La West Coast

Lizzy

Oggi è il grande giorno. La West Coast Fashion Week comincia stasera e James e io abbiamo i posti vicini sul volo che ci porterà a Los Angeles. Non sono mai stata tanto emozionata per un viaggio.

James mi prende la borsa e la sistema nella cappelliera, poi si siede accanto a me.

La temperatura cambia o forse sono io ad accaldarmi a causa della sua vicinanza.

Alle narici mi arriva la colonia di Tom Ford che gli ho preso. Mi devo sforzare per non avvicinarmi e annusarlo. È il mio profumo preferito, ma in qualche modo addosso a lui è ancora più seducente.

Si allaccia la cintura, la sua spalla sfiora la mia. Indossa un paio di pantaloni neri e una camicia bianca semplice. Gli ultimi due bottoni sono slacciati. Sembra un uomo d’affari – con la barba fatta, bellissimo, in forma e giovane – ma sono quei brillanti occhi azzurri e quel sorriso a conquistarmi.

«Cosa guardi?», gli chiedo mentre fa partire un video sul nuovo telefono.

Volta lo schermo verso di me. «Alcune acrobazie che non ho mai caricato su YouTube. Pensavo di modificare alcune riprese e postarle, sai, una volta scaduto il contratto tra noi».

Mi strizza l’occhio con fare scherzoso.

Ha stuzzicato la mia curiosità, quindi sorrido e mi sporgo in avanti per guardare il video con lui.

James indossa una muta ed è a bordo di una moto d’acqua. Suppongo che Charlie sia a riva con la videocamera. Quando zooma su James, l’immagine è sfocata. Sembra che dica qualcosa, ma è troppo lontano per sentire. Invece la voce di Charlie in sottofondo è chiarissima.

«Cosa?», urla rivolto al fratello maggiore.

James si mette le mani a conca intorno alla bocca, la sua voce profonda viene portata dal vento. «Non avvicinarti troppo alla riva o cadrai! Riesci a inquadrarmi bene?».

Charlie sta per rispondere, ma la telecamera si sposta con un sobbalzo. All’improvviso non si vede altro che il cielo e si sente il ragazzino imprecare.

Quando capisco, scoppio a ridere.

«È caduto?», domando a James.

Sento il motore della moto d’acqua avvicinarsi e la voce di James. «Tutto bene? Sono io che devo mettermi in ridicolo, non tu, piccoletto. Vieni qui». Ci sono dei rumori in sottofondo mentre il fratello maggiore aiuta Charlie a tirarsi in piedi; poi James compare nell’inquadratura e picchietta contro lo schermo, strizzando gli occhi azzurri. «Funziona ancora. Cavolo, Charlie, cosa…». Il video si interrompe.

«Posso solo immaginare quante avventure abbiate vissuto».

Ridacchio.

Alzo lo sguardo e trovo James che mi fissa. È stato a osservarmi per tutta la durata del video?

Sta sorridendo.

Allunga la mano per sistemarmi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, poi mi accarezza il viso col pollice e raggiunge il labbro inferiore.

«Mi piace quando tieni i capelli sciolti e anche quando sei tu a scioglierti un po’», mormora.

Stiamo decollando e io resto senza fiato sotto il suo tocco.

«Più i capelli o più io?»

«Entrambi». Aspettiamo che l’aereo si stabilizzi, una volta in quota, poi James mi chiede: «Vuoi vedere il video in cui mi sono rotto un polso?»

«Dio! No!», sussulto. Sta già cercando tra le riprese.

«Rilassati, divertiti un po’, Elizabeth».

«Io mi diverto. Con le dovute precauzioni. Tu sei matto, James». Sbircio lo schermo. Vorrei guardare il video perché lui sembra interessato a mostrarmelo, ma al contempo ho paura.

Non posso fingere che non mi piaccia osservare delle riprese che hanno visto solo lui e Charlie.

Non posso fingere che non sia emozionante: James non ha paura di nulla, non esita ad accettare una scommessa.

Non so nemmeno se l’abbia fatto per i soldi.

Gli piacciono le sfide. Mi chiedo se lavori intorno a ogni ostacolo finché non ha raggiunto quello che vuole – proprio come ha fatto con me.

«Non posso credere di dire una cosa del genere, ma stavi benissimo con quella barba».

Nel video indossa un paio di pantaloncini che scoprono le sue gambe muscolose. Una maglietta dall’aspetto morbido con un logo: SKID ROW. La barba incolta è virile e selvaggia. Gli occhi azzurri scintillano.

Gli avevano chiesto di tuffarsi in una piscina dal terzo piano di un edificio.

«Non posso guardare». Senza fiato assisto al momento in cui si dirige alla ringhiera del balcone.

«Jimmy…». Charlie sembra preoccupato. «Non so se è una buona idea».

James sorride all’obiettivo. «Certo che lo è. Mille dollari sono sempre una buona idea». Sale sulla ringhiera. Ma nel momento in cui guarda Charlie, perde l’equilibrio e cade di sotto. Spalanca le braccia e si aggrappa alla ringhiera fermandosi in una posizione strana. Si sente uno schiocco sinistro e James scompare. Scoppia il putiferio. Charlie corre verso la ringhiera urlando.

«Jimmy!».

Il ragazzino si sporge dal balcone, vede James di sotto, sdraiato tra i cespugli accanto alla piscina.

«Cazzo, mi sono rotto il polso», dice al fratellino mentre si alza a fatica. I rami sotto di lui si spezzano e scricchiolano.

