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«Possiamo parlare?»
«Speravo tanto che mi
chiamassi» disse Scott Elias. «E non...» Si interruppe e tirò un
sospiro che mi parve proprio di sollievo. «Mi aspettavo una lunga
attesa.»
«Senti» cominciai.
«Preferirei non parlare di queste cose per telefono, ma ti volevo
dire che c’è stato un cambiamento di programma e sono disposta a
riparlare della proposta che mi hai fatto, sempre che non sia
scaduta nel frattempo.»
«Okay» rispose lui
lentamente. «Conviene che ci vediamo e ne parliamo come si deve.
Immagino vorrai chiedermi delucidazioni su alcuni
punti.»
Mi sforzai di mantenere
un tono professionale nell’esporgli il discorsetto che mi ero
preparata, ma mi tremava la voce. «Ho tre quarti d’ora di pausa
pranzo» dissi. «Raggiungimi in studio. È meglio, piuttosto che
rischiare di farci vedere assieme. Diciamo che ti sto dando
appuntamento per un’urgenza.»
«Mi sembra
giusto.»
«Così possiamo parlare
tranquilli.»
«A che ora vuoi che
venga?»
«All’una e un quarto»
risposi. «Cerca di essere puntuale.»
«Io sono sempre
puntuale.»
Chiusi la comunicazione
e posai il cellulare con mano tremante. Aspettai un momento, prima
di convocare il paziente successivo. Volevo vedere quali effetti
aveva prodotto su di me quella decisione scellerata. Mi alzai e mi
guardai allo specchio. Avevo la faccia tesa e dura di una donna che
a prima vista può sembrare provata dalla vita, ma in realtà è
terrorizzata. Avevo riflettuto tutta la notte sulla proposta di
Scott.
Accettare o non
accettare?
Ce l’avrei fatta o non
ne sarei mai stata capace?
Non ero giunta a nessuna
conclusione.
Se lasciavo andare i
pensieri a briglia sciolta, mi sembrava un’opzione sensata e
facile: vai a letto con uno e risolvi i tuoi problemi
economici.
Mi dicevo che avevo
fatto di peggio nella vita: durante il tirocinio, per esempio.
Avevo accompagnato al gabinetto malati che avevano avuto un ictus,
alcuni grandi e grossi, un’emiparesi che li rendeva pesantissimi,
corpi morti da tirare su, anche di morale. Era senz’altro più
difficile e più spaventoso che trascorrere una notte in compagnia
di Scott Elias.
Quando analizzavo il
problema in quei termini, ero sicura di potercela
fare.
I dubbi mi assalivano
non appena prendevo in considerazione i rischi: venire scoperta e
rovinare la vita a Nadine, la moglie di Scott, l’amica di mia
sorella. Per non parlare della promessa che avevo fatto a me
stessa: mai uomini sposati. Dopo lo scompiglio provocato da
Winston, era il minimo che potessi fare. Guardando la cosa da
questo punto di vista, ero certa che non ce l’avrei
fatta.
Alla fine, però, avevo
telefonato a Scott.
Arrivai a fine mattinata
con il pilota automatico. Se mi chiedeste di cosa avevo parlato con
i pazienti, che cosa mi avevano raccontato, non saprei rispondervi.
Non li avevo ascoltati. Avevo evitato Wayne. A un certo punto aveva
bussato fra un paziente e l’altro per portarmi il caffè, aveva
posato la tazza sulla scrivania e mi aveva chiesto se stavo bene,
se avevo bisogno di qualcosa. Mi aveva visto un po’ giù e, se c’era
qualcosa che poteva fare per me... Era stato gentile, ma io gli
avevo detto che era tutto a posto, grazie ma non ho bisogno di
niente. Non sapevo se ci avesse creduto oppure no, perché era
andato via senza replicare, avvisandomi semplicemente del fatto che
il paziente successivo era uscito un attimo a telefonare alla
scuola di sua figlia.
L’ora dell’appuntamento
con Scott a quel punto era vicina e io ero sudata, non certo nelle
condizioni migliori per ricevere un uomo che voleva fare sesso con
me a pagamento.
Bussò alla porta con
decisione senza passare dalla reception e, quando gli aprii, disse:
«Grazie di avermi ricevuto con così poco preavviso».
Non risposi. Sarebbe
stato meglio se lo avessi fatto, anche solo per Wayne, ma avevo la
bocca talmente secca che riuscii soltanto ad annuire e a fargli
segno di entrare, deglutendo.
Scott si sedette e io mi
ricomposi. «Come stai?» gli chiesi. «Il gomito?»
Lui lo sollevò e lo
flesse per poi tenderlo un paio di volte. «Va molto meglio»
rispose. «Fai davvero miracoli.»
Minimizzai. «Non è un
problema difficile da trattare. Se avessi avuto una spalla
congelata o la gotta, non avrei avuto lo stesso successo. Dipende
tutto dal problema che uno ha, perché se...»
Mi
interruppi.
«Sto parlando troppo»
dissi.
«Sei tesa» replicò
Scott. «Lo sono anch’io. Possiamo anche permetterci di parlare
troppo, ti pare?»
«Già.»
«Quindi, dicevi... La
spalla congelata?»
Scossi la testa. «Non
importa.» Conscia del poco tempo che avevamo a disposizione e dei
temi spinosi che dovevamo trattare, andai al punto. «Parliamo del
motivo per cui sei qui. Non ho ancora preso una decisione. Non so
fino a che punto mi posso spingere. Il guaio è che ho qualche
problema economico e quindi...» Alzai gli occhi. Scott mi guardava
con attenzione, ma senza giudizio.
