48
Il controllo
Le luci rosse e blu giravano in sincrono con la sirena.
Prima dell'arrivo delle anime, quelle luci e quei suoni avevano avuto un solo significato. La legge, i custodi dell'ordine, l'incubo dei trasgressori.
E ora quei colori vivaci e la sirena avevano un solo significato. Molto simile al vecchio. Erano sempre i custodi dell'ordine, della legge.
I Cercatori.
Vederli o sentirli non capitava così spesso come un tempo. Le forze di polizia entravano in azione soltanto in caso di incidenti o altre emergenze, non per far applicare la legge. Quasi tutti i veicoli di servizio erano privi di sirene, a meno che non si trattasse di ambulanze o camion dei pompieri.
Non era stato un incidente a mettere in azione l'automobile bassa e slanciata che ci seguiva. Sembrava fatta apposta per gli inseguimenti. Non ne avevo mai vista una di simile, ma capii subito cosa stava per accadere.
Jared, impietrito, non mollava l'acceleratore. Lo vedevo sforzarsi in cerca di una soluzione, di una maniera per seminarli con quel furgone decrepito o perlomeno fuggire a piedi - nascondendo le nostre sagome sgraziate fra gli arbusti del deserto - per tenerli lontani dal camion e impedire che smascherassero i nostri compagni. Eravamo vicinissimi a loro. Dormivano, ignari...
Dopo due secondi di riflessioni frenetiche, Jared rinunciò sospirando.
«Scusa, Wanda» sussurrò. «Ho rovinato tutto.»
«Jared?»
Cercò la mia mano e il motore scese di giri. Il furgone iniziò a rallentare.
«Hai la pasticca?» tossì.
«Sì» bisbigliai.
«Mel mi sente?»
Si.
«Sì» ribadii, sforzandomi di non imitarne il tono singhiozzante.
«Ti amo, Mel. Scusa.»
«Anche lei ti ama. Sopra ogni cosa.»
Calò un silenzio breve e doloroso.
«Wanda, io... ti sono affezionato, ormai. Tu sei buona, Wanda. Meriti più di ciò che ti ho dato. Più di questa.»
C'era qualcosa di piccolo, troppo piccolo per essere mortale, tra le sue dita.
«Aspetta» ansimai.
Non poteva morire.
«Wanda, non possiamo rischiare. Seminarli è impossibile, con questo coso. E se cerchiamo di scappare, ci inseguiranno a migliaia. Pensa a Jamie.»
Il furgone iniziò ad accostare, sempre più lento.
«Lasciami provare» lo implorai. Cercai subito la pasticca, in tasca. La presi tra pollice e indice e gliela mostrai. «Fammi provare a mentire. Se qualcosa va storto la mordo immediatamente.»
«Non puoi mentire a un Cercatore!»
«Fammi provare. Svelto!» Sganciai la mia cintura di sicurezza e mi rannicchiai accanto a lui per sbloccare anche la sua. «Facciamo cambio. Svelto, prima che se ne accorgano!»
«Wanda...»
«Un tentativo. Sbrigati!»
Prendere decisioni all'ultimo momento era la sua specialità. Con un gesto fluido e veloce abbandonò il sedile del guidatore e scavalcò il mio corpo raggomitolato. Mentre occupava il mio posto sgusciai verso il suo.
«Cintura di sicurezza» ordinai, secca. «Chiudi gli occhi. Voltati.»
Obbedì. Malgrado il buio fitto, la sua nuova cicatrice rosa sbiadita era ben visibile.
Allacciai la cintura e chinai il capo all'indietro.
Mentire con il corpo, ecco la chiave. Era solo questione di gesti. Di imitazione. Come gli attori del programma televisivo, anzi meglio. Come un essere umano.
«Aiutami, Mel» mormorai.
"Non posso aiutarti a recitare meglio la parte dell'anima. Ma tu puoi farcela a salvarlo. So che puoi."
Non dovevo recitare. Bastava essere me stessa.
Era tardi. Ero stanca. Anche senza fingere.
Sentii le palpebre appesantirsi, abbandonai il mio corpo contro lo schienale.
Imbarazzo. L'imbarazzo lo conoscevo. Lo sentivo.
La mia bocca si curvò all'ingiù in un'espressione dispiaciuta.
L'auto dei Cercatori non parcheggiò dietro di noi, come si aspettava Mel. Deviò fermandosi sul ciglio della corsia opposta alla nostra. Da un finestrino esplose una luce accecante. Mi colpì mentre cercavo di alzare la mano, con lentezza studiata, per coprirli. Al di là del fascio di luce intravidi il riflesso dei miei occhi colpire la strada.
