Martha e le altre

Lo scienziato Francis Galton si impegnò in un esperimento impressionante. Egli di fatto creò l’immagine di più individui nell’immagine di un essere solo, ovvero impresse più ritratti su una stessa lastra fotografica. Il risultato fu che più visi si sommavano l’uno all’altro sovrapponendosi in un unico volto.

In data 16 ottobre 1897 un sogno decisivo mi ha portato a nuovi chiarimenti su come procede in questo senso la macchina del sogno, e in particolare sul meccanismo vero e proprio con cui allestisce la sua scena condensando più elementi come le lastre del signor Galton.

Io voglio scendere adesso nell’officina stessa del sogno, voglio portare alla luce il segreto per cui l’immagine onirica ci appare tale. Decodificare il metodo di assegnazione di un significato ai singoli frammenti del discorso. Sciogliere la lingua del sogno, come fosse un geroglifico, decrittando la sua oscurità.

Già nel mio sogno cosiddetto DI IRMA trovai che volentieri in una stessa figura il sogno condensa più persone, legate da un vincolo sottile e necessario.

Ma nel sogno che chiamerò DELLA SERRA – da me sottoposto a un’autoanalisi spietata – l’ingranaggio appare ancora più imponente, e svela un’altra arma di cui il sogno dispone. Questo il racconto:

Tutto si svolge in una serra di montagna,

piena ovunque di fiori rossi e rosa.

Sulla sinistra, immersa nel colore,

siede su una poltrona indiana

mia moglie Martha,

il cui aspetto esteriore tuttavia

dovrò ben descrivere:

Martha mi appare di circa dieci anni più giovane.

Non ho dubbio che sia lei,

riconosco perfettamente il suo viso,

che salta fuori da un abito da sera sgargiante,

di colore intenso

che Martha non metterebbe mai e poi mai.

All’inizio del sogno ha un’acconciatura strana:

porta i capelli tutti raccolti verso l’alto

come una spirale aggrovigliata.

Poco distante da Martha, fra i fiori,

lavora un giardiniere

col viso interamente fasciato.

Io entro nel sogno

con un grosso fiore all’occhiello

e un libro in mano,

ci tengo moltissimo,

so che voglio regalarlo a Martha.

Mi avvicino, e si svolge fra noi un dialogo

all’apparenza astratto:

MARTHA

Un’offerta indimenticabile, Herr Freud.

IO

Questo è ciò che ho combinato nella vita, Martha.

MARTHA

Un intero volume sul linguaggio dei fiori, Herr Freud.

IO

I fiori appassiscono, Martha: domani saranno già morti.

MARTHA

Ma questo libro porta il suo nome, Herr Freud! Lei, con il suo studio sulle foglie, è apprezzato anche all’estero, Herr Freud... E ha il tempo di prendersi cura anche delle rose?

IO

Le rose le ho fatte prendere in cura al giardiniere, io preferivo le camelie.

MARTHA

Oh, sì! Amo le camelie inenarrabilmente.

IO

Ti sanguina un ginocchio, Martha.

MARTHA

(Sciogliendo i capelli.) Mi sono sbucciata, ed è solo merito suo se mi sono sbucciata.

IO

Quindi sei fiera adesso di me?

MARTHA

Eccome: questo libro è preferibile ai fiori.

Questo sogno mi è apparso subito molto complesso rispetto al mio sogno di Irma, e ho temuto di non poterne dare un’interpretazione. Viceversa, con i giorni, scavando in me stesso, ho trovato che esso era intrecciato come una matassa aggrovigliata con vari incontri avuti nei giorni precedenti. Siccome credo che la chiave del sogno sia tutta in queste scene, le riporto fedelmente così come le ricordo.

La prima scena sembra essere la causa originaria del sogno stesso. Ebbe luogo fra me e Martha nel salotto della nostra abitazione, poche ore prima del sogno:

IO

Ti sanguina un ginocchio, Martha?

MARTHA

Sono caduta togliendo una ragnatela fra la pendola e il soffitto. Amalia oggi non ha spolverato bene.

IO

L’ho incrociata un’ora fa che correva per le scale, non mi ha chiesto neanche la paga.

MARTHA

Se è per questo, non ha smesso per tutta la sera di piangere.

IO

È giovane: sarà innamorata.

MARTHA

Vuole sposarsi fra un anno col figlio del droghiere. È per lui che piange.

IO

E tu che ne puoi sapere?