«Non è che ho
qualche problema» mi corressi, abbassando gli occhi. «Sono in un
mare di guai. Mi è arrivato lo sfratto. Ecco perché ho accettato di
vederti.»
«Non mi devi dare
spiegazioni» replicò Scott.
«Te le voglio dare,
però. Non vorrei che pensassi...»
«Io non penso niente. Ti
conosco, mi piaci. Sono stato io a proportelo, no? Come non ti do
spiegazioni io, non me ne devi dare neanche tu. La nostra è una
transazione commerciale, tutto qui.»
«Una transazione
commerciale» ripetei.
«Vedila
così.»
Inarcai le
sopracciglia.
«È più facile, se la
consideri tale» aggiunse con delicatezza.
«Va bene. Ma per quale
motivo vuoi fare questa cosa... con me? Te lo chiedo perché come
transazione commerciale è un po’ sui generis.»
«Mi piaci e ti voglio
dare una mano. Se decidi di accettare, magari parleremo anche di
questo, ma non ora. E, come non chiedo spiegazioni a te, vorrei che
neanche tu ne chiedessi a me.»
Annuii. «È
ragionevole.»
«Forse, invece di
pensare al perché, faremmo meglio a decidere il come. E poi c’è la questione
della tua tariffa.»
Scoppiai in una risatina
nervosa. «La mia tariffa.»
Naturalmente ci avevo
pensato e ripensato e mi ero fatta due calcoli: gli affitti
arretrati, il rosso sulla carta di credito, le cartelle esattoriali
ancora da pagare... In quel momento, però, sparare una cifra mi
sembrava volgare, oltre che ridicolo. Mi mancava il
coraggio.
«Che prestazioni
vorresti?» domandai sottovoce.
«Niente di strano, se è
questo che ti preoccupa.»
Espirai.
«Meno
male.»
Scott allargò le braccia
come a dire che era venuto in pace, che non aveva cattive
intenzioni. «Sono un uomo normalissimo» disse. «Non ho niente di
stravagante. Ho semplicemente voglia di passare una notte con
te.»
«Una notte
intera?»
«È un
problema?»
«No, non penso» risposi
titubante. «Certo, c’è da considerare George...»
«È possibile trovare una
soluzione? Magari una babysitter?»
«Sì, penso sia una cosa
risolvibile.»
Scott annuì e passò al
secondo punto. «È fondamentale per me che il nostro accordo resti
segreto» disse, e si zittì. Mi guardò negli occhi per controllare
la mia reazione. «Se si venisse a sapere, per me sarebbe deleterio
quanto per te, se non di più, Roz. Deve rimanere fra noi due»
spiegò.
«Non vado certo a dirlo
in giro» ribattei indignata.
Scott sorrise. «Scusa»
mormorò. «Scusa. Non era neanche il caso di dirlo, in effetti. Ma
volevo essere sicuro. Perdonami.»
«Cosa ti aspetti che io
faccia, esattamente?» domandai di nuovo, in tono più fermo e
determinato.
Quando avevo deciso di
chiamare Scott, mi ero imposta di non cedere su un punto: se mi
fosse scattato qualche campanello d’allarme, anche minimo, avrei
lasciato perdere. Non potevo correre rischi. Avevo messo in conto
qualche piccola perversione: altrimenti come mai non lo fai con tua
moglie? Avevo bisogno però di capire dov’era il limite, prima di
andare avanti con la transazione, come la chiamava
Scott.
«Non mi aspetto nulla»
rispose Scott. «Farai quello che ti sentirai di fare. Non pretendo
che ti trasformi in una donna che non sei, Roz.»
Lo guardai stupita, in
attesa che continuasse.
«Non cerco una virago»
disse, scuotendo la testa. «Non so cosa desiderino i maschi
oggigiorno, ma io non sono un feticista. Mi va semplicemente di
passare la notte con una bella donna, che sappia essere se stessa e
riesca a rilassarsi in mia compagnia. Vorrei che quella donna fossi
tu, Roz.»
Attimo di
esitazione.
«Ti trovo molto
attraente» proseguì a bassa voce. «Hai un bel corpo, una risata
contagiosa. Ti penso spesso. Mi piace l’idea di passare del tempo
con te.»
Si diede una
regolata.
«Quindi, se decidi di
accettare» riprese in tono più formale, «sono sicuro che ci
troveremo bene tutti e due. Siamo adulti e abbiamo la testa sul
collo, mi pare.»
«Tanto per chiarire,
Scott: stiamo parlando di sesso, giusto?»
Scott sorrise di fronte
al mio candore. «Sì» rispose. «Stiamo parlando di
sesso.»
«D’accordo.»
«Quanto alla tariffa...
Pensavo che quattromila sterline fossero una cifra ragionevole per
una notte.»
«D’accordo»
ripetei.
Scott si alzò in
piedi.
«Okay» disse, e mi
strinse la mano con decisione. «Se la cifra ti soddisfa, potrei
suggerire una data.»
Annuii.
«Non vorrei che per te
fosse un po’ presto, ma, sai, pensavo... Domani sera a me andrebbe
bene. Non so se tu...»
Alzai una mano per
bloccarlo.
«Vedo che cosa riesco a
fare» risposi.