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Quando la nostra bolla tornò alla stazione, prenotai una stanza in un chiosco per alberghi e Pin-Lee andò a recuperare gli altri. Pensava che fosse il caso di fare una chiacchierata di gruppo, in privato. In un certo senso, lo pensavo anch’io (avremmo potuto farla via feed direttamente nella zona relax del giardino ma temevo che gli umani non sarebbero stati capaci di evitare di gesticolare, attirando l’attenzione).
Usai un modulo di trasferimento per salire nella stanza e, ovviamente, all’interno non c’era nessun feed di sorveglianza, perché lo stupido albergo voleva attirare gli umani con la promessa di discrezione per poterli poi riprendere negli spazi pubblici. Quell’albergo era meno costoso del precedente ma il quoziente di gradevolezza era più o meno lo stesso. E l’accesso al feed era limitato, a meno che non sapessi come aggirare la cosa.
Quella stanza era molto più pragmatica, con un letto di dimensioni normali ripiegato a parete onde lasciare spazio in più per le poltrone, uno schermo che occupava soltanto un quarto della parete anziché la sua interezza, e un bagno con un po’ più di spazio per gli asciugamani. Le SecUnit non hanno il permesso di sedersi né di usare il mobilio umano, che siano in servizio o meno, perciò mi sedetti su una poltrona e posai i piedi sul tavolino. Poi tolsi i piedi dal tavolino perché era decisamente scomodo. Nell’attesa, ammazzai il tempo infiltrandomi nel sistema di sicurezza dell’albergo.
Quando il feed della stanza segnalò che erano arrivati alla porta, la feci aprire. Avevo assunto la mia posa più noncurante, e sullo schermo girava Sanctuary Moon (stavo usando l’audio della serie come interferenza audio per via di uno schermo sospetto che l’albergo poteva usare come dispositivo di registrazione all’interno delle stanze, anche se l’accordo di prenotazione certificava assoluta discrezione).
Pin-Lee diede di gomito agli altri due per farli entrare e lasciò che la porta si richiudesse scivolando alle sue spalle. Era chiaro che glielo aveva già detto, perché Ratthi aveva un gran sorriso in volto. «Stai benissimo!» mi disse. «Che hai combinato, ultimamente?»
Interpretai l’espressione di Gurathin come seccata. Già, anche a me continui a non piacere.
«Ratthi, ne parliamo dopo» disse Pin-Lee. Li oltrepassò e si accomodò pesantemente sull’altra poltrona. «SecUnit non deve per forza dirci dov’è stata o cos’ha fatto, a meno che non le vada. Dobbiamo concentrarci su come fare per liberare Mensah.»
Non me l’aspettavo, e fui contenta di avere lo sguardo rivolto verso lo schermo. La mancanza di telecamere avrebbe reso imbarazzante quell’incontro, almeno per me. Riuscivo più o meno a vedere tutti nelle decorazioni a specchio in cima alle pareti, ma non era abbastanza.
Gurathin trasse un respiro e fece per parlare, ma Pin-Lee gli puntò un dito contro. «Se hai intenzione di metterti a discutere…»
Gurathin fece una smorfia e alzò le mani in segno di resa. «No, nessuna discussione. È solo che non vedo in che modo potrebbe aiutarci SecUnit. Non lasceranno andare Mensah senza un riscatto, e non abbiamo quella somma.»
«Il nostro contatto interno alla compagnia ha detto che la stanno probabilmente tenendo prigioniera all’interno del quartier generale di GrayCris» mi spiegò Ratthi, «nel toroide superiore, oltre la barriera di sicurezza della stazione principale, dove non è consentito l’accesso ai visitatori. Ora che ci sei tu… Dici che possiamo semplicemente tirarla fuori di lì e scappare?»
Era un’idea scema; dovevo cassarla subito. Avevo già predisposto un collegamento feed protetto per noi quattro e condivisi una mappa della stazione che avevo annotato in precedenza. «Il problema non è che il quartier generale di GrayCris sia nel toroide superiore.» Trasferii l’immagine sullo schermo della stanza, poi la rimpicciolii e tracciai il percorso tra il punto in cui eravamo e GrayCris. Avevo evidenziato tutti i blocchi della sorveglianza, segnalando quelli che impedivano l’accesso a chiunque non disponesse di un documento di cittadinanza – ossia tutti loro. «Il vero problema è che usciremmo da un territorio neutrale, controllato dagli agenti di sicurezza di TranRollinHyfa, per entrare in una zona sotto la giurisdizione corporativa di GrayCris.» Non sapevo cosa avrebbero potuto farmi, ora che la mia porta dati era stata disattivata e che non potevano assumere il mio controllo. C’era una lunga lista di alternative che includevano, semplicemente, spararmi finché non avessi cessato di funzionare, oppure diverse altre soluzioni che sarebbero potute sembrare ragionevoli e pratiche dal loro punto di vista, e una tortura dal mio. A ogni modo, in buona sostanza, farsi catturare non era una buona idea. «In questo anello inferiore GrayCris deve negoziare con TranRollinHyfa e pagare qualcosa, a un qualunque servizio di sicurezza che abbia i permessi necessari, per qualsiasi operazione, e questo ci dà un leggero vantaggio.»
