Seduta del 18 aprile 1896
MENTRE DAPPERTUTTO RISUONANO
IN LATINO
LE PAROLE DELLA SCRITTURA
“CREDO IN UNUM DEUM OMNIPOTENTEM”,
C’È SCRITTO DOVUNQUE:
“CREDO IN UNUM DEUM OMNIPOTENTEM”...
Non è privo di valore il fatto che questa frase in latino accompagnasse, a detta del paziente, tutto il sogno. Essa sembra assumere quindi un valore indipendente dal suo essere una formula liturgica: seguendo la metafora della chiesa, si direbbe che dentro Kristof risuoni ossessiva una professione di fede. Ma poiché il sogno è sempre figurato, mi chiedo chi sia questo Dio e perché Kristof si debba ostinatamente ripetere di credergli.
VEDO DELLE RAGAZZINE,
MOLTE SONO SVESTITE
GLI URLO CHE NON SI SCHERZA
COME ALL’OSTERIA,
MA LORO FUGGONO VIA RIDENDO...
Su questo passaggio del sogno, il paziente si mostra reticente, accusando un pesante senso di colpa per quello che ritiene il cuore di un sogno blasfemo. Insistendo, apprendo solo che Kristof aveva fino all’anno scorso un gruppo di allieve molto indisciplinate, che rimproverava spesso. Ad alcune di loro ricorda di aver dovuto perfino urlare che l’Accademia non era una taverna. In quell’occasione egli si infuriò così tanto che qualcuno ne rise.
NE RESTA UNA SOLA,
L’AFFERRO PER I LUNGHISSIMI CAPELLI,
LE DICO CHE SI VERGOGNI
CHE È UNA BAMBINA...
L’immagine dei lunghi capelli non evoca in Kristof nessuna associazione.
NON SA CONTARE NEMMENO FINO A 3 O 4,
E NON È UNA BELLA SCUOLA
QUELLA DI SAN GIULIANO!...
Il paziente non apre nessuno spiraglio. E non esiste comunque a Vienna nessuna scuola di San Giuliano.
LE DICO “TOGLIMI I VETRI, SONO TRAFITTO”
MA LEI NON È IN SÉ...
Cosa significa che questa bambina non è in sé? Ebbi un caso una volta, si trattava di una moglie che non voleva prendere atto di un adulterio del marito. Sognava un uomo identico al consorte, ma con i capelli rossi anziché biondi. Lo chiamava per nome, ignorata. E infine si convinceva che, seppur simile al marito, quell’uomo doveva essere un altro. Era un meccanismo narrativo affilatissimo: in effetti il signor Bohm non era più lui, o per lo meno non era più il signor Bohm che lei aveva sposato. Nel sogno di Kristof T. è possibile che avvenga qualcosa di simile: questa creatura priva di compassione che non è più in sé potrebbe raffigurare qualcuno che “non è più quello che era finora”.
TENTA DI SEDERSI ALLA SESTA FILA,
COSA CHE FA INDIAVOLARE,
NON GLIELO PERMETTO,
LA CONDUCO ALLA QUARTA, DEVE STARE LÀ,
LEI MI TENTA RESISTENZA
SI LIBERA
E SI SDRAIA SULLA SESTA.
QUI MI VERGOGNO DI FARLE MALE
E MI SVEGLIO GRIDANDO.
Pur in assenza di contributi da parte del paziente, qualcosa in questo passaggio del sogno rivela una traccia finora inesplorata. Non è normale sentire sulle labbra di un uomo così docile il verbo “indiavolare”. Esso significa letteralmente “farsi come il diavolo”, ovvero “cedere del tutto al male”. Il punto è che nel racconto di Kristof non è mai espressamente detto se a farsi traviare così sia lui oppure la bambina stessa, che rifiuta di sedersi in questa misteriosa quarta fila. In più compaiono in poche righe ben due voci del verbo “tentare”. La seconda volta il verbo è perfino incongruo, come Kristof stesso ha riconosciuto: la dicitura corretta sarebbe “opporre resistenza” mentre lui ha detto ”tentare resistenza”. Anche il verbo “condurre” suona usato stranamente per una circostanza così esagitata, e sembrerebbe più giusto “trascinare”. Ma allora perché un uomo così attento al lessico cadrebbe in queste inesattezze? Se si aggiunge che in questa strana sciarada figurano anche il verbo “liberare” e il sostantivo “male”, non stupirà di sentir affiorare fra le righe una reminiscenza piuttosto clamorosa:
... et ne nos inducas in tentationem
sed libera nos a Malo.
Da cui si desume che un senso di colpa piuttosto marcato affligga il nostro sognatore, qui alle prese con una bambina ribelle che egli percepisce come causa o vittima di peccato.
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