Sentii sbattere la portiera dell'auto. I passi di una persona che attraversava la carreggiata scandirono un ritmo regolare e cupo. Non avevo percepito rumore di sabbia o sassi, perciò il Cercatore doveva essere sceso dal lato del passeggero. Erano come minimo in due, di cui uno soltanto stava venendo a interrogarmi. Buon segno, indice di fiducia e serenità.
I miei occhi luccicanti erano un talismano. Una bussola che non poteva fallire, come la Stella Polare, inconfondibile.
Mentire con il corpo non era la chiave. Dire la verità era più che sufficiente. Avevo qualcosa in comune con il piccolo umano del parco: niente come me era mai esistito prima.
La sagoma del Cercatore coprì la luce e mi consentì di guardarlo meglio.
Era un uomo. Probabilmente di mezza età; i capelli erano bianchi, ma il volto liscio e senza rughe. Indossava una maglietta e dei bermuda, con una pistola immobilizzatrice in bella evidenza appesa alla cintura. Una mano stringeva il calcio dell'arma, l'altra stringeva una torcia spenta. Non l'accese.
«Problemi, signorina?» disse quando fu a meno di un metro. «Procedere a quella velocità è un rischio per la sicurezza.»
Il suo sguardo era inquieto. Valutò in un istante la mia espressione, che speravo insonnolita, poi il suo sguardo seguì il profilo del furgone, saettò verso l'oscurità dietro di noi, percorse il tratto di statale illuminato dai fari, e tornò al mio viso. Eseguì la ricognizione due volte.
Era nervoso. Lo avvertivo e ne ero spaventata, ma cercai di parlare senza cadere nel panico.
«Mi dispiace davvero» dissi a bassa voce. Diedi un'occhiata a Jared, come a premurarmi di non averlo svegliato. «Temo... ecco, temo di essermi addormentata. Non mi sono resa conto di essere così stanca.»
Abbozzai un sorriso mortificato. Sentivo la mia voce ingessata, come quella degli attori della TV.
Gli occhi del Cercatore ripresero a scrutarci, soffermandosi su Jared. Sentivo il cuore galopparmi nel petto. Strinsi la pasticca più forte.
«È stata una decisione irresponsabile guidare così a lungo senza dormire» aggiunsi svelta. «Pensavo di poter resistere sino a Phoenix. Mi dispiace molto.»
«Qual è il suo nome, signorina?»
La voce del Cercatore non era né brusca né calda. Tuttavia si sforzò come me di non svegliare Jared.
«Foglie in Alto» dissi, riciclando il nome utilizzato in albergo. Nel caso avesse voluto approfondire, avrei saputo dove indirizzarlo.
«Ex Fiore Capovolto?» domandò, mentre i suoi occhi continuavano la solita ispezione.
«Sì, lo ero.»
«Anche la mia compagna. Lei viveva sull'isola?»
«No» risposi lesta. «All'interno. In mezzo ai grandi fiumi.»
Annuì, con un filo di dispiacere.
«Meglio che torni a Tucson?» domandai. «Mi sento piuttosto sveglia, ora. O forse è meglio che faccia un sonnellino qui, prima...»
«No!» mi interruppe in tono inaspettatamente aspro.
Sobbalzai per lo spavento, e la pasticca scivolò dalle mie dita. Cadde sul fondo di metallo con un clac debole. Mi sentii sbiancare.
«Non volevo spaventarla» si scusò subito il Cercatore, il cui sguardo preoccupato riprese subito la propria ispezione. «Ma non credo sia il caso di trattenersi qui.»
«Perché?» riuscii a sussurrare. Le mie dita pizzicavano nervose il vuoto.
«C'è stata una sparizione, di recente.»
«In che senso, una sparizione?»
«Potrebbe trattarsi di un incidente... ma anche dell'opera di umani presenti in questa zona.»
«Umani?» strillai, a voce fin troppo alta. Percepì la mia paura, e la interpretò come poteva.
«Non ne abbiamo prove certe, Foglie in Alto. Nessun avvistamento o cose del genere. Non si faccia prendere dal panico. Ma forse è meglio che lei parta subito per Phoenix senza trattenersi oltre.»
«Certo. Va bene anche Tucson? È più vicina.»
«Non c'è pericolo. Può continuare sulla sua strada.»
«Se lo dice lei, Cercatore...»