«Oh.» Ratthi si appoggiò allo schienale della poltrona, sbigottito. «Nonostante il sostegno della nave armata della compagnia? Voglio dire… La compagnia ha detto che non violerà il divieto di attracco di TranRollinHyfa, però se ne sta comunque là fuori, con quei grossi cannoni…»
Francamente speravo che restasse fuori, per l’appunto. «Se GrayCris non può farvi sparire, vorrà quantomeno rallentarvi. In questo istante starà racimolando il denaro per corrompere la compagnia. La nave armata è qui anche per fare pressione su GrayCris mentre la compagnia è impegnata in un negoziato con i suoi rappresentanti, giù a Port FreeCommerce. È probabile che il ricatto che GrayCris ha chiesto per la restituzione di Mensah finirà dritto nelle tasche della compagnia, come parte del risarcimento.»
Ratthi era chiaramente sconvolto. Pin-Lee emise un sospiro di frustrazione e disse: «È quel che pensava il nostro corpo diplomatico su Preservation».
Ratthi si voltò verso di lei. «Non ce l’avevi detto, questo!»
Gurathin incrociò le braccia. «Lo sapevo.»
Non potevo fargliela passare. Mi voltai e gli scoccai la migliore delle mie occhiate scettiche. Con mia grande sorpresa, fece effetto. «Lo sospettavo» ammise.
«Perché, avresti preferito saperlo?» stava chiedendo Pin-Lee a Ratthi. «Speravo di riuscire a recuperare Mensah e a tagliare la corda prima che GrayCris riuscisse a negoziare una mazzetta.»
«Non, non avrei voluto saperlo» mugugnò Ratthi. «Che succederà a Mensah se GrayCris stringe un accordo con la compagnia mentre siamo qui?»
Pin-Lee alzò una mano, impaziente, e Gurathin si fece ancor più amareggiato. «Prova a immaginare» gli rispose.
«È possibile che GrayCris non possa permettersi di pagare quella somma» dissi io. Probabilmente stavano ancora cercando disperatamente di vendere sottobanco i loro resti alieni e la loro collezione di materiali sintetici estranei prima che uscissero altre voci anche su Milu. Il possesso di materiali alieni era contrario alle restrizioni normative delle entità corporative e politiche, il che significava che GrayCris poteva chiudere l’affare soltanto finché nessuno ne fosse a conoscenza. La compagnia assicurativa non avrebbe accettato un pagamento in resti alieni, a meno che non risultasse impossibile risalire fino a lei. E ora non c’era nessuna possibilità che ciò accadesse. Il che significava che GrayCris era sempre più con l’acqua alla gola.
Dal riflesso, vidi Pin-Lee che mi guardava. «C’è qualche possibilità di riuscire… Che tu riesca a tirarla fuori di lì senza il riscatto?»
Nel frattempo, avevo provato a elaborare diversi scenari possibili, in parte per attutire il rumore degli umani che facevano proposte imbecilli (non che quel suono mi dispiaccia; è, in un certo senso, confortante e familiare in modo fastidioso). «Sarebbe complicato» risposi. Per “complicato”, intendevo che ottenevo come risultato una media dell’ottantacinque per cento di probabilità di fallimento e morte, ed era così accettabile soltanto perché l’ultima diagnostica fatta segnalava che il mio modulo di valutazione del rischio era inaffidabile (lo so, questo spiega parecchie cose di me). «Dobbiamo trovare un modo per far sì che la portino al di qua della barriera di sicurezza della stazione principale, così da poter individuare la sua posizione tramite il suo impianto aziendale.»
Stavo per suggerire di hackerare il loro sistema di messaggistica… Non che avessi ancora idea di come fare a infiltrare quei sistemi – o anche soltanto se avrebbe funzionato visto che, presumibilmente, il trasferimento di un prigioniero di alta sicurezza avrebbe richiesto la firma di un supervisore umano, o umano aumentato, che avrebbe potuto fare domande a cui non c’era risposta. Pin-Lee, però, si voltò verso Gurathin e disse: «Potremmo offrir loro il riscatto e organizzare uno scambio in uno di questi alberghi».
Ratthi annuì lentamente, pensandoci su. «Ma quanto sanno della nostra situazione finanziaria? Non mangeranno la foglia?»
Pin-Lee fece un gesto brusco. «Non è che dobbiamo fargli vedere una carta valuta!»
