39
La preoccupazione
"Perfetto" brontolai. "Davvero perfetto."
Ian mi stava raggiungendo a pranzo, un gran sorriso sulle labbra. Cercava di tenermi su di morale... come sempre.
"Secondo me stai esagerando con il sarcasmo" disse Melanie.
Me ne ricorderò.
Si era fatta viva di rado, nella settimana precedente. Né io né lei eravamo molto di compagnia. Era meglio evitare qualsiasi relazione, comprese quelle reciproche.
«Ciao, Wanda» disse Ian, e con un balzo si sedette sul bancone accanto a me. Tra le mani aveva una ciotola di minestra di pomodoro ancora fumante. La mia era accanto a me, mezza piena e ormai fredda. Giocavo con un pezzo di pane, facendolo a pezzettini.
Non gli risposi.
«E dai» disse posandomi una mano sul ginocchio. La reazione di Mel fu contenuta. Ormai era troppo abituata a certi gesti per infuriarsi sul serio. «Torneranno prima dell'alba, vedrai.»
«L'hai detto anche tre giorni fa, e ieri.»
«Oggi sento che è il giorno giusto. Non tenere il broncio, è una reazione da umani» mi stuzzicò.
«Non ho il broncio.» Preoccupata com'ero, non riuscivo a essere lucida. Non mi restava più un briciolo di energia.
«Non è la prima volta che Jamie esce in missione.»
«Ah, allora posso stare tranquilla.» Di nuovo il sarcasmo. Melanie aveva ragione, ne stavo approfittando un po' troppo.
«Con lui ci sono Jared, Geoffrey e Trudy. Kyle invece è rimasto qui» rise Ian. «Perciò possiamo essere sicuri che niente andrà storto.»
«Non ho voglia di parlarne.»
«Okay.»
Si dedicò al pasto e mi lasciò sbollire. Ian era sensibile, sempre attento a esaudire i miei desideri, persino quando questi erano indefiniti sia per me che per lui.
Era passato un mese dal mio trasloco nella stanza di Jared e Jamie. Avevamo vissuto insieme per tre settimane. Jared dormiva su un materasso incastrato oltre la testata del letto mio e di Jamie.
Mi ci ero abituata, alle notti, perlomeno; tanto che mi era difficile dormire da sola. Mi mancava il respiro degli altri corpi.
Ma non mi ero abituata a svegliarmi ogni giorno con Jared. Impiegavo sempre un secondo di troppo a rispondere al suo saluto. Nemmeno lui era a proprio agio, ma conservava le buone maniere. Entrambi eravamo molto educati.
«Buongiorno, Wanda. Dormito bene?»
«Sì, grazie, e tu?»
«Sì, grazie. E... Mel?»
«Anche lei bene, grazie.»
Lo stato di euforia costante di Jamie e le sue chiacchiere allegre scongiuravano che l'atmosfera si facesse opprimente. Parlava spesso di - e con - Melanie, tanto che il nome della ragazza cessò di essere, in presenza di Jared, fonte di inquietudine. Ogni giorno mi ci abituavo un po', e il ritmo della mia vita si faceva più sopportabile.
Eravamo... quasi felici. Sia io che Melanie.
Poi, una settimana prima, Jared era uscito per un'altra breve missione - in cerca di nuovi utensili - portando con sé Jamie.
«Stanca?» domandò Ian.
Mi accorsi che mi stavo strofinando gli occhi. «Non proprio.»
«Continui a dormire male?»
«C'è troppo silenzio.»
«Potrei dormire io con te... Oh, calmati, Melanie. Sai cosa intendo.»
Ian si accorgeva sempre quando l'opposizione di Melanie mi faceva irrigidire.
«Sbaglio o hai detto che torneranno entro oggi?»
«Giusto. Quindi non c'è bisogno di riorganizzarci, immagino.»
Sospirai.
«Forse è il caso che ti prenda una pausa, oggi pomeriggio.»
«Non essere sciocco» risposi. «Sono piena di energia e pronta a lavorare.»
Sorrise, come se gli avessi fatto un complimento.
«Bene. Allora potrei aver bisogno del tuo aiuto. Ho un progetto.»
«Che progetto?»
«Vedrai. Hai finito?»
Annuii.
Mi prese per mano e mi portò fuori dalla cucina. Altro gesto ovvio, di fronte al quale Melanie a malapena protestò.
