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Mi riaccesi scoprendo di essere al ventisei per cento di carica, ma il livello stava pian piano risalendo. Aureole di dolore mi circondavano le articolazioni delle ginocchia e dei gomiti, talmente intense che non riuscivo nemmeno a processarle. La pelle umana mi prudeva. E avevo delle perdite. Odio avere delle perdite.
Non riuscivo ad accedere a nessuno dei miei file multimediali, né tantomeno a eseguirli. Non potevo far altro che starmene lì sdraiata, in attesa che i miei livelli tornassero normali. Qualsiasi tentativo di movimento peggiorava il dolore. Desiderai di aver messo in atto il Piano Sedici per rendere inattivo ART, quello con migliori probabilità di successo senza subire danni catastrofici. Anche il Piano Due per farlo esplodere sembrava piuttosto allettante, in quel momento. Ero stata una stupida ad accettare.
Era come stare in un cubicolo dopo essere stata fatta a pezzi, ma senza la capacità del cubicolo di spegnere le funzioni sensibili fino alla fine delle riparazioni. Quando ero entrata, sapevo che il MedSystem non sarebbe stato in grado di regolare la mia soglia del dolore ma non pensavo che sarebbe stato così terribile. Anche se non potevo regolare la temperatura corporea, però, non avevo freddo, dal momento che il MedSystem controllava la temperatura della stanza e del tavolo operatorio per farmi stare a mio agio. I cubicoli non avevano quella funzione, e dovevo ammettere che era piacevole.
I miei livelli stavano gradualmente tornando alla normalità e recuperai funzioni a sufficienza per regolare il sensore tattile e spegnere il prurito. Avevo bisogno di un minimo di dolore per capire cosa fosse meglio non muovere, finché la rigenerazione del tessuto organico non fosse giunta a completamento.
ART si aggirava per il feed ma, per fortuna, non aveva ancora provato a parlarmi. Giunta al settantacinque per cento di efficienza, cercai di tirarmi a sedere.
Il MedSystem cominciò a far partire allarmi da tutte le parti e ART disse: Non c’è motivo di muoversi, adesso. Durante l’operazione ho fatto una ricerca relativa a incidenti insoliti in campo minerario nelle banche dati d’informazione pubblica che avevo a bordo per il periodo in questione. Vuoi sentire le mie conclusioni?
Tornai a sdraiarmi, sentendo che le mie parti organiche rimanevano appiccicate al metallo caldo del tavolo. Ecco fatto, perdevo liquidi da un’altra parte. Dissi ad ART che sapevo come cazzo si leggono i risultati di una ricerca.
Io mi rimetterei alla tua esperienza per quanto riguarda sparatorie e ammazzamenti. Tu dovresti rimetterti alla mia in campo di analisi dei dati.
Gli dissi che certo, come no. Non pensavo ci sarebbe stato niente di utile.
ART inviò le proprie conclusioni sul feed. In effetti, aveva senso che un numero elevato di morti avvenuto in circostanze insolite finisse in una sorta di registro pubblico a disposizione dei notiziari, come nel caso dell’incidente di DeltFall. La faccenda di RaviHyral poteva anche essere stata derubricata a incidente ma coinvolgeva comunque una concessione aziendale, per cui doveva esserci stata una contesa legale. Del resto, se i dati riportavano che era stata una SecUnit ribelle a uccidere tutti, la cosa non mi diceva niente di nuovo.
Alcune fonti d’archivio indicano come probabile sito dell’incidente un piccolo impianto minerario denominato Ganaka Pit. L’informazione proviene da Kalidon, un’entità politica di Corporation Rim, dove aveva base la compagnia fondatrice di Ganaka Pit. Il bilancio è di cinquantacinque vittime. La causa scatenante: “guasto alla strumentazione”.
Le SecUnit venivano catalogate come strumentazione.
ART rimase in attesa e, quando non dissi niente, aggiunse: Per cui la tua premessa iniziale era corretta: l’incidente è avvenuto davvero. Ora possiamo procedere con l’indagine.
Avrei voluto spegnermi ma la cosa avrebbe interferito con il processo di rigenerazione.
Ti va di guardare qualche serie?, chiese ART.
Io non risposi ma lui fece comunque partire un episodio di Sanctuary Moon.
