32
L'aggressione
Le grotte erano silenziose; il sole non era ancora sorto. Nella grande piazza gli specchi riflettevano il chiarore dell'alba imminente.
I miei pochi vestiti erano rimasti nella stanza di Jared e Jamie. Mi ci infilai, lieta che Jared fosse lontano.
Jamie dormiva sodo, sul materasso, raggomitolato nell'angolo più lontano. Ian occupava il resto dello spazio, con i piedi che penzolavano dai bordi del letto.
Per chissà quale ragione reagii da isterica. Fui costretta a infilarmi una mano in bocca per soffocare le risate, mentre in silenzio afferravo le mie vecchie magliette e i pantaloncini sporchi di terra.
"Sei suonata" disse Melanie. "Hai bisogno di dormire."
"Dormirò dopo. Quando..." Non riuscii a finire la frase. Tornai subito con i piedi per terra, nel silenzio.
Ero ancora agitata, mentre mi dirigevo verso la vasca. Di Doc mi fidavo, ma... magari aveva cambiato idea.
Quando giunsi alla diramazione da cui si irradiavano i corridoi delle stanze mi parve di sentire qualcosa alle mie spalle. Mi voltai, ma non vidi nessuno. Era quasi l'ora del risveglio. Di lì a poco ci sarebbe stata la colazione, quindi un'altra giornata di lavoro. Se avevano finito con il granturco, la terra del campo orientale andava rivoltata. Magari avrei potuto aiutarli... più tardi...
Seguii il percorso ormai familiare verso i fiumi sotterranei, la mente persa in un milione di altri posti. Non riuscivo a concentrarmi su nulla. Ogni volta che cercavo di mettere a fuoco qualcosa - Walter, Jared, la colazione, il lavoro, il bagno - arrivava un altro pensiero a distrarmi. Aveva ragione Melanie: dovevo dormire. Lei era confusa quanto me. I suoi pensieri gravitavano attorno a Jared, ma non riusciva a tirarne fuori nulla di coerente.
Mi ero abituata alla stanza da bagno. L'oscurità non mi preoccupava più. Quasi ovunque era buio, nelle caverne.
Però sapevo di non avere il tempo di godermi il bagno. Presto sarebbero arrivati gli altri, a cui piaceva iniziare la giornata puliti. Di buona lena, prima lavai me stessa, poi i vestiti. Strofinai con vigore la camicia, come se potessi ripulirla dai ricordi delle due nottate precedenti.
Quando ebbi finito, mi pungevano le mani; a bruciare erano soprattutto le sbucciature che avevo sulle nocche. Le immersi nell'acqua, senza sentire gran sollievo. Sospirai e uscii, pronta a rivestirmi.
Stavo infilando i piedi nelle mie scarpe da tennis sdrucite, quando capii che il mio turno era finito.
«Toc toc» disse una voce familiare dall'entrata buia.
«Buongiorno, Ian» dissi. «Ho quasi finito. Dormito bene?»
«Ian dorme ancora» rispose la voce. «Immagino che non durerà per sempre, perciò sarà meglio che ci sbrighiamo.»
Schegge ghiacciate mi inchiodarono. Non riuscivo a muovermi né a respirare.
Lo sapevo, ma me ne ero dimenticata durante le lunghe settimane della sua assenza: non soltanto Kyle somigliava molto a Ian, ma quando parlava in tono normale, cosa che accadeva di rado, aveva esattamente la sua voce.
Mi sentii soffocare. Ero intrappolata in quel buco nero, con Kyle all'ingresso. Non c'era via d'uscita.
"Zitta!" strillò Melanie nella mia testa.
Facile. Non avevo aria per urlare.
"Ascolta!"
Obbedii e tentai di concentrarmi malgrado la paura, che mi paralizzava.
Non sentivo niente. Kyle si aspettava una risposta? Stava sgattaiolando nella stanza in silenzio? Drizzai le orecchie, ma la corrente del fiume copriva ogni altro suono.
"Svelta, prendi un sasso!" ordinò Melanie.
"Perché?"
Mi vidi scagliare una roccia contro la testa di Kyle.
"Non posso!"
"Allora moriremo!" mi urlò. "Io posso! Lascia fare a me!"
"Dev'esserci un'altra maniera" mugolai, ma costrinsi le mie ginocchia a piegarsi. Frugai nell'oscurità e trovai una pietra grossa, appuntita, e una manciata di sassolini.