«Perché andiamo da questa parte?» Il campo di grano non aveva bisogno di cure. Noi stessi avevamo aiutato a irrigarlo, quel mattino.
Ian non rispose, ma continuò a sorridere.
Mi condusse lungo la galleria orientale, al di là del campo e dentro il corridoio che portava a un posto ben preciso. Quando lo imboccammo, sentii delle voci e dei tonfi sporadici, che non riconobbi da subito. L'odore di chiuso e la puzza di zolfo mi fecero riaffiorare dei ricordi.
«Ian, non sono dell'umore.»
«L'hai detto tu che sei piena di energia.»
«Per lavorare. Non per giocare a calcio.»
«Ma Lily e Wes ci resteranno male. Ho promesso loro una sfida due contro due. Stamattina hanno lavorato abbastanza per potersi prendere il pomeriggio libero...»
«Non provare a farmi sentire in colpa» dissi mentre sbucavamo dall'ultima curva.
«Non funziona?» disse malizioso. «Su, Wanda. Ti farà bene.»
Mi trascinò nella stanza dei giochi, dove Lily e Wes erano impegnati a passarsi la palla, avanti e indietro, ai due lati del campo.
«Ciao Wanda, ciao Ian» disse Lily.
«Questa la vinco io, O'Shea» lo apostrofò Wes.
«Non vorrai farmi perdere contro Wes, vero?» mormorò Ian.
«Ce la farai anche da solo.»
«Partirei con l'handicap. Non potrei sopportarlo.»
Sospirai. «Va bene. Va bene. E sia.»
Ian mi abbracciò con un entusiasmo che Melanie giudicò superfluo. «Sei la mia persona preferita, in tutto l'universo conosciuto.»
«Grazie» mormorai impassibile.
«Pronta all'umiliazione, Wanda?» mi sfidò Wes. «Avrete anche preso il pianeta, ma perderete la partita.»
Ian rise, io non reagii. La battuta mi fece sentire a disagio. Copie poteva scherzare su una cosa del genere? Gli umani erano una continua sorpresa.
Compresa Melanie. Il suo umore, fino a pochi momenti prima, era abbattuto quanto il mio, ma d'un tratto la sentii entusiasmarsi.
L'altra volta non abbiamo potuto giocare, spiegò. Sentivo il suo bisogno di correre, correre di piacere, anziché per paura. Restare inerte non servirà a farli tornare in fretta. Vale la pena di distrarsi. Stava già pensando a una tattica, soppesando la bravura degli avversari.
«Conosci le regole?» mi chiese Lily.
Annuii. «Le ricordo.»
Distratta, piegai un ginocchio afferrandomi la caviglia per stirarmi i muscoli. Era una posizione familiare. Riscaldai anche l'altra gamba, lieta di sentirmi in forma. La ferita sul retro della coscia era quasi scomparsa, e al fianco non sentivo più dolore.
Due settimane prima, durante la pulizia degli specchi, mi ero vista in faccia. La ferita che avevo sulla guancia era rosso scuro, ampia e irregolare. Melanie se ne preoccupò più di me.
«Io sto in difesa» disse Ian, mentre Lily arretrava e Wes camminava palla al piede. Un incontro impari. Melanie ne fu felice. Le piacevano le sfide.
Non appena iniziò la partita - con un passaggio all'indietro di Wes, che scattò per ricevere la palla da Lily dopo avermi superata - ci fu poco tempo per pensare. Dovevo agire in fretta e d'istinto. Osservare lo spostamento di Lily, capire in che direzione avrebbe passato la palla. Anticipare Wes - ah, quanto restò sorpreso dalla mia velocità - dare la palla a Ian e correre in attacco. Lily si era sbilanciata troppo. In velocità la superavo. Ian effettuò un passaggio perfetto, e io segnai il primo gol.
Fu una bella sensazione, fatta di muscoli in tensione, sudore, gioco di squadra con Ian. Facevamo una bella coppia. Io ero veloce, lui un tiratore infallibile. Wes rimase a corto di improperi prima ancora che Ian segnasse il terzo gol.
Arrivati a ventuno, Lily dichiarò la fine della partita. Aveva il fiatone. Io no: mi sentivo bene, i muscoli caldi e sciolti.
Wes voleva la rivincita, ma Lily non ne poteva più.