Quando fui finalmente in grado di scendere dal tavolo operatorio caddi sul ponte, ma a fine ciclo ero quasi tornata alla normalità. La prima cosa che feci fu pulire via tutto il sangue e i fluidi assortiti nella zona di lavaggio annessa alla zona medica. Le sale tattiche della sicurezza avevano spazi dove era possibile ripulirsi dal sangue o dai fluidi dopo uno scontro o una riparazione, ma non avevo mai usato un bagno pensato per gli umani. ART ne aveva di ottimi, con un fluido di lavaggio riciclato talmente simile all’acqua che era difficile capire la differenza senza effettuare un’analisi chimica. Si poteva regolare la temperatura per renderlo più caldo e aveva un buon odore. Alla fine profumavo come un’umana pulita, e la cosa mi faceva proprio strano.
Anche la sottile peluria che mi era spuntata in vari punti del corpo era strana, ma non così fastidiosa come avevo creduto. Sarebbe stata scomoda la prossima volta che avessi dovuto indossare una tuta epidermica, ma gli umani con i peli sembravano riuscirci senza tante storie, per cui immaginai che ci sarei riuscita anch’io. La modifica del codice aveva anche infoltito le sopracciglia e fatto crescere i capelli di qualche centimetro. Me li sentivo, ed era strano.
Mi recai nella sala ricreativa di ART e usai il tapis roulant e le altre macchine per fare qualche test, controllare che le mie armi funzionassero ancora a dovere e che la mia mira non fosse compromessa (però non sparai, dal momento che ART mi aveva avvertito che avrei fatto scattare il sistema di protezione antincendio).
Mi guardai allo specchio per un lungo istante.
Dissi a me stessa che sembravo ancora una SecUnit senza corazza, infelicemente vulnerabile, ma la verità era che sembravo davvero più umana. E ora sapevo perché non volevo quelle modifiche.
Mi avrebbero reso più difficile fingere di non essere una persona.
Uscimmo dal varco secondo i tempi previsti. Non appena fummo a portata dell’anello di transito, ART attivò la ricezione e scaricò per me il pacchetto dati con le informazioni sulla destinazione, che includeva una mappa più dettagliata di RaviHyral. Pur facendo ruotare la mappa per guardarla da ogni angolazione possibile, tra i frammenti di memoria che conservavo di quel periodo non si accese nessuna lampadina. Era interessante notare, però, che Ganaka Pit non era segnalato da nessuna parte.
Percepivo ART all’interno del mio feed, di nuovo intento a sbirciarmi virtualmente oltre la spalla. Controllai la marcatura temporale e notai che la mappa era stata aggiornata diverse volte dal periodo del mio incidente. «L’hanno tolto dalla mappa.»
È una cosa normale?, chiese ART. Era abituato alle mappe stellari, e rimuovere qualcosa da una di quelle non era uno scherzo.
«Non so se sia normale ma mi pare sensato, qualora la compagnia o i clienti abbiano voluto nascondere l’accaduto.» Se la compagnia voleva continuare ad affittare le SecUnit ad altri impianti minerari, era importante nascondere – o perlomeno mettere in sordina – il fatto che ci fossero state delle vittime. Magari, invece di arrivare in tribunale, la compagnia aveva rimborsato subito le polizze a condizione che il cliente minimizzasse i dettagli relativi all’incidente nelle proprie dichiarazioni pubbliche. Non si era trattato di una situazione come quella di GrayCris e DeltFall, dove erano coinvolti più attori e la compagnia era uscita a spron battuto su tutti i notiziari, cercando di accaparrarsi consenso pubblico.
ART estrasse altri dettagli dallo storico, facendo una ricerca di quella specifica cava e degli impianti di servizio che vi erano elencati. In origine, RaviHyral era di proprietà di diverse compagnie in possesso dei diritti di sfruttamento minerario in varie zone all’interno della luna. Negli ultimi due anni-sistema, però, una compagnia di nome Umro aveva acquisito alcune delle concessioni, benché molte delle compagnie originali fossero ancora operative come appaltatrici. Nessuno di quei nomi mi suonava familiare.