Gurathin si chinò in avanti. «Potrei elaborare un documento condiviso convincente con una lista di tutte le proprietà fuori pianeta di Preservation. Non devono per forza sapere che quelle risorse al momento non sono monetizzabili. Una volta che riusciamo a far sì che la portino allo scambio…»
Non era così male, come piano. Probabilmente non era nemmeno tra i dieci peggiori piani di tutti i tempi. «Non serve che la portino fino all’incontro. Abbiamo soltanto bisogno che la spostino al di qua della barriera di sicurezza, affinché io possa trovarla.»
Gurathin si voltò verso di me. «Se dovessero farlo, tu saresti in grado di liberarla da loro, a prescindere dal numero di guardie?»
Stavo cominciando a pensare che quell’espressione da stronzo di Gurathin fosse una qualche condizione congenita su cui non riusciva ad avere nessun controllo. «Più guardie ci sono, meglio è» risposi.
Lui inarcò un sopracciglio. «Hai intenzione di ucciderle?»
Lasciamo perdere. L’espressione da stronzo di Gurathin è dovuta al fatto che è uno stronzo.
Avrei potuto mentire, avrei potuto dire oh, no, non li ammazzerò, sono una SecUnit gentile, o magari la versione più credibile. E invece mi uscì fuori un’altra risposta. «Se proprio devo.»
Ci fu un momento di silenzio. Pin-Lee aveva le labbra tra i denti e non diceva niente. Riconobbi però quella sua espressione decisa dai video che avevo in archivio, a partire da quel momento a bordo dell’hopper quando era caduta la connessione con il satellite e aveva votato per continuare a dirigerci verso DeltaFall. Il viso di Ratthi era tutto una ridda di emozioni contrastanti. «Se pensi di essere qualificata per prendere una decisione del genere…» si limitò a commentare Gurathin.
«Io sono un’esperta della sicurezza» replicai. «Voi siete gli umani che si aggirano nei posti sbagliati e che si fanno aggredire dalla fauna ostile. Ho estratto clienti vivi da situazioni con meno del nove per cento di probabilità di sopravvivenza. Sono più che qualificata per prendere una decisione del genere.»
Gurathin tornò ad appoggiarsi lentamente allo schienale della poltrona. Io mi alzai. «Andrò ad aspettarvi nella lobby. Contattatemi quando avrete preso la vostra decisione.»
Pin-Lee alzò una mano. «Aspetta, abbiamo già preso una decisione.» Guardò Ratthi. «Giusto?»
Lui serrò la mascella. «Giusto. È di GrayCris che stiamo parlando… Hanno tutta l’intenzione di uccidere Mensah – e anche noi, se gliene capitasse l’occasione.»
Gurathin aggiunse: «Siamo d’accordo».
Io ero già in piedi. «Andrò comunque nella lobby» dissi, e me ne andai.
Non è che stessi mettendo il muso, né mi stavo nascondendo. La lobby era una posizione strategica migliore.
Quella lobby era composta da più livelli e aveva grandi biozone quadrate con diversi sistemi ecologici e mobili posizionati tutto intorno. Aveva un aspetto gradevole, invitava gli umani a sedersi lì e a discutere di informazioni riservate nel feed limitato dell’albergo – così l’albergo poteva registrarle e venderle al miglior offerente. Riuscivo anche a monitorare l’ingresso dal piazzale superiore e la lobby di transito.
Trovai un posto in cui sedere, dove una biozona che mostrava una tempesta su una gassosa gigante mi nascondeva alla vista delle altre zone relax.
Nel feed, gli umani sistemarono qualche dettaglio di quella che avevo intitolato Operazione In Fondo Non Tutta Da Buttare.
Inviai a Pin-Lee un messaggio in cui le dicevo che avrebbero dovuto fare in modo di incontrare il contatto lì, dal momento che il loro albergo era pieno zeppo di agenti di GrayCris e che, per il momento, quello in cui ci trovavamo era pulito. Pin-Lee inoltrò il messaggio agli altri, che si trovarono d’accordo. Non dovevano nemmeno recuperare niente dalla vecchia stanza (viaggiavano leggeri, con soltanto qualche oggetto da toeletta, le medicine di Pin-Lee, il kit di Gurathin e l’interfaccia di riserva di Ratthi; tutte cose che Gurathin portava con sé in uno zaino).
Pensai a quanto fosse strano non dovermi più preoccupare delle cose degli umani. Mi sentivo come se non avessi fatto altro che trasportare/scavalcare/aggirarmi tra le cose degli umani, in casa degli umani, per tutta la vita. Probabilmente perché era proprio così.
Comunque, anche quello non era un brutto piano, considerate le circostanze. Il tempo era un fattore critico. Non conoscevo la strada che GrayCris avrebbe percorso per portare Mensah al punto d’incontro. Avrei dovuto aspettare finché non si fossero spostati all’interno del raggio d’azione delle telecamere di sorveglianza dell’albergo. Il che poteva anche andar bene, solo che, allo stato attuale, non ci lasciava molto tempo per la nostra strategia di uscita.
