29
Reinhart vuotò il suo bicchiere di acqua aromatizzata al limone e fece cenno al cameriere di portargli un'altra bottiglia.
Dopo essere stati esposti a dieci ore di informazione più o meno continua (con interruzioni per qualche ora di sonno notturno e per visite indivi-duali alla toilette), lui e Jung si erano ritirati in un angolo appartato e vagamente fresco della sala da pranzo del Grimm. Erano le undici di mattina e gli avventori dell'ora di pranzo non erano ancora arrivati. Un paio di giornalisti della TV erano seduti a un tavolo vicino ai finestroni con davanti la prima birra del mattino, è vero, ma era evidente che non erano ancora esattamente in gran forma.
«Allora» disse Reinhart. «Cosa ne pensi?»
«Che non è una bella storia» rispose Jung.
«Neanche un po'» convenne Reinhart. «Nemmeno misurata con il nostro metro.»
«No» disse Jung. «E tu, qual è il tuo parere, allora?»
Reinhart si strinse nelle spalle.
«Non so. Ma se VV adesso è a Stamberg, direi che non è impossibile che la soluzione stia laggiù. Lui inciampa sempre in questo o quest'altro, quando va in giro.»
Jung annuì.
«Oppure ha solo preso un'insolazione» completò Reinhart, afferrando la nuova bottiglia di acqua al limone.
«Oppure se ne infischia.»
Reinhart tirò fuori pipa e tabacco.
«Mmm, sì» borbottò. «Non mi pare da lui mollare una cosa come questa, ma è anche vero che circolano certe voci.»
«Sì, in effetti» disse Jung, e sbadigliò. «Allora, a che cosa ci dedichiamo noi oggi? Non mi è parso che quel Kluuge abbia esattamente dato direttive a destra e a manca. Aveva più che altro l'aria di sperare che risolvessimo noi per lui questa faccenda... noi oppure W. Oppure quegli altri là, anche se a essere onesti ho i miei dubbi...»
«Pie speranze» disse Reinhart. «Ad ogni modo, credo che dobbiamo darci una mossa. Come il commissario supplente qui, anch'io ho una moglie incinta e non ho nessunissima voglia di starle lontano più del necessario, per la miseria.»
«Non lo sapevo» esclamò Jung. «Posso congratularmi?»
«Certo che puoi» rispose Reinhart. «Allora, da dove vuoi cominciare?»
Jung rifletté.
«Non sarebbe male trovare quel prete, Jellinek.»
«Geniale. E dove pensi di cercarlo?»
«È proprio questo il punto» disse Jung. «Anche se naturalmente è ricercato, perciò forse la cosa si risolverà senza il mio aiuto... Ormai mi sembra di vedere la sua faccia in un programma televisivo su due. C'è solo da aspettare che salti fuori, forse.»
«Oppure che salti fuori qualcosa d'altro» opinò Reinhart, esaminando la pipa. «Cazzo, devo dire che questa porcheria mi dà proprio la nausea... Be', se non pensi di andare alla ricerca di falsi profeti, allora, cos'altro hai sul tuo elenco dei desiderata?»
Jung bevve almeno mezzo litro di acqua minerale prima di rispondere.
«Quell'istituto» disse poi. «Wolgershuus o come cavolo si chiama. Se non altro, potrebbe essere interessante dare un'occhiata a quelle tre donne.»
«E ascoltare il silenzio?» prospettò Reinhart.
«Magari anche quello» rispose Jung. «C'è dentro parecchio, nel silenzio.»
Come a sottolineare la saggezza di queste parole, Reinhart rimase zitto per mezzo minuto mentre a occhi socchiusi guardava fuori verso il sole e intanto asciugava il bocchino della pipa con la punta di un tovagliolo.
«Giornata calda anche oggi» constatò con aria meditabonda. «All right.
A te piegare le sacerdotesse. Procedi con il tuo stile modesto, e si vedrà.
Non credo proprio che i colleghi abbiano riportato dei trionfi psicologici.»
«Sì» disse Jung. «Ognuno ha i suoi talenti. E a che cosa pensa di dedicarsi lei allora, caro sovrintendente?»
«Mah» mormorò Reinhart. «A questo punto rimangono solo le annate un po' più recenti... suppongo.»
«Buona caccia» gli augurò Jung, alzandosi.
«Grazie» disse Reinhart. «Allora ci vediamo verso sera.»
Belle Moulder aveva l'aria imbronciata e spaventata. E senza motivo, pensò Reinhart, in particolare considerando che lui aveva passato più di due ore al telefono e in macchina per riuscire a raggiungerla.
Dopo la frettolosa partenza dalla colonia di Waldingen, la ragazza si era chiaramente fermata un paio di giorni a casa a Sorbinowo, dopo di che era stata spedita da una zia, che aveva più o meno le stesse idee, ad Aarnergen, dove adesso ci si aspettava che trascorresse le restanti settimane di vacanza pregando, facendo il bagno nel fiume e lunghe e tonificanti escursioni in bicicletta sotto la supervisione di due grassi cugini... per leccarsi in tal mo-do le ferite e superare il ricordo dei giorni traumatici vissuti fra i boschi di Sorbinowo, si poteva presumere.