Prima di poter andare a Ganaka Pit, avrei dovuto capire dove si trovava. Dovevo essere stata portata lì assieme al resto del carico ma non avevo nessun ricordo del viaggio, parzialmente cancellato o meno.
Cominciai a frugare nel resto del pacchetto informativo alla ricerca di tabelle orarie. Avrei dovuto prendere una navetta dall’anello di transito fino al porto di RaviHyral. Sarebbe stato complicato. Del resto, tutta la faccenda lo era. Secondo le informazioni sulla tabella dei trasporti, l’accesso alle navette era consentito unicamente ai possessori di un lasciapassare lavorativo per uno degli impianti minerari o dei servizi di supporto. In quel luogo non c’era turismo, nessuno che andasse e venisse senza l’autorizzazione ufficiale di una delle compagnie o degli appaltatori della luna. Dal momento che non ero una persona e non avevo nessun pass lavorativo, avrei dovuto hackerare una delle navette di trasporto merci…
ART intanto continuava a estrarre dati dal feed della stazione. Ho un’idea, mi disse, e mi mostrò una serie di annunci di lavoro. Ne avevo visti sul feed di Port FreeCommerce e dell’ultimo anello di trasporto ma non ci avevo fatto caso. ART ne evidenziò uno per una posizione temporanea di addetto alla sicurezza per un gruppo di tecnologi con un contratto di subappalto.
«E quindi?» chiesi ad ART. Non capivo perché mi mostrasse una cosa del genere.
Se questa squadra ti assumesse, avresti un pass lavorativo per viaggiare fino all’impianto.
«Assumermi?» Avevo avuto più contratti di quanti non riuscissi a ricordare (letteralmente, dico; molti di quei contratti risalivano al periodo precedente alla formattazione della mia memoria), ma nessuno di questi era mai stato volontario. La compagnia mi tirava fuori dal magazzino, mi mostrava al cliente, poi m’impacchettava nella stiva. «Sei impazzito?»
Il mio equipaggio assume consulenti per ogni viaggio. ART era spazientito dal fatto che non gli avessi ancora fatto i complimenti per la sua brillante idea. La procedura è semplice.
«Per gli umani e gli umani aumentati, sì.» Stavo solo prendendo tempo. Avrei dovuto comunque interagire con gli umani come umana aumentata. So che era proprio a questo che si supponeva servisse la modifica della mia configurazione, ma mi ero immaginata che sarebbe successo a distanza, o negli spazi di un affollato anello di transito. Interagire significava parlare e guardarsi negli occhi. Mi sentivo già scendere il livello di efficienza.
Sarà facile, insisté ART. Ti darò una mano.
Perfetto. La nave trasporto robotizzata che dava una mano al costrutto SecUnit a fingere di essere umana. Sarebbe andato sicuramente tutto bene.
Quando ART ebbe attraccato e i lavoratori robotizzati dell’anello di trasporto cominciarono a rimuovere i moduli di carico, il bot aprì il portellone per lasciarmi passare e io m’intrufolai nella zona d’imbarco. Mi aveva dato accesso al suo canale, così potevo usare il mio feed in tutto l’anello di transito. Sosteneva di potermi aiutare e, benché fossi piuttosto scettica, mi avrebbe perlomeno tenuto un po’ compagnia. Mentre mi allontanavo dalla sicurezza del portellone pressurizzato di ART, tornai al novantasei per cento di efficienza. Consultai i feed d’intrattenimento della stazione in cerca di nuovi file da scaricare, nel tentativo di tranquillizzarmi. Avevo già risposto all’annuncio sul nodo sociale e mi avevano dato un appuntamento, con luogo e ora. L’ultima volta che avevo concertato un appuntamento con degli umani, avevano rapito Mensah e mi avevano fatto saltare in aria, per cui… Peggio di quello non poteva capitarmi.
Hackerai i sistemi di sicurezza della zona d’imbarco e uscii nella zona commerciale. Paragonata a quelle dell’ultimo anello di transito e di Port FreeCommerce era piuttosto essenziale: niente giardini, niente sculture olografiche, niente giganteschi display olografici che pubblicizzavano cantieri navali, aziende di trasporti e altre attività, nessun distributore automatico con i nuovi modelli di interfacce. E anche niente navi passeggeri in arrivo, per cui la folla era piuttosto ridotta, tanto di umani quanto di robot. L’idea di ART stava cominciando a sembrare meno uno stupido rischio e più una scelta obbligata. Confondermi in quel posto sarebbe stato più difficile, se quello non era che un luogo di passaggio verso i vari impianti della luna. Sul feed, ART mi disse: Te l’avevo detto.