«Accettalo, sono più forti.»
«Ci hanno imbrogliati.»
«Nessuno ha mai detto che lei non sapesse giocare.»
«Ma neanche che fosse una professionista.»
Sorrisi.
«Impara a perdere» disse Lily, pizzicando divertita la pancia a Wes. Lui le afferrò la mano e la tirò verso di sé. Lei rise, liberandosi dalla presa, ma Wes la riprese e schioccò un bel bacio sulla sua bocca sorridente.
Io e Ian ci scambiammo un'occhiata sorpresa.
«Perderò con grazia, per te» le disse Wes, e mollò la presa. Lily guardò di sottecchi me e Ian, per controllare la nostra reazione.
«E ora» aggiunse Wes, «vado a cercare rinforzi. Vediamo come se la cava la tua campionessa contro Kyle, Ian.» Lanciò la palla nell'angolo più lontano della grotta, e la sentii atterrare nell'acqua della sorgente.
Ian andò a riprenderla, mentre io guardavo Lily incuriosita.
Rise della mia espressione, con un imbarazzo che non le apparteneva. «Lo so, lo so.»
«Da quando... va avanti?» domandai.
Lei rispose con una linguaccia.
«Scusami, non sono affari miei.»
«Non preoccuparti. Non è un segreto: com'è possibile nascondere un segreto quaggiù? È soltanto una... novità. Più o meno è colpa tua» aggiunse, sorridendo per mostrare che scherzava.
Tuttavia mi sentii un po' in colpa. E confusa. «Cosa avrei fatto?»
«Niente» mi rassicurò. «È stata la... reazione di Wes al tuo arrivo, a sorprendermi. Non sapevo che fosse tanto sensibile. Non mi ero quasi neanche accorta di lui. Be'. È troppo giovane per me, ma importa qualcosa, qui?» Fece un'altra risata. «È strano vedere che la vita e l'amore continuano. Non l'avrei mai detto.»
«Già. Davvero curioso» aggiunse Ian. Non l'avevo sentito tornare. Mi cinse le spalle. «Però è bello. Ora sai che Wes ha preso una cotta per te appena ti ha vista, vero?»
«Così dice. Non me n'ero accorta.»
Ian rise. «Sei l'unica. Allora, Wanda, che ne dici di una sfida uno contro uno, mentre aspettiamo?»
Sentii l'entusiasmo muto di Melanie. «Okay.»
Lasciò a me la prima palla, arretrando per proteggere l'area di porta. Il mio primo tiro andò diritto in rete. Quando fece per calciare, lo pressai e ripresi la palla. Poi segnai un altro gol.
"Ci sta lasciando vincere" insinuò Mel.
«E dai, Ian. Gioca.»
«Lo sto facendo.»
"Digli che sta giocando da femmina."
«Come una femminuccia.»
Rise, e gli rubai di nuovo la palla. Non mi accontentai dello sfottò. Ebbi un'ispirazione, e calciai dritto in porta immaginando che l'occasione non si sarebbe più ripresentata.
Mel si oppose. "Non è una buona idea."
"Invece scommetto che funziona."
Piazzai la palla a centrocampo. «Se vinci, ti lascio dormire in camera mia finché non tornano.» Avevo bisogno di una notte di sonno.
«Al dieci.» Con un grugnito, calciò la palla così forte che dopo essermi passata davanti rimbalzò sulla parete dietro la mia porta e tornò indietro.
Guardai Lily. «Era fuori?»
«No, a me sembrava esattamente al centro.»
«Uno a tre» annunciò Ian.
Gli occorsero quindici minuti per vincere, ma se non altro fui costretta a impegnarmi sul serio. Riuscii addirittura a segnare un altro gol, di cui andai molto fiera. Quando mi rubò la palla per andare a segnare l'ultima rete, ero senza fiato.
Lui invece no. «Dieci a quattro, vittoria.»
«Bella partita» ansimai.
«Stanca?» chiese, forse con eccessiva ingenuità. Stava scherzando. Si stiracchiò. «Penso di essere pronto per andare a letto.» Mi guardò di sottecchi con aria maliziosa.
Trasalii.
«Oh, Mel, lo sai che scherzo. Sii gentile.»
Lily restò perplessa.
«La Melanie di Jared ce l'ha con me» le disse Ian, e strizzò l'occhio.
