23
Oceanus Magnus
Al largo della costa iberica
38 a.C. – 715 ab Urbe condita
Finalmente, dopo quasi due mesi di viaggio, durante i quali avevano perso la rotta diverse volte e si erano dovuti fermare in territori sconosciuti per riparare la nave che era sopravvissuta a stento alla morsa del ghiaccio, arrivarono in vista di coste conosciute, che alcuni dei marinai a bordo affermarono essere quelle dell’Iberia del Nord, sotto il dominio della tribù dei Callaeci.
Cesare non sapeva se fosse vero, ma in qualche modo, respirando l’aria profumata che arrivava dal litorale, sentì di credere ai suoi uomini. In ogni caso, se non era l’Iberia, quella regione doveva appartenere a qualche lontana provincia di Roma, seppure dalla parte che si affacciava sull’oceanus magnus.
Non vedeva l’ora di poter approdare nel castrum di Servilio Casca, e poi in quello di Crasso una volta superate le Colonne d’Ercole, per riposare un po’ e dare la possibilità ai soldati di recuperare le forze. Dopodiché sarebbero salpati tutti verso la Sardinia, dove si sarebbero definitivamente fermati nel castrum che li avrebbe ospitati per i mesi a venire, durante i quali avrebbero ricominciato a ricostruire la legione.
«Nave in vista!» proruppe all’improvviso la voce di una delle vedette.
Cesare corse al parapetto e guardò nella direzione indicata, scorgendo un veliero piccolo e slanciato in avvicinamento.
«Quella nave ha le vele nere!» esclamò Decimo.
Cesare sorrise.
«Non la riconosci?» chiese al suo praefectus classis.
«È il veliero di Cleone» rispose Bruto, che li aveva raggiunti. «Spero che il pirata non sia tornato in attività, perché non saremmo in grado di reggere un assalto.»
«No» li tranquillizzò Cesare. «Non credo proprio che voglia attaccarci. Forse ci ha cercati per tutto questo tempo.»
Quando il gigantesco pirata fu a bordo dell’esareme, non sorrise né mostrò alcuna emozione nel rivederli. Si portò davanti a Cesare, che lo aspettava divertito, e corrugò la fronte in una matassa di rughe.
«Cos’è successo alla flotta?» chiese. «E che fine hanno fatto gli altri?»
Sul ponte, insieme a Cesare, c’erano Decimo, Bruto e Cicerone, oltre a Spartaco.
«Hanno combattuto con coraggio e sono morti come vorrebbe fare qualsiasi guerriero» rispose Cesare, sapendo che Cleone avrebbe apprezzato quelle parole.
«E Cretica?» volle sapere il pirata.
«Anche lei» intervenne Cicerone. «Anzi, posso dire che è grazie al suo intervento se adesso sono qui vivo, e con me gli uomini che vedi su questa nave.»
Cleone restò in silenzio per un po’, poi annuì.
«Non ho mai smesso di cercarvi» rivelò. «Ma gli dei devono avervi accolto nel loro regno, perché nessuno vi ha mai visto, da nessuna parte.»
Cesare fece un passo avanti e gli diede una pacca su una spalla.
«Ti racconteremo quello che è successo. Ma non è nulla di buono, perché degli dei abbiamo sperimentato solo il loro tetro senso dell’umorismo.»
«Allora adesso che cosa facciamo?» chiese Cleone. «Intendi tornare a Roma?»
«No. Thule era una possibilità, ma abbiamo scoperto che non era quello che ci serviva. La prossima sarà quella giusta.»
«Dove andiamo?» volle sapere il pirata.
«Alle foci del Nilo» rispose Cesare, godendosi il moto di sorpresa che Cleone non riuscì a trattenere. «Prima, però, ricostruiamo la legione, poi ci occuperemo della nostra prossima spedizione.»
«Non ho mai navigato sulle acque di un fiume» disse pensieroso il pirata. «E non credo che sarà facile. Avremo bisogno di qualcuno che conosca bene quei luoghi, e che ci possa fare da guida.»
«Proprio così» confermò Cesare con un sorriso. «E io credo di sapere chi potrebbe essere.»