Il luogo dell’incontro era un ristorante nella parte principale della zona commerciale. Si trovava al secondo livello, in una grande bolla trasparente che affacciava sui viali e gli stand dei servizi al piano inferiore. Al suo interno c’erano diversi livelli aperti, con tavoli e sedie, ed era pieno al quaranta per cento di umani e umani aumentati. Mentre entravo notai il ronzio intermittente di qualche drone ma non ricevetti nessun ping. L’aria era carica di odori alimentari e del sentore acre degli alcolici. Non mi preoccupai di analizzarli e identificarli; ero troppo nervosa e tentai di concentrarmi sulla mia parte di umana aumentata.
Lə umanə che avrei dovuto incontrare mi avevano inviato un’immagine per permettermi di trovarlə. Erano tre, tuttə vestitə con varianti di abiti da lavoro, senza loghi sulle uniformi. Da una rapida ricerca avevo trovato i loro profili sul feed sociale dell’anello di transito. Si erano registratə come indipendentə, ma ci si poteva registrare in qualsiasi modo, non c’erano controlli d’identità. Erano due femmine e unə tercerə – un significante di genere in uso nel gruppo di entità politiche non corporative noto come Divarti Cluster.
(Per propiziare l’incontro avevo dovuto iscrivermi anch’io al feed sociale. Il sistema era estremamente vulnerabile, per cui avevo retrodatato la mia iscrizione per far sembrare che fossi giunta sul posto a bordo di una nave passeggeri qualche tempo prima, registrando il mio lavoro come “consulente per la sicurezza” e il mio genere come indeterminato. Fingendosi il capo di se stesso, ART mi diede delle referenze per gli incarichi precedenti.)
Lə individuai sedutə a un tavolo, vicino alla parete della bolla che affacciava sulla zona commerciale. Erano intentə in una conversazione tesa e sussurrata, e il loro linguaggio corporeo comunicava nervosismo. Eseguii una rapida scansione mentre mi avvicinavo ma non rilevai tracce di armi, soltanto le batterie delle loro interfacce personali. Unə di loro aveva un impianto ma non era niente di più che un dispositivo di accesso al feed di basso livello.
Avevo provato quella parte con ART mentre ci avvicinavamo all’anello, riprendendomi in video così da poter valutare la performance. Dissi a me stessa che ce la potevo fare. Indossai la migliore delle mie facce impassibili, quella che usavo quando si accorgevano di tutti quei download in più e il supervisore del centro di smistamento dava la colpa ai tecnici umani. Arrivai al tavolo e dissi: «Salve».
Trasalirono tuttə e tre. «Ehm, salve» rispose lə tercerə, riprendendosi per primə.
Agganciai il feed della telecamera di sicurezza per potermi osservare e accertarmi che le mie espressioni fossero sotto controllo. E parlare con gli umani era più facile, guardandoli dalle telecamere. Ero del tutto cosciente che si trattava di una falsa impressione di distanza, ma ne avevo bisogno. «Abbiamo un appuntamento» dissi. «Sono Eden, la consulente per la sicurezza.» Ebbene sì: era il nome di uno dei personaggi di Sanctuary Moon. Immagino che la cosa non vi sorprenda.
Lə tercerə si schiarì la voce. Aveva i capelli viola e le sopracciglia rosse, in contrasto con la sua pelle marrone chiaro. «Io sono Rami, queste sono Tapan e Maro.» Si spostò, a disagio, e batté una mano sulla sedia vuota.
ART, che era notevolmente più veloce di me nella navigazione dati, attivò una ricerca immediata e m’informò che, da diversi indizi culturali, quel gesto era considerato tra gli umani come un’esortazione a sedersi. Mentre ottemperavo all’invito, ART m’inviò l’etimologia del gesto. Potreste pensare che, in quella situazione, una SecUnit che era stata fatta a pezzi più e più volte, fatta esplodere, formattata e perfino parzialmente smontata per errore, non si sarebbe sentita in balia del panico. Sbagliereste.