Poi Pin-Lee disse: «Siamo pronti?». Gli altri due diedero l’assenso. Poi trasferirono l’accesso al canale di comunicazione della stanza allo schermo e fecero partire la chiamata al loro contatto di GrayCris.
Con il canale attivo vedevo la superficie dello schermo anche se non c’era nessuna telecamera nella stanza. Non che ci fosse molto da vedere: il contatto di GrayCris aveva bloccato la sua telecamera. Pin-Lee disse che aveva i soldi del riscatto e comunicò dove voleva che portassero Mensah per lo scambio. GrayCris replicò che volevano prima i soldi e che dopo avrebbero rilasciato Mensah, bla, bla, bla, ma mi parve piuttosto blando, se paragonato agli altri scambi di ostaggi a cui avevo assistito. GrayCris aveva davvero bisogno di quei soldi. Pin-Lee discusse altri due minuti prima di riuscire a farli cedere, anche se prima pretesero di inviare un loro rappresentante per controllare le autorizzazioni per il trasferimento dei fondi.
Una volta che Pin-Lee ebbe chiuso la conversazione, Ratthi disse: «Oh, spero che sia la cosa giusta».
«Lo scopriremo presto» disse cupo Gurathin (diceva tutto in quel modo, praticamente).
«Andrà tutto bene» li rassicurò Pin-Lee (Mensah sarebbe riuscita a farlo sembrare vero; Pin-Lee ovviamente provava a essere rassicurante ma le uscì più come se avesse detto loro di chiudere il becco).
Gurathin scese nella lobby per accogliere il rappresentante di GrayCris e si accomodò su una poltrona in piena vista, sulla piattaforma inferiore. Era così rigido che sembrava una SecUnit perfino più di me.
Be’, a sua discolpa, era una situazione snervante. Non potevo rischiare di distrarmi con qualche programma d’intrattenimento ma controllai comunque l’unità di memoria e notai che c’erano un numero confortante di episodi della nuova serie ancora da guardare. Un poco aiutava.
Un motivo per cui ero nervosa era che, se fosse andato tutto bene e non fossi stata fatta a pezzi da una fucilata, avrei rivisto Mensah.
Mentre ci dirigevamo verso RaviHyral, ART aveva detto che PreservationAux era il mio equipaggio. Non so se ART stava facendo l’ingenuo, o se pensava che lo fossi io. Okay, forse all’epoca ero abbastanza ingenua da pensare che in quelle parole potesse esserci un po’ di verità. Poi, dopo RaviHyral, avevo abbandonato quell’idea. E poi avevo chissà come deciso che avrei recuperato le prove da Milu per Mensah e avevo visto Don Abene quando Miki era stato… ucciso, e per un po’ ero tornata di nuovo al punto in cui pensavo “forse è vero”.
Standomene lì seduta, però, nella lobby di quell’albergo a osservare una biozona con tutti i codici che avevo per non sembrare una SecUnit attivati, quella fantasia si smontò. La dura realtà era che non sapevo cosa fosse lei per me.
Anche dopo la faccenda di Miki, non avevo nessuna voglia di fare il robot da compagnia.
Su, nella stanza, Pin-Lee camminava avanti e indietro, cercando di non digrignare i denti, e Ratthi era già andato al bagno tre volte. Gurathin se ne stava seduto con lo sguardo fisso in un punto. Poi mi disse, nel feed: Ci sei, SecUnit?
No, me ne sono andata, risposi. Ho deciso di trasferirmi qui e di spostarmi da un albergo all’altro, godendomi il feed d’intrattenimento.
Uhm… Sembrava davvero un’idea molto migliore di quel che pensassi.
Ci fu una pausa, poi Gurathin disse: Non ti sono nemico. Sono solo prudente.
Non m’importa di quel che pensi, replicai io, poi mi pentii immediatamente di non aver impostato una latenza di un secondo per poterlo cancellare. Detta così sembrava che invece m’importasse. E invece non m’importava affatto.
Il silenzio si protrasse per un minuto. Poi due. Cos’hai fatto mentre eri via?, chiese Gurathin. Dove sei stata?
Non volevo rispondere perché non volevo parlarne, ma se l’avessi semplicemente ignorato sarebbe sembrato un atteggiamento fastidiosamente meschino. Estrassi una selezione di video dal viaggio con Ayres e gli altri verso HaveRatton, più che altro dialoghi che avevo annotato per poter rivalutare la mia performance in un secondo momento (qualche episodio in cui avevo dovuto sedare una rissa, in cui ero stata costretta a dare consigli relazionali, e il tristemente noto Incidente della Cartaccia della Merendina nel Lavello). Feci un montaggio rapido, lo intitolai “Murderbot impersona una consulente per la sicurezza umana aumentata” e lo inviai a Gurathin.
