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Per quanto bui possano essere certi angoli attorno a noi, gli occhi sanno sempre abituarsi all’oscurità. Anche in una chiesa di funerale, tra candele tremolanti e luci che cadono quiete dal soffitto. Gli occhi, miei e degli altri. Di un particolare altro. Per questo mi sono appostata sulla soglia. Letteralmente. Punto di osservazione privilegiato. Radice Quadrata aveva scelto una sedia a quattro file dal fondo, isolata, e lì è rimasto: in piedi e seduto a intervalli dettati dalla funzione. Muoveva persino le labbra a tempo con le preghiere, coi canti, ma un rapido esame permetteva di capire che non conosceva una parola.
Io ero sulla soglia. Di qua e di là della soglia. Sorvegliavo con cautela. Protetta dall’imponente ombra dell’architrave del portone centrale. Pronta a indietreggiare. E dell’intera recita che Radice Quadrata andava mettendo in scena mi ha colpito la sfacciataggine. Quel chiarore in chiesa. Il cellulare. Che quando era in piedi riponeva in tasca e che seduto tirava fuori assumendo la posa del ragazzo che in classe, quotidianamente, avevo per compagno di banco. Testa china, spalle curve, avresti potuto dire che ingannasse irrispettosamente il tempo con chissà quale gioco. Invece prendeva appunti. Fidatevi. Lo so. Non ha fatto altro, o almeno credo, perché poi il prete ha attaccato la predica sul morto, Angelo Urbani, trentaquattro anni, malattia, e a me è subito tornata la voglia di urlare. Così sono arretrata di due, tre passi. E lì, in bilico tra dentro e fuori, ho ricacciato indietro l’antica rabbia origliando le conversazioni dei tizi delle pompe funebri che aspettavano sul sagrato.
“Ci serve un portiere decente, non è possibile prendere gol così tutte le volte. Mi mettessi io tra i pali, farei di meglio.”
“Sì, ma tu non ti fai quella bomba della sua fidanzata! Stamattina c’era una galleria fotografica di lei in costume…”
Sei uomini. Aspettavano sotto il poco di sole, aria innocua malgrado la divisa nera. Però agli occhi di Radice Quadrata non dovevano apparire tanto innocui perché prima del termine della funzione, quando uno dei sei ha fatto capolino, Radice Quadrata l’ha notato e, di riflesso, ha tuffato la testa nelle spalle. Poi, constatato con un’occhiata obliqua che la minaccia era tornata all’esterno, ha infilato il cellulare in tasca e si è allontanato mentre tutti si trovavano già in piedi. Circospetto, ha preso posto a lato della chiesa. Sotto il dipinto di una Madonna. Di spalle. Ed è rimasto là fingendo una supplica finché i tizi delle pompe funebri non sono scivolati silenziosi intorno alla bara per riportarla sul sagrato. Allora, con scatti brevi, confondendosi nella folla che si radunava attorno a una giovane donna, la compagna di Angelo Urbani, Radice Quadrata ha riavvicinato la coppia di fidanzati che gli aveva offerto una sigaretta.
“Andate al cimitero? Posso chiedervi un passaggio?”
Parole sue, e se siete curiosi, insomma se desiderate sapere come la sottoscritta, nel marasma di voci sul sagrato, sia riuscita a cogliere quella domanda apparentemente candida di Radice Quadrata e il mucchio di frottole che poi s’è inventato, vi assicuro che imparo alla svelta: come lui evitava i tizi delle pompe funebri, così io sfruttavo la sua preoccupazione per aggirarlo, dandogli la schiena se serviva, e facendo le mie condoglianze a casaccio. Berretto da baseball mimetico ancora in tasca. Audace. E riguardo alle frottole di Radice Quadrata, be’, la coppietta a cui aveva chiesto un passaggio lo ha presentato ad altri, e quella faccia tosta e trista, adeguata per l’occasione, non s’è fatta scrupoli.
“Ho conosciuto Angelo in ospedale. Eravamo ricoverati nello stesso reparto.”
Ero pronta a scommettere entrambi i mignoli che Radice Quadrata non aveva mai conosciuto Angelo Urbani, perché se fosse stato ricoverato in ospedale di recente l’avremmo saputo in classe, no? Però è stato bravo, devo ammetterlo. Un passaggio l’ha rimediato. Invece io serravo i pugni e conficcavo le unghie nei palmi perché neppure avevo idea di dove avrebbero sepolto Angelo Urbani. Di più: mi mancava la sfrontatezza di chiedere uno strappo e qualche informazione. Non avrei mai creduto di arrivare a pensarlo, ma una faccia tosta e trista come la sua può fare comodo.
Mentre la gente si attardava sul sagrato, prima che l’auto linda e appesantita di fiori bianchi si rimettesse in moto, sono tornata alla bici. Arrendermi, mai.