Lei lo guardò curiosa. «Davvero... interessante.»
«Ma Wes non torna più?» mormorò Ian, senza badare alla sua reazione. «Andiamo a cercarlo? Ho bisogno di bere un po' d'acqua.»
«Anch'io» commentai.
«Portatene anche a me.» Lily restò mezza accasciata a terra.
Entrati nella galleria stretta, Ian mi cinse con dolcezza i fianchi.
«Sai» disse, «è davvero ingiusto che Melanie ti faccia soffrire perché è arrabbiata con me.»
«Da quando gli umani sono giusti?»
«Hai ragione.»
«Inoltre, sarebbe molto lieta di farti soffrire, se io glielo concedessi.»
Ian rise.
«Sono carini Wes e Lily, non credi?» disse.
«Sì. Sembrano molto felici. Mi fa piacere.»
«Anche a me. Alla fine Wes ce l'ha fatta. Forse anch'io ho qualche speranza.» Mi strizzò l'occhio. «Secondo te Melanie ti infastidirebbe molto, se ti baciassi qui e ora?»
Mi irrigidii per un istante. «Penso di sì.»
"Certo che sì."
Ian si rattristò.
In quel momento, sentimmo le grida di Wes. La sua voce giungeva dall'altro capo della galleria, a ogni parola sempre più vicina.
«Sono tornati! Wanda, sono tornati!»
Impiegai meno di un secondo per rendermene conto e scattare. Alle mie spalle, Ian mormorò qualcosa a proposito di uno sforzo inutile.
Quasi buttai Wes a terra. «Dove?» ansimai.
«In piazza.»
E ripartii. Sfrecciai verso la grande grotta-giardino scrutando in ogni angolo. Non fu difficile trovarli. Jamie era davanti a un drappello di persone accanto all'entrata del tunnel meridionale.
«Ehi, Wanda!» gridò salutandomi.
Mentre correvo lungo il confine del campo, Trudy gli strinse un braccio come per impedirgli di corrermi incontro.
Lo afferrai per le spalle e lo strinsi a me. «Oh, Jamie!»
«Ti sono mancato?»
«Un pochino. Dove sono tutti? Sono tornati? Stanno bene?» Escluso Jamie, fra i presenti Trudy era l'unica reduce dalla missione. Gli altri - Lucina, Ruth Ann, Kyle, Travis, Violetta, Reid - stavano dando il bentornato ai razziatori.
«Stanno tutti bene» mi rassicurò Trudy.
Perlustrai la grande caverna. «Dove sono?»
«Ehm... a darsi una ripulita, o a scaricare...»
Avrei voluto dare una mano - qualsiasi cosa pur di accertarmi di persona che Jared fosse sano e salvo -, ma sapevo che non mi avrebbero concesso di vedere da dove venisse il carico.
«Hai bisogno di un bel bagno, a quanto pare» dissi a Jamie scompigliando i suoi capelli sporchi e intricati, senza lasciarlo andare.
«Ha bisogno di andare a sdraiarsi» disse Trudy.
«Trudy» borbottò lui, dandole un'occhiataccia.
Trudy mi rivolse uno sguardo fugace.
«Sdraiarti...?» fissai Jamie, allontanandomi di un passo per osservarlo meglio. Non sembrava stanco, i suoi occhi brillavano e le guance si accesero all'improvviso sotto il velo di abbronzatura. Il mio sguardo lo passò al setaccio e si fermò all'altezza della gamba destra.
Aveva uno squarcio nei pantaloni, pochi centimetri sopra il ginocchio. L'orlo era sporco di una macchia marrone e rossastra, che si allungava fino alla caviglia.
Sangue commentò Melanie disgustata.
«Jamie! Che è successo?»
«Grazie, Trudy.»
«Prima o poi se ne sarebbe accorta. Andiamo, parleremo mentre ti accompagno.» Trudy lo prese sottobraccio, e lo aiutò ad avanzare saltellando sul piede sinistro.
«Jamie, dimmi che è successo!» Lo presi anch'io sottobraccio, cercando di sorreggerlo quanto potevo.
«Una stupidaggine. Colpa mia. Avrebbe potuto succedere anche qui.»
«Racconta.»
Fece un sospiro. «Sono inciampato con un coltello in mano.»
Rabbrividii. «Non è meglio farti vedere da Doc?»
