» chiese il capo della polizia.
«Senza il minimo dubbio» rispose Reinhart. «Una sette e quarantacinque. L'ha buttata dentro attraverso una finestra aperta, è rotolata sul pavimento ed è esplosa sotto il palcoscenico. Un colpo di fortuna, solo otto feriti e se la caveranno tutti. Se fosse esplosa sulla pista da ballo, avremmo avuto una dozzina di cadaveri...»
«Come minimo» disse deBries, aggiustandosi la sciarpa di seta color vinaccia che era andata un po' fuori posto.
«Bisogno di aiuto con la sciarpetta?» domandò Rooth.
«Altro?» si affrettò a tamponare Münster.
«Ha crivellato delle macchine con un'automatica» riprese Reinhart. «Un tipo simpatico, affatto privo di inibizioni.»
«Dio mio» mormorò Ewa Moreno. «Ed è ancora a piede libero?»
«Si starà caricando per la serata» suggerì Rooth. «Dovremmo metterlo dentro.»
«Militare di professione?» domandò Jung.
«Molto probabile» disse Reinhart.
«Scusatemi» esordì Heinemann, che era arrivato in ritardo. «Potremmo riprendere un attimo dall'inizio? Ho sentito solo quello che hanno detto al-la radio.»
Il capo della polizia, Hiller, si schiarì la voce e si passò un fazzoletto di carta sulle tempie.
«Sì, forse sarebbe il caso» disse. «Reinhart, credo che potresti fare tu tutto il resoconto, visto che sei stato sul posto. Poi naturalmente bisognerà distribuire i compiti...»
Reinhart annuì.
«Discoteca Kirwan» attaccò. «Giù a Zwille, all'altezza di Grote Torg.
Piena di gente. Subito dopo le due e mezzo di stamattina - il locale chiude alle tre - uno sconosciuto ha gettato una bomba a mano dentro una finestra aperta. L'esplosione si è sentita in tutto il centro, ma, come ho già detto, i danni sono stati limitati perché l'ordigno è esploso sotto il palcoscenico.
Che naturalmente è andato distrutto. Il complesso che aveva suonato là sopra fino a dieci minuti prima, invece, è ancora intero... anche se sono un po' scossi, si capisce.»
La porta si aprì e Van Veeteren fece il suo ingresso.
«Continua» disse, lasciandosi cadere su una sedia. Il capo della polizia guardò l'orologio. Reinhart alzò un sopracciglio prima di riprendere a parlare.
«Otto feriti in maniera abbastanza seria, ma nessuno in pericolo di vita.
Una ventina di loro, con ferite di poco conto, è stata ricoverata al Rumford e al Gemejnte, ma la maggior parte probabilmente potrà fare ritorno a casa già in giornata. Ci sono un paio di testimoni che hanno visto un uomo allontanarsi di corsa dal luogo dell'esplosione...»
«Non molto su cui basarsi» constatò Jung. «Era buio, e l'hanno visto so-lo da lontano. Sono sicuri che si trattava di un uomo, in ogni caso.»
«Le donne non si comportano a quel modo» disse Rooth. «Non quelle che conosco io, almeno.»
«Tipico comportamento maschile» confermò Moreno. «Sono d'accordo.»
Il capo della polizia Hiller picchiettò irritato sul tavolo con la Ballograf.
«E poi?» chiese Münster. «Le macchine?»
Reinhart sospirò.
«Circa mezz'ora dopo c'è stato qualcuno - speriamo lo stesso, altrimenti abbiamo a che fare con due idioti - che ha sparato su alcune automobili in sosta nel parcheggio fuori della chiesa di Keymer. Presumibilmente da una postazione all'interno del parco Weiver. Anche stavolta si è sentito in tutta la città... la musica è durata per non più di quindici, venti secondi, e nessuno ha visto un accidente. Arma automatica. Due, tre raffiche. Circa trenta colpi, calcolo approssimativo.»
«Klempje, Stauff e Joensuu sono là che strisciano fra le macchine» spiegò Jung. «E Krause si sta occupando dei proprietari.»
«Bel lavoro» commentò deBries.
«Indubbiamente» confermò Reinhart. «Penso che Krause abbia bisogno di un po' di assistenza. Sono in dodici, fra cui due famiglie tedesche di passaggio.»
«Mercedes bianche» spiegò Jung.
Van Veeteren si alzò.
«Scusate» disse. «Ho dimenticato gli stuzzicadenti giù da me. Torno fra un attimo.»
Sparì lungo il corridoio e nella stanza scese il silenzio.
«Bene» fece Hiller dopo un momento. «Una vera seccatura, questa storia. E in pieno periodo di ferie.»
Gli altri rimasero impassibili. Jung trattenne il respiro.
«Bene» ripeté Hiller. «Ovviamente dobbiamo mettere un bel po' di gente a occuparsi di questa cosa. Tutte le risorse disponibili; è ovvio che si tratta di un pazzo che potrebbe mettersi in testa di colpire di nuovo. In qualsiasi momento. Allora? Chi abbiamo a disposizione?»
Reinhart chiuse gli occhi e Münster si guardò le unghie. DeBries andò alla toilette.
«Merda» sibilò Rooth.