«Ehm» aggiunse Rami. «Non saprei da dove iniziare.» Tapan lə diede di gomito, a quanto pareva per fornirlə un supporto morale. Tapan portava trecce multicolori avvolte intorno alla testa e un’interfaccia blu simile a un gioiello attaccata all’orecchio; rispetto a Rami, la sua pelle era leggermente più scura. Maro aveva la pelle molto scura e piccole ciocche cotonate di capelli argentati; era di una bellezza che non avrebbe sfigurato nei programmi d’intrattenimento. Non sono brava a stimare l’età degli umani, dal momento che non è una di quelle poche cose che m’interessano. E poi, la mia esperienza degli umani passa principalmente attraverso il feed d’intrattenimento, e quelli non somigliano per niente agli umani che incontri dal vivo (uno dei tanti motivi per cui non sono una grande amante della realtà). Pensai però che potessero essere tuttə e tre piuttosto giovani. Non bambinə, ma forse nemmeno così lontanə dall’adolescenza.
Rimasero a fissarmi, e mi resi conto che avrei dovuto dare il la. Per cui dissi, cautamente: «Volete assumere un consulente per la sicurezza?». Era quello che avevano postato sul feed e, dal numero di richieste similari, era pratica comune che gruppi e individui singoli ingaggiassero delle guardie del corpo prima di andare a RaviHyral. Immagino che ingaggiare guardie umane sia ciò che si fa quando non ci si può permettere un vero professionista della sicurezza.
Rami sembrò sollevatə. «Sì, abbiamo bisogno di aiuto.»
Maro si guardò intorno e disse: «Magari non dovremmo parlarne qui, però. Non possiamo andare in un altro posto?».
Arrivare fin lì era stato già piuttosto stressante, e non volevo andare altrove. Eseguii una rapida scansione in cerca di droni, poi inserii un disturbo nel flusso video tra il ristorante e il sistema di sicurezza dell’anello di transito. Presi il controllo delle telecamere e mostrai ad ART ciò che volevo che facesse. Lui prese il controllo a sua volta, mi cancellò dalle registrazioni del sistema ed escluse la telecamera che inquadrava il tavolo. Rimossi il disturbo dal collegamento con il sistema di sicurezza, che non avrebbe notato la mancanza del feed della telecamera per il poco tempo che saremmo rimasti lì. «Non c’è problema» dissi. «Non ci stanno registrando.»
Loro mi fissarono. «Ma ci sono gli impianti di…» obiettò Rami. «Hai fatto qualcosa?»
«Sono una consulente per la sicurezza» ripetei. Il mio livello di panico stava cominciando a scemare, principalmente per via del fatto che lə mieə interlocutorə erano palesemente nervosə. Gli umani sono innervositi da me perché sono un terrificante murderbot, e io sono innervosita da loro perché sono umani. Ma sapevo che gli umani potevano anche essere innervositi da altri umani, anche non in situazioni di combattimento o di conflitto, nella realtà e non soltanto nella finzione narrativa. Ed era proprio quello che sembrava stesse accadendo, ma la cosa mi permetteva di far finta che fosse il mio solito lavoro, durante una delle rare occasioni in cui i clienti mi chiedevano un parere in materia di sicurezza.
Parte del mio lavoro da SecUnit consisteva nel consigliare i miei clienti quando essi lo richiedevano, dal momento che in teoria ero colei che disponeva di tutte le informazioni in tema di sicurezza. Non che me l’avessero richiesto in tanti, o che mi avessero dato retta. E non pensiate che la cosa mi amareggi, o chissà cosa.
Tapan pareva impressionata. «Quindi sei rattoppata, giusto?» Si diede un colpetto sulla nuca, indicando la posizione della mia porta dati. «Hai qualche aumento? Hai accessi aggiuntivi al feed?»
“Rattoppato” era un termine informale per indicare un umano aumentato; l’avevo sentito usare sul feed d’intrattenimento. «Sì» dissi. Poi aggiunsi: «Tra le altre cose».
Rami inarcò le sopracciglia. Maro sembrava colpita, e disse: «Non so se possiamo permetterci… Il nostro credito sul conto è… Se riusciamo a riavere i nostri dati, magari…».