Combattere o fuggire.
Disperata, cercai di liberare Melanie, di farla uscire. Non trovavo la via, le mani erano ancora le mie, inutilmente avvinghiate agli oggetti che mai avrei saputo trasformare in armi.
Un rumore. Un gorgoglio leggero, quando qualcosa entrò nel torrente che portava l'acqua della vasca verso la latrina. A pochi metri da me.
"Dammi le mie mani!"
"Non so come fare! Prendile!"
Feci per sgusciare via, stretta contro la parete, verso l'uscita. Melanie si sforzava di uscire dalla mia testa, ma neanche lei sapeva trovare la via.
Un altro rumore. Non dal torrente lontano. Un sospiro, sulla porta. Restai impietrita.
"Dov'è?"
"Non lo so!"
L'unico rumore fu quello del fiume, di nuovo. Kyle era solo? C'era qualcuno ad attendermi sulla porta, mentre lui mi metteva in fuga dalla vasca? Quanto mi era vicino?
Sentii la pelle d'oca sulle braccia e sulle gambe. C'era una specie di pressione nell'aria, che quasi mi faceva cogliere i suoi movimenti silenziosi. La porta. Feci un mezzo giro su me stessa, pronta a tornare indietro, lontana dal respiro che avevo sentito.
Non poteva aspettare a lungo. A giudicare dalle sue parole, aveva fretta. Da un momento all'altro poteva arrivare qualcuno. Ma le circostanze gli erano favorevoli. Quelli che avrebbero tentato di fermarlo erano numericamente inferiori ai suoi sostenitori. E non so quanti dei suoi oppositori sarebbero riusciti a fermarlo. Soltanto Jeb e il suo fucile avrebbero fatto la differenza. Forse solo Jared era forte quanto Kyle, ma Kyle era più convinto.
Un altro rumore. Era un passo quello che avevo sentito sulla porta? O l'avevo immaginato?
"Stai pronta." Melanie mi ordinò di stringere la pietra con più forza.
Prima volevo concedermi la possibilità di fuggire. Non sarei stata una buona combattente nemmeno se avessi accettato di provare. Kyle pesava quasi il doppio di me, le sue braccia erano molto più lunghe delle mie.
Alzai la mano in cui tenevo i sassolini e mirai verso il canale che entrava nella latrina. Forse potevo fargli credere di essermici nascosta, in attesa di soccorsi. Lanciai la ghiaia e mi allontanai dal rumore che fecero contro la parete rocciosa.
Riecco il sospiro, sulla porta, il suono di un passo leggero che si spostava verso il mio falso nascondiglio. Proseguii lungo la parete, con la stessa leggerezza.
"E se fossero in due?"
"Non so."
Ero quasi arrivata all'uscita. Raggiunto il tunnel, avrei potuto scappare. Ero più leggera e veloce...
Sentii chiaramente il rumore di un passo che entrava nel torrente all'altro capo della stanza. Sgusciai ancora più veloce.
Un tuffo violento spezzò la tensione. Sentii uno scroscio d'acqua sulla pelle, che mi mozzò il respiro. L'onda si abbatté fragorosamente contro la parete.
"Viene dalla vasca! Corri!"
Aspettai un secondo di troppo. Grosse dita mi afferrarono il polpaccio e la caviglia. Con uno strattone cercai di liberarmi. Inciampai, e lo slancio con cui caddi gli fece mollare la presa.
Ero a terra, come lui. Riuscii a buttarmi in avanti, strisciando le ginocchia contro la pietra scabra.
Kyle grugnì e allungò una mano verso il mio piede. Non trovò nulla da stringere; di nuovo sfuggii alla presa. Scattai in avanti rialzandomi, a testa bassa, a rischio di cadere ancora, con il busto quasi parallelo al terreno. Mantenni l'equilibrio soltanto grazie a uno sforzo di volontà.
Non c'era nessun altro. Nessuno sulla soglia della stanza. Scattai in avanti, speranza e adrenalina mi inondarono le vene. Sfrecciai a tutta velocità nella stanza dei fiumi, il mio unico pensiero era quello di raggiungere il tunnel. Percepivo il fiatone di Kyle a poca distanza.
