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Le reclute vennero separate. Ma il corso non era ancora terminato: restava da effettuare un’ultima esercitazione. Gli aspiranti agenti dovevano portare a termine individualmente una operazione reale, nel corso della quale sarebbe stato messo alla prova tutto ciò che avevano imparato a Beaulieu: con solo dieci scellini in tasca, dovevano trovare un basista, seguire un bersaglio per le strade di una città, recuperare dell’esplosivo e prendere contatto con una presunta rete clandestina – il tutto eludendo i pedinamenti degli osservatori del SOE.
A Pal venne assegnato un sabotaggio fittizio sul canale di Manchester. Alloggiato in una piccola stanza di Beaulieu che gli ricordava in maniera impressionante la Northumberland House, ebbe solo due ore per memorizzare i particolari della missione, succintamente raccolti in una cartelletta; aveva quattro giorni per effettuare la sua operazione. Dovette anche imparare a memoria un numero telefonico, in caso di emergenza. Se l’avessero arrestato e lui non fosse riuscito a scappare o a farsi liberare con i propri mezzi, poteva mettersi in contatto con il SOE, che avrebbe provveduto a farlo rilasciare informando la polizia locale della sua identità di membro dei servizi segreti britannici. L’aspirante agente, utilizzando quel numero, avrebbe evitato la prigione per terrorismo, ma avrebbe firmato la fine della sua carriera nel SOE.
Trascorse le due ore, Pal sentì il battito del cuore accelerare. Ricevette un’ultima consegna da parte di un sottufficiale, quindi il tenente Peter lo raggiunse. Lo prese per le spalle, per dargli coraggio – come aveva fatto Calland a Londra, come aveva fatto suo padre a Parigi. Pal pensò di rispondere con il saluto militare, poi preferì stringere vigorosamente la mano del buon tenente.
Aveva fatto l’autostop. Prendere il treno senza biglietto significava rischiare grane. A bordo del camion che lo portava verso Manchester, Pal si sentì autorizzato ad assopirsi. Ignorava quando avrebbe avuto di nuovo l’opportunità di dormire, così decise che gli conveniva approfittarne. Con la testa appoggiata al finestrino, pensava ai suoi compagni – Aimé, Gros, Claude, Frank, Faron, Key, Stanislas, Denis e Jos. Li avrebbe più rivisti?
Pensava a Laura.
Pensava a suo padre.
Pensava anche a Prunier, a Dentiste, a Choux-Fleur, a Grand Didier, a tutti gli altri, a tutti gli agenti di tutte le nazionalità che aveva incontrato a Wanborough Manor, a Lochailort, Ringway, a Beaulieu. Pensava a tutti quegli uomini comuni che avevano scelto il proprio destino. Ce n’erano di più o meno belli, più o meno forti, alcuni con gli occhiali, i capelli unti e i denti storti, altri affascinanti e sicuri di sé. Ce n’erano di timidi, di irascibili, di solitari, di presuntuosi, di nostalgici, di violenti, di teneri, di antipatici, di generosi, di taccagni, di razzisti, di pacifisti, di allegri, di malinconici, di lunatici; alcuni erano brillanti, altri insignificanti, c’era chi andava a letto presto e chi tirava tardi. C’erano studenti, operai, ingegneri, avvocati, giornalisti, disoccupati, pentiti, dadaisti, comunisti, romantici, eccentrici, patetici, coraggiosi, pigri, valorosi, padri, figli, madri, figlie. Nient’altro che persone normali, diventate popolo dell’ombra per salvare l’Umanità in pericolo. Dunque, speravano ancora nella specie umana, poveracci! Poveracci.
E Pal, su una strada molto trafficata del Sud dell’Inghilterra, recitava la sua poesia: quella poesia che tante volte aveva ripetuto, e che ben presto – ma ancora non lo sapeva – avrebbe di nuovo declamato a bordo dell’aereo che l’avrebbe portato in Francia nel massimo segreto. La sua poesia del coraggio, quella della collinetta dei fumatori dell’alba.
Che si apra davanti a me il sentiero delle lacrime,
Perché io adesso sono l’artefice della mia anima.
Non temo né le bestie né gli uomini,
Né l’inverno né i venti.
Nel giorno in cui parto verso le foreste dell’ombra,
dell’odio e della paura,
Chiedo perdono per i miei errori e per il mio errare,
Io che sono soltanto un piccolo viaggiatore,
Che sono soltanto polvere di vento, polvere di tempo.
Ho paura.
Ho paura.
Noi siamo gli ultimi Uomini, e i nostri cuori,
allo spasimo, batteranno ancora per poco.