Con ciò senza voler dire nulla di male della Vita Pura. Per carità.
Edwina Moulder lo accolse in shorts, seduta su un dondolo giallo, ed era evidente che non aveva la minima intenzione di lasciare la sua nipotina da sola con il sovrintendente della polizia giudiziaria venuto apposta per lei.
Nemmeno per un secondo, così Reinhart interpretò la piega decisa della sua bocca. Nel giro di un attimo lui considerò situazione e strategie, per poi cedere e accomodarsi nella sedia da giardino che era stata preparata per lui sotto l'ombrellone.
«Mi dispiace di dovervi disturbare» esordì. «Ma abbiamo l'obbligo di catturare quel folle.»
«Ce ne rendiamo conto» disse Edwina Moulder.
«Bene» commentò Reinhart, e gettò un'occhiata alla ragazza. «In verità, avevo pensato di portare Belle con me alla stazione di polizia, ma naturalmente sarebbe più simpatico se potessimo sbrigarcela qui, invece.»
«Belle ha davvero detto tutto quello che sa, del resto...»
Reinhart alzò un dito in un gesto di ammonimento.
«Andiamoci piano. Sua nipote era fra quelle che hanno intralciato di più il lavoro della polizia all'inizio, perciò tutto dipende dalla sua volontà di collaborare.»
«Cosa...?»
«Se la smette di immischiarsi, può rimanere seduta dov'è» chiarì Reinhart. «Ma esigo che faccia silenzio. Ha capito?»
«Cosa? Lei viene qui e...?»
«Ha capito?» ripeté Reinhart.
«Uhm» fece Edwina Moulder.
Reinhart bevve un sorso del caffè scipito. Aggiustò la sedia in modo da non dover guardare la donna arrostita dal sole e da avere invece la ragazza al centro del campo visivo.
«Belle Moulder?»
«Sì.»
«Hai già parlato molte volte con la polizia di queste cose spiacevoli...»
La ragazza annuì senza incontrare il suo sguardo.
«...e all'inizio ti sei comportata in modo abbastanza sciocco.»
Belle Moulder si guardò l'unghia del pollice.
«Ma adesso questo non ci interessa. Parto dal presupposto che dirai la verità e mi aiuterai come meglio puoi. Se mi accorgo che ti inventi le cose o se ti rifiuti di rispondere, allora sarò costretto a portarti in città e a inter-rogarti alla stazione di polizia. Questo lo capisci bene, vero?»
«Sì, ma...»
«Ottimo. La cosa che più mi interessa è cosa accadde quella domenica sera quando Clarissa Heerenmacht scomparve. Suppongo che te ne ricordi molto bene?»
«Più o meno.»
La ragazza alzò le spalle e cercò di darsi un'aria noncurante. Nella mente di Reinhart passò rapido il pensiero di Winnifred e del bambino che stavano aspettando.
Mica sarebbe diventato come questa qui?
Scacciò il pensiero schiarendosi la voce e continuò.
«Perché hai lasciato Clarissa sola giù allo scoglio?»
«Era lei che voleva rimanere sola.»
«E come mai?»
«Non so.»
«Avevate litigato?»
«No.»
«Sicura?»
«Sì.»
«Clarissa era triste, quando te ne sei andata?»
«No.»
«Allegra?»
«Era come al solito.»
«E com'era, quando era come al solito?»
«Come... al solito.»
Reinhart assaggiò di nuovo il caffè. Non era migliorato.
«E poi hai parlato con Jellinek.»
«Cosa?»
«Sei stata a colloquio con Jellinek più tardi quella sera. Quando è successo?»
«Sì, è successo... dopo la preghiera serale.»
«A che ora?»
«Nove e mezzo... dieci meno un quarto forse, non so. Me l'hanno già chiesto in precedenza, noi non teniamo... tenevamo... conto del tempo con precisione, a Waldingen. Non c'era bisogno, tanto ci chiamavano sempre...
ma dev'essere stato intorno a quell'ora, in ogni caso.»
«Fra le nove e mezzo e le dieci meno un quarto?»
«Sì.»
«Di che cosa avete parlato?»
«Di Clarissa.»
«Perché?»
«Perché era sparita, ovviamente.»
«Voi allora sapevate che era scomparsa?»
«È chiaro. Non c'era, a cena. E neanche agli esercizi e alla preghiera...»
«Che cosa voleva chiarire Jellinek?»
Belle Moulder esitò un secondo.
«Se sapevo qualcosa. Nessuno l'aveva più vista da quando eravamo state giù allo scoglio, io dovevo essere l'ultima che era stata con lei.»
«Ti ricordi esattamente che cosa ti ha detto Jellinek?»
«Mi ha chiesto se sapevo dov'era.»
«E tu che cosa hai risposto?»
«Che non lo sapevo, si capisce.»