All'improvviso sentii un dolore straziante alla gamba, mentre due pietre, quella che stringevo in mano e quella che Kyle mi aveva lanciato contro per azzopparmi, rotolavano a terra. La mia gamba si piegò e mi fece cadere all'indietro; un secondo dopo, lui mi piombò addosso.
Con il suo peso mi premette la testa contro la roccia e mi inchiodò a terra. Senza punti d'appoggio.
"Urla!"
L'aria mi uscì dai polmoni con una violenza che sorprese entrambe. Non pensavo di poter strillare così tanto: di certo qualcuno aveva sentito. "Fai che quel qualcuno sia Jeb. Fai che abbia il fucile con sé."
Kyle protestò. La sua mano era grande abbastanza da coprirmi il viso soffocando le mie urla.
Poi si voltò, e il movimento mi colse così di sorpresa che non riuscii ad approfittarne. Iniziò a rotolare, costringendomi ad assecondare i suoi movimenti. Ero disorientata, confusa, mi girava la testa, ma capii le sue intenzioni non appena il mio viso sfiorò l'acqua.
Una mano infilò la mia testa nel rivolo d'acqua bassa e più fresca che andava ad alimentare la piscina. Era troppo tardi per trattenere il respiro.
Quando l'acqua mi riempì i polmoni, fui presa dal panico e iniziai a dibattermi più di quanto Kyle si aspettasse. Braccia e gambe strattonavano e sbattevano in tutte le direzioni, tanto da fargli perdere la presa. Cercò di afferrarmi meglio, ma d'istinto mi lanciai addosso a lui anziché scappare. Avanzai di una spanna o poco meno, ma tanto bastò per poter riprendere fiato e sputare fuori un po' d'acqua.
Cercò di ricacciarmi nel torrente, ma sgusciai in modo da ostacolarlo con il suo stesso peso. L'acqua nei polmoni provocava spasmi e colpi di tosse incontrollabili.
«Basta!» ruggì Kyle.
Mi lasciò andare e cercai di alzarmi in piedi.
«Eh no!» sbottò digrignando i denti.
Era finita, lo sapevo.
Qualcosa non andava, nella mia gamba. La sentivo indolenzita, la muovevo a stento. Potevo solo trascinarmi a terra con le braccia e la gamba buona. Ma la tosse mi impediva di coordinarmi. E di urlare.
Kyle mi afferrò per un polso e mi sollevò da terra. La gamba dolente non riuscì a sostenermi e gli crollai addosso.
Con una mano sola mi afferrò i polsi e con il braccio libero mi cinse i fianchi. Mi sollevò da terra come un sacco di patate. Tentai di girarmi, scalciando nel vuoto.
«Facciamola finita.»
Saltò il torrente più stretto con un balzo e mi portò fino al pozzo più vicino. Il vapore dell'acqua calda mi coprì il viso.
Stava per gettarmi nel buco scuro e caldo, dentro il fiume pronto a bruciarmi e trascinarmi nel cuore della terra.
«No, no!» strillai, con voce rauca e troppo debole.
Anziché tentare di liberarmi, mi avvinghiai a lui con le gambe, accavallando quella buona a quella ferita, e cercando di ignorare il dolore per restare salda.
«Scendimi di dosso, brutta...» Si dibatté per liberarsi e mi consentì di sciogliere un polso dalla sua presa. Gli passai un braccio intorno al collo e iniziai a tirargli i capelli. Se proprio dovevo finire dentro il fiume nero, lo avrei portato con me.
Con un sibilo Kyle mi diede un pugno nel fianco.
Tossii di dolore, ma affondai anche l'altra mano nei suoi capelli.
Mi strinse con entrambe le braccia, come se, anziché combattere, ci stessimo scambiando un'effusione. Poi mi afferrò per i fianchi, e lottò con tutte le forze contro la mia stretta.
Malgrado gli avessi quasi strappato i capelli, aumentò la pressione.
Sentivo l'acqua scorrere sempre più vicina, sotto di me. Il vapore si alzava in una nuvola spessa, e per qualche istante nascose Kyle.
Sentii cedere la gamba ferita. Cercai di stringermi ancora di più a lui, ma la sua forza bruta stava per avere la meglio sulla mia disperazione. Pochi istanti e si sarebbe liberato, gettandomi tra gli sbuffi di vapore che mi avrebbero cancellata per sempre.
