43
Forse la sua faccia tosta e trista fa supporre il contrario, però Radice Quadrata possiede estro e inventiva. Ne avrei avuto la dimostrazione decisiva settimane dopo, ma già in quei giorni di frequentazione extrascolastica – io sorvegliando lui, lui il civico 21 – ne ho avuto un assaggio.
Il vecchietto e le due vecchiette, per esempio. Era il quarto giorno e il terzetto rincasava con gli ombrelli aperti. Che fossero in giro al tramonto era insolito, e oltre all’ombrello il vecchietto trascinava cavallerescamente un carrellino a scacchi blu e beige in cui era stipata la spesa della cricca. Suddivisa in tre buste, come ho avuto modo di scoprire perché, a non più di quaranta metri dal portone, il vecchietto ha inciampato in chissà quale avvallamento scavato dalla pioggia nel marciapiede, e sbracciandosi per non perdere l’equilibrio ha rovesciato il carrellino. Radice Quadrata se stava dall’altro lato della strada ed è subito accorso. Da ragazzo beneducato ha aiutato i tre a raccogliere la spesa. Anzi, da ragazzo beneducato ha scortato il terzetto dentro il palazzo. Mi è preso un colpo. Scatto da centometrista. Ero sicura che il destino mi stesse giocando un brutto tiro. Invece Radice Quadrata si è riaffacciato un minuto dopo. Bum. Un altro colpo. Girando i tacchi mi sono allontanata e ho telefonato a Matteo: “Mangiamo insieme.” Un’affermazione, non una domanda. E durante la cena, mentre Matteo spiegava le sue teorie scettiche sul mondo, non ho fatto che rimuginare: doveva essere presto, ho pensato, forse Radice Quadrata stava ancora valutando quale fosse il momento migliore per agire. Così era. Nei giorni seguenti l’orario di appostamento si è concentrato dalle tre alle cinque. La sera il viavai era troppo, troppa la gente che, come nel mio palazzo, una volta tornata a casa scendeva in cantina per recuperare qualcosa o gettare la spazzatura. Prima o subito dopo cena. Da me, per dire, i bidoni della raccolta differenziata sono in un locale della cantina dove il profumo di deodorante per ambienti è più nauseabondo dell’immondizia.
Altro esempio di estro e inventiva? Avvicinandosi il momento cruciale, Radice Quadrata ha iniziato a preoccuparsi di poter essere riconosciuto, o almeno questo ho ipotizzato quando l’ho visto presentarsi per gli ultimi sopralluoghi con un plico di volantini pubblicitari: avrei scommesso un orecchio che li avesse sfilati uno a uno dalle cassette della posta del suo casermone alla Scogliera.
Un esempio di estro e inventiva della sottoscritta, invece? “Il mio ragazzo abita laggiù, lo sorveglio. Mi tradisce.” Lo so, non è stata un’improvvisazione in senso stretto, né un saggio di estro, ma ho comunque dato prova di inventiva perché quando quell’auto della polizia ha accostato, per poco non me la facevo sotto.
Non che avessi paura delle autorità. Piuttosto temevo che la volante attirasse l’attenzione di Radice Quadrata. Ero accovacciata tra due auto parcheggiate in via Lagrange, naso ad altezza paraurti, tasche dei jeans inzuppate dalla pioggia che bagnava il cordolo del marciapiede. Spiavo attraverso la cancellata che disegna l’angolo d’incrocio tra via Lagrange e via Mendel. E la volante si è fermata proprio di fronte a me. Ne è scesa un’agente in divisa, occhietti stretti. Masticando una gomma ha chiesto cosa ci facevo seduta lì. E per cominciare ho detto: “Non lo so neanche io cosa ci faccio qui. Ma niente di male.” Occhietti più stretti. Diffidenza. Allora ho immaginato: mi presentavo a quell’angolo di strada da giorni, magari qualcuno mi aveva adocchiato dalla finestra e aveva avvertito la polizia, che quindi mi credeva una spacciatrice/prostituta/palo-di-una-banda-di-topi-d’appartamento… Per frenare immediatamente le fantasie ho riciclato la bugia rifilata a Dario settimane prima. L’agente ha scrollato la testa, “Torna a casa, non vedi che tempaccio”, ed è risalita sulla volante, dove ad attenderla c’era un collega più anziano. Grassone. Che ho salutato con tutta la falsa innocenza di cui ero capace. Cioè, detective e poliziotti di film/serie-tivù sono quasi sempre in forma, aitanti, gente che non ti fa pensare: se mi metto a correre questo lo semino in venti passi, e se proseguo per trenta gli faccio venire un infarto.
Insomma, quella seconda dose di fortuna la meritavo, e quando la volante si è allontanata ho fatto capolino. Radice Quadrata era là. Scriveva nel taccuino tenendo l’ombrello tra guancia e spalla. Ultimi dettagli.