«Ci sono appena stato.»
«E lui che dice?»
«Tutto a posto. Ha pulito il taglio, l'ha bendato, e mi ha detto di stare a riposo.»
«A piedi, così? Perché non sei rimasto in ambulatorio?»
Jamie si rabbuiò e guardò Trudy, come in cerca di una risposta.
«Starà più comodo nel suo letto» suggerì lei.
«Già. Perché stare scomodo su una di quelle orribili brande?»
Guardai prima loro e poi dietro di me. La folla si era dileguata. Ne sentivo le voci echeggiare dentro il tunnel meridionale.
"Ma che è successo?" si chiese Mel preoccupata.
Capii all'istante che Trudy non era brava a mentire. C'era un che di falso nel tono con cui mi aveva detto che gli altri razziatori stavano scaricando la merce. Mi sembrava di averla vista lanciare un'occhiata furtiva alla sua destra, verso la galleria che andava a sud.
«Ciao ragazzo! Ciao Trudy!» Ian ci aveva raggiunti.
«Ciao Ian» i due lo salutarono in contemporanea.
«Che ti è successo?»
«Sbucciato con un coltello» rispose Jamie, chinando il capo.
Ian rise.
«Non è divertente» risposi seccamente.
«Dove sono tutti?»
Osservai Trudy con la coda dell'occhio, mentre rispondeva.
«Dovevano, ehm, finire di scaricare della merce.» Stavolta i suoi occhi ammiccarono verso il tunnel meridionale, l'espressione di Ian si irrigidì, e vi fece capolino la rabbia. Poi Trudy si accorse che la stavo guardando.
Distraili, sussurrò Melanie.
Mi rivolsi subito a Jamie.
«Hai fame?» gli domandai.
«Sì.»
«E quando non hai fame?» lo stuzzicò Ian. Sembrava rilassato. Come attore era meglio di Trudy.
Raggiunta la nostra stanza, Jamie fu lieto di poter crollare sul materasso.
«Sicuro di star bene?» dissi.
«Non è niente. Davvero. Doc dice che mi rimetterò in pochi giorni.»
«Vado a lavarmi» mormorò Trudy, e uscì.
«Ian?» dissi, concentrata sulla gamba insanguinata di Jamie. «Ti dispiace andarci a prendere qualcosa da mangiare? Ho fame anch'io.»
«Sì, portaci qualcosa di buono.»
«D'accordo» rispose. «Torno fra un secondo.»
Restai a scrutare la ferita finché non sentii svanire i suoi passi.
«Non sei arrabbiata con me?» domandò Jamie.
«Certo che no.»
«So che non volevi che andassi.»
«Ora sei al sicuro; è tutto ciò che conta.» Gli sfiorai distratta il braccio. Poi mi alzai in piedi e lasciai che i capelli, ormai lunghi fino al mento, mi nascondessero il viso.
«Torno subito: ho dimenticato di chiedere una cosa a Ian.»
«Cosa?» domandò, confuso dal mio tono di voce.
«Te la caverai, qui da solo?»
«Ma certo» ribatté perplesso.
Sgusciai fuori prima che potesse fare altre domande.
Il corridoio era deserto, Ian lontano. Dovevo sbrigarmi. Sapevo di averlo insospettito perché mi ero accorta di quanto fosse goffa la spiegazione di Trudy. Sarebbe tornato subito.
Giunsi alla piazza camminando in fretta, ma senza correre; concentrata, come se avessi una commissione da sbrigare. Incrociai poche persone ma nessuno mi prestò attenzione. Guardavo dritto davanti a me come se la mia meta non fosse la galleria meridionale, nella quale sgattaiolai all'ultimo secondo.
Non appena sprofondai nel buio pesto del corridoio accelerai il passo, correndo lungo il tracciato familiare.
L'istinto mi diceva che si trattava di una scena già vista, una replica di quando Jared e gli altri erano tornati dalla missione, tutti erano tristi, Doc si era ubriacato, e nessuno rispondeva alle mie domande. Ciò che non dovevo sapere, ciò che secondo Ian non avrei voluto sapere, stava accadendo di nuovo. Sentii un brivido lungo la schiena. Forse non volevo saperlo.
"Invece lo vogliamo entrambe."
"Ho paura."
"Anch'io."
Corsi, più silenziosa che potevo, lungo la galleria buia.