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Era un novembre grigio, a Londra. Non avevano notizie di Gros. Stanislas diceva che prima o poi sarebbe tornato, perché ormai la sua vita era lì.
Nel salone della casa di Chelsea, Laura trascorreva il pomeriggio domenicale con sua madre. Per la Sezione F la guerra era finita: gli agenti erano stati smobilitati da Baker Street.
“Adesso cosa farai?” domandò France.
“Mi occuperò di Philippe. E poi finirò gli studi.”
La madre sorrise: sua figlia aveva parlato come se anche la guerra, in fondo, si potesse superare e dimenticare. Laura proseguì:
“A dicembre, vorrei riunire di nuovo tutti nella tenuta dei nonni, nel Sussex. Come l’anno scorso… Per onorare la sua memoria. Pensi che verranno?”
“Certamente.”
“Sai, da quando siamo tornati tutti dalla Francia, non è più come prima.”
“Non preoccuparti, le cose si sistemeranno. Dài tempo al tempo.”
“E Gros, dici che tornerà? Sono in ansia per lui: vorrei tanto che fosse qui!”
“Tornerà sicuramente. Ma sta’ tranquilla: hai già abbastanza pensieri.”
“Vorrei invitare anche il padre di Pal. Non sa di avere un nipotino… Credo che non sappia nemmeno che suo figlio è morto. È tempo di dirglielo.”
France annuì tristemente e accarezzò i capelli della figlia.
Sul marciapiedi che costeggiava la casa, Richard portava a spasso Philippe nella carrozzina.
Ogni giorno andava in chiesa, mattina e sera, e restava per ore sui banchi duri e scomodi, tra le navate deserte e gelide, supplicando di dimenticare tutto. Voleva tornare a essere Claude il seminarista, o anche solo Claude il pretino, il Claude di Wanborough Manor, quello di cui tutti pensavano che non sarebbe mai stato capace di combattere. Voleva essere un religioso, chiudersi in un monastero, diventare un frate trappista, e non parlare mai più. Sì, che il Signore lo portasse nei chiostri del silenzio, che lo mondasse dei suoi peccati affinché l’attesa della morte non fosse troppo insopportabile. Forse la sua anima si sarebbe salvata; forse non tutto era compromesso, e gli restava un barlume di purezza. Aveva ucciso, ma aveva conservato la purezza di spirito.
Che il Signore lo esiliasse sulle montagne: voleva scomparire, perché non valeva nulla e aveva saputo soltanto fare del male. Ma ciò che adesso lo assillava di più era di aver offeso Gros, l’unico Uomo tra tutti loro. Conosceva il castigo per quel comportamento: colui che offende un Uomo non avrà più futuro né orizzonte; colui che offende un Uomo non avrà mai redenzione. Claude rimpiangeva di non essere morto in guerra: invidiava Aimé, Pal e Faron.
Si vergognava di frequentare Laura: non meritava la sua compagnia. Avrebbe finito per far scappare anche lei. Non voleva vedere più neanche Philippe. Pal, suo padre, era stato un Uomo: non aveva mai picchiato, non aveva mai tradito, mai fatto del male a nessuno. Anche Philippe sarebbe diventato un Uomo, e l’umanità avrebbe continuato il proprio cammino. Dunque la cosa più importante era non contagiare il bambino: sì, appena avesse potuto, sarebbe fuggito lontano. Nell’attesa, lasciava l’appartamento di Bloomsbury all’alba e tornava tardi la sera, per non incrociare né Laura né Philippe. Spesso, in piena notte, udiva i singhiozzi di Key nella stanza accanto alla sua, perché anche lui era tormentato dalla propria esistenza. Di quando in quando si ubriacava, per alleviare la pena, ma accadeva raramente: voleva soffrire per espiare le sue colpe.
Fino a quel momento, i tedeschi non avevano capitolato. Il SOE era ancora attivo, ma la Sezione F aveva ormai esaurito il suo compito. A Portman Square, e in alcuni uffici di Baker Street, era il momento di fare i bagagli; un ufficio del SOE era stato aperto a Parigi, all’Hôtel Cecil, per coordinare il ritorno degli agenti di nazionalità francese. Inoltre, bisognava occuparsi di contattare le famiglie dei caduti.
Laura informò Stanislas del suo desiderio di andare a trovare il padre di Pal, a Parigi.
“Sa di suo figlio?” gli domandò.
“Non ne ho idea.”
“È giusto che lo sappia.”
“Sì.”
“Voglio fargli conoscere Philippe: placherà un po’ il suo dolore, forse…”
“Certo… Ma senza fretta: andrai solo quando ti sentirai pronta.”
“Avverto il desiderio di mostrargli il suo nipotino… Ho voglia di parlargli… Ho così tante cose da raccontargli… Ma come farò a informarlo di Pal?”
“Se vuoi, posso farlo io,” propose l’ex pilota. “Potrei andarci con Doff, per farlo in maniera ufficiale, a nome del SOE. Con gli onori militari e tutto quello che serve per far capire al padre che suo figlio si è comportato da vero eroe in questa guerra.”
Laura poggiò la testa sulla spalla di Stan.
“Va bene,” disse, con un velo di tristezza nella voce. “Pensi che vorrà partecipare alla commemorazione nel Sussex? Potrebbe fermarsi qualche giorno in Inghilterra, per stare con Philippe. Sarebbe bello, no?”
“Sarebbe fantastico,” rispose Stanislas.
La rassicurò: tutto sarebbe andato bene.