EPILOGO
Fiume Nilo
Alessandria, Egitto
37 a.C. – 716 ab Urbe condita
Quando la vide sfilarsi la veste leggera e trasparente che Cleopatra aveva indossato appositamente per lui, per riempirlo di desiderio a ogni suo languido movimento, Marco Antonio comprese di essere un uomo fortunato. Tutto stava procedendo come aveva immaginato, e presto avrebbe potuto conquistare anche la sua ultima e agognata meta: la conquista di Roma, per trasformare l’Urbe in un Impero che si sarebbe diffuso in Oriente, e che avrebbe avuto in Alessandria la sua seconda capitale, dove lui avrebbe regnato insieme a quella magnifica donna.
Nonostante la disapprovazione di Ottaviano e di gran parte del ceto senatorio di Roma, con cui presto avrebbe dovuto chiudere i conti, Marco Antonio aveva già provveduto affinché i figli che aveva avuto con Cleopatra potessero disporre delle cariche che erano dovute a persone del loro rango.
E così, dopo aver nominato Cleopatra stessa “regina dei re”, adorata nel culto di Iside e reggente dell’Egitto e di Cipro, aveva fatto in modo di dichiarare Alessandro Helios re dell’Armenia, della Media e della Partia, suo fratello Tolomeo Filadelfo sovrano di Fenicia, Siria e Cilicia e Cleopatra Selene sovrana della Cirenaica e della Libia.
E all’oscuro di tutti aveva fatto inserire nel testamento ampi lasciti del suo patrimonio e dei regni da lui conquistati proprio ai figli avuti con Cleopatra, anche se questo, e lo sapeva bene, avrebbe fatto infuriare tre quarti dell’aristocrazia romana.
Probabilmente Ottaviano stava aspettando l’occasione buona per potersi scagliare contro di lui e arrivare al confronto finale, ma per il momento indugiava, perché le armate al servizio di Marco Antonio, che comprendevano l’esercito d’Egitto, erano un avversario formidabile, da non sottovalutare.
E dunque lui poteva disinteressarsi per un po’ del suo lontano nemico e dedicarsi al consolidamento del suo piccolo regno d’Oriente, sempre in crescita e capace di espandersi a una velocità a cui Roma ormai non era più abituata.
«Perché non vieni anche tu?» gli chiese Cleopatra agitando una mano per convincerlo a seguirla in acqua.
Marco Antonio sorrise e scosse la testa.
«Lo sai che ti preferisco asciutta e profumata» rispose.
Cleopatra rise e si immerse nell’acqua limacciosa del Nilo, dimostrando la sua abilità di nuotatrice.
Marco Antonio restò a guardarla sguazzare ancora per un po’, poi tornò ai suoi pensieri. E si ricordò dell’altro problema che doveva risolvere: Cesarione, il figlio che Cleopatra aveva avuto da Giulio Cesare.
Come doveva comportarsi con lui? In qualche modo apparteneva alla dinastia di Cesare, e anche se adesso l’ex dittatore non era più un problema, morto o disperso chissà dove a inseguire il suo folle proposito di diventare immortale, era chiaro che Cesarione, che era stato ufficialmente dichiarato figlio di Cesare e suo erede, avrebbe potuto diventare un serio problema, quando lui fosse riuscito ad abbattere anche l’ostacolo di Ottaviano e si fosse impossessato del potere assoluto.
«Che cosa dovrò fare di te?» mormorò mentre camminava sulle rive del fiume sacro agli egizi.
Si strinse nelle spalle e decise che ci avrebbe pensato a tempo debito. Anche perché, in realtà, lui non poteva nemmeno essere sicuro che il grande Cesare fosse morto davvero.
Aveva chiesto più volte notizie di Servio Primicerio, che aveva sguinzagliato sulle tracce del dittatore per cercare di capire che cosa sarebbe riuscito a combinare e per eliminarlo, se si fosse reso conto che davvero era in procinto di ottenere quello che bramava, ma nessuno gli aveva più fatto sapere nulla. Ormai erano passati anni da quando Cesare era partito, ed era ragionevole immaginare che fosse stato ucciso da qualche parte nei territori sconosciuti del mondo che brulicavano di barbari e mille pericoli annidati in ogni dove.
Proprio mentre pensava a questo, un serpentello uscì da un cespuglio e scivolò sinuoso verso di lui.
«Ecco» ridacchiò Marco Antonio, «persino qui, nel civilissimo Egitto, ci si può imbattere in un pericolo mortale in qualsiasi momento. Figurarsi cosa può avere incontrato Cesare!»
Osservò il serpente muoversi leggero e silenzioso, e ricordò che gli era stato detto che si trattava di un aspide, un rettile da cui stare lontani perché il suo morso poteva essere letale.
Fece un passo indietro per lasciarlo passare, ma quando vide Cleopatra che usciva dall’acqua e si dirigeva verso di lui a piedi nudi, non ebbe esitazioni: alzò il piede e lo calò sulla testa dell’aspide, schiacciandolo.
«Non sia mai che la mia regina debba rischiare la vita per una creatura così stupida e insignificante» disse allontanandosi.
A Gaio Giulio Cesare avrebbe pensato se e quando avesse ricevuto notizie da Servio Primicerio.
Altrimenti se ne sarebbe dimenticato.