«Ne sono certo. L'importante è che lei non faccia deviazioni nel deserto, Fiore.» Sorrise. L'espressione riempì il suo volto d'affetto e gentilezza. La stessa di ogni altra anima che avevo incontrato. Non ero io a preoccuparlo, era preoccupato per me. Non cercava bugie da smascherare, e probabilmente non le avrebbe mai riconosciute. Era un'anima come un'altra.
«Non ne prevedevo.» Anch'io sorrisi. «Starò più attenta. Ormai è difficile che mi addormenti.» Lanciai uno sguardo preoccupato al deserto, fuori dal finestrino di Jared, per convincere il Cercatore che era la paura a rendermi vigile. La mia espressione si irrigidì in una maschera inquieta, quando notai un paio di fari riflessi nello specchietto.
Senza scomporsi, anche Jared si irrigidì, nervoso.
Il mio sguardo tornò fulmineo al viso del Cercatore.
«Posso aiutarla con questo» disse, sempre sorridente, mentre armeggiava con una tasca per estrarne qualcosa.
Non aveva visto la mia espressione cambiare. Cercavo di controllare i muscoli delle guance, di rilassarli, ma non trovavo la concentrazione necessaria.
Il retrovisore mostrava i fari sempre più vicini.
«Meglio non abusarne» aggiunse il Cercatore, frugando in un'altra tasca. «Non fa male, ovviamente, se no i Guaritori non ne consentirebbero la distribuzione. Ma se lo usa troppo spesso finirà per alterare il ciclo del sonno... ah, eccolo. Sveglia.»
Le luci in avvicinamento rallentarono.
Passate oltre, li implorai tra me. Non fermatevi, no, no, non fermatevi.
"Speriamo che ci sia Kyle al volante" aggiunse Melanie, che scandì le parole come una preghiera.
Non fermatevi. Proseguite. Non fermatevi.
«Signorina?»
Trasalii, e cercai di concentrarmi. «Ehm, Sveglia?»
«Prego, respiri questo, Foglie in Alto.»
Il Cercatore stringeva una sottile bomboletta bianca. Spruzzò una nuvoletta di spray davanti al mio viso. Mi chinai in avanti, obbediente, e ne inspirai un po', lanciando un'occhiata al retrovisore.
«È aromatizzato al pompelmo» disse il Cercatore. «Buono, vero?»
«Molto buono.» All'istante recuperai lucidità e concentrazione.
Il camion rallentò e fece per accostare sul ciglio della strada dietro di noi.
"No!" Urlammo io e Mel insieme. Per mezzo secondo perlustrai il fondo dell'abitacolo, sperando mio malgrado che la pasticca fosse ben visibile. Non riconobbi nemmeno i miei piedi.
Il Cercatore diede un'occhiata distratta al camion e fece cenno all'autista di proseguire.
Anch'io cercai di guardare il camion, un sorriso forzato sulle labbra. Non capii chi guidava. I miei occhi riflettevano il fascio di luce dei fari irradiandone uno più debole.
Il camion non si mosse.
Il Cercatore fece un altro cenno, più ampio. «E andate» mormorò tra sé.
Riparti! Riparti! Riparti!
Accanto a me, Jared strinse il pugno.
Lentamente, il camion innestò la prima e rientrò in carreggiata, inserendosi tra il veicolo dei Cercatori e il nostro. La torcia del Cercatore illuminò due profili, due sagome nere, entrambe rivolte verso il parabrezza. Quella che guidava aveva il naso storto.
Io e Mel sospirammo di sollievo.
«Come si sente?»
«Vigile» dissi al Cercatore.
«L'effetto dura quattro ore circa.»
«Grazie.»
Il Cercatore ridacchiò. «Grazie a lei, Foglie in Alto. Quando vi abbiamo visti correre a quella velocità, pensavamo di avere intercettato degli umani. Ho iniziato a sudare, ma non per il caldo!»
Rabbrividii.
«Non si preoccupi. Andrà benissimo. Se vuole, la possiamo scortare sino a Phoenix.»
«Grazie, ma sto bene. Non disturbatevi.»
«È stato un piacere conoscerla. A fine turno sarò lieto di tornare dalla mia compagna e dirle che ho conosciuto un altro Fiore dalle foglie capovolte. Ne sarà entusiasta.»
«Ehm... le auguri "sole splendente e lunga giornata" da parte mia» dissi, traducendo in lingua terrestre il commiato più diffuso sul Pianeta dei Fiori.
«Senz'altro. E voi fate buon viaggio.»
Arretrò, e il fascio luminoso colpì di nuovo i miei occhi. Li sbattei con decisione.