Lui era ancora intento a guardarlo quando, dall’ingresso principale, nella lobby giunse il rappresentante di GrayCris.
Non c’era nessun segno fisico che lo distinguesse dagli altri umani e umani aumentati che entravano e uscivano dalla struttura. Era un umano alto e pallido, con lunghi capelli chiari, e indossava una delle molte varianti di abiti formali del posto: una giacca scura a maniche lunghe che arrivava fino alle ginocchia, sopra un paio di ampi pantaloni.
Mandai un’allerta a Gurathin, che mise in pausa il video.
Il rappresentante di GrayCris si fermò per un istante e un velo di fastidio gli passò sul viso. Si era imbattuto nel feed bloccato dell’albergo. Il sistema dell’albergo registrò il pagamento a nome di un conto di credito della stazione e gli autorizzò l’accesso. Intercettai i risultati della scansione di routine del drone di sorveglianza dell’albergo: niente armi; solo attività di interfaccia. Una breve analisi del drone restituì una probabilità del sessantacinque per cento che avesse addosso qualcosa per ingannare la scansione. Era dunque probabilmente armato, e probabilmente portava con sé un dispositivo di comunicazione riservata.
Io avevo accesso al suo feed, ma non pensavo che sarebbe servito a molto. Se aveva addosso un dispositivo per falsificare i risultati di una scansione di sorveglianza, di certo sapeva che il feed bloccato di un albergo non era decisamente il posto migliore per le comunicazioni operative.
Era di quell’ipotetico dispositivo di comunicazione riservata che dovevo preoccuparmi. Qualsiasi cosa fosse, avrebbe comunque avuto bisogno di usare il ripetitore dell’albergo per raggiungere la rete di comunicazione della stazione.
Il rappresentante di GrayCris effettuò una scansione visiva della lobby e riconobbe subito Gurathin, probabilmente grazie alle informazioni riservate ottenute da GrayCris su Port FreeCommerce. Andò verso di lui, e Gurathin si alzò per dargli il benvenuto. «Gurathin?» disse quello. «Sono Serrat. Sono qui come richiesto da Pin-Lee.» Era tranquillo, sicuro di sé, con un sorriso amichevole appena accennato.
L’aria da stronzo di Gurathin dev’essere una bella comodità, in momenti del genere. Con espressione assolutamente indifferente, Gurathin rispose: «Da questa parte», e si avviò verso lo snodo del modulo di trasferimento.
Io inviai un’allerta a Pin-Lee e Ratthi e continuai a scrutare la zona in cerca di soggetti ostili. Come, per esempio, quei due umani che erano appena entrati con fare noncurante dall’ingresso principale, e con noncuranza si fermavano per dare un’occhiata noncurante in giro, procedendo poi in maniera noncurante verso le scale che portavano alla zona relax/ristoranti (allora, non erano proprio così incapaci, ma ero rimasta seduta lì quanto bastava per modellizzare i comportamenti di transito abituale. Gli umani che entravano cercando qualcosa, o che erano effettivamente incerti su dove andare, tendevano a muoversi in maniera erratica, la loro attenzione veniva attirata dalle biozone, dal feed informativo che li indirizzava verso la rampa dell’area con il bancone di accoglienza, e via dicendo. In confronto a quel modello, i soggetti ostili erano facili da sgamare).
Troppo facile, forse? La scansione del drone dell’albergo era negativa, ovviamente, ma restituiva lo stesso sospetto modello del rappresentante di GrayCris (sospetto, almeno per me, che l’avevo fatta in barba a un sacco di droni).
Contrassegnai altri due soggetti potenzialmente ostili che uscivano da una capsula di trasporto pubblico ed entravano nella lobby di transito, e un rapido controllo dei miei amichetti droni nello spiazzo esterno ne mostrò altri appena fuori dall’ingresso dell’albergo.
Sì, anch’io la vedevo piuttosto brutta. Ma continuavo a tenere d’occhio il sistema di sicurezza e non c’erano allarmi, nessun segnale anomalo.
Avevo pensato di restare lì finché non avessero concordato lo scambio, ma mi alzai e mi diressi verso lo snodo del modulo di trasferimento. Uno dei miei canali era collegato al feed di Gurathin. Lui e Serrat erano appena scesi dal modulo. Per tutto il tragitto, Gurathin aveva mantenuto un silenzio scomodo. La cosa mi impressionò favorevolmente, sebbene faticassi ad ammetterlo.
Mi trovai all’altezza della nostra sezione nel momento in cui Gurathin e Serrat arrivavano alla stanza. Nel corridoio non c’erano nascondigli, per cui ordinai al modulo di fermarsi e di notificare al Sistema di Accesso e Mobilità Ambientale dell’albergo (MobSys, in breve) di non dar seguito a nessuna richiesta di manutenzione (potrà sembrare eccessivo, solo per fermare un modulo di trasporto, ma se non avessi fatto così avrei fatto schiantare l’intero sistema. Dico letteralmente, se avessi interferito con il controllo del traffico del MobSys. E per letteralmente intendo moduli carichi di umani e umani aumentati che si schiantano l’uno addosso all’altro).