MARTHA

L’ho sentita disperarsi con Annette, si confidava.

IO

E allora?

MARTHA

Allora per il compleanno lui le regalava un bel mazzo di fiori. Così per tre anni. Ieri se l’è dimenticato.

IO

Le donne tirano sempre conclusioni esagerate, è la morale della storia.

MARTHA

I fiori a una donna, di tanto in tanto, possono piacere: fine della storia.

IO

Cosa vuoi dire? È un rimprovero?

MARTHA

Oh, no. Tu non ti dimentichi mai niente. Tranne i compleanni. Tranne i fiori.

IO

Quindi sei disperata come Amalia perché non ti regalo sempre i fiori?

MARTHA

Ho detto “di tanto in tanto”. Ma sono cose che fra un attimo ti scordi: fine della storia.

Nel caso del sogno di Irma tutto sembrava convincermi a prima vista che il sogno parlasse del senso di colpa per non aver curato bene la paziente. Adesso, in egual modo, tutto mi sembrò convergere sulla mia dimenticanza dei fiori, e sul rimorso di non essere un buon marito. Lo strano abito di Martha, tuttavia, mi spinse a cercare ancora, isolando uno per uno gli elementi del personaggio. Li riepilogo:

- Martha stava seduta su una poltrona indiana.

- Martha portava un groviglio di capelli raccolti verso l’alto.

- Martha vestiva un abito da sera di colori sgargianti.

- Martha appariva di almeno dieci anni più giovane.

L’esame approfondito di questi punti mi portò a collegare fra loro almeno quattro episodi più o meno recenti che di certo sono confluiti nel sogno. In tutti gli episodi dialogavo con una donna. E in tutti gli episodi una parte di me fu attratta da loro. Tento di riportare i dialoghi così come essi ebbero luogo:

PRIMO EPISODIO

(Nel mio studio di Vienna, le 16.30 della sera,

9 giorni prima del sogno, ricevo una paziente.)

IO

Quindi è stata indirizzata qui da me dalla clinica di Hobfer?

LA PAZIENTE

Lei con il suo studio sulle fobie è apprezzato anche all’estero.

IO

Il punto è che non so se avrò il tempo di inserirla fra i miei casi.

LA PAZIENTE

Io ci speravo molto.

IO

Tenteremo, ma non voglio illuderla, ho in programma molti viaggi fuori Vienna.

LA PAZIENTE

Vuol dire che la seguirò anche in India.

IO

Non è questo il fatto: prima di accettare un caso devo capire qual è il percorso di terapia, e se il paziente collabora.

LA PAZIENTE

Nel mio caso sarò il suo fiore all’occhiello.

IO

Sembra che lei non mi lasci scelta.

*

SECONDO EPISODIO

(In un teatro di Vienna, tarda sera,

dopo aver assistito a La signora delle camelie.)

(La signora Rauer ha un abito da sera sgargiante.)

IO

Le è piaciuto il dramma, Frau Rauer?

SIG.RA RAUER

Inenarrabilmente.

IO

Il caso vuole che io abbia in cura da poco una vostra conoscente.

SIG.RA RAUER

Di chi si tratta?

IO

La figlia di un avvocato, si chiama Rose.

SIG.RA RAUER

Una ragazza inquieta, senza il dono dell’educazione. Mi chiedo come lei possa trovare il tempo di prendersi cura anche di Rose.

IO

A essere onesti pensavo di passarla in cura al professor Gartner.

*

TERZO EPISODIO

(In una clinica, mezzogiorno, pochi giorni prima del sogno,

dialogo con un’isterica.)

UN’ISTERICA

La verità è che lei, dottore, mi detesta.

IO

Si sbaglia del tutto.

UN’ISTERICA

Non si ricorda mai di chiedermi come sto.

IO

Niente affatto. Le dirò di più: il suo viso mi ricorda quello di mia moglie.

UN’ISTERICA

Sua moglie... È così giovane?

IO

Diciamo che è come mia moglie dieci anni fa.

UN’ISTERICA

E con questo? Che vuole che mi importi? Con tutto che scrive libri, non è stato ancora in grado di togliermi questo groviglio che ho in testa.

IO

Il groviglio che ha in testa può scioglierlo solo lei.

*

QUARTO EPISODIO

(Un mese prima del sogno, dialogando con una paziente

di nome Flora.)

FLORA

Mi dicono che lei ha scritto un volume intero sul linguaggio dei sogni.