"Jared! Jamie!" Pensieri e dolore che appartenevano sia a me sia a Melanie. Non avrebbero mai scoperto ciò che stava per accadere. Ian. Jeb. Doc. Walter. Nessun ultimo addio.
Di punto in bianco Kyle fece un balzo e piombò a terra con un tonfo.
Ci fu un crepitio assordante. Mi sembrò che l'intera caverna stesse per crollare. La terra tremava.
Con il nostro peso avevamo rotto una lingua di roccia friabile sull'orlo della buca. Kyle si affannò in cerca di salvezza, ma le crepe si aprivano più veloci dei suoi passi.
Un lembo di terra gli si sbriciolò sotto i piedi, e con un tonfo cadde in avanti. Sotto il mio peso sbatté la testa contro una colonna di pietra. Le sue braccia persero forza e caddero inerti.
Il crepitio della terra si trasformò in un rombo sostenuto. La sentivo tremare sotto il corpo di Kyle.
Gli ero addosso. Le nostre gambe penzolavano nel vuoto, il vapore si condensava in milioni di gocce sulla pelle.
Avevo paura di muovermi.
"Scendigli di dosso. Siete troppo pesanti, assieme. Attenta, sfrutta la colonna. Allontanati dal buco."
Paralizzata dalla paura, obbedii all'ordine di Melanie. Mi arrampicai incerta sul corpo di Kyle privo di sensi, sfruttando il pilastro roccioso come appoggio. Mi sembrava solido, ma la terra continuava a rombare, sotto di noi.
Mi lanciai oltre la colonna, su una porzione di suolo che al contatto con mani e ginocchia sembrava più solida, ma che abbandonai svelta per correre verso la galleria.
All'ennesimo crepitio, mi voltai indietro. Vidi una gamba di Kyle sbalzata ancora più in basso, dopo che un altro frammento di roccia aveva ceduto. Sentii il tuffo fragoroso della pietra nel fiume.
Capii che stava per cadere.
"Bene" ghignò Melanie.
"Ma..."
"Se cade, non ci ucciderà, Wanda. Se non cade, invece sì."
"Ma io non posso..."
"Sì che puoi. Vattene. Non vuoi vivere?"
Sì. Volevo vivere.
Kyle poteva anche sparire. Così, nessuno mi avrebbe più fatto del male. Nessun abitante delle grotte, certo. Restava la Cercatrice, ma forse, un giorno, anche lei avrebbe rinunciato, e a quel punto avrei potuto restare per sempre con gli umani.
La mia gamba pulsava, il dolore prese il posto dell'indolenzimento. Sentii qualcosa di caldo e umido colarmi sulle labbra. Lo assaggiai senza pensarci, e capii che era il mio sangue.
"Lascialo perdere, Viandante. Io voglio vivere. La scelta è anche mia."
Da dove mi trovavo, sentivo la terra vibrare. Un'altra porzione di roccia crollò nel fiume. Kyle si sbilanciò e scivolò di qualche centimetro verso la buca.
"Lascialo perdere."
Melanie era molto più determinata di me. Era il suo mondo. Le sue regole.
Fissai il volto dell'uomo che stava per morire, dell'uomo che mi voleva morta. Privo di sensi, non somigliava più a un animale infuriato. La sua espressione era rilassata, serafica.
La somiglianza con il fratello era evidente.
"No!" protestò Melanie.
Strisciai carponi verso di lui, tastando con cura il terreno centimetro per centimetro. Avevo troppa paura per andare oltre la colonna, perciò la strinsi con la gamba sana e mi chinai a infilare le mani sotto le braccia e il petto di Kyle.
Tirai così forte da sentirmi strappare le braccia, ma non riuscii a spostarlo. Il terreno continuava a sbriciolarsi con un rumore simile a quello della sabbia dentro una clessidra.
Diedi un altro strattone, con l'unico risultato di accelerare lo sbriciolamento. Spostare tutto quel peso aumentava la pressione sulla roccia.
In quel preciso istante un grosso lembo di pietra precipitò nel fiume e compromise l'equilibrio già precario di Kyle. Stava per cadere.
«No!» gridai. Premuta contro la colonna, cercai di stringerlo all'altro lato della roccia abbracciandolo stretto ai fianchi. Mi facevano male le braccia.
«Aiuto!» strillai. «Qualcuno mi aiuti!»