«Spegni, Hank» disse il Cercatore, procedendo verso l'auto con una mano a coprirsi gli occhi. La notte ridiventò nera, e io mi sforzai di sorridere anche al Cercatore invisibile chiamato Hank.
Accesi il motore con mano tremante.
I Cercatori furono più veloci. La piccola auto nera con la strana barra luminosa sul tetto fece una rapida inversione a U e nel giro di pochi istanti i suoi fari posteriori sparirono nella notte.
A quel punto ripartii. Il mio cuore batteva all'impazzata. Ne sentivo le pulsazioni persino sulla punta delle dita.
«Sono andati» sussurrai tra i denti che ancora battevano.
Sentii Jared deglutire.
«Che rischio» disse.
«Temevo che Kyle si fermasse.»
«Anch'io.»
Parlavamo a sussurri, non osavamo alzare la voce.
«Il Cercatore l'ha bevuta.»
«Sì.»
«Io non ci sarei cascato. Non sei migliorata granché, come attrice.»
Scrollai le spalle. Il mio corpo era talmente rigido che si rilassò di colpo. «Non possono non credermi. Ciò che sono... be', è qualcosa di impossibile. Qualcosa che non dovrebbe esistere.»
«Qualcosa di incredibile» commentò. «E meraviglioso.»
I suoi complimenti sciolsero un po' la morsa che mi stringeva lo stomaco.
«I Cercatori non sono poi diversi dagli altri» mormorai, tra me. «Non fanno poi così paura.»
Annuì con gesti lenti. «Proprio non puoi farci niente, eh?»
Non sapevo cosa rispondere.
«La tua presenza ci cambierà la vita» aggiunse sottovoce, assorto.
Sentii Melanie farsi più triste, ma non era arrabbiata. Rassegnata, piuttosto.
Tu puoi aiutarli. Puoi proteggerli più di me. E sospirò.
I fari del veicolo che procedeva lento davanti a noi non mi spaventarono, quando li vidi comparire. Li conoscevo, mi rincuorarono. Accelerai un poco - senza oltrepassare il limite - per sorpassarli.
Jared estrasse una torcia dal vano del cruscotto. Capii cosa voleva fare: rassicurarli.
Mentre sorpassavamo il camion fece luce sul suo viso. Io cercai di guardare al di là del suo finestrino. Kyle annuì e fece un gran sospiro. Ian si sporse alle sue spalle, gli occhi fissi su di me. Lo salutai, e lui sorrise.
Ci stavamo avvicinando all'entrata nascosta.
«Pensi che sia il caso di proseguire sino a Phoenix?»
Jared ci pensò. «No. Rischiamo di incrociarli e di venire fermati di nuovo. Non credo che ci stiano seguendo. Sono concentrati sulla strada.»
«No, non ci seguiranno.» Ne ero certa.
«Allora torniamo a casa.»
«Sì, casa» aggiunsi di cuore.
Spegnemmo i fari, e Kyle alle nostre spalle fece altrettanto.
Kyle e Ian avrebbero pensato a condurre i veicoli fino alle caverne, e a scaricare in fretta, così da nasconderli prima del mattino. La piccola sporgenza all'entrata non sarebbe bastata a proteggerli da sguardi indiscreti.
Mi sentii una sprovveduta ripensando alla strada che portava alle caverne. Il grande mistero dell'uscita che non ero mai riuscita a risolvere da sola. Jeb era davvero contorto.
Come le indicazioni che aveva lasciato a Mel, le righe incise nella copertina dell'album di foto. Non portavano affatto al rifugio. No: costringevano chi le seguiva a trascinarsi avanti e indietro davanti al nascondiglio segreto, lasciando a Jeb tutto il tempo di decidere se estendere o no il suo invito.
«Secondo te cosa è successo?» domandò Jared, e interruppe i miei pensieri.
«In che senso?»
«La recente sparizione di cui parlava il Cercatore.»
Fissai il vuoto, impassibile. «Non parlava di me?»
«Non penso proprio che ti potrebbero considerare recente, Wanda. E soprattutto, durante il viaggio d'andata non abbiamo incontrato pattuglie stradali. È una novità. Stanno cercando noi. Qui.»
Il suo sguardo si fece tagliente, il mio spaventato.
«Cos'hanno combinato?» Jared esplose all'improvviso, schiaffeggiando forte il cruscotto. Sobbalzai.
«Credi che sia colpa di Jeb e degli altri?»
Non rispose, ma scrutò il deserto stellato con occhi furiosi.
Non capivo. I Cercatori andavano a caccia di umani dopo che qualcuno era scomparso nel deserto: perché? Poteva succedere. Com'erano giunti a conclusioni tanto precise?