IO

Ne vado molto fiero.

FLORA

Aspetto soltanto di leggerlo, me ne darà una copia al prossimo consulto?

IO

Non ci sarà un prossimo consulto.

FLORA

Prego?

IO

La terapia è conclusa, cara Flora, non abbiamo da dirci altro.

FLORA

Tengo a dirle che... mi sento come sbocciata, e il merito è solo suo se sono sbocciata.

Alla luce di questi episodi, riesamino il racconto del mio sogno integralmente:

MARTHA

Un’offerta indimenticabile, Herr Freud.

IO

Questo è ciò che ho combinato nella vita, Martha.

MARTHA

Un intero volume sul linguaggio dei fiori, Herr Freud.

IO

I fiori appassiscono, Martha: domani saranno già morti.

MARTHA

Ma questo libro porta il suo nome, Herr Freud! Lei, con il suo studio sulle foglie, è apprezzato anche all’estero, Herr Freud... E ha il tempo di prendersi cura anche delle rose?

IO

Le rose le ho fatte prendere in cura al giardiniere, io preferivo le camelie.

MARTHA

Oh, sì! Amo le camelie inenarrabilmente.

IO

Ti sanguina un ginocchio, Martha?

MARTHA

(Sciogliendo i capelli.) Mi sono sbucciata, ed è solo merito suo se mi sono sbucciata.

IO

Quindi sei fiera adesso di me?

MARTHA

Eccome: questo libro è preferibile ai fiori.

Il personaggio di mia moglie nel sogno della serra è una conferma e un esempio di quanto il sogno ami condensare in una sola immagine somme di significati: Martha non è solo Martha, Martha condensa in sé per lo meno cinque diverse situazioni tutte collegate dal filo comune dei fiori. Dietro il rimorso per non essere un buon marito, il sogno nasconde in realtà quattro altri desideri inespressi, i miei sentimenti di attrazione verso quattro diverse donne di cui per censura il sogno mi nasconde i tratti, usando quelli di mia moglie Martha.

Eppure tutto questo non basta a chiudere l’analisi.

Se è vero che niente nei sogni è casuale, rimangono piccoli indizi non spiegati: perché nel sogno Martha insiste tanto sul cognome Freud? Perché nel sogno c’è un giardiniere fasciato sugli occhi? E ancora: perché Martha conclude “questo libro è preferibile ai fiori”?

C’è una parte dei nostri sogni che resiste con ogni forza all’interpretazione. Per assegnarle un senso occorre andare oltre, superare i limiti, mettersi alla prova con lo specchio di se stessi. Soltanto dopo molto tempo, infatti, sono giunto a formulare un’ipotesi: nei sogni si crea uno spostamento di ruoli. Pur di non essere svelato nel profondo, il sogno traveste gli elementi più importanti in secondari, e viceversa.

Annoto dunque che volentieri il punto cruciale di un sogno non sta nel suo protagonista ma in ciò che resta sullo sfondo, passando a prima vista inosservato.

Mio padre, morto dieci anni prima del sogno, amava alla follia occuparsi dei fiori. Pochi anni prima, affetto da glaucoma, aveva subito un intervento agli occhi per cui era rimasto a lungo fasciato.

Durante la mia giovinezza, arrivai a odiarlo con tutto me stesso. E dalla mia memoria è emerso un ricordo, che non posso non riportare:

IO

Le ho chiesto di non gridare, signor padre.

IL PADRE

È chiaro che tu nella vita non combinerai niente di niente: sei distratto, sei svogliato. La tomba di tua madre non avrebbe sopra un fiore, se non glieli portassi io.

IO

I fiori appassiscono, signor padre: domani saranno già morti.

IL PADRE

Io ti ho dato un cognome rispettato, maledizione, ti chiami Freud. Il mio cognome dovrai farlo valere, se sei il figlio che voglio.

Mia moglie Martha e le altre quattro donne servivano al sogno per spostare l’attenzione dal centro del discorso. Il vero baricentro della costruzione onirica era del tutto un altro:

IO

Quindi sei fiera adesso di me?

MARTHA

Eccome: questo libro è preferibile ai fiori.

Oggi, in data 21 gennaio 1898, annoto che le lastre del signor Francis Galton sono un architrave del sogno di ognuno di noi. In un volto ci sono più volti. In un viso ci sono più visi. Solo la realtà è univoca: il sogno è multiplo.

L'interpretatore dei sogni
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