Ora i due erano nella stanza e Pin-Lee stava dicendo: «Abbiamo la somma che ci ha richiesto la sua corporazione. Una parte proviene da risorse finanziarie in liquidazione, e ho ricevuto notizia che sono pronte a essere trasferite. Non le mostrerò l’elenco delle risorse e non invierò nessuna autorizzazione a procedere finché non vedremo la dottoressa Mensah».
«Vi assicuro che è già in viaggio verso questo albergo, scortata dalla nostra squadra di sicurezza» disse Serrat. «Sono obbligato a chiedervi di vedere l’autorizzazione al trasferimento.»
Uno dei miei canali era dedicato al monitoraggio dell’impianto di Mensah, ma non ricevevo ancora nessun ping. Avevo anche avviato un paio di analisi, stimando distanze e percorsi potenziali tra il punto in cui eravamo e il toroide superiore, e stavo elaborando un piano alternativo per il porto nel caso in cui avessero avuto una vera squadra di sicurezza (per esempio SecUnit di Palisade o di una delle altre compagnie locali). Le cose potevano diventare disastrosamente complicate, ma pensavo ancora che potessero andar bene.
Poi, le cose si fecero disastrosamente complicate.
Sul feed, Ratthi disse: Ehm, SecUnit? Aiuto, per favore.
Come un’idiota, la mia prima reazione fu di passare alla telecamera del casco che Ratthi non stava indossando. Non c’erano telecamere nella stanza, avevo solo l’audio, e non sentivo altro che respiri (ecco la falla nel piano 1A. Non era stato possibile nascondere una telecamera nella stanza nel tempo che avevamo a disposizione, o almeno non una che fosse impossibile da individuare per la schermatura di sicurezza che il rappresentante di GrayCris avrebbe di certo attivato). Poi Pin-Lee disse: «Questo non vi farà avere i soldi. Ed è di quelli che avete bisogno, giusto? Quello che serve a GrayCris, in questo momento, è di scrollarsi la compagnia di dosso».
Serrat replicò seccamente: «Questa non è un’autorizzazione al trasferimento dei fondi. È soltanto un elenco di risorse beni. A che gioco vogliamo giocare?».
Affannandomi tra tutti i miei canali, affannandomi a tenere sotto controllo anche il sistema di sicurezza dell’albergo, intercettai il segnale che Serrat aveva appena inviato tramite il suo dispositivo riservato. Doveva trattarsi di un messaggio di annullamento per l’operazione di rilascio del riscatto, probabilmente accompagnato dall’indicazione di far intervenire la squadra armata. Non avendo tempo per le finezze, feci fuori il ripetitore principale dell’albergo, poi dovetti abbattere due ripetitori secondari che avevano cercato di attivarsi per raccogliere il traffico in tilt. Alla fine trovai il collegamento di Serrat al feed dell’albergo e lo bloccai. Ero piuttosto impegnata, per cui il mio buffer disse: Dottor Ratthi, descriva il problema, prego.
Ratthi sembrava nervoso. Ha una pistola. È piccola, uhm, grande quanto il palmo. Un’arma a raggio diretto, credo sia troppo piccola per essere a proiettile.
Sul canale audio, Gurathin disse: «Questo è il documento di trasferimento che ci è stato dato…».
«E questa è una ridicola menzogna» disse Serrat.
Continuate a farlo parlare, inviai a Pin-Lee. Non volevo che si chiedesse perché mai la squadra armata non avesse dato conferma di ricezione. Avevo appena scartato il Piano In Fondo Non Tutta Da Buttare, passando al Piano Quasi Terribile. Uscii dal modulo di trasferimento e lo lasciai di nuovo al controllo del MobSys mentre mi affrettavo lungo il corridoio. Il mio scanner individuò un bersaglio mobile dietro l’angolo e rallentai l’andatura ottenendo la stessa camminata fasulla e strana dei tizi di GrayCris giù alla lobby. Il mio collegamento al sistema di sicurezza dell’albergo, però, mostrava che un’altra porta era stata aperta in quella stessa sezione, venti secondi prima, e la probabilità che gli umani in avvicinamento fossero ostili era meno del dieci per cento.
Due piccoli umani svoltarono l’angolo del corridoio, impegnati a sistemarsi zainetti e cappelli. Mi oltrepassarono, ma avevano rallentato il mio avvicinamento al bersaglio e dovetti superare la porta della stanza finché non furono lontani, attendere che raggiungessero lo snodo e salissero a bordo di un modulo di trasferimento. Poi feci la mia mossa.