E perché Jared era arrabbiato? I nostri fratelli, nelle caverne, non facevano mai niente per attirare l'attenzione. Non erano così sciocchi. Uscivano soltanto in caso di emergenza.
Oppure se pensavano che fosse indispensabile.
Avevano forse sfruttato la mia assenza?
Jeb aveva dichiarato di non voler più macellare persone e anime, finché mi fossi trovata sotto il loro tetto. Aveva scoperto un compromesso?
«Tutto bene?» domandò Jared.
Il nodo che avevo in gola mi impedì di rispondere. Scossi la testa. Le mie guance si rigarono di lacrime, che cadevano dal mento sul mio grembo.
«Lascia guidare me.»
Scossi di nuovo la testa. Ci vedevo ancora.
Non insistette.
Mentre piangevo in silenzio, raggiungemmo la montagna bassa che nascondeva il reticolo delle nostre caverne. In realtà si trattava di una collinetta insignificante di roccia vulcanica, simile a tante altre, decorata qua e là da infiorescenze di creosoto affusolato e fichi d'india dalle foglie piatte e pungenti. Le migliaia di piccole grate erano invisibili, perse nell'amalgama di rocce violacee. Da qualche parte usciva del fumo, nero su nero.
Uscii dal furgone e mi appoggiai alla portiera, asciugandomi gli occhi. Jared mi si avvicinò. Indeciso, appoggiò una mano sulla mia spalla.
«Scusa. Non potevo immaginarlo. Non credevo che l'avrebbero fatto. Non dovevano...»
Lo diceva soltanto perché ormai li avevo smascherati.
Il camion frenò di colpo alle nostre spalle. Sentimmo il rumore di portiere che sbattevano e poi di passi.
«Che è successo?» domandò Kyle, giunto per primo.
Ian era alle sue spalle. Vide la mia espressione, le lacrime che ancora mi rigavano le guance, la mano di Jared sulla mia spalla, poi mi corse incontro per abbracciarmi. Mi strinse al petto. Non so perché, ma piansi ancora più forte. Avvinta a lui, bagnavo di lacrime la sua camicia.
«È tutto a posto. Sei stata grande. È finita.»
«Il problema non è il Cercatore, Ian» disse Jared inquieto, mentre si sporgeva in avanti per non perdere il contatto con me.
«Che?»
«Non stavano pattugliando la strada per caso. A quanto pare Doc ha ricominciato a... lavorare, in nostra assenza.»
Rabbrividii, e per un istante mi parve di sentire in gola il sapore di sangue argenteo.
«Ma come, quei...» La furia lasciò Ian senza parole. Non terminò la frase.
«Bravi» disse Kyle, disgustato. «Idioti. Stiamo via per qualche settimana, e quelli scatenano i Cercatori. Avrebbero potuto almeno chiedere a noi...»
«Taci, Kyle» disse Jared aspro. «Non siamo ancora arrivati. Dobbiamo scaricare tutto e in fretta. Chissà in quanti ci stanno cercando? Prendiamo un carico, e poi cerchiamo aiuto.»
Mi scrollai di dosso Ian, per dare una mano. Le lacrime non si fermavano. Ian mi restò accanto, sostituendo lo scatolone pesante di zuppa in lattina che avevo sollevato con una confezione di pasta, più grossa ma più leggera.
Imboccammo il sentiero ripido che portava all'interno, guidati da Jared. Il buio pesto non mi disturbava. Non conoscevo ancora bene la strada, ma non era difficile. Sempre dritto in discesa, sempre dritto in salita.
A metà percorso, una voce familiare spuntò da lontano. Riecheggiò, spezzata, nella galleria.
«Sono tornati... ati... ati» urlava Jamie.
Cercai di asciugarmi le lacrime con una spalla, ma non ci riuscii del tutto.
Una luce azzurra si avvicinò, rimbalzando assieme alla corsa di chi la portava. Poi apparve Jamie.
Rivederlo fu sconcertante.
Credendolo allegro come al solito, mi ero sforzata di ricompormi per salutare senza intristirlo. Ma Jamie era già triste. Il suo volto era pallido e teso, gli occhi cerchiati di rosso. La sabbia sulle guance era rigata dalle lacrime che aveva versato.
«Jamie?» esclamai assieme a Jared, lasciando cadere la scatola a terra.
Jamie mi corse incontro e mi abbracciò.
«Oh, Wanda! Oh, Jared!» singhiozzò. «Wes è morto! Morto! La Cercatrice l'ha ucciso!»