«Almeno non quella cavolo di testa!». Charlie sembra sull’orlo di una crisi di pianto e il video si interrompe.

Scuoto il capo.

«Cosa c’è? Non ridi?»

«Perché dovrei ridere? Non è divertente!», strillo.

«Invece sì. Ammettilo, Lizzy».

«No, proprio per niente».

«La cosa migliore è che la parcella del medico superava i mille dollari della scommessa».

Ridacchia, il suono che emette è grezzo, profondo, mi distrae. Il suo corpo imponente sembra in grado di attirare a sé ogni cosa che lo circonda, come una calamita. Anche io ne sono attratta.

“Non dovresti trattenerti, Lizzy?”.

Mette via il telefono. «Su, sto benissimo adesso».

Sento un dolore caldo che prende piede dentro di me. Preoccupazione. Desiderio. Bisogno. Affetto. «Potevi farti davvero male! Non ti sei mai chiesto cosa farebbe Charlie senza te?».

James mi sorride, il suo petto è così vicino e il calore che emana è una forte tentazione.

Mi osserva per un attimo e nota l’inquietudine dipinta sul mio viso, così il suo sorriso svanisce. Abbassa la voce e sposta gli occhi sulla mia bocca. «Ma vedi… è quello il punto. Non mi succede nulla. Mai. Niente da cui non possa riprendermi».

«James…». Scuoto la testa, passo nervosamente la lingua sulle labbra sotto il suo sguardo intenso. «Ti senti in colpa perché sei sopravvissuto?», domando.

Non sto più sorridendo.

«No. La rabbia del sopravvissuto, forse. Ma non volevo che Charlie avesse paura di vivere, non potevo trasmettergli questo insegnamento. Gli incidenti succedono. Non sopravviviamo alla vita, la viviamo. Corriamo dei rischi e dimostriamo alla gente chi siamo e in cosa crediamo. Se agli altri non piace, fatti loro. Ogni giorno dev’essere speciale. Se sopravvivi e basta, se non vivi, che gusto c’è?».

James

Lizzy teme che io sia una mina vagante. Non è così. Sono riuscito a sfogare la mia rabbia in modo sano. L’ho superata. Sto bene – e starò ancora meglio quando Charlie sarà più sicuro di sé e andrà in una scuola migliore. Ma in questo momento voglio solo che Elizabeth sciolga i capelli e si sciolga anche lei. In ogni senso possibile.

Difficile, considerando che la sua valigia non è arrivata a destinazione.

Sono rimasto al nastro della consegna bagagli per mezz’ora e non ho trovato nulla. Gli altri passeggeri del nostro volo se ne sono già andati.

Il bagaglio di Lizzy non si trova.

«Fino a domani?», domanda all’impiegata allo sportello della compagnia aerea.

«Sì, signora, ci dispiace, sembra che sia rimasta ad Atlanta».

«Mi serve davvero quella valigia». Lizzy si massaggia le tempie e si lamenta.

Dopo aver ricontrollato per un altro quarto d’ora, fornisco all’addetta l’indirizzo dell’hotel a cui spedire il bagaglio quando arriverà. «Grazie. L’aspetteremo con impazienza», le dico.

Lizzy sbuffa mentre si lascia portare via. «Non so se sopravvivrò senza le mie creme per il viso. Non ho nulla da mettermi e abbiamo una cena con dei clienti molto importanti».

«Penseremo a qualcosa».

So che è molto importante per Lizzy.

Ma ho un’idea.

E odio perdere tempo.

Individuo l’autista dell’hotel, che regge un cartello con scritto BANKS, e gli indico di farci strada verso la macchina.

Lizzy sembra più calma una volta raggiunto l’albergo.

«Ho una prenotazione. Elizabeth Banks».

Mi guardo intorno nella hall sontuosa e resisto alla tentazione di fischiare in segno di apprezzamento.

«Ah, sì, signorina Banks, bentornata. Abbiamo due stanze…».

Mi sporgo in avanti, appoggiandomi al bancone. «Una».

La ragazza alza gli occhi stupita, poi rivolge un sorriso a Lizzy. «Una?».

Elizabeth rimane immobile, le guance si tingono di un rosso bellissimo. «Due», dice, dandomi un buffetto.

Alzo le spalle. «Okay, due». Poi dico a Lizzy: «Comunicanti?».

Mi concede una piccola vittoria. «Va bene, comunicanti».

«Le abbiamo fatto l’upgrade alla junior suite, signorina Banks. Un letto king size e un salone, comunica con l’altra stanza. Godetevi il soggiorno».

«Grazie». Lizzy mette via nervosamente la carta di credito.

«Farò del mio meglio». Strizzo l’occhio alla receptionist e prendo la mia chiave, accompagnando Lizzy nella hall verso gli ascensori.

Stanze comunicanti.

“Evviva”.

«Jimmy!».

Mi volto e vedo un tizio allampanato, coi capelli rossi e un completo dimesso.

«Jimmy Rowan. Quello di YouTube? Cavolo, lo sapevo che eri tu! Quasi non ti riconoscevo senza la barba. Come va, amico? Io sono starwars601 – commento sempre i tuoi post. Sei fantastico, cazzo!».

Guardo Lizzy e inspiro.

«Mi dispiace», esclamo, alzando il mento con il fare più pomposo che riesco a fingere. «Non ho idea di cosa stia parlando. Buona serata».

Mi sistemo il colletto della giacca elegante, offro a Lizzy il gomito e mi allontano con lei, dicendo ad alta voce: «Cos’è questo YouTube di cui parlano tutti?».

Lizzy scuote la testa e ridacchia.