«E dopo? Siete andati avanti a parlare per dieci minuti, non è così?»
«No, non per così tanto tempo. Lui è rimasto anche seduto in silenzio a riflettere.»
«Ma deve pur averti chiesto qualcos'altro, no?»
«Sì, che cosa avevamo fatto durante il pomeriggio e cose del genere, ma non era niente di speciale.»
«Niente di speciale?»
«Tutte queste cose Belle le ha già raccontate» si intromise Edwina Moulder.
«E lei come lo sa?» domandò Reinhart.
«Eh?»
«Le ho chiesto come fa lei a saperlo» ripeté Reinhart irritato. «Ha forse accesso ai verbali della polizia? Se non è capace di mantenere il silenzio, la pregherei di andare a tagliare la siepe o che cavolo d'altro vuole fare. È
chiaro?»
Edwina Moulder aprì la bocca e la chiuse di nuovo. Poi abbassò lo sguardo e sembrò giudicare più sicuro non rispondere.
«Allora» riprese Reinhart. «Altro?»
«Cosa, altro?»
Di nuovo la stessa sdegnosa indifferenza, notò lui. Nonostante avesse ancora l'aria impaurita. O forse era così che erano, a quell'età?
«Che cos'altro ha detto Jellinek? E vedi di non fare la stupida, signorina.»
«Eh?» fece Belle Moulder. «Ecco, non ha detto granché, effettivamente.»
«Ti ha ordinato di tacere, o sbaglio?»
«Sì, ovviamente... anche se sono state soprattutto le sorelle a dircelo, più tardi.»
«Ah, sì?»
«Sì, e poi abbiamo recitato una preghiera.»
«Tu e Jellinek?»
«Sì.»
«Che genere di preghiera?»
«Eh?»
«Di che preghiera si trattava? Qual era il contenuto?»
«Era... no, non capisco che cosa intende.»
«Recitamela, allora!»
«No, non è possibile.»
«E perché?»
«Ecco, era lui che pregava, come dire. Io pregavo solo fra me e me.»
Fra me e me, pensò Reinhart, e sospirò.
«Perciò non ti ricordi le parole?»
«No... no, non me le ricordo.»
«E ci avete messo dieci minuti?»
«Lui è rimasto anche seduto a riflettere, gliel'ho già detto.»
Reinhart accese la pipa e aspettò un momento.
«All right» disse poi, gettando un'occhiata a Edwina Moulder. «Ti ha anche toccato?»
«Eh?» fece Edwina Moulder.
Reinhart le soffiò in faccia una nuvola di fumo.
«Ultimo avvertimento» spiegò, e tornò a puntare lo sguardo sulla ragazza. «Allora, ti ha toccato?»
«Mi ha solo tenuto stretta.»
«Ti ha solo tenuto stretta?»
«Sì.»
«E come?»
Lei fece un gesto un po' goffo.
«Da dietro?»
«Sì.»
Reinhart strinse il bocchino della pipa fra i denti.
«Mentre pregavate?»
«Sì.»
«Solo allora?»
«Sì.»
L'abbronzatura di Edwina Moulder sembrò essersi d'improvviso dilegua-ta nel giallo del dondolo, e le sue mascelle si muovevano con un vago stri-dore.
«E dopo?»
«Dopo? Be', dopo lui se n'è andato.»
«Dove?»
Nuova alzata di spalle.
«Non so. Giù verso il lago, credo.»
«Allo scoglio?»
«Forse.»
«Però non lo sai per certo? Lui non ti ha detto che cosa avrebbe fatto?»
«No, ma...»
«Sì?»
«Ma probabilmente pensava di andare giù allo scoglio... forse l'ha anche detto... No, non mi ricordo.»
Reinhart fece una pausa, ma non venne nient'altro, né dalla ragazza né dalla zia.
«Perciò tu ritieni» riprese «che Oscar Jellinek sia sceso allo scoglio in un momento imprecisato subito prima delle dieci di domenica sera?»
«Sì. Forse sì.»
«L'hai visto ancora, in seguito?»
Lei rifletté.
«No... no, non l'ho più visto.»
«Sai se qualcun altro l'ha incontrato più tardi?»
«Non lo so. Ma nessuna delle ragazze, probabilmente...»
Lui aspettò di nuovo qualche secondo, ma lei continuò solo a fissarsi le ginocchia, in particolare il destro, dove si vedevano ancora i sudici rima-sugli di un cerotto. Lui mise via la pipa.
«Quindi tu sei stata l'ultima persona a vedere Clarissa Heerenmacht in vita, e forse l'ultima a vedere Jellinek prima che scomparisse... hai raccontato alla polizia che forse lui è andato giù allo scoglio?»
Lei ci pensò su.
«No, non mi sembra.»
«E perché?»
«Perché nessuno me l'ha chiesto.»
«Nessuno te l'ha chiesto?»
«No.»
Tipico, pensò Reinhart.
Quindi lasciò zia e nipote al loro destino e tornò alla macchina.