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Del terzo giorno ricordo il parcheggio del Galilei, dove ho avuto l’ennesima conferma che se noi femmine non fossimo stupide domineremmo il mondo. Ora mi spiego.

Mio fratello va matto per le botte. Sport da contatto. Cioè sport che necessitano di un ring. Dario si è intestardito alle medie. Per prima cosa ha sperimentato la boxe perché il suo amichetto dell’epoca la praticava, e alle superiori si è poi dedicato a quell’altra disciplina dove valgono pure calci e ginocchiate. Mai voluto saperne di arti marziali, kimono e mossette orientali da tigre, cobra, panda o chissà quale animale. La mania di Dario sono fascette/guantoni/paradenti/paratibie/calzoncini-raccapriccianti, insomma tutto quell’armamentario da fighter che puzza come la morte – giuro, l’impressione olfattiva è che nella sua sacca da palestra abiti un nano cadavere! Però nella vita è pacifista: anche se frugando nella sua cronologia ti imbatti sempre in un match sanguinoso, Dario ha partecipato alla Marcia della Pace. Una gioia, per mia madre.

Già. Mia madre. Ce n’è voluto perché riuscisse ad accettare la mania di Dario, ma d’altronde anche suo padre gli ha regalato una sfilza di racchette ipertecnologiche, e per anni ha riservato un campo al Circolo nel tentativo di convertirlo. Ah, dico suo padre perché io e Dario non siamo nati fratelli. Siamo fratelli acquisiti. Quattro anni fa suo padre è diventato mio padre numero due. La prima moglie è morta sette anni fa. E da allora, coincidenza mica sfuggita a Dario, suo padre non solo ha smesso di angosciarlo col tennis, ma ha incoraggiato, anzi sostenuto il suo amore per le botte. Prova ne sia questo: ha convinto persino mia madre che crescere un figlio fighter è una benedizione. E sapeste adesso lei come si vanta! La mia teoria? Certi genitori tengono coi figli lo stesso comportamento di certi padroni coi cani: fieri e contenti se Fuffi riporta scodinzolante la palla, ma segretamente più fieri e contenti se al parco Fuffi abbaia contro un altro Fuffi e si capisce che vorrebbe sbranarlo.

Ma il punto qui non sono i cani o i genitori o mio fratello maggiore. Non proprio. Il punto è che Dario entra periodicamente in camera mia fresco di lividi per ribadire: “Più sono grandi e grossi, più fanno rumore quando cadono.” Lui, l’avrete intuito, è secco e nervoso, e il punto è proprio questo: spesso i tipi secchi e nervosi sono pericolosi.

Da noi al Galilei c’è un ragazzo di quinta che peserà una novantina di chili, Marcos detto Tonnellata, e il terzo giorno Tonnellata si è preso un ceffone da Filippo, uno svitato di quarta che di chili ne peserà una sessantina e di soprannome fa Redbull. E questo dovrebbe bastare. Riguardo al ceffone, i fatti si sono svolti grossomodo così: strabordante sullo scooter, Tonnellata ha urtato con lo specchietto un tipaccio rasato che al Galilei non si era mai visto e Redbull si è intromesso perché il tipaccio rasato era amico suo. Io nel parcheggio c’ero, testimone oculare. Quando Redbull ha attaccato a strillare stavo litigando con la catena della bicicletta, e un minuto dopo ecco radunato il classico ring umano. Non che lo spettacolo promettesse, ovvio, però le umiliazioni piacciono, e che Tonnellata sia inoffensivo lo si deduce da come cammina: ha l’andatura da pachiderma vegetariano, non da carnivoro. Tant’è che dopo il secondo spintone è sceso di sella per svignarsela, e neppure ha reagito quando Redbull prima gli ha sputato addosso, poi ha colpito lo scooter con un calcio e infine gli ha stampato un ceffone sulla guancia. Un paio di amici di Tonnellata avrebbero forse voluto intervenire per evitargli la figuraccia, ma Redbull è popolare, e stando ai sussurri frequenta la gentaglia di Villa Circe. Un brutto giro.