Rami riprese le redini del discorso. «Magari avremo denaro più che a sufficienza per pagarti.»
ART, che a quanto pareva era molto interessato al mercato del lavoro, cominciò a cercare tra i feed pubblici un esempio di salario da consulenti privati per la sicurezza. Ricordai a me stessa che stavo fingendo di non essere una SecUnit, per cui non sarebbe sembrato insolito che facessi loro qualche domanda. Decisi di cominciare con le informazioni di base. «Perché volete ingaggiarmi?»
Rami guardò le altre due, che annuirono di rimando, e si schiarì la gola. «Stavamo lavorando su RaviHyral per la Tlacey Excavations, uno degli appaltatori minori della Umro. Ci occupiamo di ricerca mineraria e sviluppo tecnologico.» Mi spiegò che erano un collettivo di tecnologə – erano in sette, più i dipendenti – che viaggiava da un contratto di lavoro all’altro. Gli altri erano rimasti in albergo, mentre Rami, Maro e Tapan avevano l’incarico di rappresentare il gruppo. Fu un sollievo sapere che il loro campo di competenza fossero la tecnologia e la ricerca; nei contratti minerari che mi erano capitati, solitamente i tecnici lavoravano in uffici lontani o adiacenti al sito di escavazione e non li vedevamo finché non si ubriacavano e cercavano di ammazzarsi l’un l’altro – il che, va detto, era abbastanza raro.
«Le condizioni di Tlacey erano ottime» aggiunse Tapan. «Forse perfino troppo, non so se hai presente…»
ART fece una ricerca e mi suggerì che fosse un modo di dire. Gli risposi che lo sapevo già.
Rami continuò. «Abbiamo accettato il contratto perché ci avrebbe lasciato del tempo libero per lavorare ai nostri progetti. Volevamo sviluppare un nuovo sistema di rilevamento per materiali sintetici estranei. RaviHyral ha molti depositi non identificati, per cui era un ottimo posto per fare ricerca.» I sintetici estranei erano elementi lasciati sul posto da civiltà aliene. Essere in grado di distinguerli da elementi naturali non ancora identificati era un aspetto fondamentale dell’attività mineraria. Proprio come i resti di quell’antica civiltà/colonia aliena scoperti da GrayCris durante il mio ultimo contratto, per quel genere di materiali era vietato qualsiasi sviluppo commerciale. Non avevo mai avuto bisogno di sapere altro dal momento che, in tutti i lavori con materiale alieno che mi erano capitati, non avevo dovuto far altro che starmene impalata a fare la guardia a chi se ne occupava (ART cercò di spiegarmi le cose in dettaglio ma gli dissi che ne avremmo parlato dopo; avevo bisogno di restare concentrata).
«Stavamo facendo progressi» disse Rami. «Ma, all’improvviso, la nostra squadra è stata licenziata senza preavviso e ci hanno preso tutti i dati…»
Tapan agitò le mani. «Tutto il nostro lavoro! Non aveva niente a che vedere con il contratto…»
«In sostanza, Tlacey ci ha derubati» concluse Maro. «E hanno anche cancellato i risultati che avevamo ottenuto dai nostri dispositivi. Avevamo salvato le copie delle iterazioni precedenti ma abbiamo perso tutto il nostro lavoro più recente.»
«Abbiamo presentato reclamo alla Umro» aggiunse Rami «ma ci stanno mettendo un’eternità, e non so se arriveremo mai a qualcosa.»
«Mi sembra una situazione che richieda la consulenza di un avvocato» dissi io. Anche la compagnia sottraeva dati ai clienti, ma non in maniera così goffa o palese da cancellare il lavoro dai dispositivi dei legittimi proprietari. Se l’avesse fatto, questi ultimi non avrebbero più sottoscritto nuovi contratti di sicurezza e la compagnia non avrebbe più avuto accesso ai loro futuri progetti – di qualsiasi cosa si trattasse.
«Abbiamo pensato a un avvocato» disse Rami. «Ma qui non siamo nell’unione, per cui sarebbe troppo costoso. Ieri, però, Tlacey ha finalmente risposto ai nostri solleciti, dicendo che avremmo potuto riavere i nostri file se avessimo restituito il bonus d’ingaggio. Per farlo, dobbiamo scendere a RaviHyral.» Si appoggiò allo schienale. «Ecco perché vogliamo assoldarti.»