Azzerai il volume del canale audio, ossia le voci di Pin-Lee, Ratthi e Gurathin che protestavano vibratamente per la pistola, sostenendo la propria innocenza, e che la banca doveva aver commesso qualche errore con il trasferimento fondi, e che Ratthi era un biologo e che non capiva tutta quella roba esoterico-finanziaria, e via dicendo. Premetti l’orecchio alla porta e affinai l’udito, riuscendo a cogliere Serrat che diceva: «Non ho tempo per insegnarvi le basi delle relazioni intercorporative».
Ottenni così la sua posizione relativa. Poi premetti il pulsante di apertura della porta.
Mentre quella si apriva scivolando da un lato, Serrat fece per voltarsi verso di me. Attraversai la stanza, gli afferrai il polso e lo torsi verso il basso, poi inviai una scarica mirata attraverso il braccio per friggergli la batteria della sua pistolina giocattolo. Gli premetti l’altro braccio sulla gola e lo inchiodai al muro. Successe tutto molto in fretta.
Serrat emise un verso strozzato e cercò di spararmi. Quand’anche la pistola avesse funzionato mi avrebbe colpito sullo stinco – cosa che mi avrebbe solo fatto incazzare ancora di più. Gli strinsi il polso e quello lasciò cadere la pistola. Aveva ancora il dispositivo di comunicazione nell’altra mano.
Ratthi era inciampato su una poltrona nel tentativo di togliersi di mezzo, e Pin-Lee perse qualche secondo per girargli intorno. Gurathin aveva perso l’equilibrio ma si gettò in avanti e afferrò l’altra mano di Serrat. Lo costrinse ad aprire le dita e Pin-Lee gli strappò il dispositivo dalla mano.
«È attivo?» chiese Ratthi mentre si rialzava goffamente.
«L’ho bloccato, e ho bloccato il feed.» Tra le altre cose, ero in ascolto anche del canale di gestione del feed dell’albergo, che si stava già riempiendo di lamentele sul guasto del sistema di comunicazione. Avevo anche fatto fuori la connessione tra il feed bloccato dell’albergo e quello della stazione (il che implicava che l’avessi fatto intenzionalmente, ma il fatto è che ero di fretta e avevo semplicemente chiuso tutto con un unico segnale). Alla faccia dell’operazione discreta.
Serrat respirava a fatica; a quella distanza, il mio rilevatore registrava un battito accelerato e l’attività delle sue ghiandole sudoripare. «Quindi questa sarebbe la SecUnit che si credeva scomparsa…»
Controllai le immagini della lobby tramite il sistema di sicurezza dell’albergo e individuai i due uomini di GrayCris. Non avevano ancora reagito, continuando a fare i noncuranti nella zona dei distributori automatici – ma cazzo, dovevo assolutamente ripristinare le connessioni dell’albergo prima che se ne accorgessero.
Pin-Lee si chinò per raccogliere la pistola da terra. «State veramente portando qui Mensah, o stavi mentendo?»
Il suo impianto non ha ancora dato risposta, le dissi via feed. Potevo ancora accedere al feed della stazione, ed era a quello che si sarebbe agganciato il segnale dell’impianto. Se GrayCris la stava davvero portando da noi, non dovevano ancora aver attraversato la barriera di sicurezza della stazione principale.
Per cui quel piano non era un merdaio totale; ci stava solo girando intorno, in attesa di piombarci dentro a capofitto.
«I bugiardi siete voi» replicò Serrat a Pin-Lee «che pensavate di poterci ingannare con quei ridicoli documenti falsi. Ordina a questo affare di lasciarmi andare. Minacciarmi con un’arma letale significa violare le leggi della stazione.»
«Quale arma letale?» chiese Ratthi, indignato. Fece un gesto a indicare la pistola tra le mani di Pin-Lee. «Sei stato tu a minacciarci con un’arma letale… Potremmo denunciarti alla polizia della stazione!»
Nel feed, Gurathin precisò: Non possiamo chiamare la polizia della stazione.
Lo so bene!, disse Ratthi. Sto bluffando.
«Intende dire SecUnit» intervenne Pin-Lee. «SecUnit sarebbe l’arma letale.» Esitò, poi mi contattò tramite il feed: Sto per toccarti, non dare di matto.
Uhm… Okay. Le inviai un cenno di assenso perché stavo febbrilmente tentando di riportare in vita i ripetitori principali e secondari dell’albergo, e dovevo arrivare prima dei tecnici.
Pin-Lee mi posò una mano sulla spalla e non diedi di matto. Si chinò verso Serrat e disse: «Questa non è un’arma letale. Questa è una persona. Una persona arrabbiata, che vuole che tu risponda alla domanda. La state portando qui?».
Lui le sorrise. «Prima, sì. Ho segnalato ai nostri agenti di sicurezza di annullare tutto. Sanno dove mi trovo e saranno qui a breve. Dato che avete violato le leggi della stazione portando fin qui una SecUnit privata, nessuno vi darà aiuto.»