Alla fine a intervenire è stata Shirley. Una mia compagna. La quale, per inciso, mica si è intromessa perché ha genitori di origini colombiane come Tonnellata. Sono stati gli insegnanti ad avventurarsi nell’interpretazione. La verità è che Shirley era uscita con Redbull prima dell’estate e poi l’aveva scaricato dalla sera alla mattina, e alla rottura erano seguite voci poco lusinghiere, fantasie di Redbull che Shirley si era però guardata dal confermare/smentire. Forse perché non circolavano foto o chissà. Dopo il ceffone a Tonnellata, comunque, Shirley è entrata nel ring umano. “Dagliene un altro.” Redbull è lento a capire. Si illudeva che lei lo incitasse. Invece Shirley, pure lei secca e nervosa, lo stava sfidando. Gli puntava addosso la fotocamera del Nokia. “Con uno forse ti salvi, ma con due ti sospendono di sicuro. Non appena carico il video ti verranno a cercare.”

Allora Redbull ha lasciato perdere Tonnellata, ed è superfluo che riferisca i complimenti diretti a Shirley. Però confesso di aver temuto che mollasse un ceffone anche a lei. Redbull non è il tipo da farsi problemi. “Che cazzo riprendi?”

In uno dei suoi grandi taccuini con l’elastico, Radice Quadrata annota: Il Nokia di Shirley. A quanto pare è stata l’unica ad avere il coraggio di difendere Marcos. Gli altri sono rimasti a guardare o hanno aizzato Filippo. Spettatori. E il lieto fine? Marcos e Shirley insieme? Mi astengo da considerazioni perché carta canta, anche se un’attenuante Radice Quadrata ce l’ha: essendo arrivato al parcheggio quando ceffone e sputo erano già volati, non aveva assistito di persona. Però gli manca intuito per queste cose. Perché Shirley sarà pure intervenuta, ma se c’è stato un lieto fine, be’, è stato diverso: durante l’intervallo lei e Redbull si sono incontrati alle panchine in cortile. Lui era stato convocato in presidenza, lei ripeteva di non aver fatto la spia, e persino l’essere più asessuato della scuola avrebbe capito che si sarebbero rivisti nel pomeriggio. Cioè, finalmente le si presentava l’occasione di vendicarsi delle porcherie messe in giro da Redbull, e invece niente. Le femmine potrebbero dominare il mondo ma si accontentano della stupidità: avrei scritto così se avessi voluto raccontare.

Ma ci risiamo. Il punto qui non è la stupidità di Shirley (e neppure il suo coraggio, se volete dar ragione a Radice Quadrata). Il punto è che avrei cancellato serenamente dalla memoria la stupida e coraggiosa Shirley, Tonnellata e Redbull, perché episodi del genere sono all’ordine del giorno, roba poco interessante che al massimo può diventare aneddoto. Invece ho frugato nei taccuini con l’elastico di Radice Quadrata. E nella pagina che riporta il ceffone nel parcheggio ho trovato un’altra annotazione, o meglio una battuta, una mia battuta, detta solo per sdrammatizzare: “Dai, Tonnellata, te la sei cavata bene. Sono sicura che Redbull si è fatto male dandoti quello schiaffo. Tu continua a mangiare e vedrai che nessuno ci riproverà.” Vi interessa il commento di Radice Quadrata? La catena della bicicletta della mia compagna di banco. Se ne stava là con la catena in mano. E se n’è uscita con la solita battuta. Ma stavolta forse l’ha fatto per impressionare Luke. Sì, ho fatto una battuta mentre avevo in mano la catena perché Tonnellata e Redbull mi avevano distratto prima che legassi la bici, e sì, mi sono concessa una battuta dopo aver incontrato Luke (e Radice Quadrata, arrivato con lui). Ma iniziate a capire perché avere un compagno di banco così può mandarvi ai matti, e magari spingervi a fare cose che non avevate mai creduto di poter fare? Impressionare Luke? Solita battuta cosa? Anche Radice Quadrata sa essere carogna.