Cominciava ad avere senso. «Non vi fidate di Tlacey.»
«Vogliamo soltanto avere qualcuno dalla nostra parte» chiarì Tapan.
«No, è proprio che non ci fidiamo di Tlacey» ribatté Maro. «Neanche un po’. Una volta lì, avremo bisogno di protezione se la situazione dovesse farsi… spinosa. Dovremmo incontrare Tlacey stessa, che ha uno stuolo di guardie del corpo, e in quel posto non c’è altro personale di sicurezza eccetto quello che la Umro ha dispiegato nelle aree pubbliche e nel porto – non un granché.»
Non sapevo esattamente a cosa pensasse quando diceva “spinosa”, ma tutti gli scenari possibili erano ben poco rincuoranti.
La compagnia metteva le sue SecUnit a disposizione dei clienti cosicché non dovessero assoldare altri umani per proteggersi. Da quel che avevo visto nelle serie, il mio lavoro fatto a tirar via era comunque meglio di quello di un umano che ce la metteva tutta.
Continuavo a guardarci attraverso la telecamera di sicurezza di cui avevo preso il controllo, pur avendo disabilitato la registrazione. Mi rendevo conto di avere un’espressione dubbiosa ma, in quel caso, pensai che fosse appropriata alla situazione. «L’incontro con Tlacey potrebbe avvenire tramite un canale di comunicazione sicuro.» La compagnia noleggiava anche quelli, per il trasferimento di fondi e di dati.
Maro, la cui espressione era ancor più dubbiosa della mia, ribatté: «Già, ma Tlacey vuole farlo di persona».
«Sappiamo che andarci di persona non sembra una buona idea» ammise Rami.
Andarci di persona era un’ottima idea, se volevano farsi ammazzare.
Speravo di trovare un lavoretto più semplice, tipo corriere o qualcosa del genere. In quel caso, però, si trattava di proteggere umani che avevano intenzione di fare qualcosa di pericoloso: esattamente il tipo di lavoro per cui ero stata progettata. Il lavoro che avevo più o meno continuato a fare, più meno che più, anche dopo aver hackerato il mio modulo di controllo. Ero abituata a rendermi utile, a proteggere, anche se si trattava soltanto di un gruppo di umani che avevano firmato un contratto e che, quando andava bene, mi trattavano come uno strumento piuttosto che come un giocattolo.
Dopo PreservationAux, avevo riflettuto su quanto sarebbe stato diverso fare il mio lavoro come membro a tutti gli effetti della squadra che dovevo proteggere. Ed era quello il motivo principale per cui ero lì.
La formulai come domanda, perché fingere di chiedere ulteriori informazioni era il modo migliore per far sì che lə umanə si accorgessero che stavano commettendo una stupidaggine. «Quindi pensate che possa esserci un altro motivo per cui Tlacey voglia fare questo scambio di persona, a parte… Farvi fuori?»
Tapan fece una smorfia, come se fosse stata sempre consapevole della cosa ma avesse cercato di non pensarci. Maro diede una botta sul tavolo e mi indicò – una cosa vagamente allarmante, finché ART non lo identificò come un gesto di enfatica approvazione. Rami trasse un respiro profondo e disse: «Pensiamo che… Non avevamo ancora finito: il nostro procedimento era incompleto ma eravamo particolarmente entusiastə… Pensiamo che possano aver origliato le nostre conversazioni attraverso i feed della sicurezza, e che abbiano pensato che fossimo più in là di quanto non fossimo realmente. Per cui non so se siano in grado di completare il progetto. Magari si sono resi conto che, senza di noi, non vale un granché».
«E magari Tlacey vuole riprenderci a lavorare per lei» disse Tapan, speranzosa.
Probabile. Prima di farvi fuori, evitai di aggiungere.
Maro sbuffò. «Preferirei vivere in un buco sulla spianata di una stazione, piuttosto che lavorare di nuovo per lei.»