«Avete bisogno del riscatto per risarcire la compagnia concessionaria, vero?» disse Pin-Lee. Io non avevo distolto gli occhi da Serrat, benché devo ammettere che gran parte della mia concentrazione era impegnata dal lavoraccio che mi toccava fare sui ripetitori dell’albergo ed ero ancora in attesa di una risposta dall’impianto di Mensah. «Sono sicura che GrayCris abbia delle risorse da alienare» aggiunse Pin-Lee. «O è una vendetta?»
La faccia di Serrat si trasformò in un ghigno sarcastico. Non li prendeva sul serio – cosa che si poteva anche capire, certo. Se facevi parte di GrayCris e il tuo lavoro quotidiano era ammazzare altri umani, la rabbia di tre ricercatori provenienti da un qualche pianetucolo di provincia non doveva incutere chissà quanto timore. Ed era sicuro che, in qualche modo, mi stessero controllando. «Vendetta?» sbottò. «Comprate una SecUnit e la mandate su Milu per rendere pubblica un’operazione fondamentale di GrayCris. Voi e il vostro piccolo sistema planetario avete l’audacia di credere che possiate competere con una corporazione… Cosa pensavate che sarebbe successo?»
Pin-Lee doveva essere rimasta sorpresa, ma replicò: «GrayCris ci ha aggredito per prima. È stata GrayCris a scatenare tutto questo. Noi vogliamo soltanto che ci restituiate la dottoressa Mensah».
Tramite feed, Ratthi chiese, spaesato: Milu?
Grazie ai suoi impianti aumentati, Gurathin aveva un archivio di memoria interna. Disse: Era menzionata in un notiziario. Si tratta di una piattaforma di terraformazione di cui hanno chiesto notizie a Mensah.
Riuscii a ripristinare i ripetitori dell’albergo e l’attività sul feed di gestione cominciò a scemare immediatamente. I due bersagli di GrayCris nella lobby non avevano ancora notato niente di strano. E ancora nessun ping dall’impianto.
Non la stavano portando. Era stato tutto invano. Tutto. Milu, la morte di Miki, il viaggio fin lì, ogni cosa. «Milu è stata una mia idea» dissi. «Sono un’unità ribelle.»
Lui mi ignorò ma disse a Pin-Lee: «Un’unità ribelle si sarebbe lasciata dietro una scia di cadaveri per tutta la stazione».
«Forse volevo che la scia cominciasse da qui» replicai.
Lui mi guardò negli occhi e vidi le sue pupille dilatarsi appena.
«Quanto siete ingenui» aggiunsi.
Fu un bene che l’impianto di Mensah rispose al ping in quello stesso istante. Non avevo ancora deciso di schiacciare la trachea di Serrat, mi stavo ancora gingillando con quell’idea. Invece lo tirai via dal muro e gli strinsi il collo fino a fargli perdere i sensi.
Dagli umani si levò un coro di: «Aspetta!», «No!», «Ehm…».
«Non lo sto ammazzando» dissi, poi lo gettai sul divano. «So perfettamente cosa cazzo sto facendo.»
Pin-Lee aveva accordato il feed in risonanza con l’impianto e stava tirando fuori in tutta fretta la chiave per controllare. «Si sta muovendo, si sta… Riesci a capire…?»
Io stavo già parametrando il ping alle mie mappe della stazione. «Sono su in un tubo di trasporto.» Dovevo darmi una mossa. «Tornate alla navetta, ora. Lui lasciatelo qui; quando avrà ripreso i sensi, GrayCris avrà già capito quel che stiamo facendo. Non portate con voi il suo dispositivo di comunicazione o la pistola: la sicurezza della stazione può rintracciarli tramite scansione. Scendete al giardino del primo livello dell’albergo e salite su una bolla di transito fino al prossimo centro commerciale, poi da lì prendete un tubo di trasporto della stazione.»
Ero fuori dalla stanza prima ancora che potessero prendere un respiro per obiettare. Il corridoio era libero, e corsi fino allo snodo del modulo di trasferimento. Inviai loro un messaggio tramite feed: La squadra di GrayCris con Mensah è a meno di due minuti da qui, in avvicinamento; dovete essere fuori dall’albergo prima del loro arrivo. Ritroverete Mensah alla navetta. Non cercate di contattarmi via feed. Se hanno la sicurezza della stazione nel taschino, potrebbero rintracciarci.
Stiamo andando, stiamo andando, rispose Ratthi, e il sistema di sicurezza dell’albergo mi comunicò che la loro porta si era appena aperta e richiusa. Fa’ attenzione…
Chiudo il collegamento, Ratthi, lo interruppi io, e salii a bordo del modulo di trasferimento.
Poi spensi il mio modulo di valutazione del rischio.