«D'accordo» disse Reinhart venti minuti dopo, girando con aria tetra il cucchiaino nella tazza del caffè. «Me ne occuperò io. Posso prendermi Jung e Rooth. E Münster, almeno all'inizio.»
«Bene» disse Van Veeteren. «Vedrai che te la caverai.»
Reinhart sbuffò.
«Che cosa aveva in serbo il 'giardiniere' per te, allora? Ho sentito qualcosa.»
Van Veeteren alzò le spalle. «Non so.»
«Non sai?»
«No. Pensavo di pranzare prima di affrontarlo.»
«Pranzare?» chiese Reinhart. «E che cosa sarebbe?»
Van Veeteren esaminò uno stuzzicadenti tutto masticato e lo lasciò cadere nel bicchiere di plastica vuoto.
«Conosci il maggiore Greubner?»
Reinhart rifletté.
«No. Dovrei?»
«Ogni tanto ci gioco a scacchi. Un uomo pieno di buon senso. Forse non sarebbe una cattiva idea chiedergli di pensarci un po' su...»
«Riguardo al pazzoide?»
Van Veeteren annuì.
«Qui in città in fondo c'è un solo reggimento. E credo che non abbiano ancora cominciato a vendere le bombe a mano nei negozi di alimentari.»
Reinhart tenne un attimo lo sguardo fisso sui suoi fondi di caffè.
«Sono male informato forse?» continuò Van Veeteren.
«Non si sa mai» disse Reinhart. «Ce l'hai il numero?»
Van Veeteren lo cercò e lo trascrisse su un foglio.
«Grazie» disse Reinhart. «Bene, il dovere mi chiama. Posso augurare al signor commissario un gradevole pranzo?»
«Ma prego!» esclamò il commissario.
«Entra» disse Hiller.
«Sono già entrato» ribatté Van Veeteren e si sedette.
«Prego, accomodati. Siete d'accordo che sia Reinhart a occuparsi di questo squilibrato?»
«Certamente.»
«Mmm. Tu vai in ferie l'ultimo del mese?»
Van Veeteren annuì. Hiller si fece vento con un promemoria del ministero degli Interni.
«E dopo? Non farai mica sul serio?»
Van Veeteren non rispose.
«Hai già avuto i tuoi dubbi altre volte, lo sappiamo tutti. Che cos'è che dovrebbe spingerti a decidere, stavolta?»
«Vedremo» rispose Van Veeteren. «Avrai una conferma definitiva in agosto, ma l'intenzione è quella... pensavo solo che fosse giusto informarti.
Si sa che a te piace essere sempre informato.»
«Mmm» fece il capo della polizia.
«Cos'è che volevi?» chiese Van Veeteren.
«Ah, sì, c'era una cosa.»
«Reinhart me l'ha accennato.»
«Ha telefonato un commissario da Sorbinowo.»
«Sorbinowo?»
«Sì.»
«Malijsen?»
«No, doveva essere un sostituto estivo...»
Hiller tirò fuori un foglio da una cartelletta.
«... un certo Kluuge. Sembrava un po' inesperto e, a quanto pare, gli è capitata fra capo e collo una scomparsa.»
«Una scomparsa?»
«Sì.»
«Avrà pure la possibilità di trovare aiuto un po' più vicino?»
Hiller si piegò sopra la scrivania e cercò di corrugare la fronte.
«Certo. Ma questo Kluuge ha palesemente ricevuto l'ordine di rivolgersi a noi, se succedeva qualcosa... dal commissario titolare. Prima che andasse in vacanza. Wilfred Malijsen... è qualcuno che conosci, eh?»
Van Veeteren esitò.
«Vagamente, sì.»
«Lo sospettavo» disse Hiller, e si riportò nella posizione di prima. «Perché è proprio te che vorrebbe mandassimo laggiù. Francamente parlando...
Insomma ho la sensazione che qui ci sia sotto qualcosa, ma se sei riuscito a convincere Reinhart, tanto vale che tu ci vada.»
Van Veeteren non replicò. Spezzò uno stuzzicadenti e guardò in cagne-sco il suo superiore.
«Solo per esaminare il caso, naturalmente» aggiunse Hiller. «Un giorno o due, al massimo.»
«Una scomparsa?» borbottò il commissario.
«Sì» rispose Hiller. «Una ragazzina, da quanto ho capito. Be', che cosa pretendi adesso? Un posto più idilliaco di Sorbinowo è difficile da trovare, in questa stagione...»
«Che cosa intendevi dicendo che dev'esserci sotto qualcosa?»
Per un attimo il capo della polizia parve arrossire.
Anche se forse è solo la sua emorragia cerebrale quotidiana, pensò Van Veeteren, e si rese conto che era un'espressione che aveva preso in prestito da Reinhart. Si alzò.
«All right» disse. «Allora vado laggiù a dare un'occhiata.»
Hiller gli porse il foglio con tutti i dati. Van Veeteren lo guardò per due secondi e se lo cacciò in tasca.
«Quell'ortensia ha l'aria scontenta» constatò poi.
Il capo della polizia sospirò.
«Non è un'ortensia» spiegò. «È un'aspidistra... no, dovrebbe sopportare bene il caldo, ma è evidente che non è così.»
«Probabilmente è qualcos'altro che non sopporta» disse Van Veeteren, voltandogli la schiena.