Adesso che avevano cominciato a parlare, era difficile fermarlə. Il collettivo era diviso su cosa fosse meglio fare; quella situazione sembrava dolorosa per tuttə loro, dal momento che erano abituatə a concordare su ogni cosa. Tapan, che, secondo Maro, era troppo ingenua per questo mondo, pensava che si potesse ancora tentare una conciliazione. Maro, che, secondo Tapan, era una cinica osteggiatrice tanto del divertimento quanto del progresso, pensava che ormai fossero statə fregatə e che sarebbe stato meglio limitare i danni. Rami era indecisə, motivo per cui l’avevano elettə guida del collettivo per la durata di quel problema. Rami non sembrava entusiasta della fiducia riposta in ləi, ma faceva buon viso a cattivo gioco e cercava di gestire al meglio la questione.
Alla fine, Rami concluse la discussione. «Ecco perché vogliamo assumerti. Abbiamo pensato che sarebbe stato meglio andare da Tlacey con qualcuno che potesse proteggerci, per impedire ai suoi di crearci problemi e mostrarle che abbiamo le spalle coperte durante la negoziazione.»
Quello di cui avevano bisogno era una compagnia di servizi per la sicurezza disposta a stipulare un contratto per l’incontro e il viaggio di ritorno, e che inviasse una SecUnit che lə accompagnasse a garanzia della loro incolumità. Una compagnia del genere, però, è piuttosto onerosa e non sarebbe stata interessata a un incarico così piccolo.
Rimasero tuttə lì a fissarmi, preoccupatə. Dalle immagini della telecamera di sicurezza, con quell’angolazione, erano ancora più piccolə. Sembravano così morbidə, con tutti quei capelli soffici e multicolori. E nervosə, ma non per via della mia presenza. «Accetto l’incarico» dissi.
Rami e Tapan sembravano sollevatə, e Maro, che era chiaramente ancora contraria a quella soluzione, parve rassegnarsi. «Quanto ti dobbiamo?» disse. Scoccò un’occhiata incerta allə altrə. «Voglio dire… Possiamo permetterci i tuoi servizi?»
ART aveva preparato una serie di fogli di calcolo ma non volevo spaventarlə con una cifra troppo alta. «Quanto vi pagavano, prima di essere licenziatə?»
«Duecento crediti a ciclo per ogni lavoratore, per la durata del contratto» rispose Rami.
Probabilmente per quell’incarico non ci sarebbe voluto più di un ciclo. «Potete pagarmi quella cifra.»
«L’equivalente di un ciclo del contratto?» Rami si raddrizzò sulla sedia. «Davvero?»
La sua reazione lasciava intendere che avessi chiesto fin troppo poco, ma era tardi per correggere l’errore. Dovevo dar loro un motivo plausibile per cui ero disposta ad accettare una cifra tanto bassa, e optai per una verità parziale. «Ho bisogno di andare su RaviHyral e, per arrivare lì, mi serve un contratto.»
«Perché?» chiese Tapan, e Rami le diede di gomito per zittirla. «Voglio dire, so che non abbiamo il diritto di chiedertelo, ma…»
“Non abbiamo il diritto di chiedertelo.” Ecco una cosa che non mi era mai capitata, prima di PreservationAux. Dissi di nuovo la verità. «Devo svolgere alcune ricerche per conto di un altro cliente.»
Come ART, quellə tre capivano il concetto di ricerca, soprattutto di ricerca proprietaria, e non fecero ulteriori domande. Rami mi disse che prevedevano di partire alla volta di RaviHyral il ciclo successivo e che avrebbe subito preparato i documenti per un voucher di contratto privato. Ci accordammo per incontrarci nella zona commerciale vicino alla piattaforma d’imbarco delle navette, poi me ne andai. Non appena fui fuori portata, lasciai libera la telecamera di sicurezza.
Tornai da ART, mi accoccolai sulla mia poltrona preferita e guardammo serie per tre ore mentre mi tranquillizzavo. ART controllò il feed di allarme dell’anello di transito per verificare che nessuno si fosse reso conto di cosa fossi ma non rilevò problemi di sorta.
Te l’avevo detto, disse ART. Di nuovo.
Lo ignorai. Non ero stata individuata, quindi era giunto il momento di elaborare il resto del piano. Che ora includeva la sopravvivenza dellə mieə nuovə clienti.